giovedì 3 novembre 2022

La mia Recensione: v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2

 La mia Recensione:


 v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2


Alunni.

Sempre.

Senza dubbi.


Si torna finalmente a scuola, nella palestra elettronica che nella seconda metà degli anni 70 spalancò finestre, porte e cieli interi per dare vitalità alla musica che iniziava un periodo di pericolosa stanchezza e ripetitività. 

Si possono considerare meglio, attraverso questa miracolosa e coraggiosa azione della fantastica Label Peripheral Minimal Records (sempre attiva e sempre in grado di offrire generose esibizioni di qualità), tutti quegli artisti innovatori, sperimentali, capaci di una avanguardia feroce e generosa. Tutto ciò si fa necessario nel momento in cui, ingolfati da proposte non sempre valide, occorrerebbe maggior conoscenza della storia, del suo percorso, dei suoi indubbi maestri e precursori.

La Peripheral Minimal Records lo fa dando alle stampe questo clamoroso fiume di suoni, di approcci stilistici, di essenziali frecce cosmiche, di minuti nei quali tutto viene tracciato con precisione e credibilità, per un ascolto educativo e complementare: aggiunge per chi non sapeva, conferma a chi aveva già potuto imparare che in queste tracce si rivelano segreti e patti con l’eternità. 

Moltissimo è partito da questi slanci, da quei bisogni, dalla volontà di consegnare un universo brillante e sostanzialmente necessario per chiunque abbia una propensione per queste vocazioni di corpulenta espressione stilistica.

Questo album è una operazione chirurgica, perfetta: estrae una massa sana da un periodo che va dal 1978 al 1990, anni straordinari ma anche difficili, per il volume di proposte non sempre conosciute e tantomeno specificate.

Avete modo nelle 28 tracce su cd (26 nella piattaforma Bandcamp) di accalorarvi, di trovare gioielli immensi, alcuni sconosciuti, altri con pochi raggi sulla loro pelle, altri che invece credo siano anche già stati nella vostra masticazione.

Ma tutte loro sono miracoli, per capacità, per valore, per una incontestabile propensione a fare da presupposto e da base per sviluppi che, puntuali, nel corso dei decenni sono arrivati, perché questa base era colma di forza, energia e bellezza.

Ed è una corsa nei misteri dello stupore, in canali pulsanti di transistor, tastiere agli esordi, stratagemmi e voli, per analizzare tutto ciò che si muoveva nelle menti, nei cuori, nelle dita di artisti complici di fascinazioni con la bava alla bocca, con la voglia di adoperarsi pienamente in una mastodontica passione.

Frutti acerbi ma prelibati, a volte spettrali, a volte lucidi come il sole di ferragosto, altre volte nebulose con l’intenzione di non scoprirsi troppo: vi sono momenti in cui non si può afferrare del tutto l’importanza, l’inquietudine, l’identità di corpi che in modo meraviglioso sono sopravvissuti al passaggio del tempo.

Ma è turbinio, addensamento di atomi affamati, manifesta capacità di eleganza che ci estorce stupore e devozione, perché vibra in questi minuti il passato che ha generato il presente e tutto il suo percorso nel tempo, per indicizzare i nostri ascolti verso una meticolosa precisione.

Non è una compilation.

Nulla è garanzia di un facile ingresso in questo doppio cd: l’insegnamento vero esiste quando non si smette di imparare, di volerlo fare. E alcuni momenti tasteranno il vostro gusto, la vostra reale volontà di andare oltre tutto ciò perché è evidente che nulla qui è stato composto per farvi saltare in aria in gioiosa attitudine. C’è un po’ di fatica da fare per chi è meno avvezzo ad avere una qualità e capacità diversa nell’ascolto.

E allora sarà possibile annotare, cercare nel loro serbatoio il carburante di una consapevolezza doverosa e necessaria.


Momenti succulenti entreranno, se lascerete aperte le vene della curiosità e dello studio, nei sentieri del vostro ascolto: su tutti i Vice Versa, precursori assoluti, Schleimer K, quattro britannici con le loro fragranze pre-Ebm e Synth-Pop allineate in un peregrinaggio tecnico spaziale, gli spettrali Neu Electrikk, con quaranta secondi che hanno fatto in anticipo la storia dell’horror post-punk, poi trasformato dai Cure in Seventeen Seconds. 


Con i Final Program, i semi dei primissimi The Human League emergono insieme alla lezione del Maestro Klaus Naomi dando come risultato giochi di prestigio sonoro. Stress è un agglomerato di perfida e deliziosa pazzia: sapranno condurvi nei tubi del loro pulsare. Il brano Live dei Hula è testimonianza della sacralità di miscele stilistiche messe sotto frusta da un drumming elaborato e da un basso sacrilego.


Ma tutte le canzoni sono una enciclopedia strutturale conoscitiva di cui impossessarsi per capire il tutto che spesso abbiamo a disposizione e che non vogliamo conoscere.


Fondamentale, andrebbe reso obbligatorio l’acquisto!


Alex Dematteis

Musicshockworld

4 Novembre 2002

https://peripheralminimal.bandcamp.com/album/prophecy-progress-uk-electronics-1978-1990-volumes-i-ii-2?fbclid=IwAR3zkVcLT7IMJUWFAlVLI60oYHuymNRK6Ch6JK0eVt88QAhs7BfK4_YNq-Y





My Review: v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2

 My Review:


 v/a Prophecy Progress * Uk Electronics 1978-1990 volume I + 2


Pupils.

Always.

Without doubt.


We return to school at last, in the electronic gymnasium that in the second half of the 1970s threw open windows, doors and whole skies to give vitality to music that was beginning a period of dangerous fatigue and repetitiveness. 

One can better consider, through this miraculous and courageous action of the fantastic Label called Peripheral Minimal Records (always active and always able to give generous quality performances), all those innovative, experimental artists, capable of a fierce and generous avant-garde. All this becomes necessary at a time when, engulfed with not always good proposals, more knowledge of history, its path, its undoubted masters and precursors would be needed.

Peripheral Minimal Records does this by giving to the press this resounding flood of sounds, of stylistic approaches, of essential cosmic arrows, of minutes in which everything is traced with precision and credibility, for an educational and complementary listening: it adds information for those who did not know them, while it confirms to those who had already been able to learn that in these tracks secrets and pacts with eternity are revealed. 

Much has started from those impulses, those needs, the will to deliver a brilliant and essentially necessary universe for anyone with a penchant for these vocations of great stylistic expression.

This album is a surgical operation, a perfect one: it extracts a healthy mass from a period from 1978 to 1990, years that were extraordinary but also difficult because of the volume of proposals that were not always known, let alone specified.

You have the opportunity in the 28 tracks on CD (26 on Bandcamp) to get excited, to find immense jewels, some unknown, some with a few rays on their skin, others of which I think you already have knowledge.

But all of them are miracles, in ability, in value, in an unquestionable propensity to serve as a prerequisite and foundation for developments that, punctually, over the decades have come, because this foundation was filled with strength, energy and beauty.

And it is a rush through the mysteries of wonder, into pulsing channels of transistors, keyboards in their early days, stratagems and flights, to analyze all that was moving in the minds, hearts and fingers of artists complicit in fascinations frothing at the mouth, with the desire to fully act with an enormous passion.

Unripe but delicious fruits, sometimes ghostly, other times as bright as the mid-August sun, and still others nebulous with the intention of not uncovering too much: there are moments when we cannot fully grasp the importance, the restlessness, the identity of bodies that in a wonderful way have survived the passage of time.

But it is a whirlwind, a thickening of hungry atoms, a manifest ability to elegance that extorts awe and devotion from us, since in these minutes we can feel the past vibrating, that past which has generated the present and all its path through time, in order to index our listening towards meticulous precision.

This is not a compilation.

Nothing is a guarantee of an easy entry on this double CD: true teaching exists when you don't stop learning, wanting to learn. And some moments will test your taste, your real willingness to go beyond all that because it is clear that nothing here was composed to blow you away in a joyful attitude. There is some effort to be made for those who are less accustomed to having a different quality and ability in listening.

And then it will be possible to note, to search their tank for the fuel of dutiful and necessary awareness.


Juicy moments will enter, if you leave the veins of curiosity and study open, through the paths of your listening: for instance we can mention Vice Versa, absolute precursors, Schleimer K, four Brits with their pre-Ebm and Synth-Pop fragrances aligned in a spacey technical wanderings, the spectral Neu Electrikk, with forty seconds that made in advance the history of post-punk horror, later transformed by The Cure into Seventeen Seconds. 


With Final Program, the seeds of The Human League from their earlier years emerge along with the lesson of Master Klaus Naomi resulting in sonic magic tricks. Stress is an agglomeration of wicked and delicious madness: they will be able to lead you into the tubes of their pulsing. The song Live by Hula is a testament to the sanctity of stylistic blends put under the whip by an elaborate drumming and a sacrilegious bass.


But all the tracks are a cognitive structural encyclopedia to take possession of in order to understand the whole that we often have at our disposal and do not want to know.


Fundamental, its purchase should be made mandatory!


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4th November 2022


https://peripheralminimal.bandcamp.com/album/prophecy-progress-uk-electronics-1978-1990-volumes-i-ii-2?fbclid=IwAR3zkVcLT7IMJUWFAlVLI60oYHuymNRK6Ch6JK0eVt88QAhs7BfK4_YNq-Y








lunedì 31 ottobre 2022

My Review: My Raining Stars - The life we planned

My Raining Stars - The life we planned

There are fascinating stories in the paths of some artists, that should be known and embraced. They are made up of great passions, obstinacy and a will to live music that should be popular to become an example.

One of these is called Thierry Haliniak, a musician from Saint-Sauveur-en-Puisaye, now domiciled in Auxerre, who, starting from his passion for the musical genre named C-86 (later turned into Dreampop), absorbed all the love (as the scribe) for the fabulous independent label Sarah Records and afterwards for Creation Records, to live, as a consequence, an experience in the band Nothing To Be Done.

These members shared the stage with artists such as Moose, Adorable and The Boo Radleys. After that period, Thierry continued to play his songs until he formed his own project under the name My Raining Stars. He found in his path the support and contribution of Danish musician Casper Blond, thus being able to work serenely on the development of his songs and, after a debut LP in 2008, he saw some Eps clearly manifest his qualities. Until arriving at this last record, The Life We Planned, which is the epitome of his limpid talent, full of poetry and lightness, harmonic flights where nothing is synthesised but rather evolved and rendered capable of reaching heights from which all his worth dominates our need to listen to brushstrokes of sweetness combined with his delicate and penetrating voice.

Here comes What Can We Do, a sensual demonstration of lightness blended with enveloping harmony.

With Mirror his old love for Sarah Records bands is highlighted, with this afternoon fresco of aptitude in playing enveloping rhythmic guitars, supported by keyboards that work almost covertly but do so delightfully.

When Summer's Gone arrives, the heart leaps with joy and becomes addicted to this poignant composition with a seductive guitar and a bass work which underlines its value. A resounding gem that must be loved without question.

On His Own brings the love of the evolution of 90s Dreampop, gliding with agility in a well-shaped Alternative that gives two musical genres the possibility of perfect coexistence.

The title song completes the Ep. And it is an emotional addiction, the senses embrace in this splendid photograph of the mood where life presents itself with shyness, almost with petals of sadness that is dominated but to which space is not denied. And Thierry's voice is perfect for giving it the face of a caress that can then pick up rhythm to fly within us.

A great work that deserves an enthusiastic approach from those who will fall in love with it. The scribe has succeeded and is now filled with gratitude and has no doubt that it will be the same for you.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

1st November 2022


Out on Friday 4th November 2022 on Bandcamp









La mia Recensione: My Raining Stars - The life we planned

My Raining Stars - The life we planned

Ci sono storie affascinanti nei percorsi di alcuni artisti, andrebbero conosciute e abbracciate. Sono fatte di grandi passioni, ostinazioni e di una volontà di vivere la musica che dovrebbero essere note per divenire un esempio.

Una di queste ha come nome Thierry Haliniak, musicista di Saint-Sauveur-en-Puisaye, ora domiciliato ad Auxerre, che, partendo dalla sua passione per il genere musicale denominato C-86 (trasformatosi poi nel nome Dreampop), ha assorbito tutto l’amore (come lo scriba) per la favolosa etichetta indipendente Sarah Records e successivamente per la Creation, per vivere, come conseguenza, una esperienza nella band Nothing To Be Done.

Quei ragazzi divisero il palco con artisti del calibro di Moose, Adorable e The Boo Radleys. Finito quel periodo Thierry continuò a suonare pezzi propri sino ad arrivare a formare un proprio progetto scegliendo il nome My Raining Stars. Trovò nel suo cammino il sostegno e il contributo del musicista Danese Casper Blond, potendo così lavorare serenamente allo sviluppo delle sue canzoni e, dopo un Lp di esordio nel 2008, vide degli Ep manifestare in modo evidente le sue qualità. Sino ad approdare a quest’ultimo, The Life We Planned, che è il sunto del suo limpido talento, colmo di poesia e leggerezza, voli armonici dove nulla viene sintetizzato bensì evoluto e reso in grado di raggiungere vette da cui tutto il suo valore domina il nostro bisogno di morbida propensione ad ascoltare pennellate di dolcezza coniugate alla sua voce delicata e penetrante.

Ecco giungere What Can We Do, una sensuale dimostrazione di leggerezza connessa a una armonia avvolgente.

Con Mirror si evidenzia il suo antico amore per le band della Sarah Records, con questo affresco pomeridiano di attitudine nel suonare chitarre ritmiche avvolgenti, con il supporto di una tastiera che lavora quasi segretamente ma lo fa in modo delizioso.

Quando arriva Summer’s Gone il cuore salta con gioia e diventa dipendente da questa struggente composizione con una chitarra seducente e il lavoro di un basso che ne evidenzia il valore. Chicca clamorosa che va amata senza dubbi.

On His Own porta in dono l’amore dell’evoluzione del Dreampop degli anni 90, planando con agilità in un Alternative ben plasmato e capace di dare a due generi musicali la possibilità di una perfetta convivenza.

Completa l’Ep la canzone che gli dà il titolo. Ed è dipendenza emotiva, i sensi si abbracciano in questa splendida fotografia dell’umore dove la vita si presenta con timidezza, quasi con petali di tristezza che viene dominata ma a cui non si nega lo spazio. E la voce di Thierry è perfetta per darle il volto di una carezza capace poi di prendere ritmo per volare dentro di noi.

Grandissimo lavoro che merita un approccio entusiasta da parte di chi avrà modo di innamorarsene. Lo scriba ci è riuscito e ora è colmo di riconoscenza e non ha dubbi che sarà così anche per voi.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

1 Novembre 2022


Data di realizzazione: Venerdì 4 Novembre 2022 sulla pagina Bandcam






DEAR DEER - We can play in a living room

 DEAR DEER - We can play in a living room


Follia. Intercapedini violate. Suoni macrobiotici. Veleni puri in voluminosa presenza. Stratosfera bucata da impeti essenziali e dinamitardi.


Il duo Francese DEAR DEER impazza, ingovernabile, in queste 16 tracce dal vivo, con maestosa potenza che si attacca alle caviglie, mordendo tra suoni schizzati, melodie acidamente elettroniche, pregne di tossicità che ci rende schiavi delle loro composizioni.


Se volete essere schiavi del piacere di vagare tra le loro stanze e portarli nelle vostre siate attenti: i confini saranno violati per sempre perché la loro forza evocativa non può conoscere adeguata resistenza.

I due sono artefici di schizzi ipnotici ed invasivi, corrieri di tensioni e trame intense che spaccano le mura.

Copritevi bene, siate rifugi antiatomici ma sappiatelo: non basterà.


Andiamo ora ad impattare le nostre futuribili distrutte difese, addentriamoci nel loro cannibalismo elettronico.


DISCO DISCORD


Fuoco alle polveri, la danza cupa si alza e siamo già corpi in spostamento, partiamo dalla living room, e siamo cani che abbaiano alla paura.


CLINICAL PSYCAL


Atmosfera glaciale all’inizio, industrial e synth-punk a cambiarci connotati, ossessione sonora, mantra bastardo e corpi disuniti. Federico e Sabatel sconquassano.


STRACILA


Synth-punk e Post-punk a rapporto, tutto viene a devastarci con una elettrica danza .


DEADLINE


Siamo in cucina, tra verdure fatte  a pezzi da una acida elettronica, tastiera maliarda e assassina, un drumming completa l’inizio di una nuova stanza che salterà in aria. Entrambi cantano e tutto si fa ancora più compatto.


DOGFIGHT


Loro all’inizio ridono: beata cattiveria, possono permettersela! Un basso come fungo allucinogeno anticipa i due esseri impegnati nel cantare come artigli senza più sangue. 


JOG CHAT WORK GULA GULA


Noise e elettro-dark si impastano nella cucina ormai simile ad un campo di battaglia.

Preparano un menu musicale che guarda alla Francia sanguigna elettronica più sanguinolenta.


CLAUDINE IN BERLIN


E siamo alla canzone dell’abbattimento finale, se mai avevate dubbi: follia, crudeltà, cattiveria nascoste da una tastiera che chiaramente ci prende in giro. Sublime!


THANATOMORPHOSIS


Ultima tappa in cucina e siamo raggiunti da una new wave pietrificata, immersa di synth-wave caricata non a salve...Tritolo tra le orecchie, drumming che parte cupo perchè i beats sono ovattati e le voci si fanno malate. Echi di Virgin Prunes nel loro salmodiare.


NADIA COMANECI


Ora, confusi, tramortiti, senza sapere come, siamo nella Dining Room. Altro che Natale: siamo all’inferno, preceduti da un inizio che ci ricorda gli EINSTURZENDE NEUBAUTEN per poi salutare I CABARET VOLTAIRE. Ipnosi infinita.


ARNOLFINI


Chitarre e basso si fanno vive per pochi secondi e poi scattiamo, sedotti e maltrattati da suoni storti e malvagi, un altro  capolavoro ci martella il cranio, siamo senza difese.


STATEMENT


Ma quanto è bella e selvaggia la confusione? Altra traccia a tramortirci, una drum machine imperiale, chitarra chimica e siderurgica, ci acchiappa lo stomaco, echi Arabi a farci sentire altrove e confusi.


CZEKAJ NA NAS


Forse che questo sia il Santo Gral? Il momento più dissacrante e compatto, chitarra bastarda a bastonarci le orecchie, lei, isterica, indomabile, in un ritmo assassino.


DEAR DEER


Ultima tappa, siamo in bagno.

L’album incomincia a finire con claustrofobia e gin tonic.

La frusta ci colpisce nella vasca, siamo immobili e sanguinanti, le voci si fanno più lontane e maledette. E lei ancora ride ma poi si eccita in un cantato ripetitivo e isterico. PERFEZIONE RAGGIUNTA!


OZOZOOZ


Parte come Coldwave ma poi frantuma ogni dubbio e diventa cattiveria: electro synth-punk a suturare, ma niente da fare, sanguinanti, moriamo danzando nella cacofonia più celestiale.


JJR


Va bene, accettato: moriamo in bagno sotto i colpi di una canzone con fare quasi pop, stupefacente, sorprendente, ma con una elettronica che ci colpisce ai fianchi.


LIFE IN REWIND


Ultima tortura: esanimi, storditi, frantumati, il duo ci assesta l’ultima sciabolata, senza pudore, oscenità elettrica, calano l’ultimo asso, un basso semplice ma pesante, tastiera subdola ne anticipa un’altra che spacca lo specchio e la vasca, è delirio finale: morti in felicità.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

3 Maggio 2020

https://deardeerfr.bandcamp.com/album/we-can-play-in-a-living-room-live-2020




domenica 30 ottobre 2022

La mia recensione: POPOL VUH - Nosferatu ( Soundtrack )

 La mia recensione:


POPOL VUH - Nosferatu  ( Soundtrack )


Popul Vuh - Nosferatu


La Germania rock che si muoveva nei sotterranei, cupa e mistica, con vocazione esotica, diede alla luce i Popul Vuh, combo partorito da un amante del cinema e notevole regista.

Un pulsare in direzione diversa dalle altre band che completavano il percorso di rinnovamento della Cultura musicale tedesca.

Un rock metafisico costantemente alla ricerca, pulsante, gonfio della volontà di mischiare il sacro ed il profano con un fare assolutamente innovativo al tempo.

Ricercatori folli nel portare quella ricerca all’estremo e noti, ai meno, per l’uso di quel Moog, strumento di struggente bellezza, capace di enfatizzare e scolpire gli ascolti con un suono unico e spettacolare.

E da Monaco ad arrivare alla cultura Maya per il leader è stato un viaggio veloce e facile, ma complesso per la sua particolarità nell’unire tempi e culture diverse, Florian Frikie arriva ad un completo distacco dal suo circostante e come un viaggiatore ostinato porta a noi scrigni di bellezza non paragonabile, un precursore, un esteta dei suoni ricercati, un’anima devota all’estraniamento.

E se il nome della band deriva da un antico libro sui morti di quella civiltà, la musica pulsa di vita e di gioia particolare, segni tangibili di agglomerati sonori di notevole fattura.

Poi, lentamente, l’approfondimento definitivo nel collaborare con un favoloso regista, Herzog: il cerchio sacro che si chiudeva e che suggeriva la connessione definitiva tra Cinema e Musica, in un connubio di grandi evocazioni e di totale estraneità da tutto il resto, rabdomanti, Pellegrini degli spiriti, sciamani silenziosi, vulcani a coprire il superfluo con musiche ad esaltare la Spiritualità.

E questa colonna sonora certifica tutta la loro Maestosità: ritmi blandi che però accelerano il battito e si installano come magneti oscuri nella mente per inchiodarci stupiti.

E per l’ennesimo volta la loro Musica anche qui si fa esploratrice, si insinua con notevole capacità, è la nuova valigia che scende nelle nostre mani e ci conduce al cospetto della Sacralità in religioso silenzio.

Sono Inni che svuotano il superfluo e ci rendono ubbidienti, noi diventiamo apostoli che seguono le spaventose linee melodiche e sosteniamo la voracità dell’oboe, pianoforti seminascosti, chitarre languide che odorano di Oriente, tamburi anestetizzanti, sapori di India e Asia allineati per fare centro nel nostro stordito Sistema Nervoso Centrale...

È Musica come tappeto: ascoltandola siamo spettatori dei luoghi, non solo fisici, di un mondo segreto che necessita i nostri sguardi e le nostre riflessioni.

È Musica con andamento notturno che nasconde i raggi per poter nutrire le nostre paure, è una frusta sottile, lenta, tinta da un inchino ribelle che conosce il frastuono con Alta modalità, non affidandosi al rumore ma alla contemplazione.

E non è difficile capire quanto Klaus Kinski e l’algida Isabelle Adjani abbiano potuto giovarsi nelle loro roboanti recitazioni di questo ruscello crescente per fissare nei loro corpi movenze più sicure determinate da queste composizioni, che sono anche aghi purificatori che separano la bellezza dalla superficialità.

Una colonna sonora che porta tensione, palpable, facendo della lentezza e delle suggestioni il teatro della vita che rifiuta un certo caos sonoro.

Imprescindibile.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

20 Giugno 2020


https://open.spotify.com/album/4RQd1vHdJwnRPbGCPBCHpD?si=zQIJchr-RQWrRdDLSHc5TQ



https://open.spotify.com/album/4RQd1vHdJwnRPbGCPBCHpD?si=u59u6mUrTIykM24J-xojGw

sabato 29 ottobre 2022

La mia Recensione: Blocco 24 - Blocco 24

Blocco 24 - Blocco 24


Domani è troppo tardi: la vita è bersagliata da prospettive, sogni, ipotesi, ma ciò che conta è lo slancio del presente che partendo da se stesso semina fiori che si vedranno domani. Non bisogna aspettare.

La musica, ad esempio, sa farlo benissimo. È uno slancio del momento che ci invoglia ad ascoltare per sempre raggiungendo il futuro rimanendo fedele alla propria identità.

La musica che proviene dalla provincia ha una marcia in più. Saranno i limiti dati da minori possibilità, sarà per via di una rincorsa spesso inutile verso modelli cittadini che spesso poi rivelano pochezza.

Da una di loro giungono i Blocco 24, cavalieri del tempo sui loro cavalli che portano sismi e vibrazioni, scendono da colline e vallate come inseminati da mari e oceani ipotetici ma palpabili. Cavalcano le onde del bisogno, non come terapia bensì come samaritani delle nostre dispersioni. Le loro composizioni sono abbracci monolitici, un abbraccio enorme ma non pesante. Pesante è ciò che li circonda e che loro trasformano in preziosità, evidenti e generose, come concime e naftalina: all’interno del loro sacrato marmoreo si sviluppano battiti e impeti che scaldano i muscoli dei pensieri, trascinando in danze dai vortici sublimi, reattori musicali dentro milioni di poesie immaginifiche.

Cinque cavalieri per un blocco di undici Martelli di plexiglas, di stoffa antica piena di chip giusti, nel valore elettronico che fa sudare i pensieri e i corpi nella ballata della necessità.

Davanti alla scelta di imitare, copiare modelli di riferimento sicuramente validi, optano per una forma italiana della bellezza, dove lo stivale, che è la culla del bel canto e delle forme culturali per eccellenza, cammina con buon gusto nei tratti fisiognomici di strutture al cento per cento della terra di Dante e Pavese. Di loro due i Blocco 24 hanno il senso della lievità e del dolore in un sapore shackerato per espandere significati e permanenza nel girone del grigio che tenta la disintegrazione.

Loro impediscono la vittoria del male, per dare al non funzionante la possibilità di trasformazione.

Sono complici di ritmi contaminati di ondivaghe e nomadi trasfusioni di grammi di ombre, necessarie come lo sono le fatiche del vivere.

Viaggiando tra le confinate terre aride e persone morte per le strade, si assumono la responsabilità di filmare l’assurdo, il veleno e le traiettorie delle follie con musiche che scrivono messaggi universali, mentre i testi sono bagliori sonori pregni di maturità che, viaggiando tra le crisi, sviluppano discorsi di cronaca emotiva e razionale.

Adoperano scelte di suono per conquistare consapevolezza, tra generi diversi che una volta amalgamati si espandono come un  blocco di forze da versare nei torrenti dei nostri balbettii.

Le canzoni non sono episodi volti a rappresentare capacità di annessione e connessione verso modelli stilistici già confezionati, piuttosto portatori sani della possibilità di sviluppo.

Nella forza non c’è limite e loro cavalcano il flusso del passato per donarlo: il presente non può essere solo una biblioteca dove trovare quello che è già stato creato.

La vita è fatta di dipendenze, di tragedie, di esagerate pulsioni fisiche, di dispersioni in genere, di dispersioni politiche che snervano, di approssimazioni e intolleranze, e se volete saperne di più addentratevi nei testi di Carlo: ha saputo scriverne divinamente, baciato dagli esseri che vivono nella tempesta della volta celeste. La musica fa lo stesso, per una condivisione che sublima il tutto.

Per capire questa cascata di fulmini bisogna decifrare le loro tumultuose corse tra i vicoli colmi di sbagli. Nel Blocco 24 il fiato si perde per trovare verità e nuvole che aspettano un nuovo rimbocco. L’album è una foresta ipnotica che ci capisce più di quanto siamo in grado di fare noi con la sua forza dialettica di parole concatenate al desiderio di creare prospettive dal sapore amaro. A loro lo zucchero non serve e ce lo dicono dentro le loro vuote prigioni. Non hanno la necessità di rappresentare una generazione, non sono stupidi, bensì, perché questo fanno i cavalieri, portano pergamene tra i villaggi delle nostre menti. Loro non meritano il successo, l’applauso, la forma stupida di adorazione.

Ci donano invece la possibilità di guardare dentro noi stessi, di abbattere i nostri muri, di trasportare la forma di mutismo in un parlare ragionato.

Quello che meritano è il nostro grazie mentre impariamo che nella musica si possono trovare migliorie per uccidere forme di odio palpabili.

Non amici, non eroi, non idoli ma un lancio propositivo verso una formazione morale che sia una visita dentro il sentire più alto. 

Ed ecco che questo disco diventa pane quotidiano, un pasto dove il gusto è l’ultima cosa che conta, ma le calorie che offrono con generosa propensione per mirare a fare del nostro benessere psico-fisico una delle loro priorità sono davvero molte.

Non è difficile vederli con gli strumenti davanti alle potenzialità che cambiano pelle, mentre dentro i loro cavi trovano scosse di vibrazioni come micce che illuminano il momento dell’ascolto.

Gli impeti sono i loro imperi curiosi che viaggiano tra le sponde minate della cultura post-punk, come il sentiero da cui partire, con la letteratura che diventa appiglio e approdo, dove si muove il ventre amniotico di una spirale dinamica in cerca di un altrove da inventare.

Madre tastiera e transistor, bpm e coniugazioni sensoriali fagocitano il già fatto: sia dato spazio al ritmo corposo, a flessioni motorie come mezzi di indagine, per dare all’elettronica il senso di partecipazione all’interno di una formazione che va oltre gli strumenti che hanno deciso di depositare dentro le loro mani creative. Le caverne entrano in locali pieni di gente ma a loro la lentezza e la confusione servono solo per descrivere la folla: la sfuggono e la fottono con fulgida precisione.

Nulla pare esordiente in questo lavoro: si sente un camminare nel tempo da molto, i sensi e gli argomenti dimostrano abilità e profondità, uno sviluppo per forme che sono in grado di non consumarsi con gli ascolti ma di proliferare come onde gentili, programmate per farci stare bene.

Nessuno strumento prevale, la coesione è la coperta coerente che dà a tutti la luce, il rispetto toglie agli ego possibili sconvolgimenti e tutto diventa vena con sangue fluido che scorre nell’ascolto che si trasforma in un miracolo da abbracciare.

Ciò che ascoltiamo è una corsa di classe che sblocca le nostre gambe immobili, siamo nel loro fiato, nella loro alba che, mistica, sensuale, precisa, fa del nostro sentire un abito propedeutico per capire le loro composizioni.

Ci denudano, ci vestono, ci tramortiscono con labirinti dove le complicanze sono risorse, mentre la danza ci porta fuori della nostra stanza per baciare le stagioni tra la polvere di percorsi possibili.

Non perdete tempo a cercare comparazioni, background che vi intossicherebbero l’intelligenza: fatevi cuccioli, vergini, aperti verso i loro nascondigli, i loro geroglifici sonori sono opportunità per imparare e non per confronti che svilirebbero il loro operato.

Non è bello ciò che sorprende piuttosto è sano ciò che conferma che certe cose sono possibili, questo album lo dimostra pienamente: sono stati abili nel fare quello che dovremmo fare tutti, impegnarsi per disegnare il cielo, che ci fanno toccare, perché la realtà con loro supera i sogni.

Lo consiglio a chi si concede la sanezza di ascolti caldi, di volersi approvvigionare di forme artistiche compiute, ben saldate davanti al tempo, dove la luce e l’amore si guardano, si scrutano, si amano, per dare il benvenuto più fragoroso al Blocco 24, cavalieri di pazzie che invece di consumarci dentro mettono a galla il fragore della vita che va specificato, sempre!

E con questo album noi abbiamo un pasto completo: starà alla nostra intelligenza non scartare nulla, nulla…


Song by Song


1 Non mi muovo


Dalla decisione di un immobilismo acclamato si attraversa un ritmo feroce, tra echi di Prodigy dentro una synthwave travestita di grandine, per una canzone che sviluppa detriti comportamentali su sfere cilindriche di importazione Killing Joke nel ritornello, ma, attenzione: nessun furto con scasso, piuttosto miscele di guaiti che allarmano ed espandono un bolo alimentare dalla peristalsi nevrotica. La parte elettronica assaggia il dolore delle chitarre e ne rimane contaminato, mentre il basso e la batteria frustano il brano per renderlo incandescente.


2 Difendimi


Vecchie ossessioni umane pascolano nella insicurezza, nella durezza dei rapporti. E cosa fanno i cinque cavalieri? Creano antichi fasci luminosi, fatti da un piano girovago sui tasti, con annesso un brillio di chitarre accennate, il cantato affannoso e sublime, la sfera della tristezza dentro il basso che spinge verso la dissoluzione, con tutta la nevrosi post-punk che fa della darkwave una favola tesa. 


3 Berlino in autunno


Ecco il brano che potrebbe far storcere il naso ai puristi: che se lo grattino pure! Dopo un inizio vicino a cose conosciute, trite e ritrite (detto senza offesa), i Blocco 24 generano una canzone maestosa, per la capacità di spostarsi subito da quel territorio darkwave che li avrebbe resi prevedibili. Scrivono un muro semovente che accarezza l'acqua, con petali dance su basi elettroniche che sfociano in un synth dal vapore classico, per rendere la canzone inavvicinabile, sfuggente, unica, un purosangue per prestazione. 


4 Canzone per Mark


La saggezza passa attraverso metafore, coda velenosa di rapporti in grado di rendere fragile il respiro, ma non la memoria, non la lezione. Arriva un rallentamento del ritmo, un cantato più scandito, in grado di specificare il testo che viaggia nel sangue. La band rivela il lato melodico senza fretta, poche note su una struttura di sampler, effetti e una chitarra finale che ghiaccia il respiro.


5 Ghiaccio


Tornano i Killing Joke, avanzano i  Pink Dots, si presentano puntuali le chitarre acide degli X, perché devono vedere cosa ne faranno i cinque cavalieri. Semplice: ringraziano e salutano, sono impegnati a far prendere la scossa dentro mulinelli elettrici di grande fattura, al fine di dare al sogno la forza per sciogliere il freddo. Ma nella musica bruciano fiamme di bellicose capacità, nel gioco della alternanza dello spazio degli strumenti, tutti capaci di azzannare.


6 Stringimi


L'unico brano dell'album a mettere in difficoltà lo scrivente. Gli vuole bene, lo apprezza, soprattutto perché si è liberato abbastanza in fretta di ciò che i primi secondi avevano stimolato, e cioè trovare riferimenti troppo evidenti nella modalità alla band di Salford/Manchester che governa il suo cuore da quarant'anni. Seppure con innesti che prendono distanze dai quattro di Unknown Pleasures, per chi scrive è il momento del disco che non mostra tutte le loro abilità innovative, seppur non manchino colpi geniali da esibire. Credo che sia solamente un limite del sottoscritto.


7 Lenti e confusi


La band Romana preferita dello scriba, gli Elettrojoyce, riecheggia nel cantato e nel testo che allaccia la memoria alla band di Filippo Gatti. Ma l'impianto di note è strutturato verso altri porti, altra attitudine, dove l'elettronica annusa la leggerezza, per una canzone che mette fianco a fianco dolcezza e ritmica, strati di rock che fluttuano nel pop, per avvolgere la preziosità della confusione, che bacia la lentezza.


8 Barriere


Quello che hanno fatto nella loro carriera formazioni tedesche come i Blutengel e i Namnanmbulu (i riferimenti sono più nell'aspetto mentale che non artistico) entra incoscientemente dentro il gruppo nato a Palestrina: evolversi come necessità immediata e non come frutto di conseguenze date da risultati buoni o meno raggiunti. Qui i cinque superano loro stessi, per il diamante più puro, più originale, più sorprendente, con cambi, sviluppi, tracce e percorsi stilistici perfetti per intenzioni e capacità.

È acqua che nasce dagli Appennini e sale su al nord, a mostrare il suo corpo sensuale, controllando con facilità le proprie movenze artistiche, perché esplora il futuro creandolo subito. I Blocco 24 sono spaventosamente  capaci di precedere se stessi. 


9  Elettrica


Il cantato segue orme che arrivano dagli anni 80 (con i primissimi Bluvertigo che riecheggiano) ma senza legarsi troppo, mentre la musica è un abbraccio di tastiera che fa avanzare i giochi di chitarra sublimi. Un crooning improvviso bacia la perfezione mentre il ritmo torna a farsi vivace per trascinarci nella gioia di un ascolto che si fa umido di lacrime.


10 Sintesi


Con il testo maggiormente capace di compattare ogni possibile distanza tra chi scrive e chi legge, in un gioco di specchi naturale e consequenziale, il brano ha l'abilità di percorrere i suoni, la tecnica, in un impasto che odora del circo di Felliniana memoria.


11 Sono ancora vivo!


Lo scriba non si permette mai un percorso critico nei confronti dei testi, non è questa la sede, questa è una recensione. Mi si permetta però di complimentarmi: stile, argomento, modalità e qualità qui sono di altissima fattura. Con questo approccio le note sono mogli capaci di creare tappeti su cui sfiorare i corpi e i sensi, per poi divenire un trascinante loop che inghiotte e ci lascia esausti e contenti. Se si riavvolge l'ascolto, partendo dai primi secondi, ci si accorge del bellissimo percorso di agglomerazione stilistica, labirinti da cui estrarre strumenti e modalità per scrivere un brano che conosce la perfezione...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

29 Ottobre 2022


Carlo Marzari Voce e synth
Stefano Moroni Basso
Luca Puliti Chitarra e voci
Roberto Nosseri Batteria
Andrea Giuliano Chitarra e voci


https://www.blocco24band.it/Blocco24-booklet.pdf


https://open.spotify.com/album/3BNEyGqpLhIUFCpw0mHuMd?si=X--otWjWQJWtrOyUVuKVXQ


















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