mercoledì 25 gennaio 2023

La mia Recensione: Karma Voyage - Lights in Forgotten Places

 Karma Voyage - Lights in Forgotten Places 


Che volto ha lo stupore che abbraccia il bisogno di imponenti immersioni nella verità? 

Lo potreste conoscere ascoltando l’album di esordio della band italiana Karma Voyage che, dopo l’Ep omonimo del 2021, compie un percorso dove le medaglie hanno sì due facce, ma ne rivelano l’identità, l’entità, il peso specifico, in un percorso dove tutto sfiora la grandezza che genera, appunto, stupore. Non ha definizioni un fatto del genere se non la straordinarietà della sua profondità, in un circuito fatto di sentieri sonori e di parole sacre, perché indagano e mettono le persone davanti a un assoluto. L’Italia che fatica ad avere una identità nobile, in qualsiasi campo, dovrebbe ascoltare questa enciclopedia ritmica, leggere nei movimenti di anime che sondano, che non cercano agio tantomeno privilegi, bensì un cammino dove gli occhi e le orecchie non sono apparati a servizio dei sensi ma  primi partecipanti di coscienza in costruzione.

Le abilità dei cinque Dottori del Sapere veneziani sono infinite e ammassate con ordine, metodo, pazienza nelle nove composizioni dove il potente suono espresso è solamente il basamento, non la finestra e tantomeno il contenuto: sono tutte dotate di una pelle che si muove, scende in profondità e rivela contenuti che hanno come comun denominatore l’interesse di dare mezzi espressivi che formano un’idea e la conducono ad essere materia. Un album incantevole, che scavalca i confini, i preconcetti e ci porta in luoghi in cui non esistono bandiere o proprietà da difendere o da negare ad altri. La loro musica mette in contatto le persone, in un ipotetico incontro nel quale la lingua scelta (l’inglese) sia l’unica  comprensibile, perché nessun’altra avrebbe potuto rendere nello stesso modo, consegnando già un primo messaggio: almeno sotto questo aspetto incominciamo ad appropriarci di qualcosa che parifichi tutti.

Ed è solo il primo punto: quello di partenza. 

Decisa la lingua, occorre ora un pensiero, qualcosa da donare per poterlo scambiare e la band lo fa con chiarezza anche attraverso un metodo stilistico che presenta almeno tre generi musicali identificabili, ma che non sono restrittivi bensì solo un mezzo che una volta individuato permette di notarne altri. Si va dall’evidente psichedelia che però non ha la museruola alla bocca, per poi passare a una attitudine Shoegaze (spesso più nel cantato che nella musica, ed è un’altra freccia a proprio favore) per arrivare al Post-Rock che sa farsi potente. Non è finita: esistono sensibilità Post-Punk, crateri degli anni '80 poco perlustrati da band italiane su cui loro invece mettono le mani, impastando, nascondendo, confondendo, ma alla fine rivelando  incroci che lasciano a bocca aperta. 

E ancora: si va ancora più indietro con semi di Hard-Rock con il cappotto, perché è sempre meglio proteggere certe radici, soprattutto se la funzionalità di tutti questi generi è quello di creare un proprio stile. 

Si torna indietro sino agli anni '60, consci però che non vi sia certezza alcuna in questo: capacissimi di avere fonti di ispirazione che possano arrivare sino all’inizio del primo millennio.

Missione perfettamente riuscita per la tremenda soddisfazione del vecchio scriba.

Non credete che però manchino anche granelli di Folk Apocalittico, di particelle Industrial. In questo album nulla finisce, tutto continua, non vi sono barriere, ma tappeti come valanghe che invece di sotterrare corpi li mettono in rilievo: uno dei tanti miracoli qui presenti.

Esistono tensioni, nervosismi, sempre dilatati, ma concentrici in queste tracce in perenne stato di grazia: tutto viene evocato, invocato, estremizzato, contenuto ma mai abbandonato, perché questo disco è il manifesto della continuità data anche dalla consequenzialità perfetta delle canzoni, non un puzzle fortunato, bensì una attenta abilità nel creare un percorso che da un punto di partenza porti all’arrivo.

Abbiamo la fortuna di immensi campi immaginari posati su questi brani, luoghi da incontrare e che invitano la  nostra mente ad albergare quel tanto che basta per innamorarsene e appropriarsene, perché queste canzoni sono un’offerta unica e generosa per compiere un’esperienza che abbellisce senza dubbio.

Prima di cercare di descrivere tutte le canzoni presenti occorre fare una affermazione: non siamo degni della qualità e della verità di questo immenso lavoro, ma è nostro dovere provare ad avere almeno la consapevolezza che, quando l’Arte è di questa fattura, i privilegi che potrebbero arrivare dipendono solo dalla nostra capacità di lettura. Sarebbe bene non perdere questa occasione.


Song by Song


1 - Silent Towns

L’inizio è epico: il cantato medievale di Luca Castellaro e le chitarre oblique sue e di Giuseppe Brunetti spalancano la bocca in una bolla di brividi celestiali. Unito al drum possente di Stefano Anoè e al basso chirurgico di Alvise Scarpa, il brano è una robusta contorsione psichedelica che scuote e apre il petto.


2 - Circle’ Sides

Le tastiere di Leonardo Sebastiani sono il primo segnale di un viatico sulle sponde di un Post-Rock che mette i piedi nell’acqua della psichedelia Londinese dei primi anni '70. La chitarra questa volta sceglie lo Shoegaze dei Catherine Wheel per alcuni secondi ed è litania liturgica, un lento coro che scuote la chiesa. Il cantato è la perfetta omelia per questa chicca che sovrasta il cielo. 


3 New Foundations Feat Nils Ottensmeyer (The Blue Angel Lounge)

Due chitarre come serpi in calore danno il via: ed è la perfezione che si manifesta sin da subito per questa cuspide musicale che ferisce e cura, perché suo è il potere totale. Accade poi un atto magico: la chitarra diventa gentile, sulla strada del romanticismo più puro, mentre il drumming gli fa da contrappeso, donando la sensazione di universi in contatto.


4 - Shine 

Pubblicata come singolo “apripista”, è la folata lenta di scirocco, come se fosse una canzone non inclusa in Ferment dei Catherine Wheel. Però qui abbiamo la sensazione che le chitarre e il drumming siano uscite da un raggio di sole essendo ancora umide. Ed è infine in grado di rivelare un’apoteosi al suo interno.


5 - ‘Em

Siamo sull’Everest dell’album: da qui si vede tutta la grandezza della band veneziana (se mai avevate avuto dei dubbi nei quattro episodi precedenti), in quanto capace di progressioni che vanno oltre la forma canzone, come un crescendo tenuto al guinzaglio e liberato lentamente. Ed è Psych, Post-Rock, Shoegaze, Alternative, il tutto amalgamato in una durezza suggestiva.


6 - Branches Of An Old Ash

Un gabbiano esce dalla Giudecca: è una chitarra che dopo un incipit di tastiera spicca il volo tra Shoegaze e Dreampop ma poi lo abbandona, dopo 45 secondi, perché tutto si unisce in un lago psichedelico che lascia Venezia e approda nei porti della nostra immaginazione. La batteria inventa una marcia sincopata, il basso è un fuoriclasse di grappoli gustosi di note gonfie di calore, e tutto vola via, come una giornata struggente.


7 Distance And Echoes

Cosa c’è oltre l’Everest? Ecco, questa canzone è l’eclisse lunare, da cui proviene questo miracolo: tutto vive di compattezza, di un frastuono più emotivo che musicale, ma grande è la spada che si conficca nel cuore data dalle note di chitarra che con il loro registro alto feriscono. E noi qui a tendere le mani per accogliere questo gioiello senza tempo.


8 - City Of The Lame

Non è possibile: un’altra fiammata a scaldare il cuore? Sì, indubbiamente, perché questo è l’episodio dove l’incanto della dolcezza incontra una struttura musicale in continuo mutamento, in una presa solida che rende l’ascolto una esperienza capace di portare i sensi dentro l’acqua. Gli anni '90, con i suoi pruriti Shoegaze e Alternative, qui sono perfettamente allineati in un scambio che produce lacrime.


9 - Shiver

Quello che rischia seriamente di essere non solo l’album italiano più affascinante e intenso del 2023, ma di poter entrare in molte classifiche oltre lo spazio nazionale, trova nel finale il bacio per un arrivederci: impossibile non voler rincontrare questa band pazzesca che qui riesce a scrivere un brano in continua sospensione, in un ripasso perfetto del loro arsenale melodico e ritmico mostrato nelle precedenti otto tracce, per regalare una poesia imbevuta di noise e psichedelia. 

L'album uscirà il 27 di Gennaio


Karma Voyage:

Vocals & Guitars: Luca CasteIIaro

Lead Guitars: Giuseppe Brunetti 

Synths And Keyboards: Leonardo Sebastiani

Drums: Stefano Anoè

Bass Guitar: Alvise Scarpa


Icy Cold Records

Shyrec



Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

26 Gennaio 2023

https://karmavoyage.bandcamp.com/album/lights-in-forgotten-places

https://open.spotify.com/album/1RDYk4x1w1TVeGZ4Sa72zM?si=vfutvO8kQYaAInWyva2Tew



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