martedì 13 maggio 2025

La mia recensione: Gaudi - Theremin Homage to The Smiths


 Gaudi - Theremin Homage to The Smiths


Nella bolla del tempo spesso arrivano scintille improvvise a illuminare miracoli.

La musica presta il fianco per creare parte di questo palcoscenico emotivo con strumenti che dall’ordinario arrivano allo straordinario.

Il Theremin è l’unico che non ha bisogno di essere toccato, ma tutto ciò non gli impedisce di prendere l’anima ed elevarla a una dimensione in grado di scuotere.

Così come gli Smiths, una spada piena di polvere misteriosa, in giacenza continua con la perfezione, e che trova l’amore e la devozione da parte del musicista italiano ma che vive ormai da decenni a Londra ancora una volta (la seconda, tuttavia si spera che ce ne siano altre venti…) nel desiderio di omaggiare questa band e portarla in uno spazio, l’unico, in cui primeggiare: la solitudine di un omaggio è la dimensione precisa dove la band di Manchester può stabilire il contatto con l’eternità.

Dopo l’approccio che ci aveva consegnato cinque gemme, eccolo tornare con una quaterna di continua e dolorosa ossessione: non esiste la felicità nel pianeta Smithsiano, ma una dolce e lunga fila di lapidi mentali che sanno suscitare singhiozzi e gemiti. Il Theremin è l’unico strumento che può dare alla voce di Morrissey quella profondità che non crea comparazioni, data l’assenza del cantato. In questo preambolo Gaudi gioca la carta della sperimentazione misurata non volendo intaccare le versioni originali per poter, invece, inserire particelle di minuscole carezze al fine di manifestare l’amore con un tocco fine, leggero, rispettoso e comunque abile nell’addentrarsi nei segreti di pezzi che ancora oggi paiono desiderosi di non scoprirsi totalmente.

Un grido l’ascolto, un bacio eterno il play continuo, e la spina nel fianco viaggia nei brani scelti dall’artista Bolognese per disinfettare la ferita da una parte e per creare nuovi solchi di sofferenza dall’altra.

Ecco stupore e alienazione, storia e immagini trovare una nuova direzione: non solo il theremin, ma anche gli altri strumenti scendono dalla lora zona abituale e si inchinano dichiarando l’ostinata propensione alla cura del suono, alla volontà di un omaggio che segni in manifesta volontà la distanza da una cover. E ci riescono tutti, seminando commozione e lasciando che la bellezza di questi struggenti approcci diventino, improvvisamente, nuove poesie sul cielo di Manchester…

Ci si ritrova in una sala enorme, dentro i propri pensieri, con corsie poetiche a innalzare i battiti, a sfiorare i miracoli e far inginocchiare le lacrime: questo omaggio è un sorriso del cielo in un giorno di pioggia e gli anni Ottanta, così gravidi di pattume e mediocrità, hanno trovato con il gruppo Mancuniano una rivalsa, la domanda e la risposta che viaggia nel silenzio. Ciò che accade è che quelle canzoni qui conservano un suono imbottito di polvere e spine, per sparpagliare le paure e dirigerle come nuove occasioni. 

Il Signor Lev Sergeevic Termen ha trovato il modo di dare allo strumento la possibilità di diventare visione, una pellicola sonora non obbligata al tocco bensì a divenire un sussulto che, partendo dalle tempie, arrivi velocemente al cuore e, senza dubbio, quelli sono i territori di appartenenza del pianeta Smithsiano.

Esistono campi elettromagnetici anche in un grazie, in un omaggio che fa risplendere il passato dentro la bolla a cui ho accennato all’inizio. I dettagli escono timidi, quasi nascosti, tuttavia mai balbuzienti: il rispetto di Gaudi è un maremoto potente che non cerca di planare sui nostri territori ma, piuttosto, vuole definire uno spazio privato che può avere un accesso unico…

Gli ostacoli creano una patina di sfida che Gaudi fa riposare con lo studio attento delle dinamiche, delle armonizzazioni, il tutto, ovviamente, miscelato a una devozione che diventa una complessa zona floreale dell’anima. 

Il progetto consta anche di una dedica speciale: riconoscere l’importanza di Andy Rourke che tragicamente ha preso il suo basso per incamminarsi lungo i viali celesti. 

Inoltre: l’omaggio esce il 14 Maggio, quarant’anni dopo l’unico concerto italiano degli Smiths, che videro l’artista italiano in prima fila immerso nella gioia che ancora non subisce graffi…

Il tempo si trasforma un ponte fatto di libri, di passeggiate, di discese nella desolazione raffinata della scelta di una solitudine quasi obbligatoria per detergere, nei luoghi, la propria esistenza.

Nove sconfitte, nove ribellioni, nove istanze dentro le stanze del petto, per fare dell’infinito una risorsa quotidiana.

La voce di Morrissey, con il Theremin, diventa un ruscello più educato musicalmente, più vicino alla perfezione, e il vero atto oltraggioso è che, quando lo strumento decide di rendere solo parziale il riferimento, si apre una corsia interpretativa davvero stupefacente.

Si raggiunge lo stato primitivo dell’emozione, il disturbo che appare come terapia e fuga, per creare crateri emozionali in grado di proteggere l’incanto e il miracolo.

Sbigottimento in cerca di una luce, aggressione che trova l’estasi, e la voce di una divinità finisce nelle movenze sensuali e precise di Gaudi, per scaraventare l’impotenza  nel bacino dell’interezza definitiva.

Rimanere senza fiato ci conduce a un coma conscio, il più letale di tutti, senza però togliere la visione di un mondo, quello Smithsiano, ancora abile, più di quarant’anni dopo, di sciorinare originalità e magnificenza: per essere un omaggio preciso e capace, lo studio non è stato solo sui brani ma sulla storia di questa band, l’unica che ha spinto l’uomo Gaudi a dare inizio alla sua esistenza artistica …

Addentriamoci e perdiamoci definitivamente nella malinconia che ci rende perfetti…




Song by Song


1 - Last Night That Somebody Loved Me


Prima rosa.

Scende la nebbia, il volo dei gabbiani si riempie di liquidi amari negli occhi e il devastante piano accoglie il Theremin che, come annotiamo e notiamo sin da subito, partecipa anche nella parte musicale. Ed è innegabile che questa delicata antenna spezzi il fiato e ci porti in dono le stesse lacrime di quegli uccelli. Struggente, figlia di un abisso in caduta libera. Gaudi, supportato da eccelsi compagni di regali, dona alla canzone tutto il significato mentre Morrissey piange con noi…




2 - Please Please Please, Let Me Get What I Want


Seconda rosa.

Dove tutto sembra alleggerirsi, per via dell’incredibile talento di Johnny Marr, ecco che Gaudi arricchisce la sinuosità di questa rosa con piccoli, quasi velati arrangiamenti. Il Theremin ci consegna la voce di Morrissey, senza corde vocali ma con le vene piene di un sangue, che cammina sulla rugiada di un desiderio che vuole compiersi. Le oscillazioni sono semplicemente stati emotivi in fervida esibizione.




3 - I Started Something I Couldn't Finish


Terza rosa.

Il suono della chitarra, l’impeto del basso, la caduta robusta della chitarra precedono le note volanti di una voce senza mani, per fissare una sequenza di accordi che rende la malinconia un sorriso che combatte, agilmente, la consapevolezza della inconcludenza dell’esistenza…

Ci si mantiene quasi totalmente fedeli all’originale, ma con la  netta sensazione di una tavolozza di colori che fissano la storia antica con la nuova propensione sonora del presente…




4 - I Know It’s Over


Quarta rosa.

La Regina della emarginazione, dell’incomprensione, della solitudine più feroce diventa con questo regalo un’onda che sale nel cielo, un turbinio devastante. Gaudi ne ha colto la profondità, non ha attenuato di un grammo la sua intensità e ci concede la bellezza di un abbraccio bagnato di dolore e petali in caduta libera. Il Theremin, che sostituisce il cantato di Morrissey, adopera qui il battito delle ali di quelle gocce in volo per fermarci il cuore…




5 - Shoplifters Of The World Unite 


Quinta rosa.

Arrivano le novità, condensate ma non compresse, agili ali su una stratificazione che opera in un contesto raffinato e movenze per poter sondare l’anima di un brano che vide modificare l’impianto strutturale del quartetto di Manchester. L’abilità di Marr qui trova una potenza diversa, mentre il cantato di Morrissey diventa sornione e allusivo. Il Theremin visita il concetto della canzone e i musicisti dimostrano carattere nel rendere più lucida la successione degli accordi. L’attacco è una liturgia, un inchino in cui il basso e il violino sfidano la chitarra, mentre lo strumento guida ci porta nelle corde vocali di una intuizione che sequestra la verità…




6 - Well I Wonder


Sesta rosa.

Portate ossigeno e coraggio di vivere: Well I Wonder, in mano al Theremin, è un infarto portatile che attraversa il corpo per paralizzarlo. Non è più un’antenna, non sono più i palmi e le dita di Gaudi a tradurre ma a rendere reale l’annaspare con l’aria che ci abbandona, ci frantuma, ci indica la via di uscita da questa esistenza. 

Il talento qui diventa incontrollabile e queste onde sonore vanno oltre la comprensione umana: dilatano i passi ed è impossibile non ricordarsi di questa rosa che, mentre camminiamo, sotterra la nostra forza perché le gambe cedono.

E l’atto finale di ciò che siamo è l’ascolto di un fiore che il 20 maggio 1982 nacque e che quarant’anni dopo ancora vive, in quanto quella sua luce non se ne andrà mai…




7 - Girlfriend In A Coma


Settima rosa.

L’apparente leggerezza sonora contrasta con il testo, in un legame assassino che terrifica e isola. Gaudi offre un piano visionario del brano facendo atterrare il tutto nell’arrangiamento classico, laddove è sempre stato, ma l’allora modernità degli Smiths non lasciava intravedere la complessità dei contrasti. Il gioco degli archi diventa la strategia perfetta per veicolare, in pienezza e scioltezza, la tragedia di questa storia sublime…



8 - Asleep


Ottava rosa.

Il groppo in gola sotterra ogni tentativo di felicità: Gaudi tra le sue dita mette quarant’anni di devozione e tutto ciò ci conduce nella polvere notturna di battiti di ciglia nervose ed egoiste. La canzone degli Smiths qui esalta la parte del testo e fa della musica una coperta di lana merinos attenta a non farci avvertire cambi di temperatura in un cuore impegnato a tremare.




9 - What Difference Does It Makes


Nona rosa.

La posizione perfetta di ciò che non deve avere sbavature è sempre quella nell’ultimo brano. Qui l’artista bolognese supera se stesso, cedendo al corteggiamento delle chitarre, a una melodia intrigante e antica, piazzando la sorpresa di toccare leggermente l’impianto strutturale della canzone, dando al Theremin la libertà di portare il cantato di Morrissey nello spazio angelico di una disperazione che possa perdersi tra le nuvole. Il registro alto supera il falsetto e cade in quel cotone biancastro nei corridoi del cielo per fare di questa splendida canzone il testamento, l’affresco colorato di un omaggio che qui trova lo spazio, unico e necessario, in cui mostrare sia le qualità della band che quella di Gaudi, per testimoniare la collettività del fare artistico.

Il congedo è uno sparo: tra arpeggi, rullate e colpi di frusta, il delirio giunge a stabilire ciò che davvero fa la differenza…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

13 Maggio 2025


https://lnk.to/homagethesmiths


Da mezzanotte i link saranno attivi, per il pre save (Spotify e Apple Music), e per il download su Bandcamp


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