giovedì 13 ottobre 2022

La mia Recensione: Submotile - One Final Summit Before The Fall

 Submotile - One Final Summit Before The Fall


“Tensione è chi pensi che dovresti essere. Pace è chi sei.”

Proverbio cinese


La bellezza di poter arrivare alla pace interiore attraverso l’ascolto della musica è un qualcosa di raro, di privilegiata propensione, un evento che spiana gli accumuli di tossine che ogni esperienza di questa vita normalmente offre.

Nel mondo della produzione musicale continua ed esagerata la realtà che emerge, in tutta la sua gravità, è quella della mancanza di volontà nel prendersi del tempo per studiare, per riconoscere, per valutare e soppesare quello che abbiamo ascoltato.

Ma nel farlo dovremmo sempre tener conto del fatto che si tratta di una conoscenza che abbisogna di metodo e rispetto.

Il rischio è quello di ammassare canzoni e album nel luogo dove la  consapevolezza si ingolfa e non permette la fluidità degli impulsi ricevuti al fine di storicizzarli per il loro reale valore.

In questo ottobre dell’anno 2022 arriva un roseto che brilla di freschezza e dove i colori dell’emozione e della curiosità sono integri e capaci di gonfiarci gli occhi in una gioia che stupisce e non conosce assuefazione.

Gli autori di questo miracolo laico sono i Submotile, combo di due anime votate alla poesia ritmica, angeli sviluppatori di melodie che entrano nelle vene liberando l’ossigeno che fortifica il respiro dell’incanto.

Il terzo album è una piramide morbida che sconquassa il cuore avviluppandolo in braccia ritmate, votate all’impatto melodico che sconfigge ogni reazione: un lavoro che profuma di intoccabilità, rendendoci esseri in inchini devoti.

L’ascolto di queste nuove canzoni è un cammino nello stupore che si materializza nel luogo dell’abbraccio senza tentennamenti, tra bordate educate e pennellate di crateri sonori che svelano la luce dei nostri battiti propensi al sogno. Una storia di nove capitoli che non è né favola né romanzo, bensì un fiato continuo di episodi come fogli di carta che assorbono le loro doti naturali di essere incantatori e sovrani morbidi del regno di una Atlantide moderna, dove l’impossibile viaggia tra le note e non sul mare.

Come moderni Poseidone e Platone, hanno il potere di vita e di morte delle loro anime nascondendoci la latitudine della loro creatura, mostrandoci nel contempo il mito della profondità.

Un notevole passo in avanti rispetto ai due lavori precedenti: un senso di compattezza e di ricerca per sviluppare trame che non siano legate a un genere specifico. Per poter comunicare linguaggi nuovi che diano modo ai due di trovarsi con maggior frecce nel loro arco, teso e capace di far coprire alla musica distanze lunghe e precise.

Ciò che regna è la certezza che i due artisti abbiano trovato un equilibrio, la maturità necessaria per sconfiggere la sensazione che sia solo uno stato di grazia a premiare i nostri fortunati ascolti: ripetendoli confermano questo ragionamento, rivelando quanta parte del futuro sia già evidente in questo album che è il primo respiro della loro nuova vitalità, dando a Daniela Angione e a Michael Farren il vestito che li proteggerà in seguito. Questo album mostra la loro condizione artistica in perfetta salute, confermando la loro propensione a vivere davvero la musica come un progetto di crescita. Ecco che le canzoni sono mattoni, calcestruzzo e tutto ciò che serve per rendere la loro casa solida.

Sembrano essere passati molto più di tre anni dal loro brillante esordio con Ghosts Fade On Skylines, che aveva connesso lo scriba al duo italo/irlandese. Un lavoro in cui vinceva una piumata irruenza, mentre nel secondo Sonic Day Codas la melodia del cantato e una propensione più dreamy ci faceva essere ascoltatori beneficiati da canzoni che ribadivano anche come lo shoegaze stesse mutando pelle. In questo terzo album tutto viene confermato, ma aggiungendo una maggior libertà alla creazione. In tutto questo la seconda consecutiva produzione di Simon Scott, il batterista di Cambridge degli Slowdive, svela che la loro unione è capace di alzare l’asticella delle loro volontà, di fare delle loro composizioni uno sguardo pieno di fiducia verso un cielo sempre più stupito e meravigliato.

I watt a disposizione sono molti, inseriti nella tiara di Daniela e nel diadema di Michael: questi simboli del potere sono giustamente sopra le teste della coppia artistica che fa nascere in noi umili ascoltatori la gioia di sapere che siamo governati da canzoni che ci rendono sovrani del piacere e di una fortuna senza vincoli. Musica e parole, la bellissima copertina che ci fa sorvolare le vette del mondo: tutto, in questo terzo passo della loro splendida carriera, trova modo di essere bellezza senza data di scadenza.

I testi di Daniela si sono premurati di avere la capacità di oltrepassare la convinzione che in questi generi musicali non siano importanti l’amore, la solitudine, la memoria, la fiducia, la redita, la consapevolezza del potere della mente e l’esperienza della vita: tutti vengono visitati dall’anima gentile di questa italiana che coniuga la sua maturità descrittiva alla bellezza del suo cantato, sempre convincente, privo di esitazione.

Dal canto suo, Michael non lascia niente al caso: i suoi polpastrelli, le sue pedaliere sono un patto per l’eternità dove tutto esiste con forza, il senso del ritmo che si appoggia su note inchiodate dalla loro stessa bellezza per vivere e morire con il nostro ascolto. Il suono è arcigno, risoluto, dinamico, intriso di momenti dove tutto raggiunge le vette rappresentate dalla copertina di questo disco. E la stratosferica Blood Loss conferma la sua abilità di non essere dimentico di avvolgimenti dal sapore semi-acustico per poi tuffarsi, con leggerezza, verso un suono leggermente più potente, ma tutto questo lo vedremo meglio nell’analisi Canzone per Canzone.

Tramortisce il senso di assoluta capacità di portare il loro percorso musicale verso la montagna interiore della loro sensibilità, vistosa e contagiosa, per fare di noi particelle vaganti, come una tappa obbligatoria verso un destino amico: la musica raramente può fare questo, riconoscergliene il merito è doveroso. Lo stile, il senso di appartenenza nei confronti delle loro radici evitano paragoni, non esiste la necessità di dare loro una valutazione positiva perché esistono dei richiami, dei riferimenti in cui sentirsi comodi: ciò che soffoca ogni genere musicale è proprio questa condizione e il loro talento sta anche in questo aspetto, perché capaci di viaggiare dentro il Noise, lo Shoegaze, il Dreampop e un Alternative spesso camuffato, con grande eleganza, oltre che con notevoli capacità, per trovare la propria unicità.

Sono canzoni che danno la certezza che la solitudine e la condivisione sociale possano coesistere, senza sbandamenti o impossibilità: l’intimità personale e la voglia di danzare con altre persone vivono insieme in una storia d’amore dalla pelle che muta come queste stelle, liscia e morbida ma anche ruvida, dentro un anello dove la tiara e il diadema si incastrano perfettamente, regalandoci magia e sogni ad occhi aperti.

One Final Summit Before The Fall è l’universo in transito di due anime che, in perfetta salute e unione di intenti, mostra la propria curiosità e capacità di osservazione di dinamiche che possono ancora essere esplorate e analizzate, in un continuo fascio luminoso che ci permette di vedere le loro traiettorie in modo limpido, anche quando il loro wall of sound sembrerebbe in teoria offuscare la chiarezza che è invece insita nelle loro composizioni: basta ascoltare tutto con profondità e tutto viene svelato in una pergamena dorata e piena di valore…


Song by Song


From First Light Until Our Final Sleep



Con i primi secondi, caratterizzati da chitarre in orbita Cure, l’impressione che il suono e l’attitudine della band sia cambiato viene confermato quando proseguendo il brano ci porta alla chiara evoluzione dell’aspetto ritmico, con un drumming 90’s, chitarre gioiose ma piene di rughe, sino allo stop and go del minuto tre e cinquantotto secondi: tutto diventa roccia magmatica per un brillio di schegge rivelatrici di una maestosa presenza. Fragore e rumore uniti nella poesia di uno Shoegaze rivitalizzato.


Resonica


Il ritmo si alza, le chitarre grattugiano la polvere, la psichedelia entra spavalda per un brano che trascina con la sua capacità di esplodere subito, per poi consentire alla voce di Daniela di accarezzarci il cuore. Chitarre come mulini a vento sino al ritornello dove tutto si fa definitivo, irruente e catartico. Si può dare ritmo alla sensazione eterea? Certamente: Resonica è un sogno con i muscoli di un cavallo purosangue.



Hit This Summer


Profumi di Dreampop fine anni ’80 conquistano i primi secondi e poi tutto continua nella frenesia delicata di chitarre pulsanti perfettamente abbracciate al drumming che dipinge traiettorie impeccabili per far impazzire le gambe. Una lunga piacevole contorsione sonora ci porta a capire che non è un viaggio ciò che stiamo compiendo con questa canzone e con l’album, ma il vivere nella nostra casa dove abbiamo già tutto, senza dover preparare le valigie. Hit This Summer è la brezza del duo che innaffia le nostre vene piene di assenzio.


Foreshadowing

Il primo singolo di questo album è un petalo in volo sui ricordi, molti richiami che vengono anestetizzati da una perfetta produzione, precisa e attenta e capace di esaltare il binomio musica/cantato, mettendo in condizione la coppia italo-irlandese di scrivere un gioiello che, con chitarre incendiarie, toglie la coperta ai sogni per restituire la bellezza del vivere, spegnendo le ombre.



Blood Loss


Se esiste una cellula primordiale di questo album è proprio Blood Loss, la Divina, colei che indica la continuazione del percorso artistico della band: il passato è tenuto sotto braccio, il presente, stabilito da cambi di ritmo e da chitarre che sanno giocare nell’alternanza del loro abito intrecciato alle melodie, è una realtà che trasforma la volontà di diversificarlo in un clamoroso dato di fatto. È poesia sincopata che incontra il sollievo, attraverso il bacio accademico di una prestazione miracolosa.



Hope In Sound


Un arpeggio celestiale ci consegna immediatamente una complessa struttura nella quale il basso coinvolge il drumming e lo spinge ad attorcigliarsi alla chitarra. Dal canto suo Daniela canta sinuosamente e tutto diventa delirio controllato in un ritornello dalla matrice pop, che conquista e ci stimola a notare come la band abbia la capacità di arrivare in diversi terreni espressivi. Anche senza distorsioni si è travolti e attratti da questa piccola sirena che annaffia la nostra pelle di ipnotica estasi estiva, dove le fragranze si liberano completamente.



Drop To Eternity


La canzone più sorprendente arriva con i suoi primissimi secondi: come se entrassimo nella stanza della loro intimità, la band sfodera un gioiello vivace, tenero e votato alla eternità perché con loro la bellezza non invecchia. Si può rimanere giovani senza essere Dorian Grey e con questa nuova perla il diavolo si arrende: ciò che vediamo è un oceano pulito e libero di avanzare nel cuore. Tutto è corale, compatto, incisivo, in una chiara dimostrazione che con loro si può anche ascoltare una parte acustica che, se disegnata dalle loro dita, può entrare comodamente in noi.



Ataraxia


Lampi, tuoni, fulmini, una storia che diventa una cascata con colpi di scena, cambi di ritmo, chitarre abbondanti ma disciplinate, un cantato in retrovia ma suggestivo, in grado di ammutolirci per chilometri e chilometri di pura gioia sonica. Seppure privi di abbondanti dosi di feedback e distorsioni, la penultima traccia risulta essere potente e magnetica.



Farewell Aquarius (And We Thank You)


La canzone più lunga della loro intera carriera è un romanzo dalle tinte malinconiche, un setaccio doveroso dell’esistenza nella prossimità di un epilogo avvolto dal mistero. Una nube solitaria si getta nella nebbia dandoci la possibilità di scorgere un notevole lavoro del basso, che cavalca in modo armonioso le scie di chitarre nostalgiche, vicine ai Catherine Wheel, mentre le siderali atmosfere consentono a Daniela di rendere le sue corde vocali magiche, come uno zucchero filato, e di farsi circondare, nella parte centrale del brano, da valanghe di suoni ebbri di luce. Poi è un lungo congedo che ci ascia attoniti e fedeli al loro approccio chiaramente shoegaze, con fili sottili di noise a rendere perfetta la conclusione di un lavoro che, senza dubbi, è l’album Shoegaze del 2022 per lo scriba.

Siamo noi a ringraziare la band per questa visita dentro i loro maestosi battiti…


Data di realizzazione: 21 Ottobre 2022


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
14 Ottobre 2022




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