giovedì 21 settembre 2023

La mia Recensione: Cranes - Loved

Cranes - Loved


“La magia è un ponte che ti permette di passare dal mondo visibile a quello invisibile”
 Paulo Coelho


Il Vecchio Scriba, affacciandosi nuovamente all’ascolto di questa opera, si ritrova a essere erubescente, trafitto da audaci emozioni che scavalcano la comprensione, in quanto il terzetto, capitanato dai due componenti della famiglia Shaw (Alison e Jim), con Loved continua il percorso nomade di un campionario ialino, capace di frustare la gioia all’interno di un perimetro nel quale la volontà maggiore della band è quella di postergare, di non rimanere ancorata alle modalità espressive del passato. Continua la sperimentazione nell’ingramagliare le acque artistiche, sperimentando gli effetti del bagliore dentro la sfera magnetica della depressione, ma solo apparente. Tutto naviga, in queste tracce piene di olio lento, nel raggiungere l’esposizione del progetto iniziale, domarlo, renderlo ubbidiente per poter sfornare potenti incandescenze sonore. Si è succubi di una magia viscerale, conturbante, con composizioni che raggiungono il luogo dell’asprezza, apparentemente astruse, spingendo il nostro animo a un rivoltamento interiore quasi spettrale. La sensazione primaria è di stupore innanzi alla marcata necessità di ascoltare i brani con un atteggiamento ulimoso, perché davvero le canzoni inebriano, sanno attrarre come fa l’incantevole tramonto alpino. Le circostanze che hanno generato questo lavoro sono all’interno di un'ampolla ricoperta di segreti e astuzie: Alison non è mai stata ambasciatrice delle strategie e delle incombenze della band, piuttosto una regina armata del silenzioso modus operandi, quello che miete vittime senza colpo ferire. Un concept album vergato di fasci chitarristici inclini a substrati psichedelici, senza lasciare indietro il sapore dolciastro di chitarre acustiche che hanno il compito di rendere più approcciabili i numerosi ribaltamenti che fanno di ogni singolo episodio la chiave della sorpresa e dell’incanto. L’eleganza, quando crepuscolare, non conduce mai all’urlo bensì a governare la caverna di segrete considerazioni che tendono ad avviluppare il tutto senza che prenda la strada del successo.


Il suono raschia, cattura, immalinconisce, stabilisce il contatto con la frustrazione che diventa orgasmo assicurato, sebbene non ci si possa mai staccare dalla preoccupazione che questo LOVED non sia solo una necessità e una espressione governata dall’arte, ma che sia incline a ospitare frammenti di una realtà forse contraria alla convinzione che possa esistere la serenità. La musica, come la voce di Alison, è un continuo avvenimento icastico, che nemmeno una buona pellicola a volte riesce a trasmettere. 

Quando si riescono a far coordinare rotte di stili e generi diversi all’interno di un cilindro impolverato di mistero significa che l’essere poliedrici non è un fatto solo strutturale. E loro l’avevano già dimostrato nei tre precedenti momenti a lunga distanza. Il quarto episodio ha un approccio maggiormente conturbante e spiazzante: le dissonanze, le progressioni, gli abbandoni umorali vengono affiancati da nuovi strumenti e di conseguenza da nuove possibilità nella scrittura di quelle che somigliano sempre di più ad anime ingabbiate in un giorno di tempesta. Lo scenario onirico non manca, dato non solo dalla fanciullesca voce della cantante, ma dal continuo e fluente circolo di pennellate che suggeriscono la loro delicatezza. Vi sono impronte di glaciazioni, di umori che si impennano, di ritmi tribali educati ma pur sempre corrosivi, come un magnete che porta a sé tutto il tesoro richiesto. La propensione a creare scenari apocalittici rimane ed è un incessante palpito che regala unicità all’ascoltatore, il quale si ritrova a essere privilegiato da un lavoro che non ha uguali. Concentrico, intenso, non dilapida mai l’intensità sebbene sia soprattutto nel lato B che tutto si riempie di mistero, nella catarsi che necessita di calma e destrezza. Infatti, dopo le prime tre robuste canzoni, i tre membri si concentrano nella spartizione delle fiamme, educando le giovani composizioni a studiare la Storia, anche quella musicale, ed è in quel momento che il baricentro si sposta, deliziando e facendo smarrire, al contempo, ogni nostra previsione per quanto concerne le successive ambientazioni sonore. Quando il cedimento umorale si affaccia nei pressi dei nostri alveoli polmonari, ci si sente come sbarrati all’interno di un campo nomade, con l’argento sporco tra le mani…


Gli stereotipi gotici non mancano (al DNA non si può disobbedire), ma non sono quelli a generare un imprinting plumbeo e scosceso, perché l’amalgama tra periodi e stili non simili è il coronamento della loro evidente maturità. Le idee sono talmente chiare che il caleidoscopio sonoro diventa un quadro impressionista, senza dimenticare la copertina dell’album, nella quale tre figure guardano in direzioni diverse all’interno di un fango colorato di luce incline al torpore emotivo. L’imbrunire, le stagioni stanche, il male del vivere trovano una modalità di locazione convincente, e, attraverso i vocalizzi ansiosi pieni di tenerezza di Alison, si può raggiungere l’abbraccio con un compimento che lascia di stucco: un mappamondo artistico genitoriale dal quale procreare un futuro sembra inevitabile. E così è avvenuto…

Una quasi nascosta gioia cammina sulle punte, leggera, senza disturbare grandi connessioni in cui la fatica della presenza quotidiana vengono espressi da testi che visitano storie capaci di essere anche ambigue, a tratti non percepibili del tutto donando un altro, estremo, piacere. La spiritualità nelle dieci tracce (undici nel cd) viaggia ad alta velocità, sorpassando il ritmo di diverse ballads, di canzoni dal passo lento, offrendo un altro segno tangibile di una maestria non comune. 

Si presenta, per la prima volta, la necessità di un accorpamento orchestrale che veicola intensità al di sopra del suono, facendo roteare gli occhi in sogni pieni di adrenalina classica. La desolazione diventa la testimone di una autenticità che non si può negare, ma alla quale viene affiancato un bavaglio, per governarla e non lasciarle troppo spazio. Toni sommessi, lampi improvvisi, suite per elasticizzare straordinari loop musicali, fanno urlare al miracolo in quanto tutto è organizzato con stile, rispetto, lasciando una fessura nella quale la meraviglia può respirare…

Lo xilofono e gli archi sono assi magici, il regalo degli Dèi, che hanno posizionato il loro lasciapassare all’interno di queste composizioni che fanno rabbrividire per tensione e malinconia: sia riconosciuto che LOVED è un assolo di una giornata destinata a rintanarsi nel perpetuo sfiorire dei nostri respiri…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

21 Settembre 2023


https://spotify.link/8N590QDTgDb




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