sabato 26 marzo 2022

La mia Recensione: La Grazia Obliqua - Canzoni d'amore e morte e altri eventi accidentali

 La mia Recensione 


La Grazia Obliqua - Canzoni d'amore e morte e altri eventi accidentali


Roma, la Divina pigra dai gioielli sempre capaci di uscire dal suo ventre.

Roma, guardatela bene: lì il fato incide sulla volontà e combatte il silenzio con la sua propria luce cupa.

Roma, che spruzza acqua dentro i crateri neri del mondo che ruota attorno alla tragedia, sa ancora partorire angeli dai vestiti scuri senza per questo essere carnefici.

Dagli alberi pieni di ossigeno antico arriva La Grazia Obliqua, un combo che entra a contatto con la drammaticità e l’intelligenza portando a sé personaggi colmi di bellezza e valore, per poter percorrere le catacombe della superficie romana, spostando spesso anche i confini di questa volontà.

La loro musica è uno splendido stratagemma: come Maestri di parole e pensieri disposti ad essere lame di luce, si tuffano in suoni che partendo dal neo-folk rivisitato e corretto, galleggiano nell’art wave che seduce e la Darkwave che supporta quelle pesantezze inevitabili che devono emergere.

L’atmosfera permea il fiato di stupore e un’allegria che fanno i conti con la gravità del tempo, ma tutto è sostenibile perché streghe e maghi convivono lasciandosi in vita: è magia quella che sentiamo e che vediamo, come una cascata che prima di tutto pulisce le ferite e poi regala sogni.


E come i lasciti di una antica pergamena, i ragazzi romani raccolgono i silenzi ed i loro segreti per usare le mani come abili sirene che sanno uccidere la morte al fine di sedurre per l’eternità.

Michael Nyman, Philip Glass, Brian Eno sembrano i guardiani del loro suono, uniti nel consenso: la band ha una spiccata personalità che permette loro di navigare tra i generi musicali senza però lasciare orme evidenti, come ladri legalizzati solo per pochi attimi perché poi nel loro granaio la farina è prodotta da loro.

Canzoni come rifugio cristallino di un ritmo che si coniuga alla melodia con sapienza, dove la qualità regna indisturbata: non vi è rumore bensì luce che irradia forze deboli tremanti, come se tutto venisse messo su un palco e ad illuminarlo fosse il mistero della neve che canta parole cariche di sabbia africana.

La crescente oscurità che invece di terrorizzare consola, laddove l’intimità diventa la dolcezza di tragedie che mostrano il fianco, fa di questo album un rosario senza spine sul capo ma nello spazio sconfinato dei pensieri possiamo trovare tutto il dolore.

La forza espressiva raggiunge vette strazianti e si può toccare con mano ciò che è leggiadro e onirico, come se le melodie e le impalcature sonore fossero alleati per portare il sentimento di perdita che è francobollato sulla pelle di questo album.


Un’opera eclettica, fluida, peccaminosa e vorticosa, che si espande e offre mazzi di fiori dai petali dorati, usando la lentezza come il bacio ingannevole di un’epoca che da sempre soffia sulla capitale.

Andiamo ora ad aprire la pergamena, saremo Patrizi e Plebei con disagi moderni. Un po’ d’uva sulle mani e poi via: si va a mangiare la bellezza…



Canzone per canzone



Antro/ The meeting room


Come una fiaba musicale eseguita da Douglas Pierce (che troveremo più avanti), con il recitativo di Alessandro Bellotta (potrebbe starci il paragone con Emidio Clementi dei Massimo Volume, ma si rivela subito inappropriato) tutto vibra per poter essere sbalzato via da Alessandra Trinity Bersiani. Con il suo ingresso la musica cambia e tutto si fa lunare, sospeso e sensuale. E questo incrocio tra le due parti scivola via con un sottofondo elettronico sublime. Come una puntura a calmare le paure, il brano apre in modo sinuoso le telluriche ma lente danze.




L’ultimo sipario 


La Germania si impone: Kraftwerk e Daf, con il mistero degli altrettanto seminali NamNamBulu, e i Rammstein più melodici fanno da padrini a questa guerra, con il cielo che viene colpito a sangue da un testo magnifico per immagini, grondante silenzi che quietano ogni impeto. Il solo finale di chitarra ci porta il rock progressive dei Gonge alla mente e lo Space Rock per indurire il tutto in generosa abbondanza.



Landscapes (reanimated)


Roma si alza per andare a ballare: le vesti sono composte di seta color piombo, passi pesanti, la scia di suono che segue la scena per fare di questo brano l’eco lontano dei Camouflage inzuppati di inquietudine, tra beat elettronici e aperture improvvise nel ritornello. Qualcosa di soffice avanza, ma c’è sempre questa piacevole sensazione di una canzone che vuole inchiodare, lentamente, la disgrazia del mondo sulla croce. Il Synthpop pare timido, ma riesce ad ossigenare le vesti e a condurre il tutto verso la nebbia che protegge il groppo in gola.



Fall Apart 


I ragazzi romani sono coraggiosi: sfidano la sacra terra dei Death in June con una versione di Fall Apart. Operazione che mi lascia intellettualmente non d’accordo: avrei preferito un altro loro brano.

Però apprezzo la capacità di farle indossare una veste meno sacra e più intima, sospesa sin dall’inizio dall’elettronica che crea pathos e toglie alla chitarra acustica quella tensione che era la peculiarità del brano, insieme al testo. Qui invece musicalmente tutto si fa più complesso risultando interessante e le voci sono due che saltuariamente si accavallano creando una malinconica suggestione.



Prima del diluvio


La bellezza di un piano che sembra suonato dalle dita di un Paolo Conte di buon umore e che attraversa le notti ed il fumo di una bisca clandestina di Detroit lascia velocemente spazio ad un fare più robusto sul quale Andrea Chimenti, sul testo voluttuoso di Alessandro Bellotta, deposita la sua voce calda e ipnotica in un brano stupefacente e sorprendente. Tutto si gonfia di ombre con luci negli occhi. Ed è vitamina per il cuore che, robusto, spande calore intenso.





La figlia di Iorio


Di stupore in stupore: con l’inizio che ricorda in parte American Wheeze dei 16 Horsepower, siamo qui nell’equinozio di primavera dove tutto ha il coraggio di uscire, sebbene compaia una strega a complicare il tutto. Ma la band di Roma ha gli arnesi pronti per far vincere il bene nella storia feroce piena di cenere. Quando il neo-folk si accoppia al Dark-noir come in questo caso non può che scaturirne una sfera di luce che genera vita. E il recitato femminile nel finale regala una ulteriore sorpresa con la suspence che ci stringe piacevolmente coinvolti.




L’eterno era notte


Con un sentore di temporale in arrivo nei primi decimi di secondo del brano, ecco che appaiono i Cure di Disintegration a costruire la base musicale su cui le due voci, accostate, ci portano invece Franco Battiato nel testo e nella modalità del canto. Ma vi è spazio per sentire nelle vene di questo gioiello armonie proprie della band che senza vergogna le tiene quasi nascoste. Si deposita nella testa e diventa tutto un mantra pieno di seduzione, che nella parte in cui la chitarra prende lo spazio ci porta rose dipinte di viola. Meravigliosa!




Mishima


E non finisce la brezza che ossigena la pelle del cuore: Mishima è una nuova scintilla che musicalmente sorprende perché visita nuovi ulteriori territori e come un terremoto dei sensi svela la gentilezza che accoglie questi talenti che invocano i nostri ascolti.

Tonalità soul in evidenza controllata, l’electro-pop che manda baci ad un trip-hop mascherato e qualcosa di jazzy aleggia facendo del brano una passeggiata sonora sulla superficie lunare. Il tutto è rarefatto e ben confezionato, per lanciare Roma nel futuro, in un silenzio maggiormente sostenuto da fondamenta moderne. 

Se avevano ipotizzato un tentativo per non farsi sconfiggere dalle tenebre ci sono perfettamente riusciti.





R/ESistere


Non neghiamolo: quest’album è un crescendo di gentili abbracci che conducono alla fame di bellezza.

E il tutto trova la fine con questo ennesimo impianto sonoro che commuove all’inizio per ciò che evoca, come la conclusione di una guerra medievale.

Poi, nel cantato che unisce Douglas Pierce a Cristiano De André (una ipotesi assurda, ma che si concretizza con un risultato immenso), si fa spazio una versione apocalittica della vita che trova nella musica la sua fedele compagna. Questo sì che è un viaggio: si parte dalla città eterna per planare nel futuro fatto di lampi e tamburi che cercano e trovano nelle nuove macchine sonore un connubio perfetto, trasportando il tutto nella dimensione dell’inquietudine senza governabilità. E si esisterà continuando a resistere, perché lavori come questi saranno elementi di saggezza da considerare e non solo uno spazio riempitivo del suono.

Album altamente consigliato a tutti!


L'album uscirà il 31 Marzo 2022



Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

26 Marzo 2022




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