mercoledì 15 febbraio 2023

La mia Recensione: Leech - If We Get There One Day, Would You Please Open The Gates?

Leech - If We Get There One Day, Would You Please Open The Gates?


Gocce di vita sulla grandine di ogni tensione scendono dalle Alpi, nella variopinta Svizzera, come un giorno lavorativo da spegnere solamente con l’urgenza di disegnare un quadro nel quale sia contenuta la creatività come risposta continua alla fascinazione della ricchezza del vivere da una parte e dall’altra di un fremito che ingloba miriadi di espressioni tra il grigio e il giallo, colori dal carattere acido ma pieni di calore, basta osservare bene.

Il vinile, 500 copie in edizione limitata, e la certezza di avere la storia delle lacrime tra le mani: le note al suo interno sono disciplina, accostamento al pudore, una corsa lenta dentro il mistero, un agitare il vetro di ogni paura per stabilire una necessità nuova. Ascoltare questo album è diventare gnomi, splendide creature alle quali l’altezza non impedisce realtà, altro che limitarsi ai sogni! E così, mentre la musica viaggia dentro il nostro corpo e nell’emisfero delle emozioni, ci ritroviamo piccolissimi ma eretti, perché i Leech (la miglior Post-Rock band di sempre) sono i maestri dell’equilibrio, sovrani del meraviglioso luogo dove tutto è residenza del dolore trasformato in ebbrezza respiratoria, continua.


E questo quarto epocale tratteggio sonoro è un dispetto clamoroso: non trovi spazio per discutere eventuali approssimazioni e sbagli, per sgridarlo o quant’altro. La band nata a Ofringen, nel cantone di Argovia, fa esplodere la genuina propensione all'architettura sonora, strabordando, coinvolgendo l’ascoltatore in un lago di sudore, per un bagno imprevisto dentro le proprie vene. Il vecchio scriba scrive mentre le lacrime avanzano verso il computer per definire con precisione l’enorme fascio di luce che queste dieci composizioni generano, in un crocevia delizioso fatto di entusiasmi, disperazioni, silenzi, luccichii continui e un senso di arrendevolezza, perché questa band disegna sul pentagramma una vistosa capacità di sorpassare i sogni: dalla musica si vogliono e pretendono molte cose, ma basterebbe l’ascolto di questo disco per tacitare l’egoismo.

L’approccio nei confronti di un album di questo genere musicale comporta già di sé per un grande sforzo, aumentato dal fatto di essere completamente strumentale. In un mondo avviluppato all’esagerato bisogno di parole, troviamo qui quelle mute, quelle straordinarie che provengono da strumenti in calore, assatanati e contemporaneamente capaci di carezze senza limiti. 


Tutto è strutturato per essere un racconto visivo, una poesia senza voci se non quelle dell’anima che escono dagli amplificatori per dirigersi al cuore. Un lungo tintinnio, uno scampanellare la vita tra le montagne che dalla Svizzera si dirigono nei pressi dei nostri apparati uditivi non più dediti ad accogliere certe modalità stilistiche che contemplano perlomeno un piccolo sforzo. Il rischio con questo enorme quadro alpino è quello di sentire il trambusto del nostro ventre misurare le nostre gravi lacune: quanto siamo davvero disposti a rimpicciolire i nostri egoismi?

Volete sapere meglio cosa state ascoltando?


Domanda sbagliata: siamo dentro un film, un racconto che incontra la Filosofia più sottile, dove il baricentro è la consistenza di un sentire non comune perché siamo davanti a una miscela unica, altro che semplice Post-Rock…

Le Chitarre sono corsare, streghe, sirene, ortiche, lastre, rughe, balestre, lepri, abeti in un giorno di vento. Sono agenti atmosferici corrosivi, sono la febbre del cuore che trova pace e in grado di sostenere anche la guerra, con impeto e la volontà di estremizzare gli incroci tra il Rock, l’Hard Rock, il Progressive e il Dreampop. Sempre presenti come luogo delle trame, della melodia e del sogno che conosce anche bufere e smottamenti. 

Il Basso è il Niesen, il Monte Svizzero che spesso scompare ma, quando lo vedi, con la sua forma triangolare, non puoi che sorridergli e ringraziarlo, perché sa essere efficace. Ecco, nell’album questo prezioso strumento è l’indiscusso pilastro, con i suoi cambi ritmo, per come nelle note sembra scivolare come un sassolino lungo il pendio del ghiacciaio, per come dirige il traffico di bellezza sonora con rigore e capacità.

Il Piano è un leone che sbadiglia e bacia le note con eleganza e stupisce per il modo in cui ogni suo movimento sa donare poesia e un grande piacere cerebrale: seppur poco pesante, rivela la sua importanza.


Il Sintetizzatore è il veicolo che equilibra la compattezza effervescente della band donando petali, coperte, tappeti, fiammate, sogni acidi, in una visibilità totale per dare colori diversi ma perfettamente sensati alle notevoli trame chitarristiche.

La Batteria è la Dea del senso, il pilota unico che è esteriore e interiore, il fluttuante che accoglie la melodia e la ingrossa, la educa, donando saggezza tramite i consigli delle sue bacchette e dei suoi pedali, in un ristoro continuo perché questo elemento non solo salda, ma amplifica le proprietà di note venute al mondo per avere il giusto ritmo.


Ecco che la loro musica diventa non soltanto un paesaggio perfettamente disegnato, ma anche un raccoglitore, prezioso di odori e impressioni, sentimenti, stati d’animo in pellegrinaggio verso l’incandescente incontro con il bacio di Dio. A volte spigolose, come rocce in sgretolamento, altre lievi come la stagione dell’accoppiamento tra anime pacifiche, le composizioni alla fine sono fiabe dagli umori saldati, con braccia possenti e mani delicate, cosicché è impossibile scappare dal progetto di libellule operaie sulla schiena della poesia. 


Nulla può essere definito digressione elettrica dilatata, in quanto occorre qualificare il discorso con un ascolto che colga le scintille composte di particelle di vento e grandine che conferiscono alle note un senso di estraneità nei confronti, appunto, delle digressioni. Gli Svizzeri immergono l’intenzione e la piacevolezza del suonare nel mare delle possibilità, di incastri, di flussi di coscienza che non hanno sosta nemmeno quando il ritmo rallenta: tutto è pregno della volontà di essere veloci, di non tergiversare, di non illudersi che la lentezza sia la sorella gemella della qualità. Loro sono veloci dentro, nei pensieri, negli arti che, insieme, schizzano via verso il pianeta della magnificenza. Non più musica, né letteratura, tantomeno fotografia, ma dimensioni al di fuori dell’umano in cerca dell’abbraccio eterno, perché queste canzoni non invecchieranno mai…

Romantici, assassini, quieti e ribelli, i Leech hanno raggiunto l’infinito: ascoltare questo album è un po’ come illudersi di poterli seguire…


Avanguardia, teatro, cinema, fotografia, a tratti pure un insieme di accenni di un cabaret timido, fanno di questo percorso l’apertura del genere Post-Rock verso un cavallo che non vuole briglie, una vergine pura ma libera di infangarsi a suo piacimento. Suite non ve ne sono, però ne sentiamo il profumo, e nulla assomiglia a divagazioni, sperimentazioni del momento nel segno della libertà, che invece è presente nelle trame di questi grappoli di luce che miscelando gli strumenti producono il nettare del vino più pregiato: un liquido dalla pelle nebulosa ma dal gusto limpido…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
15 Febbraio 2023







My Review: Leech - If We Get There One Day, Would You Please Open The Gates?

 Leech - If We Get There One Day, Would You Please Open The Gates?


Drops of life on the hail of all tensions descend from the Alps, in the colourful Switzerland, like a working day to be extinguished only with the urgency of drawing a picture in which creativity is contained as a continuous response to the fascination of the richness of living on the one hand and on the other of a quiver that encompasses myriad expressions between grey and yellow, colours with an acid character but full of warmth, just watch closely.

The vinyl, 500 copies in a limited edition, hold the certainty of having the story of tears in your hands: the notes inside are discipline, a juxtaposition of modesty, a slow rush into mystery, a shaking of the glass of every fear to establish a new necessity. To listen to this album is to become gnomes, beautiful creatures to whom height does not prevent reality, anything but dreams! And so, as the music travels inside our bodies and into the hemisphere of emotions, we find ourselves tiny but erect, because Leech (the best Post-Rock band ever) are the masters of balance, sovereigns of the marvellous place where everything is the residence of pain transformed into respiratory intoxication, continuous.


And this fourth epochal sonic hatching is a resounding spite: you don't find room to discuss any approximations and mistakes, to scold or whatever. The band, born in Ofringen in the canton of Aargau, explodes their genuine propensity for sound architecture, overflowing, involving the listener in a lake of sweat, for an unexpected bath inside their veins. The old scribe writes while the tears advance towards the computer to precisely define the enormous beam of light that these ten compositions generate, in a delightful crossroads of enthusiasm, despair, silences, continuous shimmering and a sense of surrender, because this band draws on the stave a conspicuous ability to surpass dreams: one wants and demands many things from music, but listening to this record would be enough to silence selfishness.

Approaching an album of this genre of music already involves a great deal of effort in itself, increased by the fact that it is completely instrumental. In a world enveloped by the exaggerated need for words, we find here the mute ones, the extraordinary ones coming from instruments in heat, at once capable of limitless caresses. 


Everything is structured to be a visual tale, a poem without voices except those of the soul coming out of the amplifiers and heading for the heart. A long tinkle, a ringing of life in the mountains that from Switzerland head towards our auditory apparatuses no longer dedicated to accepting certain stylistic modes that contemplate at least a little effort. The risk with this huge alpine picture is that we will hear the hustle and bustle of our bellies measuring our serious shortcomings: how much are we really willing to shrink?

Do you want to know better?


Wrong question: we are inside a film, a tale that meets the subtlest Philosophy, where the centre of gravity is the consistency of an uncommon feeling because we are in front of a unique mixture, more than just Post-Rock...

Guitars are corsairs, witches, sirens, nettles, slabs, wrinkles, crossbows, hares, firs on a windy day. They are corrosive atmospheric agents, they are the fever of the heart that finds peace and is capable of sustaining even war, with impetus and the will to go to extremes between Rock, Hard Rock, Progressive and Dreampop. Always present as a place of textures, melody and dreaming that also knows blizzards and mudslides. 

The Bass is the Niesen, the Swiss Mountain that often disappears but, when you see it, with its triangular shape, you can only smile at it and thank it, because it knows how to be effective. Here, on the album, this precious instrument is the undisputed mainstay, with its changes of rhythm, for the way in which its notes seem to slide like a pebble down the glacier slope, for the way it directs the traffic of sonorous beauty with rigour and skill.

The Piano is a lion that yawns and kisses the notes with elegance and amazes with the way its every movement is able to give poetry and great cerebral pleasure: although not very heavy, it reveals its importance.


The Synthesiser is the vehicle that balances the effervescent compactness of the band by giving petals, blankets, carpets, flames, acid dreams, in total visibility to give different but perfectly sensible colours to the remarkable guitar textures.

The Drums are the Goddess of sense, the unique driver that is exterior and interior, the floater that welcomes the melody and swells it, educates it, bestowing wisdom through the advice of its sticks and pedals, in a continuous refreshment because this element not only steadies, but also amplifies the properties of notes that have come into the world to have the right rhythm.


Here their music becomes not only a perfectly designed landscape, but also a precious collector of smells and impressions, feelings, moods on a pilgrimage towards the incandescent meeting with the kiss of God. At times angular, like crumbling rocks, at others as gentle as the mating season between peaceful souls, the compositions are ultimately fairy tales with welded moods, with powerful arms and delicate hands, so that it is impossible to escape from the project of worker dragonflies on the back of poetry. 


Nothing can be defined as a dilated electric digression, as it is necessary to qualify the discourse with a listening that captures the sparks composed of wind and hail particles that give the notes a sense of extraneousness with respect to, precisely, digressions. The Swiss immerse the intention and the pleasure of playing in the sea of possibilities, of joints, of streams of consciousness that have no pause even when the rhythm slows down: everything is imbued with the will to be fast, not to prevaricate, not to delude oneself that slowness is the twin sister of quality. They are fast inside, in their thoughts, in their limbs, which, together, sprint away towards the planet of magnificence. No longer music, nor literature, let alone photography, but dimensions outside the human in search of the eternal embrace, because these songs will never grow old...

Romantic, murderous, quiet and rebellious, Leech have reached the infinite: listening to this album is a bit like deluding yourself that you can follow them...


Avant-garde, theatre, cinema, photography, at times even a set of hints of a shy cabaret, make this the opening of the Post-Rock genre towards a horse that wants no reins, a pure virgin but free to muddle along at will. There are no suites, but we can smell the scent, and nothing resembles digressions, experiments of the moment in the sign of freedom, which is instead present in the textures of these clusters of light that, by mixing instruments, produce the nectar of the finest wine: a liquid with a hazy skin but a clear taste...


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
15th February 2023







martedì 14 febbraio 2023

My Review: Exsect - Opéra Mécanique

 Exsect - Opéra Mécanique


If we were to scour Quebec well, we would discover its black soul, gravitating in the promiscuous zone of shadows, in a seductive movement of dawns ruined by bad dreams. The only way not to consign yourself to bad days is to dance with Exsect, a line-up totally interested in piercing caves haunted by esoteric spirits with Ebm and bars of Dark Electro. If you listen to it, this volcanic album, you will be creatures hurled far away, separated from earth's gravity and become the children of wolves. Keyboards like bloody guitars, vocals full of vengeance turning into an army on an unstoppable march. It's Ebm, baby, and so the body makes thoughts absent and becomes a soulless object, at least suspended from all human contact until it resonates in the air. Beautifully crafted, it will deliver you the conviction that this genre of music helps at least a little to feel those energies that seem lost forever...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14th February 2023


https://exsect.bandcamp.com/album/opera-mecanique





La mia Recensione: Exsect - Opéra Mécanique

 Exsect - Opéra Mécanique


Se perlustrassimo bene il Quebec, ne scopriremmo l’anima nera e gravitante nella zona promiscua delle ombre, in un movimento seducente di albe rovinate da pessimi sogni. L’unica modalità per non consegnarsi a giornate pessime è danzare con gli Exsect, formazione interessata totalmente a perforare le grotte infestate da spiriti esoterici con l’Ebm e sprangate di Dark Electro. Se lo ascolterete, questo vulcanico album, sarete creature sbalzate lontano, separate dalla gravità terrestre e diverrete figli dei lupi. Tastiere come chitarre insanguinate, le voci piene di vendetta a trasformarsi in un esercito dalla marcia inarrestabile. È Ebm, baby, e quindi il corpo fa assentare i pensieri e diventa un oggetto senza anima, perlomeno sospesa da ogni contatto umano sino a quando risuona nell’aria. Di ottima fattura, saprà consegnarvi la convinzione che questo genere musicale aiuti almeno un po’ a sentire quelle energie che paiono perdute per sempre…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14 Febbraio 2023


https://exsect.bandcamp.com/album/opera-mecanique





La mia Recensione: Götterdämmerung - Intensity Zone

  Götterdämmerung - Intensity Zone


Il vecchio scriba vorrebbe vivere a Berlino: va bene che non sia così, potrà sempre avere questo desiderio. Ed è vero in quanto la musica in quella città è stracolma di ogni sorta di precisione, in essa la dispersione viene raccolta e usata. Questo accade anche nella musica e nel caso di questa band e del lavoro in questione direi che sia un esempio perfetto per specificare il pensiero.

Un album sporco, pesante, multidirezionale, spavaldo e arroccato sul suono che raramente ai giorni nostri capita di notare. Perché il disco è godimento puro: vengono fatti a pezzi dei generi musicali (Deathrock su tutti) rivitalizzandoli, verniciandoli di un nero opacissimo. Dando spazio a emanazioni di gas lisergico negli episodi che paiono meno votati alla velocità estrema. Chitarre dal timbro evidentemente caldo, distorte ma il giusto, e una batteria che farebbe sorridere il diavolo per quanto maligna, sono le regine di queste canzoni infettate anche da una parvenza di Gothic Rock che calza bene con i testi e la dimensione di forza compatta che vuole essere un atto di convincimento del tutto riuscito. La perfezione passa da queste parti…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14 Febbraio 2023


https://gotterdammerung.bandcamp.com/album/intensity-zone




My Review: Götterdämmerung - Intensity Zone

Götterdämmerung - Intensity Zone


The old scribe would like to live in Berlin: it's OK if he doesn't, he can always have that desire. And it’s true that the music in that city is overflowing with all sorts of precision, as it’s dispersion is collected and used. This also happens in music and in the case of this band and the work in question I would say it is a perfect example to specify the thought.

A dirty, heavy, multi-directional, swaggering album with a sound that is rarely seen nowadays. Because the album is pure enjoyment: musical genres are ripped to shreds (Deathrock above all), revitalising them, painting them opaque black. Giving space to emanations of lysergic gas in the episodes that seem less devoted to extreme speed. Guitars with an evidently warm timbre, distorted but just the right amount, and drums that would make the devil smile as malignant as they are, are the queens of these songs also infected with a Gothic Rock veneer that fits well with the lyrics and the dimension of compact strength that is meant to be a completely successful act of conviction. Perfection passes this way....


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14th February 2023


https://gotterdammerung.bandcamp.com/album/intensity-zone





domenica 12 febbraio 2023

La mia Recensione: Cerulean Veins - Black

Cerulean Veins - Black


Nel giorno nel quale si festeggia l'amore con la ricorrenza di San Valentino, una coppia decide di donare quintali di movenze amorose attraverso un album che è una manifestazione evidente di una crescita artistica clamorosa, riuscendo a inventare una gioia gotica dentro un serbatoio pieno di movimenti apparentemente colmi di ombre e tenebre, ma che alla fine danza offrendoci sorrisi e raggi di sole nel cuore.

La band di San Diego, composta da Dustin Frelich e Amanda Toombs, incide il suo disco perfetto, inebriante, con una serie di canzoni che sono pietanze nutrienti, che danno energia e smentiscono chi considera i generi musicali da loro proposti come destinati alla depressione, al vittimismo e a una visione cupa. Tutto ciò qui è custodito come elemento prezioso ma non domina, non riesce a farci desiderare un pessimismo gotico bensì un apprezzamento nei confronti della vita, consapevole, proprio perché loro non sono dimentichi della concretezza, sono immensamente connessi alla realtà, tuttavia la musica proposta alla fine rischiara le tenebre in un abbraccio caldo e dinamico.

Una tavolozza Pop e potente, segnata da quelle gocce velenose di buio che non possono mancare. La maturità del duo consiste nel non essere complici di cliché ripetuti, ma nel cercare una proposta che scavalchi la storia, almeno la propria, per svelare che nelle loro vene il Post-Punk pulsa rinnovato, che la loro distinta propulsione Darkwave e Coldwave qui subisce un lifting, un deciso assestamento verso la diminuzione della parte elettronica con tastiere meravigliosamente semplici che sono bilanciate per dare alla chitarra, alla batteria e al basso il ruolo di dominatori assoluti. Quindi è obbligatorio il nostro grazie a Amanda, che, con discrezione ma grande professionalità, distribuisce la sua grazia con misura ed eleganza. Dal canto suo Dustin è una serie di muscoli a contatto con la poesia, con le sue chitarre pregne di ritmo e orchestrazioni gentilmente assassine, alle quali si ubbidisce donando loro la nostra adorazione. Il basso, spesso tenuto sotto la pelle, rivela una maestria assoluta nella esaltazione delle melodie riuscendo a dare, contemporaneamente, un prezioso apporto a ritmi che mai come in questo album profumano di un incastro sublime tra la necessità della danza e il circondare il fianco sensuale della morbidezza.

 Si sosta, si prende atto che i due hanno voluto dipingere di freschezza il loro stile, mantenendo inalterata la loro formula della ricerca di brani orecchiabili ma, mai come ora, ci riescono quasi modificando i tratti del loro profondo mistero, ed è questa la magia principale che rende questo lavoro così potente ed essenziale. Si respirano storie, si partecipa alla scrittura di un perimetro del destino che loro hanno deformato, piegato e poi drizzato affinché divenisse la base di un prossimo futuro, ma intanto il loro presente è fatto di tensione educata, indirizzata verso la bellezza di canzoni che baciano l'arcobaleno, senza vergogna. È cosa buona e giusta rilevare come niente suoni più credibile di una band che ha sempre cercato di donare alla danza un valore più intimo e che ora invece la porta nei confini di grandi stadi, di piazze enormi, all’interno di Supermercati e soprattutto tra le corsie del cielo, perché i dieci brani sono pirati dai capelli dorati in grado di stare nella scia di ogni grande dimensione. 

I testi, scritti a quattro mani dai due, portano gli incubi a vivere dentro i sogni, trovando nella realtà un'aura magica, che penzola tra il bisogno e la fantasia, come un diamante immerso nell'acqua dell'oceano. Ed è davvero un album costruito sulla schiena di quelle onde perché fa scivolare le canzoni con sensualità nel tempo: quaranta minuti di abbandono al piacere di una fisicità che si trova coniugata a pensieri maturi e costruttivi.

Alla tristezza, che non può sicuramente mancare, vengono consegnate le chiavi che aprono la porta a desideri di vita che Amanda e Dustin tengono tra i palmi della loro rinnovata propensione a non voler rifiutare la coabitazione tra estremi che sono inevitabili. Ecco che l'album è una casa tra le onde di un caos ragionato, illuminante e non distruttivo, donando una grande lezione a tutti, come una tavola di una scrittura antica che avevamo negato a noi stessi di leggere.

Capace di compiere imprese nemmeno immaginabili, l'incastro tra le musiche e i testi fa anche rilevare come la produzione sia in grado di voler conferire al tutto la medesima importanza. Riuscendoci. 

Poi la voce e lo stile inimitabile di Dustin sono le calamite, le orche assassine che mordono la nostra carne rendendola obbediente, in una cedevolezza certa ed efficace, perché questo uomo è benedetto da un talento indiscutibile e dalla professionale ricerca di trame melodiche che sequestrano il nostro ascolto. Non si può sfuggire a questa pulsione romantica che è data dalla vibrazione dalle sue uniche corde vocali che, miscelate a testi vigorosi, portano come risultato una gioia quasi esplosiva in noi.

L'abilità più evidente di queste queste nove bambine danzanti e di una su un’altalena proprio alla fine dell'album è quella di essere un delirio dalle facce multiple, un serpente dalle dieci code sempre votato a mostrare i tremori e le paure avendo le braccia aperte, per un tuffo nell'oscurità senza temere la morte. Ecco che i due sono i perfetti eredi di band che hanno provato a fare questo, ma sono proprio loro ad aver centrato l'obiettivo. 

Saper prendere la storia della musica grigia e nera, rispettandola, ma buttandola in autostrade colorate è un'impresa titanica e il risultato è sotto i colpi di una batteria potente e perfetta, nel basso che come un drago lancia fiamme su chitarre che giocoforza si trovano a essere scintillanti. Chi se ne frega di che generi musicali stiamo parlando: nell'ascolto c'è un sequestro indiscutibile della stupidità perché loro abitano l'intelligenza che volge le spalle al prevedibile, a ciò che è stanco e incapace di fornire la verità.

Quando un’opera artistica fa porre domande, suggerisce risposte, si permette una zona misteriosa che non è astensione ma riflessione, allora possiamo tranquillamente affermare che l'album perfetto esiste ed è questo Black, regnante per un futuro prossimo che in qualsiasi tragedia avrà comunque il suo sorriso maturo...


Song by Song


1 - Infinite Love


Sin dalle prime note, tra la voce piena di ruggine e accordi semplici, si intuisce come siamo davanti a una innovazione. Giunge il ritmo, la chitarra affonda le unghie e con il ritornello si aprono i sorrisi, tra lacrime e pensieri in cerca di una rete. Un mini solo di chitarra rivela come i Cerulean Veins abbiano una buona memoria storica nei confronti di quel Post-Punk americano degli anni '90 che non ha avuto molta fortuna. La canzone è un tatuaggio dalla forma di una cicatrice che abbraccia il sentimento anche se sofferente. Quando la potenza e la melodia si mettono l’anello, l'amore può essere solo infinito...


2 - Love Won't Save Us Now


Dirompente nella ritmica, con le oscillazioni della chitarra che graffiano la pelle, e la solita, imponente, meravigliosa voce di Dustin Frelich a rendere l’ascolto un piacere dalle lacrime danzanti. Quando la strofa e il ritornello convivono come conseguenza legittima di un flirt focoso e appassionato, ciò che ne consegue è un benessere cupo che conduce al vertice del godimento inarrestabile. Lui e sua moglie Amanda Ashley Toombs pilotano e dirigono questa band verso territori dove gli sguardi coscienti si appiccicano al bisogno di organizzare il tempo in una bolla in cui custodire il respiro. Accade allora di impattare nella storia del fallimento dell’amore, che non salverà, non proteggerà più le persone, e per convincerci di tutto questo lo fanno scrivendo una canzone che, spingendoci a muoverci muovere senza sosta nei nostri spazi vitali, ci toglierà un po’ di dolore ma non la consapevolezza.


3 - Dancing With Shadows


Mostrare le paure e trovare il potere di ballare, mentre i sogni conducono all'amore e nulla dorme ritrovandoci a essere corpi in movimento nel territorio scomodo delle ombre ma, merito del brano, nulla è nemico. Esempio di come bastino pochi accordi e un arrangiamento potente per fare di una canzone un’amante perfetta. Ed eccola la gioia gotica che distribuisce intense scariche elettriche, chitarre ammaestrate a essere arpioni della mente e la voce che tra echi, riverberi e la sua tonsilla potente, apre la strada verso una dance floor in attesa di corpi inebriati.


4 - Tempted Hearts


Infarto iniziale: sono nati i Joy Division americani? No, tranquilli, è solo la classe di questa coppia artistica che sa come stuzzicare, rendere grazie di un passato ormai lontano per poi fuggire addirittura da se stessa. E dopo pochi secondi ritroviamo alcune cellule di Ado, il loro secondo album, a ricordarci da dove arriva la band di San Diego. Ma poi: mulinelli di tamburi, chitarre come trappole dimostrano il cammino stupefacente in cui la melodia deve sempre portare uno strappo dentro l'infelicità. Si canta con le mani sulla testa, mentre le gambe vanno via per danzare una gemma Post-Punk colorata di Pop. Nucleare, piacevolmente devastante.


5 - Inescapably Loveless 


Wayne Hussey osserva: forse la band Americana gli potrebbe servire per trovare ispirazione. Le idee qui manifestano la brillantezza, l'attitudine a scrivere una canzone che scavalca la Darkwave e ci porta davanti al giardino del cuore, con il ritmo che salta, cambia velocità, dando al basso il trono dello schiaffo e poi con il ritornello si può essere felicemente tristi.


6 - Only The Love


Il luogo perfetto di questa traccia musicale è la strada, dove può correre e portare le sue fiamme Rock, Pop e Post-punk a ossigenare le orecchie, perché questo è un brano che ha radici lontane e si manifesta irresistibile nel ritornello con la sua inclinazione tra gli anni '80, sponda Francese, e la classica forma di disinteresse americano nei confronti di tutto ciò che è a presa rapida. E invece ecco che la melodia non ha bisogno di eccessi per essere ficcante e per creare vertici di piaceri assoluti.


7 - Forever Tonight


Il momento perfetto, il risultato del loro duro lavoro si compie in questo delirio sonoro, la summa di una carriera che tocca il cielo: si piange ballando negli echi di Psychedelic Furs, Echo & The Bunnymen, The Sound e tantissima classe dei Cerulean Veins che qui, tra chitarre semiacustiche, chitarre ritmiche e arpeggio regale, la tastiera che con due note regala voli infiniti e uno splendido lavoro di cambi ritmo, produce il più grande abbraccio tra gli anni ’80 e gli anni duemila. 


8 - Dance Human Dance


Ecco che il loro penultimo album Blue riecheggia, ci fa capire come la parte elettronica e la Coldwave possano ancora coesistere, in uno stato di grazia che non dimentica il proprio dna. Tra Kiss (I Was Made for Lovin’ You), Blondie e Talking Heads, il brano trova la sua vorace dimensione pop.


9 - Nothing Left But Love


Tornano i Psychedelic Furs nei primi secondi del brano e nell'atteggiamento di un canto che apre le piume mentre il ritmo incalza e sovrasta, facendosi capace di rallentamenti e accelerazioni, con il drumming preciso e volatile e le chitarre come graffi piacevoli sulla pelle di uno spirito che, rassegnato, si ritrova l'amore dentro di sé. Spettacolare esempio della loro molteplice capacità stilistica.


10 - Love Will Remanin


Tutto Black è pregno di amore e la chiusura afferma ciò che resterà per sempre nelle tenebre: il suo potere di rimanere intatto e sempre potente. Ed eccoci davanti all'unica vera canzone che solo apparentemente non ha bisogno di un ritmo vorticoso perché, se si ascolta bene, nel cantato e nella chitarra breve dalle macchie Post-Punk esiste una complicità che ci fa battere forte il cuore, in quanto qui le emozioni piangono sulla nostra pelle. Quando poi si arriva a un robusto crescendo nella parte finale e la batteria diventa una tribù dentro le tenebre, allora si può capire quanto questo album sia semplicemente una meraviglia che dà finalmente al colore nero il potere di farci felici e non di condurci alla sofferenza..

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

13 Febbraio 2023

https://ceruleanveins.bandcamp.com/album/black



 

My Review: Cerulean Veins - Black

 Cerulean Veins - Black


On Valentine’s Day when we celebrate love, a couple decide to give us quintals of loving motions through an album that is a clear manifestation of resounding artistic growth, managing to invent a gothic joy within a tank full of movements seemingly filled with shadows and darkness, but which in the end dances offering us smiles and rays of sunshine in our hearts.

The band from San Diego, composed of Dustin Frelich and Amanda Toombs, record their perfect, intoxicating album with a series of songs that are nourishing, give energy and contradict those who consider the musical genres they offer as destined for depression, victimhood and a gloomy point of view. All this is preserved here as a precious element, but it does not dominate, it does not succeed in making us wish for a gothic pessimism, but rather an aware appreciation for life, precisely because they are not oblivious to concreteness, they are immensely connected to reality, however the music they offer ultimately illuminates the darkness in a warm and dynamic embrace.

A pop but powerful palette, marked by those poisonous drops of shadows that cannot be missed. The duo's maturity consists in not being complicit in repeated clichés, but in seeking a proposal which bypasses history, at least their own, to reveal that in their veins Post-Punk pulses renewed, that their distinct Darkwave and Coldwave propulsion here undergoes a facelift, a decisive settling towards the diminution of the electronic part with wonderfully simple keyboards that are balanced to give the guitar, drums and bass the role of absolute rulers. So our thanks are mandatory to Amanda, who, with discretion but great professionalism, distributes her grace with measure and elegance. For his part, Dustin is a series of muscles in touch with poetry, with his guitars full of rhythm and gently murderous orchestrations, to which we obey, giving them our adoration. The bass, often held under the skin, reveals an absolute mastery in the exaltation of melodies while managing to make a valuable contribution to rhythms that never before as in this album smell of a sublime interlock between the necessity of dance and the sensual side of softness.

You pause, you take note that the two of them wanted to paint their style with freshness, keeping their formula of searching for catchy tunes unchanged but, never before, they almost succeed in doing so by altering the traits of their deep mystery, and this is the main magic that makes this work so powerful and essential. One breathes stories, one participates in the writing of a perimeter of destiny that they have deformed, bent and then straightened to become the basis of a near future, but in the meantime their present is made of polite tension, directed towards the beauty of songs that kiss the rainbow, without shame. It is right and just to point out that nothing sounds more credible than a band that has always tried to give dance a more intimate value and now takes it into the confines of large stadiums, huge squares, inside supermarkets and above all in the lanes of heaven, because the ten tracks are golden-haired pirates capable of standing in the wake of every great dimension. 

The lyrics, co-written by both of them, bring nightmares to live inside dreams, finding in reality a magical aura, dangling between need and fantasy, like a diamond dipped in ocean water. And it is indeed an album built on the back of those waves, because it sensuously makes the songs glide through time: forty minutes of abandonment to the pleasure of a physicality that is combined with mature and constructive thoughts.

The sadness, which is certainly not to be missed, is given the keys that open the door to desires for life that Amanda and Dustin hold in the palms of their renewed propensity through not wanting to refuse the cohabitation of extremes that are inevitable. Here, the album is a home in the waves of reasoned, illuminating and non-destructive chaos, giving a great lesson to all, like a table from an ancient writing that we had denied ourselves to read.

Capable of accomplishing feats not even imaginable, the interplay between music and lyrics also makes it clear how the production is able to give everything equal importance. Succeeding. 

Then Dustin's voice and inimitable style are the magnets, the killer whales that bite into our flesh, making it obedient, in a certain and effective yielding, because this man is blessed with an unquestionable talent and a professional search for melodic textures which enchant our listening. We can’t escape from this romantic impulse that is provided by the vibration of his unique vocal chords that, mixed with vigorous lyrics, result in an almost explosive joy in us.

The most obvious ability of these nine dancing babes and one on a swing at the very end of the album is that of being a delirium with multiple faces, a ten-tailed snake always bent on showing tremors and fears with open arms, for a plunge into darkness without fearing death. Here, the two are the perfect heirs to bands that have tried to do this, but they are the ones who hit the target. 

Knowing how to take the history of grey and black music, respecting it, but throwing it into colourful highways is a titanic feat, and the result is under the blows of powerful and perfect drums, in the bass that like a dragon throws flames on guitars that are bound to be sparkling. Who cares what genre of music we are talking about: in listening there is an unquestionable seizure of stupidity, because they inhabit the intelligence that turns its back on the predictable, on that which is tired and incapable of providing truth.

When an artistic work makes one ask questions, suggests answers, allows itself a mysterious zone that is not abstention but reflection, then we can safely say that the perfect album exists and it is this Black, reigning for a near future that in any tragedy will still have its conscious smile…


Song by Song


1 - Infinite Love


From the very first notes, between the rusty voice and simple chords, you can sense that we are in front of an innovation. The rhythm arrives, the guitar sinks its nails and with the refrain the smiles open, amongst tears and thoughts searching for a net. A mini guitar solo reveals how Cerulean Veins have a good historical memory of that American Post-Punk of the 90s that did not have much luck. The song is a tattoo in the shape of a scar that embraces feeling even if it is suffering. When power and melody get married, love can only be infinite...


2 - Love Won't Save Us Now


Disruptive in rhythm, with skin-scratching guitar swings, and Dustin Frelich's usual, commanding, marvellous voice making listening a delight with dancing tears. When verse and refrain coexist as a legitimate consequence of a fiery, passionate flirtation, what ensues is a gloomy well-being that leads to the pinnacle of unstoppable enjoyment. He and his wife Amanda Ashley Toombs pilot and direct this band into territories where conscious glances cling to the need to organise time in a bubble in which to hold one's breath. It happens, then, to impact on the story of the failure of love, which will not save, will no longer protect people, and to convince us of this they do so by writing a song that, urging us to move relentlessly in our living spaces, will take away some of the pain but not the awareness.


3 - Dancing With Shadows


Showing fears and finding the power to dance, as dreams lead to love and nothing sleeps, we find ourselves to be moving bodies in the uncomfortable territory of the shadows but, to the song's credit, nothing is the enemy. An example of how a few chords and a powerful arrangement are enough to make a track a perfect lover. And here is the gothic joy that distributes intense electric shocks, guitars trained to be harpoons of the mind and the voice that among echoes, reverberations and its powerful tonsil, opens the way to a dance floor waiting for inebriated bodies.


4 - Tempted Hearts


Initial heart attack: were the American Joy Division born? No, don't worry, it's just the class of this artistic couple who know how to tease, how to make thanks of a now distant past and then even escape from themselves. And after a few seconds we find a few cells of Ado, their second album, reminding us where the San Diego band comes from. But then: swirls of drums and guitars like snares demonstrate the amazing path where melody must always bring a tear into unhappiness. You sing with your hands on your head, while your legs go away to dance a Post-Punk gem coloured with Pop. Nuclear, pleasantly devastating.


5 - Inescapably Loveless 


Wayne Hussey observes: perhaps he could use the American band for inspiration. The ideas here show the brilliance, the attitude to write a song that bypasses Darkwave and takes us to the garden of the heart, with the rhythm that jumps, changes speed, giving the bass the throne of the slap and then with the refrain you can be happily sad.


6 - Only The Love


The perfect place for this track is on the street, where it can run and bring its Rock, Pop and Post-punk flames to oxygenate the ears, because this is a song that has distant roots and is irresistible in the chorus with its inclination between the French 80s and the classic American form of disinterest in all that is fast-paced. Instead, the melody doesn't need excess to be penetrating and to create heights of absolute pleasure.


7 - Forever Tonight


The perfect moment, the result of their hard work is fulfilled in this sonic delirium, the summa of a career that touches the sky: one cries while dancing in the echoes of Psychedelic Furs, Echo & The Bunnymen, The Sound and a lot of Cerulean Veins' class that here, amid semi-acoustic guitars, rhythmic guitars and regal arpeggios, keyboards that with two notes give infinite flights and a splendid work of rhythm changes, produces the greatest embrace between the 80s and the 2000s.


8 - Dance Human Dance


Here their penultimate album Blue echoes, showing us how the electronic and Coldwave sides can still coexist, in a state of grace that does not forget its own DNA. Between Kiss (I Was Made for Lovin' You), Blondie and Talking Heads, the track finds its voracious pop dimension.


9 - Nothing Left But Love


The Psychedelic Furs return in the first few seconds of the track and in the attitude of a song that opens its feathers while the rhythm presses and dominates everything, making itself capable of slowing down and accelerating, with precise and volatile drumming and guitars like pleasant scratches on the skin of a spirit that, resigned, finds love within itself. Spectacular example of their multifaceted stylistic ability.


10 - Love Will Remanin


All Black is filled with love and the end affirms what will forever remain in darkness: its power to stay intact and ever powerful. And here we come to the only song that only apparently doesn't need a swirling rhythm because, if you listen carefully, there is a complicity in vocals and in the short guitar with its Post-Punk stains that makes our hearts beat faster, since emotions weep on our skin here. When we comes to a robust crescendo in the final part and the drums become a tribe within the darkness, then you can understand how this album is simply a marvel that finally gives the colour black the power to make us happy and not lead us to suffering…


Alex Dematteis

Muscishockworld

Salford

13th February 2023


https://ceruleanveins.bandcamp.com/album/black





My Review: Coloured Tears - Everything reminds me of you

 Coloured Tears - Everything reminds me of you  


What is attraction? Where does it lead us? What makes us lose, rightly so, of useless things? Questions that sow wisdom are never enemies. They only need caresses and closeness.

Listen to the album by André Grafert, the German artist who chose the name Coloured Tears for his intriguing project: six waves full of melodies and lightness between melancholy and tenderness. Thirty-eight years after the beginning of his career, here comes his stylistic and qualitative culmination with an album that, spanning musical genres with which he has grown, has managed to put his signature against a gathering of irresistible songs. Sensuality runs through every second (a Bryan Ferry discussing suffering and remedies with David Sylvian), along with the feeling that he can make his voice an emotional portal with simplicity, without frills. Also endowed with immense capabilities is the music, a blend of Synthpop polite not to disturb and not to seek applause, but rather attention and respect. 


The guitars, however, appear and are faithful butlers of the tiny work that ultimately serves to appreciate the whole. Perhaps there is a darkwave soul somewhere, and if there is, in its mystery perhaps it is hidden so as not to take too much credit, because everything slips away perfectly within a feeling that these are songs with a pop soul put on the sill, to be displayed with harmony and sensitivity. To top it all off: a record like this is a gift to keep in bed, you have to give it attention and sleep with it, in perfect solitude...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12 Febbraio 2023


https://colouredtears.bandcamp.com/album/everything-reminds-me-of-you








La mia Recensione: Coloured Tears - Everything reminds me of you

 Coloured Tears - Everything reminds me of you  


Cos’è l’attrazione? Dove ci conduce? Cosa ci fa perdere, giustamente, delle cose inutili? Le domande che seminano saggezza non sono mai nemiche. Abbisognano solo di carezze e vicinanza.Ascolti l’album di André Grafert, l’artista tedesco che ha scelto il nome di Coloured Tears, per il suo intrigante progetto: sei onde piene di melodie e di leggerezza tra malinconia e tenerezza. Trentotto anni dopo l’inizio della sua carriera, ecco arrivare la sua summa stilistica e qualitativa con un disco che, spaziando tra generi musicali con cui si è sviluppata la sua crescita, è riuscito a mettere la firma grazie a una adunata di canzoni irresistibili. La sensualità attraversa ogni secondo (un Bryan Ferry che discorre con David Sylvian di sofferenza e rimedi), insieme alla sensazione che lui possa fare della sua voce un portale emotivo con semplicità, senza fronzoli. Dotata di capacità immense è anche la musica, miscela di Synthpop educato a non disturbare e a non cercare applausi, bensì attenzione e rispetto.

 Le chitarre però appaiono e sono maggiordomi fedeli di quel lavoro minuscolo che alla fine serve per apprezzare il tutto. Forse esiste un’anima Darkwave da qualche parte e, se c’è, nel suo mistero forse si nasconde per non prendersi troppo merito, perché tutto scivola via perfettamente dentro una sensazione che siano canzoni con l’anima Pop messa sul davanzale, da esibire con armonia e sensibilità. Per completare il tutto: un disco come questo è un dono da tenere nel letto, bisogna dargli  attenzioni e dormirci insieme, in perfetta solitudine…





Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12th February 2023


https://colouredtears.bandcamp.com/album/everything-reminds-me-of-you









La mia Recensione: Auge - Spazi Vettoriali

  Auge - Spazi Vettoriali Il tempo viene archiviato solo dalla massa ignorante di chi ha fretta, quella che stringe gli spazi e divaga nel n...