domenica 3 luglio 2022

La mia Recensione: DETOXI - First Flesh

 La mia Recensione:


Detoxi - First Flesh


L’anima sfocata cola stancamente sul tempo dell’appassimento. Urge una scossa non elettrica bensì sepolcrale, che affondi ciò che non vuole affondare. Vi è bisogno di spazi, di campi da arare, da seminare, di schiene curve e al diavolo ciò che toglie la fatica, la prima sorella gemella della morte, consanguinea dispettosa della vita.

Ci ritroviamo dunque con l’indelicata ricerca di ferite che raccontino, contemplino il passato sonoro di una decadenza che era più autentica, quindi maggiormente incontrastabile. E di una voce che ricordi il fallimento del futuro, reso cieco dallo spreco di un mondo che produce ma non può capire.

Eccola la voce, che sente il bisogno di unirsi a massacranti compagni ribelli, tenuti insieme da dissacranti incesti musicali, di alienanti strutture depressive, malate dal concetto fino alla coda che esce magmatica dagli amplificatori.

La storia di questa band californiana è recente, semplice, piena di grazia in caduta vorticosa sulle nostre spaiate sicurezze, magnetico quartetto capace di rendere solido il loro getto sonoro, una unità inferma su gambe piene di graffi, polvere da sparo sulla nostra mente avvezza alla punizione.

Loop putridi: il basso come una morsa al collo, la chitarra maligna piena di croci pericolose, la tastiera più presente che in passato e madre del dolore, e la batteria come un canto luccicante e oscuro che stordisce per lasciarci orfani.

La loro dimensione oscura non tergiversa, non trema, bensì, come carro armato notturno nel silenzioso rumore dell’affanno, ci deterge il cuore stanco in un liquido sonoro che imbratta tutto. L’atmosfera dell’album è piovigginosa ed evocativa, come un vociare estremo di anime lupesche. Indossano il buio per smarcarsi dalla società che inventa luci fasulle e premono sul ritmo affinché si affianchi al Sacro monte denominato Tempo.

È la vendemmia dell’uva dai grappoli neri, nettare aspro, come una lamiera sul viso, che deforma e ci fa sentire la pulsione delle ossa. Musica che strega, che si espande in decadente abbondanza per farci diventare sordi, muti, interrotti e piegati.

Come pronipoti dei Christian Death, sospendono la gioia per nutrirla di pillole mortali: la vita come una saracinesca sui sogni non abbisogna di ulteriori illusioni.

Le orecchie accolgono, i pensieri separano, il corpo riassume in scatti diabolici questa slavina per trovare il baricentro di suggestioni meditative scacciando ciò che è prolisso e noioso: i Detoxi non vengono sfiorati da questo rischio perché sono quattro brividi continui in cerca di fuochi fatui. Il rock si mette il trucco solo in superficie: la pelle fa posto velocemente ai piloti dell’incubo che sparano i loro proiettili nella gramigna sconvolta dei pensieri. E allora è Deathrock in parte, in parte è Postpunk tumultuoso, soprattutto è una lampadina che illumina il sepolcro attitudinale di anime che si trovano a loro agio nella foresta, dove la musica flirta con il silenzio.

Boccate di tenebra annaffiano i corridoi della paura, la disperazione ci mette le mani addosso e la favola del disprezzo viene leggermente smussata, solo per etica, ma la rabbia ruggisce e sgretola ogni nostra attitudine alla calma. Litanie come manipolazioni punitive trovano il centro di un equilibrio sempre e solo desiderato, ma mai messo in condizione di celebrare la sua possibilità. Non è musica, è uno splendido delirio che rivela la disumanità quotidiana, un bisogno chirurgico di aprire la follia e ucciderla. Senza testimoni.

Si dovrebbe sempre concedere il corteggiamento di simili aggressioni, farsi uccidere un poco, secondo dopo secondo, mentre queste canzoni possono dilapidare i nostri stupidi ascolti: qui si fa sul serio, nulla assomiglia a una forma artistica, è un corpo malato che ringhia, graffia, sbeffeggia la propensione al gusto.

Ipotesi annientata.

Si deve morire, e farlo bene, ascoltando la celebrazione degli sprechi, le vittorie fasulle. Stanno scrivendo la verità i quattro ed è probabile che si preferisca la falsità di una sordità incosciente per consentire la sopravvivenza. Ma lentamente i Detoxi arriveranno a farci genuflettere.

Le melodie sono il ghigno di questi quattro diavoli: nascoste, rivelate, scorticano la massa di musica simile che al confronto non può essere ritenuta tale perché la classe, la purezza, l’approccio assolutamente crudo non può appartenere a tante band. Loro infatti sono i sovrani dell’unicità. 

Con momenti in cui l’horror punk visita i loro passi e il teatro della decomposizione lascia nei solchi il loro dna, ci si ritrova anche danzanti, piangenti, sfiniti, tramortiti da soluzioni che tolgono il dubbio e ci fanno capire che un lavoro come questo causa effetti collaterali magnifici. Non ci sarà uno strizzacervelli che potrà metterci su un lettino. Saranno loro a farlo, per ucciderci nel buio della nostra paura.

Album altamente sconsigliato per chi fa della musica una medicina, una consolazione, pane per l’anima, un passatempo, una cura: qui c’è spazio per la consapevolezza che lo schifo abbia vinto e loro evidenziano lo stato di questa sconfitta generazionale, dove il tempo è servito solo per fare ulteriori danni. Se siete alla ricerca della esaltazione delle note musicali andate altrove: qui non esistono maschere e trucchi gotici perché questo invece è il luogo della consapevolezza che finirà per sconfiggere ogni prassi egoistica. 

Ci ritroviamo ad essere ascoltatori di parole che sembrano provenire dal mondo occulto di Gustav Meyrink, estremizzando il tutto verso un soffocamento che pare incorruttibile, come se fosse un romanzo musicato senza essere obbligatoriamente un concept album perché le nostre esistenze sono slegate da una storia univoca. E ciò che leggiamo/ascoltiamo sgretola, chiede l’aiuto di una cultura che non ha intenzione di supportarci. Detoxi fa proprio bene tutto questo frapponendosi tra il bisogno e l’accoglienza con canzoni come muri, imponenti, capaci, destrutturando il tutto e confinandoci nelle loro linee grigie, dove si esibiscono e attendono la nostra resa.

Il tempo di bere assenzio e coprire il futuro con un ventaglio appiccicoso e si entra dentro queste spade maligne, dieci, che è il numero dei fuoriclasse, perché sono i quattro di Ventura, California.



Song by Song



Grey Lines


Il mondo dei Detoxi in una canzone: tutto l’impeto del Postpunk, che trova la complicità della chitarra Deathrock di Derek e il drumming di John che vola tra le paludi, pare aprire un nuovo confine, mentre il testo ci porta davanti a uno specchio con le ombre a separare il falso dal vero.


Modus Operandi


Il basso di Oscar prepara l’assalto liturgico di chitarre antiche prive di polvere che sanno ferire ancora molto bene e poi Derek, con il suo canto lunare ci porta dentro un testo che visita il caos del futuro e rende indispensabile il sacrificio di chi si ama. Saetta del cielo Californiano, atterra avendoci fatto sudare per far stancare le nostre illusioni.



Death of a Nation


È tempo di ripartire, di creare un futuro, con le lacrime ben accese. Tutta la sfera della sfiducia entra tra queste note graffianti, con un rimando iniziale ai Belfegore, con l’attitudine a uscire dal torbido, consapevoli dei dettagli di messaggi da decodificare e la musica aiuta, moltissimo. I leader hanno distrutto il linguaggio e hanno condotto alla morte, e Derek ci dice che è tempo per noi di ripartire di nuovo. Senza scusanti.



Cult Culture


Matt, principe delle dita su tasti pieni di orrori, per fare della tastiera un paradiso sporco, introduce i Detoxi nel teatro delle facce irrilevanti, della maleducazione, con la caduta della cultura, della quale loro celebrano la funzione funerea. Ed è Deathrock con il vestito nuovo, un sentiero che, aperto dai Christian Death, qui trova i legittimi eredi e una evoluzione necessaria. Si respira il fallimento del progresso che dimentica l’anima per i suoi tentacoli egoistici. La bellezza intossicata dalla inutilità viene celebrata in questo brano che ristabilisce l’importanza della verità.




Shape Shifters


Gli occhi di Derek si riempiono di sfiducia, per questo brano che trita il torto e la ragione e li costringe a guardarsi in faccia. Canzone contagiosa per i suoi stop and go essenziali, mentre chitarre e tastiere fanno l’amore sul tappeto della tristezza gravida di metamorfosi con l’intenzione di ricordarci l’orrore di un teatro che non vuole morire…




Black Square


Quando non si riesce a dormire, si ha bisogno della Regina dei veli tetri, in una ballad gotica che rassicuri. Ed eccola che, nuda e volgare nella sua sincerità, ci inchioda con i suoi echi anni 80 a ricordarci che sarebbe ora che la coscienza conoscesse un po’ di paura del fallimento. Ed è musica che diventa un fantasma pronto a cullarci, per fare addormentare il prezzo che la nostra follia deve pagare. 



Crooked Smile


I Bauhaus si sporcano le dita, per divenire finalmente capaci di credibilità. Per farlo devono chiamarsi Detoxi ed avere la purezza di una mente schiava e soggiogata dalle bugie di un mondo in caduta libera. Potente, evocativo, il brano vede i quattro druidi impazziti, malati di una avventura  pericolosa  per una canzone che spazza via il superfluo.



Masks


Senza ombra di dubbi la traccia più spettacolare: figlia dei Lords of The New Church, gravita dentro l’abbandono del tutto per un doveroso cambiamento umano. Conduce a uno slancio benefico, magnetico, per farci danzare mentre l’identità si abbandona. Spettacolare esibizione di melodia gotica.



Lesser Retreat


Canzone guerriera, che ha voglia di mostrare il mondo che brucia, con il suo fare apocalittico: la chitarra diventa un lamento dolce, il basso un sacerdote della pressione necessaria per schiacciare l’esistenza, il drumming un cratere nel quale finalmente cadere. Misteriosa, lacrimevole, avalla tutto il talento di una band cruda e crudele: si può solo gioire, piangendo.



Nonsense 


Le rose vengono calpestate da una corsa di note acute, volenterose di assecondare un testo abominevole e necessario, per fare del brano di chiusura dell’album un monito, un bisogno di sgridare chi non ha apprezzato lo show delle marionette assassine. Poderoso, violento, capace di portare le attenzioni nel centro del palco della vita, è il testamento della bellezza nera che applaudiamo stremati.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

3 Luglio 2022


https://open.spotify.com/album/1Z3Hcspbi0enellEYrs5dj?si=p6Rf5IDMS02aFE0U28xtUA


https://detoxi.bandcamp.com/album/first-flesh




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