domenica 10 marzo 2024

La mia Recensione: Jo Beth Young - Broken Spells


 Jo Beth Young - Broken Spells


“ Non sapendo quando l’alba arriverà, lascio aperta ogni porta.”

Emily Dickinson


Un’adunata silenziosa pilota la musica: da quella praticata da tutti fugge questo ordine superiore che è organizzato da una truppa celeste, per renderla molto di più di un evento emozionale.

In questa ristretta organizzazione quella scritta, composta e cantata da JBY ne è sicuramente la punta di diamante, la rappresentazione evidente che esiste un effluvio che rende gli odori i custodi di uno stordimento piacevole ed essenziale. Perché la cantante inglese con il suo nuovo dipinto sonoro costruisce ponti, cascate, abbracci per un incontro che ha diversi concetti da esprimere, il che la rende una cittadina con il passaporto che le consente di arrivare in ogni terra vogliosa di seminare negli ascolti questo straordinario tributo al lavoro cosciente.

Ciò accade quando Broken Spells penetra nell’anima: si diventa residenti viaggianti come lei, anime in transito senza sosta.

Diverse novità rispetto al precedente Strangers: in questi cinque anni lo studio del canto e della costruzione delle onde che fanno delle sue canzoni un corto circuito di un cosmo elegante, aggraziato e pieno di ispirazione, trova specificazioni importanti dando, oltre al suo piglio folk contemplante atomi di World Music, una maggiore presenza di una elettronica fine, vitale, mai pomposa e inopportuna. Piuttosto: un insieme che crea un idillio unico, magnifico e pieno di bolle colorate, come se un arcobaleno ci abitasse dentro.  Ci si ritrova così a nuotare nel suo spazio celeste con maggiore intimità e una incredibile realtà imprevista. L’ascolto stordisce, illumina, rende la pelle del cuore umida, con la sensazione di vivere una sospensione continua nei confronti delle storture quotidiane: ci concede la speranza, l’emozione, il dovere di cercare una positività che nelle sue nuove composizioni costruiscono un moto inattaccabile. Abile nell’essere una polistrumentista dalle idee chiare, raduna attorno alle sue dita musicisti dotati di pazienza, veloci nella collaborazione, per fare di questi brani una folla di stelle compatte, costruendo un cielo a sé, lento, virtuoso e infinito. 

Peter Yates alla chitarra (Fields Of The Nephilim), Jay Newton al pianoforte  (Abrasive Trees), Jules Bangs al basso (Herija), John Reed alla Steel Guitar, Ben Roberts al violoncello (Silver Moth/Prosthetic Head) sono un combo allineato al progetto di Jo, una condensa di talento, che si muove dentro le nuvole, con il compito di mantenere rarefatte le idee iniziali, portandole però di fronte all’eternità senza timore.

Seduce e conquista la certezza che questa artista sia in grado di legare il passato e il presente in quanto il mistero, la paura, la coscienza, il trambusto sono perfettamente allineati, in una forma di disciplina che non contempla errori, superficialità e scelte scellerate. La perfezione: eccola, raggiunta, definita e mostrata per stordire come un terremoto di baci lenti, occhiate oblique ma mai velenose, perché la dolcezza per Jo Beth è un atto conclamato di rispetto. Mentre si ascoltano questi nuovi dieci battiti di ciglia, si avverte decisamente la sua maturità nel creare un concept album, sonoro, emozionale, il ventaglio dei suoi segreti mostrati quasi del tutto, con la convinzione che alcuni siano rimasti nelle sue mani, magari da presentare in futuro. L’attitudine è quella di dare a questo bouquet moderno con le impronte di electro folk, ambient, artpop, progressive, la possibilità di connettersi con un umore che faccia emergere l’istinto di musica barocca che è sicuramente all’interno della sua sensibilità, forse magari inconsciamente, ma questo non conta. Quello che è importante è il fascio luminoso di sinapsi in contatto, nel miracolo di epoche diverse, di un acclimatamento con la storia e il futuro, qui posto non come un'ipotesi ma come un territorio nel quale queste note già lo costruiscono. 

La sua voce è un pilota vellutato, senza nevrosi, senza scatti fastidiosi e anche una educata camminata tra colorati cambi di registro, una marea gentile che scoperchia i nervi, un racconto letto lentamente con attenzione e premura. Non è il caso di scomodare altre cantanti, di fare i confronti: un ascolto serio mostra la sua identità unica, in grado di farci vivere la piacevole condizione di un matrimonio tra la sua ugola e le nostre orecchie. Ma non si pensi che la musica sia un cuscino, una coperta, un bastone su cui il tutto si tocca per creare una condensa. Assolutamente no: è un respiro continuo, un viaggio parallelo, una insieme di identità naturali con la sapiente autorevolezza, determinata alla convivenza con queste vibrazioni vocali per un collettivo che ha anche modo di mostrare validità individuali. 

Non si commetta l’errore di fare di questo album solamente un elenco di complimenti: occorre viverlo, rendere solida una partecipazione, divenire noi stessi una musica per capire le dinamiche che hanno permesso a quella di Jo di creare non un evento, bensì quella che dovrebbe essere normalmente questa espressione artistica, la biomeccanica di un lavoro educativo ed esplorativo per le nostre anime.

Penelope è bionda: costruisce e disfa per dare al sogno una colonna sonora che mantenga la fantasia una costante, perché la realtà non è più in grado di darle spazio. Beth sì, ci riesce, in abbondanza, con qualità, sciogliendo la cattiveria, imbrigliando questa dannosa natura umana con la sua elegante propensione a mostrare un’altra dimensione, possibile e indispensabile.

Porta nei centimetri della nostra immaginazione la zona dove vive (l'Irlanda del Nord), allungando l’idea che abbiamo di quei luoghi, creando movimenti acquatici laddove invece sono presenti zolle di terra, in una meravigliosa occasione di trasformazione, rendendo possibile il contatto tra l’aspetto reale e quello onirico. Il suo laboratorio mentale illumina il vento e, quando le canzoni trovano la luce, ecco che ascoltarle significa scrivere una nuova incredibile storia.

Broken Spells rappresenta un’occasione per sentire il volto celeste teso ad allungare la mano, come se la sua intenzione fosse quella di generare la nostra pace: occorre meno di un’ora per avere una guida maestra, per ritrovarsi nell’incanto, per sentirsi più leggeri…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10 Marzo 2024


https://jobethyoung.bandcamp.com/album/broken-spells


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