sabato 26 marzo 2022

La mia Recensione: La Grazia Obliqua - Canzoni d'amore e morte e altri eventi accidentali

 La mia Recensione 


La Grazia Obliqua - Canzoni d'amore e morte e altri eventi accidentali


Roma, la Divina pigra dai gioielli sempre capaci di uscire dal suo ventre.

Roma, guardatela bene: lì il fato incide sulla volontà e combatte il silenzio con la sua propria luce cupa.

Roma, che spruzza acqua dentro i crateri neri del mondo che ruota attorno alla tragedia, sa ancora partorire angeli dai vestiti scuri senza per questo essere carnefici.

Dagli alberi pieni di ossigeno antico arriva La Grazia Obliqua, un combo che entra a contatto con la drammaticità e l’intelligenza portando a sé personaggi colmi di bellezza e valore, per poter percorrere le catacombe della superficie romana, spostando spesso anche i confini di questa volontà.

La loro musica è uno splendido stratagemma: come Maestri di parole e pensieri disposti ad essere lame di luce, si tuffano in suoni che partendo dal neo-folk rivisitato e corretto, galleggiano nell’art wave che seduce e la Darkwave che supporta quelle pesantezze inevitabili che devono emergere.

L’atmosfera permea il fiato di stupore e un’allegria che fanno i conti con la gravità del tempo, ma tutto è sostenibile perché streghe e maghi convivono lasciandosi in vita: è magia quella che sentiamo e che vediamo, come una cascata che prima di tutto pulisce le ferite e poi regala sogni.


E come i lasciti di una antica pergamena, i ragazzi romani raccolgono i silenzi ed i loro segreti per usare le mani come abili sirene che sanno uccidere la morte al fine di sedurre per l’eternità.

Michael Nyman, Philip Glass, Brian Eno sembrano i guardiani del loro suono, uniti nel consenso: la band ha una spiccata personalità che permette loro di navigare tra i generi musicali senza però lasciare orme evidenti, come ladri legalizzati solo per pochi attimi perché poi nel loro granaio la farina è prodotta da loro.

Canzoni come rifugio cristallino di un ritmo che si coniuga alla melodia con sapienza, dove la qualità regna indisturbata: non vi è rumore bensì luce che irradia forze deboli tremanti, come se tutto venisse messo su un palco e ad illuminarlo fosse il mistero della neve che canta parole cariche di sabbia africana.

La crescente oscurità che invece di terrorizzare consola, laddove l’intimità diventa la dolcezza di tragedie che mostrano il fianco, fa di questo album un rosario senza spine sul capo ma nello spazio sconfinato dei pensieri possiamo trovare tutto il dolore.

La forza espressiva raggiunge vette strazianti e si può toccare con mano ciò che è leggiadro e onirico, come se le melodie e le impalcature sonore fossero alleati per portare il sentimento di perdita che è francobollato sulla pelle di questo album.


Un’opera eclettica, fluida, peccaminosa e vorticosa, che si espande e offre mazzi di fiori dai petali dorati, usando la lentezza come il bacio ingannevole di un’epoca che da sempre soffia sulla capitale.

Andiamo ora ad aprire la pergamena, saremo Patrizi e Plebei con disagi moderni. Un po’ d’uva sulle mani e poi via: si va a mangiare la bellezza…



Canzone per canzone



Antro/ The meeting room


Come una fiaba musicale eseguita da Douglas Pierce (che troveremo più avanti), con il recitativo di Alessandro Bellotta (potrebbe starci il paragone con Emidio Clementi dei Massimo Volume, ma si rivela subito inappropriato) tutto vibra per poter essere sbalzato via da Alessandra Trinity Bersiani. Con il suo ingresso la musica cambia e tutto si fa lunare, sospeso e sensuale. E questo incrocio tra le due parti scivola via con un sottofondo elettronico sublime. Come una puntura a calmare le paure, il brano apre in modo sinuoso le telluriche ma lente danze.




L’ultimo sipario 


La Germania si impone: Kraftwerk e Daf, con il mistero degli altrettanto seminali NamNamBulu, e i Rammstein più melodici fanno da padrini a questa guerra, con il cielo che viene colpito a sangue da un testo magnifico per immagini, grondante silenzi che quietano ogni impeto. Il solo finale di chitarra ci porta il rock progressive dei Gonge alla mente e lo Space Rock per indurire il tutto in generosa abbondanza.



Landscapes (reanimated)


Roma si alza per andare a ballare: le vesti sono composte di seta color piombo, passi pesanti, la scia di suono che segue la scena per fare di questo brano l’eco lontano dei Camouflage inzuppati di inquietudine, tra beat elettronici e aperture improvvise nel ritornello. Qualcosa di soffice avanza, ma c’è sempre questa piacevole sensazione di una canzone che vuole inchiodare, lentamente, la disgrazia del mondo sulla croce. Il Synthpop pare timido, ma riesce ad ossigenare le vesti e a condurre il tutto verso la nebbia che protegge il groppo in gola.



Fall Apart 


I ragazzi romani sono coraggiosi: sfidano la sacra terra dei Death in June con una versione di Fall Apart. Operazione che mi lascia intellettualmente non d’accordo: avrei preferito un altro loro brano.

Però apprezzo la capacità di farle indossare una veste meno sacra e più intima, sospesa sin dall’inizio dall’elettronica che crea pathos e toglie alla chitarra acustica quella tensione che era la peculiarità del brano, insieme al testo. Qui invece musicalmente tutto si fa più complesso risultando interessante e le voci sono due che saltuariamente si accavallano creando una malinconica suggestione.



Prima del diluvio


La bellezza di un piano che sembra suonato dalle dita di un Paolo Conte di buon umore e che attraversa le notti ed il fumo di una bisca clandestina di Detroit lascia velocemente spazio ad un fare più robusto sul quale Andrea Chimenti, sul testo voluttuoso di Alessandro Bellotta, deposita la sua voce calda e ipnotica in un brano stupefacente e sorprendente. Tutto si gonfia di ombre con luci negli occhi. Ed è vitamina per il cuore che, robusto, spande calore intenso.





La figlia di Iorio


Di stupore in stupore: con l’inizio che ricorda in parte American Wheeze dei 16 Horsepower, siamo qui nell’equinozio di primavera dove tutto ha il coraggio di uscire, sebbene compaia una strega a complicare il tutto. Ma la band di Roma ha gli arnesi pronti per far vincere il bene nella storia feroce piena di cenere. Quando il neo-folk si accoppia al Dark-noir come in questo caso non può che scaturirne una sfera di luce che genera vita. E il recitato femminile nel finale regala una ulteriore sorpresa con la suspence che ci stringe piacevolmente coinvolti.




L’eterno era notte


Con un sentore di temporale in arrivo nei primi decimi di secondo del brano, ecco che appaiono i Cure di Disintegration a costruire la base musicale su cui le due voci, accostate, ci portano invece Franco Battiato nel testo e nella modalità del canto. Ma vi è spazio per sentire nelle vene di questo gioiello armonie proprie della band che senza vergogna le tiene quasi nascoste. Si deposita nella testa e diventa tutto un mantra pieno di seduzione, che nella parte in cui la chitarra prende lo spazio ci porta rose dipinte di viola. Meravigliosa!




Mishima


E non finisce la brezza che ossigena la pelle del cuore: Mishima è una nuova scintilla che musicalmente sorprende perché visita nuovi ulteriori territori e come un terremoto dei sensi svela la gentilezza che accoglie questi talenti che invocano i nostri ascolti.

Tonalità soul in evidenza controllata, l’electro-pop che manda baci ad un trip-hop mascherato e qualcosa di jazzy aleggia facendo del brano una passeggiata sonora sulla superficie lunare. Il tutto è rarefatto e ben confezionato, per lanciare Roma nel futuro, in un silenzio maggiormente sostenuto da fondamenta moderne. 

Se avevano ipotizzato un tentativo per non farsi sconfiggere dalle tenebre ci sono perfettamente riusciti.





R/ESistere


Non neghiamolo: quest’album è un crescendo di gentili abbracci che conducono alla fame di bellezza.

E il tutto trova la fine con questo ennesimo impianto sonoro che commuove all’inizio per ciò che evoca, come la conclusione di una guerra medievale.

Poi, nel cantato che unisce Douglas Pierce a Cristiano De André (una ipotesi assurda, ma che si concretizza con un risultato immenso), si fa spazio una versione apocalittica della vita che trova nella musica la sua fedele compagna. Questo sì che è un viaggio: si parte dalla città eterna per planare nel futuro fatto di lampi e tamburi che cercano e trovano nelle nuove macchine sonore un connubio perfetto, trasportando il tutto nella dimensione dell’inquietudine senza governabilità. E si esisterà continuando a resistere, perché lavori come questi saranno elementi di saggezza da considerare e non solo uno spazio riempitivo del suono.

Album altamente consigliato a tutti!


L'album uscirà il 31 Marzo 2022



Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

26 Marzo 2022




My Review: La Grazia Obliqua -

 My Review 


La Grazia Obliqua - Canzoni d'amore e morte e altri eventi accidentali


Rome, the lazy Divine always able to bring out some jewels from its belly. 

Rome, take a good look at it: there fate affects the will and fights silence with its own dark light.

Rome, which sprays water into the black craters of the world revolving around tragedy, can still give birth to angels in dark clothes, without it making them  executioners.

From the trees full of ancient oxygen comes La Grazia Obliqua, a combo that gets in contact with drama and intelligence by bringing characters full of beauty and value, in order to walk through the catacombs of the Roman surface, often shifting the boundaries of this will.

Their music is a splendid stratagem: as masters of words and thoughts willing to be blades of light, they plunge into sounds that starting from revisited and corrected neo-folk, float in art wave which seduces us and Darkwave which supports those inevitable heaviness that have to emerge.

The atmosphere permeates the breath with astonishment and a cheerfulness that reckon with the seriousness of time, but everything is bearable since witches and wizards live together, leaving each other alive: what we hear and see is magic, like a waterfall that first cleans wounds and then gives dreams.


And like the legacies of an ancient parchment, these Roman guys collect the silences and their secrets to use their hands as skilful sirens that know how to kill death in order to seduce for eternity.

Michael Nyman, Philip Glass and Brian Eno, united in consensus, seem to be the guardians of their sound: the band has a distinct personality that allows them to sail through musical genres without leaving obvious traces, like thieves legalised only for a few moments because in their granary the flour is produced by them.

Songs as a crystal-clear refuge of a rhythm that skilfully combines with melody, where quality reigns undisturbed: there is no noise but light that shines upon trembling weak forces, as if everything was put on a stage and to illuminate it was the mystery of the snow that sings words full of African sand.

The growing darkness that instead of terrorising is able to console, where intimacy becomes the sweetness of tragedies that show their side, makes this album a rosary without thorns on its head but in the boundless space of thoughts we can find all the pain.

The expressive force reaches heartbreaking peaks and we can see first-hand what is graceful and dreamlike, as if the melodies and the sound structures were allied to convey the feeling of loss that is stamped on the skin of this album.


An eclectic, fluid, sinful and swirling work which expands and offers bouquets of flowers with golden petals, using slowness as the deceptive kiss of an era that has always blown on the capital.

Let us now open the parchment, we will be Patricians and Plebeians with modern discomforts. A little grape in our hands and off we go: we’re about to eat the beauty....




Song by song



Antro/ The meeting room


Like a musical fairy tale performed by Douglas Pierce (whom we will find later), with Alessandro Bellotta's recitative (a comparison with Massimo Volume's Emidio Clementi can be expected, but it immediately proves to be inappropriate) everything vibrates to be thrown away by Alessandra Trinity Bersiani. With her entrance the music changes and everything becomes lunar, suspended and sensual. And this crossover between the two parts slips away with a sublime electronic background. Like an injection to calm fears, the track sinuously opens the telluric but slow dance.




L'ultimo Sipario


Germany imposes itself: Kraftwerk and Daf, with the mystery of the equally seminal NamNamBulu, and the most melodic Rammstein are the godfathers of this war, with the sky being struck violently by lyrics that are magnificent in their images, dripping with silences that calm any impetus. The final guitar solo brings to mind Gonge's progressive rock and space rock to harden the whole in generous abundance.



Landscapes (reanimated)


Rome gets up to go dancing: the clothes are made of lead-coloured silk, heavy steps, the trail of sound that follows the scene to make this track the distant echo of Camouflage drenched in restlessness, among electronic beats and sudden openings in the refrain. Something soft advances, but there is always this pleasant feeling of a song that wants to slowly nail the world's misfortune to the cross. The Synthpop seems shy, but manages to oxygenate the clothes and lead the whole thing towards the fog that protects the lump in the throat.



Fall Apart 


The Roman guys are brave: they challenge the sacred land of Death in June with a version of Fall Apart. An operation that leaves me intellectually in disagreement: I would have preferred another of their songs.

But I appreciate the ability to make it wear a less sacred and more intimate dress, suspended from the beginning by the electronic music that creates pathos and takes away from the acoustic guitar that tension which was the peculiarity of the song, together with the lyrics. Here, however, musically everything becomes more complex and interesting and the two voices occasionally overlap creating a melancholic suggestion.


Prima del Diluvio


The beauty of a piano that seems to have been played by the fingers of a Paolo Conte in a good mood and that crosses the nights and the smoke of a clandestine gambling club in Detroit quickly gives way to a more robust approach on which Andrea Chimenti, with the sensual lyrics by Alessandro Bellotta, puts his warm and hypnotic voice in an amazing and surprising track. Everything swells with shadows and light in the eyes. And it is vitamin for the heart which, strong, spreads intense heat.





La Figlia di Iorio


From one astonishment to another: with the beginning partly reminiscent of 16 Horsepower's American Wheeze, here we are in the spring equinox in which everything has the courage to come out, although a witch appears to complicate everything. But the band from Rome has the tools ready to let good win in the fierce ash-filled history. When neo-folk is coupled with dark-noir, as in this case, a sphere of light that generates life cannot fail to emerge. And the female recitation in the end provides a further surprise with the suspense that keeps us pleasantly involved.




L'eterno era notte


With an inkling of a thunderstorm coming in the first tenths of a second of the track, The Cure of Disintegration appear to build the musical base on which the two voices, placed side by side, bring us Franco Battiato in the lyrics and in the way of singing. But there is room to hear the band's own harmonies in the veins of this gem, that they shamelessly keep almost hidden. It settles in our head and becomes a mantra full of seduction, which in the part where the guitar takes space brings us violet-painted roses. Wonderful!




Mishima


There is no end to the breeze that oxygenates the skin of the heart: Mishima is a new spark that musically surprises because it visits additional new territories and like an earthquake of the senses reveals the kindness that welcomes these talents which invoke our listening.

Controlled soul tones in evidence, electro-pop that sends kisses to a disguised trip-hop and something jazzy hovers, making the track a sonic walk on the lunar surface. The whole thing is rarefied and well-packaged, launching Rome into the future, in a silence more supported by modern foundations. 

If they had envisaged an attempt in order  not to be defeated by darkness, they have succeeded perfectly.





R/ESistere


Let's not deny it: this album is a crescendo of gentle embraces that lead to a hunger for beauty.

And it all comes to an end with this umpteenth sound system which moves at first for what it evokes, like the conclusion of a medieval war.

Then, in the vocals that unite Douglas Pierce with Cristiano De André (an absurd hypothesis, but one that materialises with an immense result), an apocalyptic version of life makes its way in which music is its faithful companion. This is really a journey: it starts in the eternal city and glides into the future made of lightning and drums that seek and find a perfect union in the new sound machines, transporting everything into the dimension of ungovernable restlessness. And it will exist by continuing to resist, because works like these will be elements of wisdom to be considered and not just a filling space of  sound.

Highly recommended album for everyone!


The Album will be released on March 31, 2022


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26th March 2022




venerdì 25 marzo 2022

La mia Recensione: Lital Hagayan - Like I Remember You

 La mia Recensione 


Lital Hagayan  - Like I remember You


Le distanze nel cuore sono viali che raccolgono ferite, sorrisi, ricordi.

Quando vorresti avere le persone accanto e vivi invece di impedimenti ecco che la memoria offre il suo palmo gentile, bianco, caldo.

Terzo singolo per la ragazza di Tel Aviv che conferma le sue qualità di saper miscelare dolcezza e profondità, portandoci nel suo nido interiore abitato da immagini e delicatezze perfettamente compattate.

Con un brano che spazia nei generi e nei riferimenti, tutto pare essere nato per potersi far ricordare con semplicità e desiderio di riascolto.

La musica è generosa: contempla la modalità di pennellate che Vini Reilly apprezzerebbe moltissimo, un dolore evidente che attraverso le note rende visibile il processo di accoglienza e di sviluppo di questa situazione. E lei il dolore lo trasforma in poesia con un velo che rivela tutta la sua maturità. 

Siamo accolti da parole e suoni che aprono le braccia mentre raccontano di come ci sia sempre il desiderio di guarire. A volte appaiono i Pink Floyd nel cantato, ma con rispetto e non per plagio. Si finisce inevitabilmente per sentire tutta la classe di questa donna, che mostra la sua forza e la sua fragilità con voli di piume senza sosta. 

Se il dolore va lavato ecco che nel cuore di Lital la musica sembra farlo in modo incantevole.

Tre anni fa l’Università di Tel Aviv scoprì che anche le piante soffrono. E Lital è una di loro, mentre guarisce creando la sua musica celestiale.

E se esistono zone fragili lei le conduce alla vittoria: questo brano è una culla dolorosa, ma che porta ad addormentare tutto ciò che è contrario al benessere con la capacità di trasformazione che deve esserle costato molto.

Si sogna ad ogni modo, si può ballare la canzone trasportati da un vento gentile; si può piangere con dignità quando queste betulle sonore sono cariche di luci invernali, con la voce che sembra arrivare sulla coda del vento per non spaventarci.

Un’altra ala piena di classe ci avvolge: la ragazza di Tel Aviv saprà ammaliare con il suo album chi ha la gentilezza nel cuore.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

25 Marzo 2022


https://litalhagayan.bandcamp.com/track/like-i-remember-you


https://open.spotify.com/track/0BsWiHJECpnrsOlOvcldmF?si=dWaZVn-uRs66QcbYqmJOgw






My Review: Lital Hagayan - Like I Remember You

 My Review 


Lital Hagayan - Like I Remember You


Distances in the heart are avenues that gather wounds, smiles, memories.

When you would like to have people near you but you live of impediments, here is where memory offers its gentle, white, warm palm.

This is the third single for the girl from Tel Aviv, who confirms her ability to mix sweetness and depth, taking us into her inner nest inhabited by perfectly compacted images and sensitivity.

With a track that ranges through genres and references, everything seems to have been created to be remembered with simplicity and a desire to listen to it again.

The music is generous: it contemplates the kind of brushstrokes that Vini Reilly would greatly appreciate, an evident pain that through the notes makes visible the process of acceptance and development of this situation. And she turns pain into poetry with a veil that reveals all her maturity. 

We are greeted by words and sounds that open our arms as they tell of how there is always a desire to heal. Sometimes Pink Floyd appear in the vocals, but with respect and not as plagiarism. One inevitably ends up listening to all the class of this woman, who shows her strength and fragility with non-stop feather flights. 

If pain has to be washed, then in Lital's heart music seems to do it charmingly.

Three years ago, Tel Aviv University discovered that plants also suffer. And Lital is one of them, healing by creating her heavenly music.

And if there are fragile areas, she leads them to victory: this song is a painful cradle, but one that brings to sleep all that is contrary to well-being, with the capacity for transformation that must have taken a lot out of her.

You can dream anyway, you can dance to the track carried by a gentle wind; you can cry with dignity when these sonorous birches are loaded with winter lights, with the voice that seems to come on the tail of the wind so as not to frighten us.

Another wing full of class envelops us: the girl from Tel Aviv will know how to bewitch with her album those who have kindness in their hearts.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

25 March 2022


https://litalhagayan.bandcamp.com/track/like-i-remember-you


https://open.spotify.com/track/0BsWiHJECpnrsOlOvcldmF?si=dWaZVn-uRs66QcbYqmJOgw




giovedì 24 marzo 2022

La mia Recensione: Jo Beth Young - Adversity

 La mia Recensione 


Jo Beth Young - Adversity


Il cuore di un essere umano non è diverso dall’anima del cielo e della terra. Nella tua pratica tieni sempre nei tuoi pensieri l’interazione tra cielo e terra, acqua e fuoco, yin e yang.
(Morihei Ueshiba)


La ricerca di una filosofia che porti ad un equilibrio personale è al giorno d’oggi una follia per molti: si allunga la lista dei contrari, degli scettici, e si creano forze assurde per contrastare tutto questo.

Può arrivare però la magia di una intenzione sostenuta da una perla che sembra discendere dal cielo, priva di paura, forte come un tuono, elegante come un sorriso orientale.

Jo Beth Young è un angelo la cui voce sembra un coro che ispira le muse del cielo: insieme al suo progetto, perfettamente centrato in questa canzone che precederà l’album Broken Spells, rimane il brivido di un miracolo che per risultare tale ha chiamato a sé Peter Yates dei Fields Of The Nephilim e Ben Roberts.

Si respira sacralità in viaggio lento, con l’elettronica che sussurra parole d’amore al trip-hop e alla world Music per secondi che sembrano aprire le mani del cuore e riescono a convincere la mente che solo nell’equilibrio vi è la possibilità di contemplare se stessi e i propri dintorni.

Musica come un mantra a cui risulta impossibile resistere: Jo lancia le sue parole come uno stormo di uccelli in una emigrazione precisa, verso il proprio benessere.

E ascoltarla diventa poesia e incanto, una ginnastica della mente che lascia piacevolmente il fiato più breve.

Sin dall’inizio del brano si percepisce come la sua voce, pacifica e piena di veli, possa mostrare con fierezza una somiglianza iniziale con la Regina del Punk Siouxsie, ma velocemente si sente tutta la sua timbrica che non può essere paragonata a nessuno e allora si è conquistati definitivamente: si aprono le scie del cielo con beats leggeri, la chitarra di Peter Yates diventa un vetro che mostra tutta la sua anima, come una mano che gravita attorno a questa voce che non smette di alzarsi in volo per poter includere un canto alla dea buddista della compassione, Kuan Yin.

Ed è meraviglia: tutte le opposizioni si sciolgono davanti all’impeto educato di una natura che cerca la luce e la pace e che si accuccia dentro la voce di Jo.

Fremiti, calore, magia: sciolgono le resistenze e prendono residenza dentro questo scrigno che si chiama Adversity, una pagina nuova, che ci ruba gli occhi per poter concedere un abbraccio al mondo.

E poter leggere quella ricchezza che Jo ci ha generosamente offerto è decisamente un colpo di fortuna che non ci aspettavamo.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

24 Marzo 2022





 My Review 


Jo Beth Young - Adversity


The heart of a human being is no different from the soul of heaven and earth. In your practice always keep in your thoughts the interaction of heaven and earth, water and fire, yin and yang.

(Morihei Ueshiba)


The search for a philosophy that leads to personal balance is crazy for many people nowadays: the list of opponents and sceptics is getting longer and absurd forces are created to counteract this.

However, the magic of an intention backed by a pearl that seems to descend from the sky, fearless, strong as thunder, elegant as an oriental smile, can arrive.

Jo Beth Young is an angel whose voice sounds like a choir inspiring the muses of heaven: with her project, perfectly centred in this song that will precede the album Broken Spells, there is the thrill of a miracle that, to be such, has summoned Peter Yates of Fields Of The Nephilim and Ben Roberts.

You can breathe sacredness in a slow journey, with electronic music whispering words of love to trip-hop and world music, for seconds that seem to open the hands of your heart and which manage to convince the mind that only in balance one can have the possibility of contemplating oneself and one's surroundings.

Music like a mantra that is impossible to resist: Jo launches her words like a flock of birds in a precise emigration, towards her own well-being.

And listening to her becomes poetry and enchantment, a gymnastics of the mind that pleasantly leaves you short of breath.

Right from the start of the track you can feel how her voice, peaceful and full of veils, can proudly show an initial resemblance to the Queen of Punk Siouxsie, but quickly you hear all her timbre, which cannot be compared to anyone else, and then you are definitely seduced: the trails of the sky open up with light beats, Peter Yates' guitar becomes a glass that exhibits all its soul, like a hand gravitating around this voice that never stops taking flight to include a chant to the Buddhist goddess of compassion, Kuan Yin.

And it is a wonder: all oppositions melt away before the polite enthusiasm of a nature that seeks light and peace and curls up within Jo's voice.

Tremors, warmth, magic: they dissolve resistance and take up residence inside this treasure chest called Adversity, a new page, which steals our eyes in order to give an embrace to the world.

And to be able to read that richness that Jo has generously offered us is definitely a stroke of luck that we did not expect.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

24th March 2022






sabato 19 marzo 2022

My Review: Sugar For The Pill - Wanderlust

My review: Sugar For The Pill - Wanderlust 


And beauty is not a need, but an ecstasy. It is not a thirsty mouth, nor an outstretched empty hand, but rather a burning heart and an enchanted soul.

(Khalil Gibran)


Echoes of hope come from Greece, a land fraught of importance, history and fascination.

And fascination makes possible the movement of souls that ask themselves questions as a necessity and a form of intelligence.

For three decades now, a part of the world, specifically in music, has linked the love and fatigue of living with the approach of a noisy backline called Shoegaze, with the kindness of Dreampop attached.

And from the mysterious and mighty Greek capital come five angels with their debut album: Vana Rose (vocals), Spyros Mitrokotsas (guitars), Elias K (guitars), Stefanos Manousis (bass/keyboards) and Konstantinos Athanasopoulos (drums).

They have poured out all their youthful propensity with enthusiasm and high skills to flood our astonishment with fast and enormous curiosities, to be an enchantment that solidifies the remnants of our small joys.

Drawing the time of melancholy and positivity bound together, they give the sky a new meaning because they make it not only the place of our gazes, but above all the one where to rent the next house.

Songs that travel with conviction, persuading, enlarging our quality of listening: they are seeds of life at a time when desolation and violence are trying to defeat us.

So this set of flights that we like to call songs becomes precious.

The Shoegaze trademarks are all there, but we can also find traces of post-punk and veiled pop propensities, that make the album an abundant and nutritious crossroad, satisfying our increasingly demanding palates.

It seems like a mission impossible nowadays to stun with a musical listening, either for the excessive mass of proposals, or for an addiction that decreases the ability of a real and deep study.

But Sugar For The Pill amaze us precisely on this aspect: they know how to pierce our hearts thirsty for enchantment and uproar with constant ability, surrounding our soul with a sound and songs that make continuous shivers a serene map of the universe.

We are happy even when they offer us sad diamonds: only the Masters are allowed this ability.

We find tree-lined avenues of delays and reverberations that are not enough on their own: here come to aid intense melodies and new solutions to make everything fresh, like a river that kindly emerges from its bed to water our souls.

The artistic maturity is present in every aspect: from music, to production, to artwork.

A record to put in the safe of our heart like a unique jewel, which will fortify us and always give signs of its vitality to our tired bones.

To combine sturdiness, rhythm, melodies, softness in this way in forty-one minutes is a remarkable challenge, it should not be left alone and deserves to be constantly illuminated by listening that must become faithful.

The novelty they present is a sign of incredible importance: we can do nothing but plunge, with desire and intensity, into their songs.

There is a moment in which we have to take possession of the confidence in the future and it is starting from this album that the present can anticipate it with great qualities…




Song by Song


Quicksand




Quicksand is the poetry of dust that you hear in the initial notes of keyboards and then deliver in the guitar and in the vocals which shock for their reflections of the 90s, creating echoes in the heart.

Like Fountain of Light, the song lives on the union of alchemy and celestial excursions, with the bass that alone would be enough to make us fall in love. But all the members of the band enter the work shop, where they exercise their impulses, the passions that generate this jewel, as a unique specimen in which to rejoice, with wide and serene smiles.


Drink Conium


The drums kick-start this ride, everything rises, in rhythm, in intensity, with guitars scratching lightly, with the beautiful bridge that opens the sky to the chorus that is a shot to the side. The atmosphere is subtle even though the bass and drums are shining hammers of strength.



Falling Back To You


Falling Back To You is the movement of the sea that enters the sand and does so with subtlety, with elegance, while the drumming alternates, beating out the rhythm with the guitars that travel in the macrocosm of Dreampop and a bass that, starting from the Cure and arriving at Joy Division, is a solid pillar for Vana Rose’s voice which electrifies the air with its melodic melancholy.

The guitars of Spyros Mitrokotsas and Elias K are ecstatic and invade the senses, keyboards and the bass of Stefanos Manousis are ecstatic and frenetic, with the drums of Konstantinos Athanasopoulos giving liveliness, joy and a sense of rush towards that little bit of enthusiasm left for us to live.



Soul Can Wait 


After the three singles here comes this song: Adorable, Cathrine Wheel and Swerdriver appear mixed, festive in the sound complexity, rather than in the rhythmic one, of the song. A jewel with a skin tinged with Pop.

At minute two and forty-five the song stops: it is the guitar that continues it, showing all its modern candour, a beam of marvellous light that drags the band into the end with Vana's splendid vocals.



More Than a Lover


The 90's Indie beginning is already able to conquer and then everything opens up when vocals come and the guitars become more full and carnal. It's as if Slowdive take off their coats and fly high in the chorus, giving the song that sense of completeness that makes it perfect. It's seductive to see tout-court shoegaze from the side which seems lighter: a journey through styles that gives the song the breath of the wind.


Moan of the Thunder


Once the soul has been freed from its mental prisons, it finds itself devoid of all difficulties: this track is exemplary of this, because we find ourselves with a melody that frees the heaviness of the world and Vana demonstrates all her talent with vocals that are a melancholic smile which abandons the fear of living. And if legend has it that Shoegazers always have their heads down, just listen to this song: you can make sweet noise even when looking at rainbows.



Diamonds


The Master Rhythm returns to create new explosions: we find ourselves in a dance that is dreamlike and sensual, on ethereal and remote territories, guitar bass and drums are impetuous, generous, while vocals are a poem that seems to come from a comet.

The mellifluous sound looks like something that comes out of a polite and gentle hive. A wonder.


I Wish I Was The Fire


U2 seem to open the dance and then the evident ability of the Greek line-up to navigate in the possibilities of sound frescoes that constantly rise comes into focus.

With the imprint of a fast gazelle that knows how to hold pathos at high altitudes, the song is able to present a joyful and magnetic aura with drumming and bass defining the boundaries of a resounding intensity.


Shiver 


Tension and romance show up in the initial piano and with the arrival of the guitar everything becomes more complex: it's not easy to sustain the beauty that doesn't need roar to be such.

Then it's a crystal that runs wild, causing a sidereal daze: the guitars become vehement, but wisely held back. The evident electric impulses connect with majestic melodic flashes.



Stardust 


2020's 'Catch the Breeze' comes at the end of the album: the reference is only to the beginning of the track, with all due caution in the reference.

Because then the vibrations shift, annexing other smells and colours.

A closure that shows an evident fresco in an angelic movement, with melodic perfection coming out of guitars still in a resounding state of grace.

Pounds of generous restlessness and yearning stick to the temple.

And the band takes under its arm the desire to play a symphony that brings tears to jump amidst the ringing of thrilling guitars.


An outstanding debut makes it clear that albums like this are the poetry that survives ugliness. Extraordinary!


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

March 20th, 2022


Wanderlust will be released by Shelflife (Us) 

and Make Me Happy Records (Greece) in a 12” LP.




https://sugar-for-the-pill.bandcamp.com/album/wanderlust


https://open.spotify.com/album/7uG92ZPgm55BueIhF3AVCc?si=7JUeGqLuR-KCedfQ78K1fw


https://music.apple.com/gb/album/wanderlust/1608450155






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