giovedì 28 marzo 2024

La mia Recensione: L’appel Du Vide - Metro

 

L’appel Du Vide - Metro


Toh, la Sassonia, uno degli stati federati della Germania, ci presenta quattro suoi emissari di bellezza dalla stupefacente Chemnitz, famosa per la statua ritraente Karl Marx, ma per il Vecchio Scriba soprattutto per le numerose band che l’hanno resa una culla segreta di innumerevoli splendori.

Quattro anni di attività hanno dimostrato che il trattato pelvico e mentale di questo combo è una macchia radioattiva di chirurgica propensione, una scossa epidermica che va oltre i generi musicali proposti, tra un quasi Deathrock, un sicuro Post-Punk e un sublime Noise Rock impastato di candelabri per illuminare il torpore e la sofferenza di quella città che non è mai riuscita a invadere il mondo, ma che il prossimo anno vedrà come capitale europea della cultura.

Questo lavoro è un processo di combustione, cavalli di razza lanciati al galoppo per saltare ostacoli colmi di banalità e volgarità: i tedeschi qui adoperano strategie razionali ed emotive, un grimaldello, una vanga, uno scalpello e un tornio, per rendere l’ascolto trucioli consapevoli di cosa sia essere uno scarto della società.

Un continuo trambusto, nello spartiacque celeste di confusioni rese palpabili, con doverosa precisione, curando il suono, le sue regole oltraggiose e spavalde, per massacrare le coscienze più che i timpani, per un giro del mondo pazzesco, comprendendo gli Stati Uniti (la strabordante Portland su tutte), così come l’Inghilterra della ferrea Manchester, per approdare all’intuizione della qualificazione delle melodie come streghe risorte dopo un lungo letargo, per donare fuochi fatui e manciate di incenso dentro le nostre narici.

Qualcosa di primitivo, frutto di carbonare conquiste pre-medievali agguantano il flusso sanguigno di queste composizioni, per materializzarsi nel proscenio moderno dell'insulto, nella girovaga danza dietro le sue quinte. 

Si rende evidente che la loro ambascia ha la volontà di progredire, di lasciare il proprio nucleo e divenire un affronto, uno scontro, tramite brani che vagano nel cielo come torbide nuvole nel tentativo, riuscito, di far piangere i raggi del sole: quando nel cielo vola il ferro nessun paradiso si sente sicuro.

Agli occhi dei quattro operai metalmeccanici la storia dell’uomo è un cimitero da portare nella fragranza dei loro volti, un puzzle di machiavellico ardire, la tracotanza che impera e conquista, destruttura e amplifica il dolore partendo dal punk per finire appiccicato dentro movenze piene di spasmi e fuochi artificiali, nel marasma di un’adrenalina incontenibile.

Sbava in modalità terrifica, si aggroviglia in uno spasmo che fa male alla testa, con pungiglioni continui, relegando il piacere nel teatro morto dell’illusione. Canzoni come grattugie colme di sangue, microscopici attentati che con il passare dei minuti diventano un boato nucleare nei confronti di una pace che a loro proprio non interessa: ancora una volta il Vecchio Scriba porge la guancia a questo misterioso e ribelle gruppo offrendosi come vittima sacrificale, cosciente e felice.

Il ritmo, spesso assassino nella sua velocità corrosiva, si porta dietro bordate di basso, lame di sconquassanti chitarre, il volgare e straordinario drumming, altare seducente di ogni grimaldello fisico.

Quando il pianoforte e i sintetizzatori osano mostrare i loro respiri, si cede a un infarto imprevisto: come druidi senza rispetto giocano con i  nostri sensi, vomitando portate di bellezze straordinarie e al contempo stranianti, dove la commozione si genuflette.

Suse, Friday, Flatty e Rene: questi i nomi di questi furiosi armellini armati che hanno composto un trattato di follia che la scuola di Francoforte, con i suoi straordinari filosofi, avrebbe premiato con una laurea all’alienazione applicata, con bacio accademico.

Ora basta, è innegabile che si debba fare i conti con le singole crepe e inoltrarci in un getsemani che attende di essere respirato, tra ulivi più che mai piangenti…


Song by Song


1 - Nacht

L’avvio è un infarto, Sheffield pare resuscitata, e poi è un groviglio che parte dai Killing Joke mentre plana a Frisco, e perdere il libero arbitrio per essere la palestra dove tutto deve essere preciso, con monumentali e rapidi cambi di ritmo, e un cantato che è secco, sintomatico e abrasivo.


2 - Verschwiegen

Semi primordiali di vapori pieni di artriti che giungono dai Fields Of The Nephilim si palesano nei primi secondi. Poi è sevizia, barbarico e atomico sventramento, con il supporto di chitarre magmatiche e Rene che ci mostra il respiro di Rozz Williams. 


3 - Offenbarungseid

Il Post-Punk ferito, che segue i Bauhaus mentre si truccano il volto, prende la rincorsa per attaccare i nostri corpi, già chiaramente feriti. Tutto diviene una locomotiva piena di profughi mentali, inferociti, che abbracciano la chitarra che non perdona: strappa, cuce, dipinge vascelli grondanti di sudore e gelatina appiccicosa. Il fiato manca, ma si vive una stratosferica gioia nera…


4 - Woanders

Eccola la Germania aliena, irreprensibile, maestosa, inafferrabile, che ci fa aspettare, con i giochi di chitarre e batteria, per divenire rogo e strazio. Il tempo è oscillante tra il 1977 e il 1980, i luoghi sono le vertebre di Londra e Detroit, in una festa Post-Punk di incredibile effetto placebo…


5 - Verbrennen

I Banshees aprono le danze, poi è il cadavere maestoso della band, la sua unicità, a emergere: un brano che è una processione, un armistizio, una resa che conosce le tenebre quando inizia il cantato e il drumming si fa cupo. Restano solo detriti e ventagli caduti per terra…


6 - Fleisch

La testa si china, gli occhi cercano trattati di medicina antica, le note cadono dal cielo come scheletri lenti e pieni di polvere, in uno spettro industriale lento che si trasforma in un omicidio hard-core di disumana coralità, per giungere, in seguito a un trattato di educazione imposta, a giocare con missili Deathrock per poi, again and again, confluire nell’hard-core. Devastante!


7 - Warteschleife

Nessuna tregua, per carità, non si fa, non si deve, e i quattro picchiano, se ne fregano del buon senso civico, e continuano a seminare proiettili, nel caotico girone Dantesco, piazzando zombie nei suoni e sorrisi maligni nelle trame armoniche…


8 - Ausgeliefert

Berlino chiama, Amburgo piange, Brema oscilla, Francoforte aspetta: una canzone che, come un Bignami, fatica a contenere lo scintillio di questi semi neri come vermi gongolanti. Si brama, si attende, si arricchisce, si scalda la pelle del suono in una danza che rende uno straccio ogni pensiero…


9 - Fragezeichen

Il delirio, con la prima parte del brano che ribadisce una metodica nevrotica e ombrosa, la sorpresa di un finale stratosferico, con quel piano che uccide ogni carezza, fa sì che il congedo sia un nuovo shock epidermico, con la storia del primo e blasfemo Post-Punk che emergeva dalle rive del Mississippi, capace poi di penetrare nel cuore della foresta nera tedesca. Un delirio che riassume tutto ciò che abbiamo udito e che rende questo album uno specchio spettrale di clamorose pulsioni e di bellezze macabre e potenti…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

28 Marzo 2024


L'album sarà disponibile dal 29 Marzo


https://sabotagerecords.bandcamp.com/album/lappel-du-vide-metro-lp


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.

La mia Recensione: Sinéad O’Connor - The Lion and the Cobra

  Sinéad O'Connor - The Lion and the Cobra In un mondo che cerca la perfezione, i capolavori, lo stupore garantito senza dover fare fati...