domenica 6 novembre 2022

La mia recensione: Pale Dian - Feral Birth

 La mia Recensione:


Pale Dian - Feral Birth


Microbi, squame, spore, cellule perdute: un insieme di travagli viaggiano muti facendo parlare molto. Creano un putiferio e un incendio continuo.

Li troviamo anche nella musica fintamente celeste di Pale Dian, la band di Austin capitanata dalla sovrana della penombra Ruth Ellen Smith, capace di creare pathos, tensione, per una radiosa propensione a illuminare ciò deve essere smosso da analisi critiche e che fa delle emozioni una piazza all’aperto, sempre disponibile all’accesso. È musica per anime torbide, affascinate da continui cambiamenti di umore, di stili musicali che cercano spazio e continuità, in abbracci al limite della stratosfera. Magnetica, intrigante, la band ha pubblicato Feral Birth, sunto e prolunga di una chiara capacità di sconquassare la pacifica intenzione di ascoltare un album accomodante.

Ed è per questo che finisce per essere strepitoso. Davvero intenso, come una sonda che scopre la realtà dei nostri atterriti attriti interiori. Scavano, solleticano con canzoni programmate per fare del nostro ventre il teatro dello smottamento.

Si è immersi nelle chitarre che sbarrano la strada alla semplicità, diamanti come figli dell’effetto di allucinazioni sensoriali, con l’intento di ferire, creando lo iato con un cantato che spesso è un cammino sulle nuvole.

Manca il fiato perché ci troviamo continuamente davanti alla vastità degli scenari che si aprono, grazie a una tristezza addomesticata, alla valanga di sogni che cadono dentro le trappole che il loro talento manovra con grande abilità. Questo disco è una distesa di streghe, unite per ridere mostrando i denti nel loro ghigno maligno. Corroborante, vibrante, sudato, questo lavoro decima le forze complicando l’ascolto: la purezza e lo sfiorare continuamente l’originalità fa compiere un’assurda, splendida fatica.

Le loro canzoni sondano questo tempo generoso di fallimenti, con una politica sempre più egoista, portando la nostra attenzione verso il caos che viene messo sotto torchio, finendo per non negarsi. Si sogna spesso per disperazione, frustrazione, solitudine e questo secondo album della band americana è capace di farlo benissimo, aggiungendo anche gocce leggere, nel gas della bellezza che cerca di uscire, riuscendoci.

Con trame Dark-Pop e il Dreampop appesantito da ali pregne di pioggia, i quattro artigiani del mistero utilizzano l’elettronica per fermare la luce in eccesso, finendo per planare decisamente nel Nightmare-Pop, perfettamente calzante nelle loro anime.

Sono capogiri immensi, sensi che entrano smarriti nel luogo del non so, un tentativo di resistere alla loro fascinazione continua, con brani vellutati ma che mostrano come la forza non stia nella ribellione dei watt, nella rudezza che miete consensi solo a chi non conosce e tantomeno apprezza il silenzio. Invece in queste undici composizioni il silenzio riusciamo a sentirlo perché invocato da atmosfere che sembrano respiri continuamente bisognosi, dove il caos è generato solo dalla loro bellezza.

Insistono spesso verso melodie sensuali interrotte da fragori, perché è nel loro DNA, lo fanno benissimo e a buon ragione: hanno la maturità necessaria per una attitudine a rendere evidenti gli squilibri e la loro metamorfosi coniuga il tutto verso una attrazione che si fa sempre più evidente con lo scorrere del tempo. Con creazioni perfettamente annodate da una produzione eccellente che mette tutte le loro doti perfettamente dentro i nostri cuori.

Non vi è bisogno alcuno di cercare nel loro background per capire quanta farina giunga dal loro sacco: ce n’è tantissima ed è croccante, morbida, energica e i loro ascolti del passato, se esistono, sono multipli e equilibratamente nascosti o, se svelati, non tolgono nulla al loro talento espressivo. 

Sembra pazzesco che al giorno d’oggi esista musica di questo tipo: pensavamo di avere tutto nelle mani vuote e lo stupore delle definizioni dei generi e invece ci troviamo immersi in modo splendido in una miscela mista che non può che cedere il passo anche a qualcosa di nuovo che avanza dentro questo bellissimi solchi.

Ed è questo che fa di questo album il più interessante, a livello di originalità, di questo 2022, per la varietà e la vastità di elementi che lo rendono un disco da studiare.

Non si scende mai nella banalità, non si scende mai nei trucchi che vogliono negare un vuoto espressivo: siamo innanzi e dentro un cataclisma che crea disagio e rapimento, portando finalmente il fiato a morire, come merita.

Qui invece ci sono tonnellate di classe e buongusto, un lavoro geniale di menti che sembrano uscite dal laboratorio della follia educata a dare al senso materia di sviluppo.

Vorrei raccomandarlo a tutti, caldamente, ma non posso scherzare: un album così bello lo capirebbero in pochi, meriterebbe riconoscimenti e innamoramenti a ripetizione, in estesa forma continua. Dovrebbe trovare un passaparola costante, per arrivare in ogni dove. Perché nutre e conduce verso zone intense, dove basta ascoltare per sentirsi amati.

Tocca ora mettere gli occhi approfonditamente all’interno di questo cucciolo dalle undici zampe deliziose per perdersi…


Song by Song


1 All Anointed


Una lenta esplosione circolare avvolge l’ascolto, tra chitarre sornione e una drum machine di derivazione Coldwave, per un momento introduttivo di grande suggestione. Il cantato è una discesa nella parte sognante della 4ad ma la canzone resta vicina a qualcosa di più originale, nel mantra catodico di visioni multiple.


2 Truth or Consequence


Ed è estasi, sorpresa, incanto che smuove le ossa, in questa macchina di bellezza che tra elettronica accennata e dreampop mascherato da chitarre che sanno essere ostiche fa sì che tutto si precisi nella contemplazione sonora di un sentire onirico, inframezzato da particelle Noise Pop che rendono l’ascolto intrigante. E l’odore di Oriente nel vocalizzo di Ruth è meraviglia che avanza.


3 Melt


L’avreste mai pensato? Un flusso dub con particelle reggae sembrano la base di un tumulto preciso che può confondere. Invece bastano pochi secondi di attesa e si nuota tra nuvole dello Shoegaze più minimalista, con atomi noise a spruzzare vibrazioni e il basso che spinge su un piano armonico suggestivo. La chitarra spazia libera nelle sue peripezie e la voce è una lunga nota a circondarci, il tutto in una marea ritmica sincopata e nevrotica. 


4 Misanthrope 


L’inizio è nuovamente traumatico: un microcosmo Darkwave sembra tenere il nostro respiro ancorato al buio, con una chitarra che brilla nella gravidanza di una atmosfera notturna. Poi Ruth ci chiude gli occhi e si sale nel silenzio del cielo stellato, con il basso che pulsa e tiene per mano la sua voce. Sono scintillii con ingressi dreampop, ma nulla può essere definitivo: la loro barca celeste ci fa nuotare nel mare di generi, stili, per un brano magnetico…


5 Relapse


Un altro frastuono paralizza, rende la pelle vibrante: Relapse è cura armonica, con chitarre come rugiada che circonda per farci assaporare l’intensità della esistenza. Il binomio basso e voce è estasi di luce, un insieme che ci porta nella zona Dark-Pop, dove gioia e dolore trovano il punto di contatto. La chitarra diventa figlia dei migliori Bauhaus per un risultato che seduce il battito.


6 Ballad of a Girl


Le sorprese non mancano di certo: ecco la nuova candela che intenerisce e ci porta nella metà degli anni 80, con la contaminazione elettronica ed espedienti che danno vigore immenso a questa creatura nottambula, priva di coscienza, che vaga dentro la nostra conclamata gioia. Tutto si posiziona in un brano di passaggio, dove perdersi è il luogo della loro abilità e della nostra nuova identità…


7 Vacant and Naked


Tra Vapor-Wave, precipizi Cocteau Twins e una attitudine del cantato Pop della miglior tradizione, tutto si sviluppa in una scena dove il suono è il protagonista, con la capacità di scrivere un brano che odora di lacrima e abbraccio. Si è sospesi, sembrano avvertirci che i sogni a occhi aperti sono i migliori…


8 True Love


Sia dato spazio alla paura che non fa tremare bensì riflettere: la zona ritmica e quella melodica sono flussi permanenti di respiri che gelano il sangue. Poi ci pensa sempre lei, la sua voce diamantata che passa al registro alto come un volo di aquile libere, capaci di cibarsi di ossigeno. Un sogno, con note diabolicamente perfette.


9 Find Her


Il pezzo più pregiato giunge ed è il pianto dell’anima: si soffre, si gode, si entra nel synth per trovare una mano con una rosa nera bagnata. Come se fosse frutto di musica barocca dipinta da sentori elettronici, qui non si può che diventare tremanti ed esseri pensanti.


10 Emily 


Quando la bellezza diventa lavanda gastrica: qui tutto viene depurato nel clima sognante miscelato al mistero, alle fiaccole della paura che entrano lentamente per defraudarci i respiri. Magnetica, possente e amata dagli dei, la canzone è il volo di ogni battito verso la dispersione con le sue chitarre dreampop.


11 Decline Regrowth Decay


Tra accenni di Cure e Pale Saints, e il cantato che ci porta ai Curve di Toni Halliday privo di effetti sulla sua voce, siamo davanti a un brano con grande nerbo psichedelico attraverso questa chitarra che sprigiona curiosità e fragore. Perfetta esibizione di classe per dare la sensazione che il loro talento non possa essere imbavagliato dai generi e stili musicali. Ecco, questa è la dimostrazione, e il cielo applaude commosso.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

7 Novembre 2022





https://paledian.bandcamp.com/album/feral-birth


https://open.spotify.com/album/3vPHgsWuXcJnlOelnxVlcT?si=EBl9tUW0SviN_d3oDp6VQQ


https://open.spotify.com/album/3vPHgsWuXcJnlOelnxVlcT?si=EBl9tUW0SviN_d3oDp6VQQ

My review: Pale Dian - Feral Birth




 My Review:


Pale Dian - Feral Birth


Microbes, scales, spores, lost cells: a set of anguishes travel mute making people talk a lot. They create a constant mess and fire.

We find them, too, in the faux-celestial music of Pale Dian, the Austin band led by the sovereign of semi-darkness Ruth Ellen Smith, capable of creating pathos, tension, out of a radiant propensity to illuminate that which must be shaken by critical analysis and which makes emotions an open-air plaza, always available for access. It is music for cloudy souls, fascinated by constant changes of mood, of musical styles that seek space and continuity, in embraces at the edge of the stratosphere. Magnetic, intriguing, the band released Feral Birth, a summary and extension of a clear ability to unsettle the peaceful intention of listening to an accommodating album.

And that is why it ends up being amazing. Truly intense, like a probe that uncovers the reality of our inner frictions. They dig in, tickle with songs programmed to make our belly the theatre of the landslide.

One is immersed in guitars that bar the way to simplicity, diamonds as children of the effect of sensory hallucinations, with the intent to wound, creating the hiatus with vocals that are often a walk on the clouds.

We are breathless as we are continually confronted with the vastness of the scenarios that open up, thanks to a tamed sadness, the avalanche of dreams that fall within the traps that their talent maneuvers with great skill. This record is an expanse of witches, united to laugh showing their teeth in their evil grin. Corroborating, vibrant, sweaty, this work decimates the forces making listening difficult: purity and continually touching lightly originality causes an absurd, splendid effort.

Their songs explore this time rich in failures, with an increasingly selfish politics, bringing our attention towards the chaos that is put under pressure, ending in non-denial. One often dreams out of despair, frustration, loneliness, and this second album by the American band is capable of doing it well, even adding light drops, in the gas of beauty trying to get out, succeeding.

With Dark-Pop structures and Dreampop weighed down by rain-soaked wings, the four artisans of mystery use electronic music to stop excess light, ending up gliding decidedly into Nightmare-Pop, perfectly fitting in their souls.

They are immense dizziness, senses that enter lost in the place of not-knowing, an attempt to resist their continuous fascination, with tracks that are velvety but show that the strength does not lie in the rebellion of the wattage, in the roughness that reaps acclaim only from those who do not know and much less appreciate silence. Instead, in these eleven compositions we are able to hear silence because it is invoked by atmospheres that seem like continually needy breaths, where chaos is generated only by their beauty.

They insist often towards sensual melodies interrupted by rumbles, because it is in their DNA, they do it well and with good reason: they have the maturity necessary for an aptitude to make imbalances evident, and their metamorphosis conjugates everything toward an attraction that becomes more and more evident with the passage of time. With creations perfectly knotted by excellent production that puts all their gifts perfectly inside our hearts.

There is no need whatsoever to look into their background to understand how much flour comes from their sack: there is plenty of it and it is crunchy, soft, energetic and their past listenings, if any, are multiple and balancedly hidden or, if revealed, take nothing away from their expressive talent. 

It seems crazy that such music exists nowadays: we thought we had it all in our empty hands and the awe of genre definitions, and instead we find ourselves beautifully immersed in a mixed blend that can only give way also to something new advancing within these beautiful grooves.

And that is what makes this the most interesting album, in terms of originality, of this 2022, because of the variety and breadth of elements that turn it into a record to study.

It never descends into banality, never into tricks that want to deny an expressive void: we are before and within a cataclysm able to create discomfort and rapture, finally bringing the breath to die, as it deserves.

Here, on the other hand, there are tons of class and good taste, a brilliant work of minds that seem to have come out of the laboratory of madness educated to give sense matter for development.

I would like to recommend it to everyone, warmly, but I can't kid myself: such a beautiful album would be understood by a few people, it would deserve recognition and falling in love over and over again, continuously. It should find a constant word of mouth, to reach everywhere. For it nourishes and leads us to intense zones, where just listening is enough to feel loved.

It is now a matter of putting one's eyes deep inside this eleven-legged delightful puppy to get lost…


Song by Song


1 All Anointed


A slow, circular explosion envelops our listening, amongst sly guitars and a drum machine of Coldwave derivation, for a very suggestive introductory moment. Vocals are a descent into the dreamy side of 4ad but the song remains close to something more original, in the cathode mantra of multiple visions.


2 Truth or Consequence


And it is ecstasy, surprise, enchantment that shakes our bones, in this machine of beauty that between a hinted electronic music and dreampop masked by guitars that know how to be hostile makes everything precise in the sonic contemplation of a dreamlike feeling, interspersed with Noise Pop particles that make listening intriguing. And the scent of the Orient in Ruth's vocals is a marvel that moves forward.


3 Melt


Would you have ever thought it? A dub flow with reggae particles seem the basis of a precise tumult that can be confusing. Instead, all it takes is a few seconds of waiting and we are swimming in clouds of the most minimalist shoegaze, with noise atoms spraying vibrations and the bass pushing on an evocative harmonic plane. The guitar sweeps freely in its wanderings and the voice is one long note which surrounds us, all in a syncopated and neurotic rhythmic tide. 


4 Misanthrope 


The beginning is again traumatic: a Darkwave microcosm seems to keep our breath anchored in darkness, with a guitar shimmering in the pregnancy of a nocturnal atmosphere. Then Ruth closes our eyes and we rise into the silence of the starry sky, with a pulsing bass holding hands with her voice. They are sparkles with dreampop inputs, but nothing can be definitive: their celestial boat makes us swim in the sea of genres, styles, for a magnetic track…


5 Relapse


Another paralyzing din, making the skin vibrate: Relapse is a harmonic care, with guitars like dew surrounding to make us savor the intensity of existence. The combination of bass and voice is ecstasy of light, an ensemble that takes us into the Dark-Pop zone, where joy and pain find the point of contact. The guitar becomes a child of the best Bauhaus for a result that seduces the pulse.


6 Ballad of a Girl


There is no shortage of surprises: here is the new candle that touches and takes us to the mid-80s, with electronic contamination and expedients that give immense vigor to this nocturnal creature, devoid of consciousness, wandering inside our proclaimed joy. Everything is placed in a passage track, where getting lost is the place of their skill and our new identity...


7 Vacant and Naked


Between Vapor-Wave, Cocteau Twins precipices and an attitude of Pop vocals in the best tradition, everything unfolds in a scene where sound is the protagonist, with the ability to write a song that smells of tears and embrace. One is suspended, they seem to warn us that daydreams are the best....


8 True Love


Let there be room for fear that does not make one tremble but think: the rhythmic and melodic zones are permanent streams of blood-chilling breaths. Then there's always her diamond-like voice switching to the high register like a flight of free eagles, capable of feeding on oxygen. A dream, with devilishly perfect notes.


9 Find Her


The most precious piece arrives and it is the weeping of the soul: you suffer, you enjoy, you enter the synth to find a hand with a wet black rose. As if it were the result of baroque music painted by electronic hints, here one cannot help but become trembling and thinking beings.


10 Emily 


When beauty becomes a gastric lavage: here everything is purified in the dreamy mood mixed with mystery, the torches of fear slowly entering to defraud our breaths. Magnetic, mighty and beloved of the gods, the song is the flight of every beat to dispersion with its dreampop guitars.


11 Decline Regrowth Decay


Between hints of The Cure and Pale Saints, and vocals that take us to Toni Halliday's Curves devoid of effects on her voice, we are faced with a song with a great psychedelic core through this guitar that releases curiosity and din. Perfect classy performance to give the feeling that their talent cannot be gagged by musical genres and styles. Here, this is the demonstration, and heaven applauds moved.


Alex Dematteis
Musicshockworld 
Salford
7th November 202









La mia Recensione: Duramadre - Lato B

 Duramadre - Lato B


La strada dell’avvolgimento conosce peripezie e disgrazie, frutti di sorrisi improvvisi e allodole fuori tempo che resistono. Nell’epoca delle estinzioni in massa c’è una meteora sempre in orbita terreste ed è la Grazia Artistica, quella che arriva e pacifica i terremoti e le zone solitarie di anime perse.

In questa vi è anche il percorso di cinque persone piene di polvere di vita mentre con la loro musica indossano un mantello di verità, a cui non ci si può opporre: parole e musica come pugni pieni di seta, dove si stabiliscono contatti necessari.

Tornano per completare l’identità del loro sentire: dopo il Lato A, con le sue pulsioni piene di sabbia, arriva il Lato B, quello che rivela ciò che normalmente si tiene nascosto, per un risultato di un fiume pieno di autenticità e coraggio. La band è cresciuta moltissimo, si è indurita nella forma musicale arrivando dove avevo immaginato: nel luogo dove i fulmini temono il loro sguardo.

È così: quattro canzoni dove il rock non chiede sincerità bensì la offre, nelle quali non è l’originalità a essere inseguita ma si dona autenticità, e in tutto questo i difetti si assentano, per ammirazione.

Coraggiosi, spavaldi, arcigni, consapevoli: la loro identità si completa con il loro lato migliore, in cui tutto si stabilisce dentro la spiaggia del tempo che conserverà la memoria di questo percorso di crescita indiscutibile. Guidati dalla voce da Dio Greco di Evangelos Voutos, i binari musicali presentano canzoni come treni veloci e capaci di arrivare in tempo, se non in anticipo, con la bellezza e il godimento. Costituiscono anche una tavola di colori dove la tristezza e la preoccupazione risiedono dentro storie e immagini che semplificano un sentire profondo. La parte elettronica guidata dal camaleontico Alberto Sempreboni conferisce freschezza e la continuità di quello che avevamo sentito in Lato A. E quando suona il basso sa far tremare il sole.

La chitarra di Stefano Savarese è semplicemente perfetta: ritmiche e assoli potenti, intuitivi, riusciti e travolgenti trasportano la band di Roma direttamente sul palco della grande qualità.

Piero Motta, con la sua tastiera, ha dita delicate e magnetiche, contribuendo a conferire un senso di compattezza ed elasticità all’interno di un suono e un atteggiamento sempre più rovente: il suo strumento stabilisce la coesione e la coerenza di una band che osa.

Di Francesco Cassano posso dire che il suo cuore allarga le sue capacità tecniche: le sue bacchette scrivono poesie ritmate con grande gusto e e propensione magnetica.

Evangelos: bello e vero come il cielo, notturno, diurno, sempre sveglio per poterci far sentire amati. Le sue parole sono cresciute in modo che ora sono donne adulte dal fascino irresistibile, volenterose di creare smottamenti e grande dipendenza attraverso uno stile che agguanta il passato e lo seduce nel presente. Tecnicamente in grado di riconoscere doverose e necessarie migliorie, l’uomo di Pomezia è ora un vigile della verità, regalando parole come pallottole alle quali affezionarsi, senza aver paura: direi che come miracolo sia davvero enorme.

La band ha messo nel suo ventre una disciplina e volontà di fare del loro tempo qualcosa di generoso: donare se stessi in questo modo è certificare il rispetto di intuizioni, progetti e verità che rendono il tutto spaventosamente concreto. A loro non piace fingere, scrivere canzoni come calamite per nascondere mancanze e falsità.

Quattro esempi di come la storia del mondo possa essere rappresentata, dove il genere musicale non è la propria identità ma dove sono le canzoni a esserlo come loro testimoni di luce. 

Lo scriba decide che può solo invitarvi all’ascolto che, ne è certo, diverrà assimilazione e una vorace propensione a nutrirsi di questi pugni che, nella prima e ultima traccia, vedono due voci femminili donare con stili diversi il tocco dell’incanto. Non era facile integrarsi e sviluppare eventuali apporti personali, ma sia Marilina Vanni sul brano “Misericordia e fango”, sia Thalatta Alternaif su “Regina della fine” hanno dato segnali di luce baciati da classe immensa.

Si respirano profumi epici con “Misericordia e fango”, uno specchio che cerca di formare l’identità con una valanga di fango pieno di voli, dentro una attitudine rock capace di contaminarsi nella nebbia elettronica.

“Distante”: quando melodia e potenza salgono sul cavallo che trotta con la bava alla bocca si assiste a uno spettacolo che sa essere amaro, un sentirsi fuori posto con la sola consolazione di un dialogo. Una frustata dove le distanze si parlano, cadendo, in totale sincerità.

Tutto il mondo nevrotico degli anni 80, rimbalzati nel rock di “Lei non c’è” dove il canto di Evangelos sorprende, stupisce per la sua modalità che nel ritornello rivela la capacità di uscire dagli schemi. E la sezione ritmica schizza nel cielo sino a un meraviglioso assolo psichedelico.

Siamo alla fine della corsa, con l’aurora candida di “Regina della fine”, l’ultima meraviglia, a donare lacrime e sangue, con la sua struggente propensione al martirio, alla condanna consapevole. Giochi di cambi ritmo, di strumenti che si alternano nel ruolo di scrivere una canzone potente, dinamitarda, che quando rallenta si mostra ancora più scorticante.


Cosa aggiungere? Sono ossessionato dalla loro schiettezza, dal fragore suscitato nel mio petto, da una manifesta capacità di andare coerentemente nel non luogo, perché non ho dubbi che non troveranno il riscontro che meritano dal momento che il Paese della Cultura sa come offendere e dimenticare se stesso, uccidendo di solitudine una band così talentuosa come i Duramadre.

Ma confido nell’intelligenza di chi non si stanca di cercare qualità: Lato B ne è uno splendido esempio…


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

6 Novembre 2022

https://duramadreband.bandcamp.com/album/lato-b









sabato 5 novembre 2022

La mia Recensione Julian Shah Tayler - Elysium

 Julian Shah Tayler  - Elysium


Chi ama i Suede e i Mansun mi è simpatico, a prescindere. Se poi il tutto viene maggiorato da una cultura musicale eccelsa, da una valanga di composizioni, da una dipendenza, sempre pregna di qualità, dal comporre musica che sa essere uno scatto fotografico del luogo di provenienza, conservandone l’identità, ecco che allora si parla dell’intelligenza di un artista camaleontico.

 Effervescente, dai gusti sopraffini, simpatico e dinamico, schizoide senza essere detentore di maledizioni da esibire ma solamente di una vorace necessità di scrivere canzoni. Poderosa è la sua capacità di portare i nervi scoperti delle nostre passioni verso chi ascoltavamo in un tempo precedente, quasi obbligandoci a considerare solo ciò che di quegli artisti era perfetto, funzionale, per poter ripartire da lì.

Un’impresa, difficilissima, di cui ha da parte dello scriba tutta la sua gratitudine ed un plauso sincero. Si potrebbe immaginare questo sbagliatissimo scenario: ci stai dicendo che è partito dai fuoriclasse, dai loro brani migliori e poi ci ha messo qualcosa di suo, vero, vecchio mio?

No, molto di più di questo (comunque tutto confermato): siamo davanti a una processione, perfettamente tenuta insieme, di stili musicali, di venature intense di ritmi dance nei quali tutta la qualità di decenni appassionanti trova un punto d’incontro nelle sue canzoni, per donare il senso di una poderosa esibizione di classe che mette in fila splendore e bellezza. E tutta la parte elettronica fa da mantello, protegge, mette i suoni su un piano di insieme altamente generoso, al fine di sintetizzare lo sviluppo delle idee e la loro potenza. I 70’s e gli 80’s mai messi così perfettamente d’accordo, senza nessuna offesa che urli e che impazzi per questo connubio. Un album magnifico, una lezione di coesione: a Julian piace amare l’idea che lavorando si possa far convivere la passione per quegli anni in quella che per lui è una vicenda molto seria, donandoci sorrisi dolcissimi. La sua passione è in ogni beat, in ogni tastiera, nel ritmo che dal funky passa alla geometria perfetta del synth-Pop, alle zone buie di una elettronica sempre esigente, un atteggiamento Glam Rock senza obbligatoriamente presentarne i crismi. È Brit-Pop col make-up, è rock con chitarre che saltuariamente graffiano e ci portano in zona Inxs, come in quella dei Queen, nella poesia sensuale di David Bowie, nei labirinti dei Roxy Music. Continua anche nelle bolle erotiche dei T-Rex e in quelle più leggere dei Rammstein, dove tutto però rivela le sue intuizioni, i suoi guizzi, il guardare anche ad Oriente, il non chiudere mai la propria curiosità, per spalancare i suoi moti rapaci anche verso artisti meno conosciuti. Ed ecco i Mansun, di cui ha lo stesso gusto estetico dei passaggi essenziali tra la strofa e certi improvvisi cambiamenti (anche i Kula Shaker sapevano essere maestri sotto questo aspetto).

Ma, ripeto, non è una compilation.

Direi purtroppo un miracoloso esempio di come lui non neghi l’evidenza, finendo per nutrirsene per rinvigorire il suo innegabile talento, il tassello principale di canzoni che sanno conquistare, far sognare, sorridere, portare buonumore: avercene di album del genere, nel momento in cui la musica sta conoscendo devastanti segni di dispersione. Lui conserva e amplifica, diventa memoria creando un ponte con il futuro, un diamante a cui dobbiamo volgere lo sguardo e che dobbiamo ringraziare con tanta stima, approdando sicuramente anche all’affetto. 

Tra le sue capacità vi è quella di creare fasce sonore orecchiabili, con una voce spettacolare, ben impostata, sgargiante di colori, che sa attirare l’ascolto e portarlo nella zona del conforto, della gioia, di una spensieratezza ma anche di riflessioni date da testi pieni di forza, di coraggio, di immagini imbevute di suggestioni. Il tutto condito da un vocabolario che scivola bene dentro le nostre necessità di far convivere semplicità e concetti che possono darci spunti per pensieri profondi. Evidenti sono i segni di una crescita notevole, di un bagaglio musicale che lo ha reso preciso e leggero, senza affanni. Tutte le composizioni regalano beneficio e si può anche constatare che l’apparato musicale è perfettamente adagiato sul suo canto. Ascolti e ti immergi in un liquido caldo, con una brezza emotiva che avviluppa i sensi, allineati ed esposti per nutrirci di brani che hanno il potere di farci sognare, il che è tra le cose che ci aspettiamo di trovare quando abbiamo un disco a portata di tiro.

Figlio della cultura statunitense, il bravo Julian non ha confini mentali e viaggia con estrema attenzione anche nel continente europeo per completare la sua ricerca personale, facendo divenire questo splendido album una enciclopedia che sazia e conquista.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5 Novembre 2022



https://thesingularitymusic.bandcamp.com/album/elysium




My Review: Julian ShahTayler - Elysium

 Julian Shah Tayler - Elysium


I like people who love Suede and Mansun, whatever. If this is then augmented by a sublime musical culture, by an avalanche of compositions, by an addiction, always steeped in quality, by the writing of music that knows how to be a photographic shot of its place of origin, while preserving its identity, then we are talking about the intelligence of a chameleonic artist.

 Effervescent, with over-the-top tastes, likeable and dynamic, schizoid without being holder of curses to show but only of a voracious need to compose songs. Powerful is his ability to bring the rough nerves of our passions towards those we listened to in an earlier time, almost forcing us to consider only what was perfect, functional about those artists, in order to restart from there.

A very difficult challenge, for which the scribe has all his gratitude and sincere applause. One could imagine this wrong scenario: you are telling us that he started from the top musicians, from their best tunes and then put something of his own into them, right, old man?

No, much more than that (in any case, all confirmed): we are in front of a procession, perfectly held together, of musical styles, of intense veins of dance rhythms in which all the quality of passionate decades finds a meeting point in his songs, to give the sense of a mighty performance of class that lines up splendour and beauty. And the whole electronic part acts as a cloak, protects, puts the sounds on a highly generous level, in order to synthesise the development of ideas and their power. The 70's and 80's never got along so perfectly, without any offence which screams and goes crazy about this combination. A magnificent album, a lesson in cohesion: Julian likes to love the idea that by working he can make the passion for those years coexist in what for him is a very serious affair, giving us the sweetest of smiles. His passion is in every beat, in every keyboard, in the rhythm that goes from funky to the perfect geometry of synth-Pop, to the dark zones of an always demanding electronic music, a Glam Rock attitude without necessarily presenting its trappings. It is Brit-Pop with make-up, it is rock with guitars that occasionally scratch and take us into the Inxs zone, into the sensual poetry of David Bowie, into the labyrinths of Roxy Music. He also continues in the erotic bubbles of T-Rex and in the lighter ones of Rammstein, where everything, however, reveals his intuitions, his creative flairs, his looking even to the East, his never shutting off his curiosity, to open his interested motions even towards lesser known artists. And here we have Mansun, with whom he shares the same aesthetic taste for the essential transitions between verse and certain sudden changes (Kula Shaker were also masters in this respect).

But again, this is not a compilation.

I would sadly say a miraculous example of how he does not deny the evidence, and ends up feeding on it to reinvigorate his undeniable talent, the main building block of songs that know how to conquer, make you dream, smile, bring good cheer: we need more albums like this, at a time when music is experiencing devastating signs of dispersion. He preserves and amplifies, he becomes a memory, creating a bridge to the future, a diamond to which we must turn our gaze and that we must thank with much esteem, certainly also with affection. 

Among his skills is that of creating catchy sound bands, with a spectacular voice, well built, filled with colour, that is able to attract the listener and take him into the zone of comfort, of joy, of a light-heartedness but also of reflections given by lyrics full of strength, with courage, with images imbued with suggestions. All seasoned with a vocabulary that slips well into our need to bring together simplicity and concepts that can give us food for deep thought. Evident are the signs of a remarkable growth, of a musical background that has made him precise and light, without fatigue. All the compositions are beneficial and you can also see that the musical part is perfectly laid on his vocals. You listen to them and immerse yourself in a warm liquid, with an emotional breeze that envelops our senses, aligned and exposed to feed us with songs that have the power to make us dream, which is among the things we expect to find when we have a record within reach.

A child of American culture, the talented Julian has no mental boundaries and also travels the continent of Europe with great care to complete his personal quest, making this splendid album into an encyclopaedia that satiates and conquers us.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5th November 2022


https://thesingularitymusic.bandcamp.com/album/elysium








giovedì 3 novembre 2022

La mia Recensione: v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2

 La mia Recensione:


 v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2


Alunni.

Sempre.

Senza dubbi.


Si torna finalmente a scuola, nella palestra elettronica che nella seconda metà degli anni 70 spalancò finestre, porte e cieli interi per dare vitalità alla musica che iniziava un periodo di pericolosa stanchezza e ripetitività. 

Si possono considerare meglio, attraverso questa miracolosa e coraggiosa azione della fantastica Label Peripheral Minimal Records (sempre attiva e sempre in grado di offrire generose esibizioni di qualità), tutti quegli artisti innovatori, sperimentali, capaci di una avanguardia feroce e generosa. Tutto ciò si fa necessario nel momento in cui, ingolfati da proposte non sempre valide, occorrerebbe maggior conoscenza della storia, del suo percorso, dei suoi indubbi maestri e precursori.

La Peripheral Minimal Records lo fa dando alle stampe questo clamoroso fiume di suoni, di approcci stilistici, di essenziali frecce cosmiche, di minuti nei quali tutto viene tracciato con precisione e credibilità, per un ascolto educativo e complementare: aggiunge per chi non sapeva, conferma a chi aveva già potuto imparare che in queste tracce si rivelano segreti e patti con l’eternità. 

Moltissimo è partito da questi slanci, da quei bisogni, dalla volontà di consegnare un universo brillante e sostanzialmente necessario per chiunque abbia una propensione per queste vocazioni di corpulenta espressione stilistica.

Questo album è una operazione chirurgica, perfetta: estrae una massa sana da un periodo che va dal 1978 al 1990, anni straordinari ma anche difficili, per il volume di proposte non sempre conosciute e tantomeno specificate.

Avete modo nelle 28 tracce su cd (26 nella piattaforma Bandcamp) di accalorarvi, di trovare gioielli immensi, alcuni sconosciuti, altri con pochi raggi sulla loro pelle, altri che invece credo siano anche già stati nella vostra masticazione.

Ma tutte loro sono miracoli, per capacità, per valore, per una incontestabile propensione a fare da presupposto e da base per sviluppi che, puntuali, nel corso dei decenni sono arrivati, perché questa base era colma di forza, energia e bellezza.

Ed è una corsa nei misteri dello stupore, in canali pulsanti di transistor, tastiere agli esordi, stratagemmi e voli, per analizzare tutto ciò che si muoveva nelle menti, nei cuori, nelle dita di artisti complici di fascinazioni con la bava alla bocca, con la voglia di adoperarsi pienamente in una mastodontica passione.

Frutti acerbi ma prelibati, a volte spettrali, a volte lucidi come il sole di ferragosto, altre volte nebulose con l’intenzione di non scoprirsi troppo: vi sono momenti in cui non si può afferrare del tutto l’importanza, l’inquietudine, l’identità di corpi che in modo meraviglioso sono sopravvissuti al passaggio del tempo.

Ma è turbinio, addensamento di atomi affamati, manifesta capacità di eleganza che ci estorce stupore e devozione, perché vibra in questi minuti il passato che ha generato il presente e tutto il suo percorso nel tempo, per indicizzare i nostri ascolti verso una meticolosa precisione.

Non è una compilation.

Nulla è garanzia di un facile ingresso in questo doppio cd: l’insegnamento vero esiste quando non si smette di imparare, di volerlo fare. E alcuni momenti tasteranno il vostro gusto, la vostra reale volontà di andare oltre tutto ciò perché è evidente che nulla qui è stato composto per farvi saltare in aria in gioiosa attitudine. C’è un po’ di fatica da fare per chi è meno avvezzo ad avere una qualità e capacità diversa nell’ascolto.

E allora sarà possibile annotare, cercare nel loro serbatoio il carburante di una consapevolezza doverosa e necessaria.


Momenti succulenti entreranno, se lascerete aperte le vene della curiosità e dello studio, nei sentieri del vostro ascolto: su tutti i Vice Versa, precursori assoluti, Schleimer K, quattro britannici con le loro fragranze pre-Ebm e Synth-Pop allineate in un peregrinaggio tecnico spaziale, gli spettrali Neu Electrikk, con quaranta secondi che hanno fatto in anticipo la storia dell’horror post-punk, poi trasformato dai Cure in Seventeen Seconds. 


Con i Final Program, i semi dei primissimi The Human League emergono insieme alla lezione del Maestro Klaus Naomi dando come risultato giochi di prestigio sonoro. Stress è un agglomerato di perfida e deliziosa pazzia: sapranno condurvi nei tubi del loro pulsare. Il brano Live dei Hula è testimonianza della sacralità di miscele stilistiche messe sotto frusta da un drumming elaborato e da un basso sacrilego.


Ma tutte le canzoni sono una enciclopedia strutturale conoscitiva di cui impossessarsi per capire il tutto che spesso abbiamo a disposizione e che non vogliamo conoscere.


Fondamentale, andrebbe reso obbligatorio l’acquisto!


Alex Dematteis

Musicshockworld

4 Novembre 2002

https://peripheralminimal.bandcamp.com/album/prophecy-progress-uk-electronics-1978-1990-volumes-i-ii-2?fbclid=IwAR3zkVcLT7IMJUWFAlVLI60oYHuymNRK6Ch6JK0eVt88QAhs7BfK4_YNq-Y





My Review: v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2

 My Review:


 v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2


Pupils.

Always.

Without doubt.


We return to school at last, in the electronic gymnasium that in the second half of the 1970s threw open windows, doors and whole skies to give vitality to music that was beginning a period of dangerous fatigue and repetitiveness. 

One can better consider, through this miraculous and courageous action of the fantastic Label called Peripheral Minimal Records (always active and always able to give generous quality performances), all those innovative, experimental artists, capable of a fierce and generous avant-garde. All this becomes necessary at a time when, engulfed with not always good proposals, more knowledge of history, its path, its undoubted masters and precursors would be needed.

Peripheral Minimal Records does this by giving to the press this resounding flood of sounds, of stylistic approaches, of essential cosmic arrows, of minutes in which everything is traced with precision and credibility, for an educational and complementary listening: it adds information for those who did not know them, while it confirms to those who had already been able to learn that in these tracks secrets and pacts with eternity are revealed. 

Much has started from those impulses, those needs, the will to deliver a brilliant and essentially necessary universe for anyone with a penchant for these vocations of great stylistic expression.

This album is a surgical operation, a perfect one: it extracts a healthy mass from a period from 1978 to 1990, years that were extraordinary but also difficult because of the volume of proposals that were not always known, let alone specified.

You have the opportunity in the 28 tracks on CD (26 on Bandcamp) to get excited, to find immense jewels, some unknown, some with a few rays on their skin, others of which I think you already have knowledge.

But all of them are miracles, in ability, in value, in an unquestionable propensity to serve as a prerequisite and foundation for developments that, punctually, over the decades have come, because this foundation was filled with strength, energy and beauty.

And it is a rush through the mysteries of wonder, into pulsing channels of transistors, keyboards in their early days, stratagems and flights, to analyze all that was moving in the minds, hearts and fingers of artists complicit in fascinations frothing at the mouth, with the desire to fully act with an enormous passion.

Unripe but delicious fruits, sometimes ghostly, other times as bright as the mid-August sun, and still others nebulous with the intention of not uncovering too much: there are moments when we cannot fully grasp the importance, the restlessness, the identity of bodies that in a wonderful way have survived the passage of time.

But it is a whirlwind, a thickening of hungry atoms, a manifest ability to elegance that extorts awe and devotion from us, since in these minutes we can feel the past vibrating, that past which has generated the present and all its path through time, in order to index our listening towards meticulous precision.

This is not a compilation.

Nothing is a guarantee of an easy entry on this double CD: true teaching exists when you don't stop learning, wanting to learn. And some moments will test your taste, your real willingness to go beyond all that because it is clear that nothing here was composed to blow you away in a joyful attitude. There is some effort to be made for those who are less accustomed to having a different quality and ability in listening.

And then it will be possible to note, to search their tank for the fuel of dutiful and necessary awareness.


Juicy moments will enter, if you leave the veins of curiosity and study open, through the paths of your listening: for instance we can mention Vice Versa, absolute precursors, Schleimer K, four Brits with their pre-Ebm and Synth-Pop fragrances aligned in a spacey technical wanderings, the spectral Neu Electrikk, with forty seconds that made in advance the history of post-punk horror, later transformed by The Cure into Seventeen Seconds. 


With Final Program, the seeds of The Human League from their earlier years emerge along with the lesson of Master Klaus Naomi resulting in sonic magic tricks. Stress is an agglomeration of wicked and delicious madness: they will be able to lead you into the tubes of their pulsing. The song Live by Hula is a testament to the sanctity of stylistic blends put under the whip by an elaborate drumming and a sacrilegious bass.


But all the tracks are a cognitive structural encyclopedia to take possession of in order to understand the whole that we often have at our disposal and do not want to know.


Fundamental, its purchase should be made mandatory!


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4th November 2022


https://peripheralminimal.bandcamp.com/album/prophecy-progress-uk-electronics-1978-1990-volumes-i-ii-2?fbclid=IwAR3zkVcLT7IMJUWFAlVLI60oYHuymNRK6Ch6JK0eVt88QAhs7BfK4_YNq-Y








La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...