lunedì 20 novembre 2023

My Review: Ethica - Aether



Ethica - Aether

Let us take the mind and bring it to the Russian glacier, where clouds are harmonious advancing silences, and space a collector of musical textures in search of a mental airport. The passport we need must testify to our ability to separate reality and the dreamlike polar circle, with the latter as the sole interest, the protagonist of our engagement. We are here to talk about a band capable of performing miracles, pressing history and making it become a vast meadow on the bare skin of ice. Intense textures, engaging rhythms and soaring guitars are the foundation on which a voice that is the daughter of enchanting angels is based. They come from Nizhny Novgorod, a city in the heart of central Russia, and it could not be otherwise as everything vibrates within such a needy organ and their sound creatures come from there. They are brushstrokes of lively interactions with the dominant transport of music that changes the reality of gravity to separate us from the everyday and sit next to the sound. Shoegaze and dream pop epicenters allow the participation of a pop educated to containment, yet managing to generate involvement: a rare affair, the surprise in noticing vertices and oscillations kissing to make these eight songs become heavenly rivers. What sends pleasant shivers running is the band's willingness to create continuous weaves, within clear stylistic trajectories but always willing to not necessarily want to limit their work in one musical genre. And so we often find ourselves with the feeling of listening to a myriad of references that seem to want to escape recognition, to find the system of a different and respected identity. An intense, fast, dreamy and deep album, with arpeggios, snaps, fluorescent trails to make us smile, tenderize, dance and then deliver us, as a regal gift, the feeling of having seen the rain become a collection of kisses and hugs. If their propensity to connect the 1990s to the present day is tangible, equally visible is their mental factory determined to seek out arrangements (once one might have assumed the word arrangements) to leave the songs free to follow impulses far from the restrictive confines of styles and genres that would stifle these impulses that are by no means adolescent. The sound reveals a connection to the world, an inhabiting of distance from the country of origin that perhaps does not like this European-American contamination. They might even come from a planet illuminated by an unquestionable state of grace. Fresh, talented, these boys write a letter to the Goddess of Beauty: songs like a soul kiss to a world that has forgotten to dream...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

20th November 2023


ALBUM OF THE YEAR 2023 N. 3


https://ethica.bandcamp.com/album/aether?search_item_id=2917726266&search_item_type=a&search_match_part=%3F&search_page_id=2978194855&search_page_no=0&search_rank=2&logged_in_mobile_menubar=true



sabato 18 novembre 2023

La mia Recensione: Born Days - My Little Dark


Born Days - My Little Dark

L’oscurità è la compagna preferita del viaggio del tempo, dall’inizio di ogni forma vivente, perché la sua essenza non necessita dello sforzo della luce e riesce ad assorbire più facilmente ogni forza contraria. Quando è l’arte della musica ad approcciarsi a questo contesto, ecco che è possibile nutrirsi di veementi stupori appiccicati, nel frastuono delle oscillazioni sensoriali che non negano la loro soggezione nei confronti dell’argomento. Incontriamo un’artista americana, Melissa Harris, in grado di sondare, di mischiare le elucubrazioni, di trasferire il conosciuto sulla pelle sguaiata dell’inconscio, per attivare circuiti mentali e sonori nel connubio che esporta la bellezza dal piano ipotizzato a quello reale. My Little Dark è un gioiello all’interno di lenti viaggi nello spazio, partendo dai tratti onirici per finire a quelli somatici, avendo in dote l’indiscutibile capacità di fisicizzare il tutto. Focalizza il progetto e si arma di dilatazioni, sperimentazioni, costruendo cornici e dipinti perfettamente oliati nella sua prodigiosa orchestrazione elettronica, vero traduttore delle sue necessità. Si è sgomenti, impauriti, inteneriti, mai perplessi, sempre desiderosi di questa dolcezza che bacia il buio, attraversando lo scorrere del bisogno che conduce a una metamorfosi senza fine. Non sono canzoni, ma strutture di acciaio prive di stridori all’interno delle nostre tempie, nelle quali abita una forma di gentilezza non prevista ma di cui diventa obbligatorio cibarsi. Melissa disegna le traiettorie del suono per erudirli, attinge da oceani di imprevisti per educarli, plasmando e seducendo per quella continuità del lato espressivo che conduce l’ascoltatore a stabilire una verità ineccepibile: se esiste il concept album, questo ne è la dimostrazione perfetta, precisa, avvinghiando il corpo e la mente in una morsa che non lascia graffi. Netta è la sensazione di entrare in un sogno, all’interno di una navicella spaziale, con il silenzio che spinge a rendere muti i nostri pensieri, affidando l’unico nostro spazio libero al compito di sentire questa voce sintetizzare miliardi di assioni, nel gioco di molecole in cerca di una guida. Allora siano i sintetizzatori, i beats, le trame come lame piene di suspense a determinare uno sconvolgimento che sia eterno. La morte pare un appuntamento galante e interessante, non meno dell’esistere: questi brani tolgono travi, schegge, affanni, e regalano pace senza squilli, trasportando l’esistenza sopra il cielo.
Innegabile l’abilità di far nuotare la musica in una coperta elettrica piena di spugna, con i tintinnii che coccolano e ammantano. Naviga questa incredibile creatura nella storia dell’elettronica, da quella puramente giocosa a quella gioiosa, da quella pragmatica a quella sperimentale, per essere poi determinata nell’esporre il risultato al fine di rendere piacevole la paralisi consequenziale.
Si è sicuramente nutrita di studi, di approcci, i maestri del possibile lei sicuramente li conosce, ma, da alunna impenitente, li ha superati, con questo album che dimostra come la matassa sconosciuta, se scoperta, riesce ad abbattere tutte le gioie precedentemente vissute. Sconvolge, per la sua sapiente dose di sale nelle onde magnetiche dei suoi computer, dei suoi synth, per lo zucchero depositato nella sua modalità del cantato, mentre, quando meno te l’aspetti, lei ti ha già reso dipendente dal suo intento…
Quintali di misticismo, chilometri di lenti a contatto per mettere a fuoco l’invisibile, giochi continui tra l’ingenuità e la saggezza, la conducono ad attraversare diversi generi musicali senza redini né controllo, finendo per farci diventare disarticolati ma perfettamenti consoni al suo obiettivo, che pare quello di smembrare le sicurezze e la noia che possono provenire da quello in cui invece noi troviamo risorsa e affinità. Mette la psichedelia, il Dream-Pop, la Coldwave, la Darkwave nel suo imbuto raffinato per farli deperire, con intelligenza e la giusta dose di cattiveria.
Prende i passaggi immaginifici e li francobolla a quelli reali, nella danza distorta di una confusione spettacolare, sempre con il ritmo che non vuole raggiungere la massima velocità: anche per questo motivo il suo è il coraggio di un’anima forte e consapevole, perché non cerca il successo bensì un’espressione educativa, che sappia, forse, anche essere spiazzante.
Il buio copre ogni speranza, ogni sorriso, lasciando che sia il sommerso della mente a guidare le risorse che la sua musica espone con generosità, spaziando e seminando canzoni come rapine in banca senza proiettili o maschere sul volto: lei precipita nel furto consegnando alla paura una risata, lenta, anestetizzandola. Scrive un miracolo per complessivi cinquantuno minuti: la misura, iniziale, della sua infinita classe…

Song by Song

1 - Enemy

Ed è carillon umorale, nella lentezza che accoglie atmosfere sia dolci che tetre, in un loop su cui la voce vola con il suo nemico, per una tristezza che riceve un clamoroso sostegno: applausi!

2 - My Little Dark

Il volo cresce, in altezza e velocità, sempre però senza affanni né sudori: tutto viene calibrato perfettamente per una torcia elettrica che rende il cielo il figlio di questa carezza che abbraccia, per avanzare una proposta alla morte che qui vive una sfida all’insegna dell'incanto.

3 - Bird Song

Il desiderio di vita Melissa lo mette nelle parole del testo come nella musica: partendo dal cinguettio di una natura ancora vogliosa di presenza, si arriva a una tastiera che tratteggia il cielo, con le corde vocali che si riempiono di tensione elettrica, mentre la melodia è talmente umana da commuovere…

4 - Over Again

“Burn myself over again”: un temporale di intenti trova sede nella spettrale Over Again, una litania laica che invita alla danza ma avendo tutti i sensi all’erta. Una sapiente miscela Darkwave nell’aspetto ma non nel genere musicale specifico, si inoltra nel bacino di una essenziale dreamwave con pennellate di electrowave a definire un brano immenso, sospeso e liturgico…

5 - Dreams

Una passeggiata nel parco rivela particelle di pensieri importanti: viene costruito un cavo elettrico dalla grande tensione, in uno spettacolare setaccio di note versatili e inclini a muoversi nei contorni di un trip-hop che corteggia la neopsichedelia.

6 - How To Disappear

Piovono nuvole nel cuore, con l’impressione che Melissa sappia utilizzare parte della saggezza della musica classica per poi smembrarla e lasciarci un tappeto sonoro quasi semplice, ma che in realtà rivela l’immensa capacità di donare equilibrio tra le varie fasi della canzone.

7 - Ganymede

Forse il momento più solenne dell’album, il sunto delle sue volontà e la manifesta capacità di essere un ago sottile che penetra i sensi. Dopo la parte iniziale onirica arriva l’evoluzione elettronica che offre una drammaticità perfettamente controllata.

8 - Deep Empty (DMT Feelings)

Forse la depressione invade la corsia di questo album: lo fa con parole e musiche giustamente grevi, che paiono figlie di antiche tristezze sfiorate e vissute dai Cure e dai Sound, seppur con differenti attitudini musicali. Ma qui manca, piacevolmente, il fiato…

9 - Destroyer

Il teatro dell’orrore si getta in un testo che scombina i vestiti dei pensieri. Le successioni di un loop energetico e i synth che recitano progressioni pesanti rendono il brano un effervescente inchino in cui la paura sogghigna felice. Clamorosa!

10 - Conscious Conscience

Certi pensieri hanno voci che rivelano verità che sembrano lontane: per concludere l’album l’artista di Chicago percorre minuti come se il lettino di uno psicologo accogliesse la sua più profonda intimità. Si è come avvolti in uno schiaffo lento, ossessivo, con i palmi delle mani che schiacciano lentamente il nostro collo. Mentre la voce sembra liberarsi di tutto e salire tra le braccia delle nuvole…

Un’opera clamorosa che il Vecchio Scriba definisce come il secondo miglior album di questo 2023…

Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
19th November 2023

https://borndays.bandcamp.com/album/my-little-dark


My Review: Born Days - My Little Dark


 

                                                                          Born Days - My Little Dark


Darkness is the favourite companion on the journey of time, from the beginning of every living form, because its essence does not require the effort of light and can more easily absorb any opposing force. When it is the art of music that approaches this context, it is possible to feed on the vehement amazement of the sensory oscillations that do not deny their awe of the subject matter. Let us meet an American artist, Melissa Harris, capable of probing, of mixing lucubrations, of transferring the known onto the fuzzy skin of the unconscious, to activate mental and sound circuits in the union that exports beauty from the hypothesised to the real plane. My Little Dark is a jewel within slow space travels, starting with dreamlike traits and ending with somatic ones, having in its dowry the unquestionable ability to physicalise everything. She focuses the project and arms herself with dilations, experimentations, building frames and paintings perfectly oiled in his prodigious electronic orchestration, the true translator of her needs. One is dismayed, frightened, tenderised, never perplexed, always eager for this sweetness that kisses the darkness, crossing the flow of need that leads to endless metamorphosis. These are not songs, but steel structures free of screeching inside our temples, in which dwells a form of gentleness not foreseen but on which it becomes compulsory to feed. Melissa designs the trajectories of sound to erudite them, she draws from oceans of the unexpected to educate them, shaping and seducing by that continuity of the expressive side that leads the listener to establish an unimpeachable truth: if there is such a thing as a concept album, this is the perfect, precise demonstration of it, gripping body and mind in a grip that leaves no scratches. There is a clear sensation of entering a dream, inside a spaceship, with the silence pushing our thoughts to mute, entrusting our only free space to the task of hearing this voice synthesising billions of hypothetical elementary particle, in the interplay of molecules seeking guidance. Then it is the synthesisers, the beats, the plots like suspenseful blades that determine an upheaval that is eternal. Death seems to be a gallant and interesting date, no less than existence: these tracks remove beams, splinters, and frets, and give peace without ringing, transporting existence above the sky. There is no denying the ability to make music swim in an electric blanket full of sponge, with the tinkles cuddling and cloaking. She navigates this incredible creature through the history of electronics, from the purely playful to the joyful, from the pragmatic to the experimental, and then is determined to expose the result in order to make the consequential paralysis pleasant.

She has certainly nourished herself with studies, with approaches, the masters of the possible she surely knows, but, as an unrepentant pupil, she has surpassed them, with this album that demonstrates how the unknown skein, if discovered, can break down all previously experienced joys. It shocks, for its wise dose of salt in the magnetic waves of her computers, her synths, for the sugar deposited in her singing mode, while, when you least expect it, she has already made you addicted to her intent... Quintals of mysticism, kilometres of contact lenses to focus on the invisible, continuous games between naivety and wisdom, lead her to cross different musical genres without reins or control, ending up making us disjointed but perfectly in tune with her objective, which seems to be to dismember the certainties and boredom that can come from that in which we instead find resource and affinity. She puts psychedelia, Dream-Pop, Coldwave, Darkwave into her refined funnel to perish them, with intelligence and just the right amount of nastiness.
She takes the imaginative passages and stamps them to the real ones, in the distorted dance of a spectacular confusion, always with a rhythm that does not want to reach maximum speed: for this reason, too, her is the courage of a strong and aware soul, because she does not seek success but an educational expression, one that can, perhaps, also be disorienting. Darkness covers every hope, every smile, leaving it to the submerged of the mind to guide the resources that her music generously exposes, ranging and sowing songs like bank robberies without bullets or masks on the face: she plunges into the robbery, delivering a slow, anaesthetising laugh to fear. She writes a miracle for a total of fifty-one minutes: the initial measure of her infinite class...  


Song by Song

1 - Enemy

And it is moody carillon, in the slowness that welcomes atmospheres both sweet and gloomy, in a loop on which the voice flies with its enemy, for a sadness that receives resounding support: applause!

2 - My Little Dark

The flight grows, in height and speed, but always without pain or sweat: everything is calibrated perfectly for a torch that makes the sky the child of this caress that embraces, to make a proposal to death that here lives a challenge under the banner of enchantment.

3 - Bird Song

Melissa's desire for life is as much in the words of the lyrics as in the music: starting with the chirping of a nature that still wants to be present, we arrive at a keyboard that sketches the sky, with vocal chords that are filled with electric tension, while the melody is so human that it moves us... 4 - Over Again

"Burn myself over again": a thunderstorm of intentions finds a home in the spectral Over Again, a secular litany that invites one to dance but with all senses alert. A skilful darkwave blend in appearance but not in the specific musical genre, it drifts into the basin of an essential dreamwave with electrowave brushstrokes to define an immense, suspended and liturgical track

5 - Dreams

A walk in the park reveals particles of important thoughts: an electric cable of great tension is constructed, in a spectacular sieve of versatile notes prone to move in the contours of a trip-hop that courts neo-psychedelia.

6 - How To Disappear

It rains clouds in your heart, with the impression that Melissa knows how to use some of the wisdom of classical music and then dismember it to leave us with a sound carpet that is almost simple, but in reality reveals an immense ability to give balance between the various phases of the song. 7 - Ganymede

Perhaps the album's most solemn moment, the summary of its will and manifest ability to be a subtle needle that penetrates the senses. After the initial dreamy part comes the electronic evolution that offers a perfectly controlled drama.

8 - Deep Empty (DMT Feelings)

Perhaps depression invades the lane of this album: it does so with words and music that are justifiably grievous, that seem to be the daughters of ancient sadnesses brushed over and experienced by the Cure and the Sound, albeit with different musical attitudes. But here there is a pleasant lack of breath...


 9 - Destroyer

The theatre of horror throws itself into a lyric that messes up the clothes of thoughts. Energetic loop successions and synth reciting heavy progressions make the track an effervescent bow in which fear grins happily. Clamorous!

10 - Conscious Conscience

Certain thoughts have voices that reveal truths that seem far away: to conclude the album, the Chicago artist spends minutes as if a psychologist's couch were welcoming her deepest intimacy. One is as if enveloped in a slow, obsessive slap, with the palms of the hands slowly crushing our necks. While the voice seems to free itself of everything and ascend into the arms of the clouds...

A resounding work that the Old Scribe describes as the second best album of this 2023...

Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
19th November 2023

https://borndays.bandcamp.com/album/my-little-dark

mercoledì 15 novembre 2023

My Review: The Beatles - Now and Then





The Beatles - Now and Then

There are magics that require no explanation, no disturbance, no further gravity to sink in. They wander, they skim, they specify, remaining free to be untouchable. Continuing in time an untiring, precise, straightforward race to enter Olympus, where perfection reigns supreme. You can argue all you want about everything, not about this event, because the song released under the acronym The Beatles is such and should be proportioned to a global significance that surpasses time as the four are, without a doubt, the most influential band, and not only, of all time. They are the earthly rulers of a beauty already recognised by the vault of heaven. Rather than a comeback here we speak of an assemblage operation, in order to make eternal and infinite the need for the idea that this tank of precious fuel knows no end. Whether it was technology that favoured it matters little. It really does. The song is a poignant testimony to how simplicity has been the spark of their every production, to touch the most accessible, strongest emotions, in an unquestionable gathering. One cries, one cringes at the knowledge that the text, in its fluidity, guarantees access to understanding. The fact that it does not please us, does not touch the heart does not matter: it exists as a vehicle for encounters, for messages to be verbalised, for unbridled races within. And because death does not belong to the gods.

As is often the case with the four from Liverpool, the music is an ambassador of delicacy, of a poignant, perceptible inclination towards that which brings pain, with John Lennon's voice that seems to pierce the clouds and fall in a slow flight towards our ears that become an embrace. There are certainties that need the right mode to be expressed, and in this soft jewel everything comes out without friction, in an earthly wander that gathers beats and thoughts, steeped in grey worries and doubts, and the emblematic truth that distance has always been an unsolved problem. And nothing certifies this more than love. A text that addresses, specifically, the relationship with time in the field of love, where everything can tarnish strength and convictions. Two hundred and forty-eight seconds of an hourglass that stirs, shakes, opens wide its entirety within our fragility, distributing, with its soft gait, within our mental exercise, petals that seem to know immortality. The style of the world's most famous cockroaches is intact, it does not seem true that they have crossed the decades of absence reappearing as if nothing had changed. Instead... We were talking about magic, and it is all true. Harmony reigns supreme, the arrangements, minimalist, and the unexaggerated production allow the song to have a notable place in their journey. In what period would you place this song? Sixties? Seventies? Now? No: there is no answer because of this ability, always incredible, that makes their artistic work able to escape time, preceding it, to settle, like a flower on a rock, in the place of perfection. And then: being able to make the impossible real, and do it in the perfect way, could only happen to The Beatles. The verse, the refrain, embracing and convincing, testify to how in just a few minutes one can be part of an enchantment, irresistible. Compact and poignant, it transfers what was nothing more than a Lennon demo to Planet Beatles: whether it is right, wrong, reasonable, it is of little use because that musical line-up is beyond reason, due to the fact that certain appointments are unfailing, dutiful, and nothing should find room to question that. 

A perfect Pop Song that makes its placement in a valley full of people listening imaginable, to make the embrace with heaven possible. Slow, quick to touch an inevitable addiction, the song sums up and expands the capabilities of those four phenomenons, proving that, however much technology has facilitated this creative process, it all comes from a humanity, from an infinite, unquestionable class. That it is then a text that deals with distance that brings people closer together again demonstrates their absolute power. There is nothing nostalgic about this song, given its depth. Rather, and this is inevitable, time will be wasted accusing the two living Beatles of wanting to take advantage of this new production. But they always did, all four of them together, flooding our hearts with perfectly connected quantity and quality. Nothing has changed. Because a Beatles composition can make a day something special: NOW AND THEN...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

16th November 2023


https://www.youtube.com/watch?v=AW55J2zE3N4

La mia Recensione: The Beatles - Now and Then





The Beatles - Now and Then

Esistono magie che non richiedono spiegazioni, disturbi, nessuna gravità ulteriore ad affondare il senso. Vagano, sfiorano, specificano, rimanendo libere di essere intoccabili. Proseguendo nel tempo una corsa instancabile, precisa, diritta, diretta a farle entrare nell’Olimpo, dove la perfezione regna sovrana. Si può discutere quanto volete su tutto, non su questo evento, perché la canzone pubblicata sotto la sigla The Beatles è tale e va proporzionata a un significato globale che sorpassa il tempo in quanto i quattro sono, senza dubbio, la band più influente, e non solo, di sempre. Sono i regnanti terreni di una bellezza riconosciuta già dalla volta celeste. Più che di un ritorno qui si parla di una operazione di assemblaggi, per poter rendere eterna e infinita la necessità di avere continuamente l’esigenza dell’idea che quel serbatoio dal combustibile prezioso non conosca fine. Che sia stata la tecnologia a favorirne l’ascolto poco conta. Davvero. Il brano è una struggente testimonianza di quanto la semplicità sia stata la scintilla di ogni loro produzione, per arrivare a toccare le emozioni più accessibili, forti, in una adunata indiscutibile. Si piange, ci si stringe alla consapevolezza che il testo, nella sua fluidità, garantisce l’accesso alla comprensione. Che poi non piaccia, non sfiori il cuore non ha importanza: esiste in quanto veicolo di incontri, di messaggi da verbalizzare, di sfrenate corse al suo interno. E perché la morte non appartiene agli Dei.


Come spesso accade con i quattro di Liverpool, la musica è ambasciatrice di delicatezza, di una struggente, percepibile inclinazione nei confronti di ciò che reca dolore, con la voce di John Lennon che sembra bucare le nuvole e cadere in un volo lento verso le nostre orecchie che diventano un abbraccio. Ci sono certezze che abbisognano della giusta modalità per essere espresse e in questo gioiello morbido tutto fuoriesce senza attriti, in un vagabondaggio terreno che raccoglie battiti e pensieri, intrisi di preoccupazioni e dubbi grigi, e dell'emblematica verità che la distanza sia da sempre un problema irrisolto. E niente più dell’amore lo certifica. Un testo che affronta, nello specifico, la relazione con il tempo nel campo amoroso, dove tutto può appannare le forze e le convinzioni. Duecentoquarantotto secondi di una clessidra che smuove, agita, spalanca la sua interezza dentro la nostra fragilità, distribuendo, con il suo incedere morbido, all’interno del nostro esercizio mentale, petali che sembrano conoscere l’immortalità: per farlo, basta considerare che l’ascolto potrebbe essere prolungato, senza tentennamenti. Lo stile degli scarafaggi più famosi al mondo è intatto, non pare vero che abbiano attraversato i decenni di assenza riapparendo come se nulla fosse cambiato. Invece… Dicevamo della magia, ed è tutto vero. L’armonia regna sovrana, gli arrangiamenti, minimalisti, e la produzione non esagerata consentono al brano di avere un posto notevole nel loro percorso. In quale periodo la si potrebbe collocare questa canzone? Anni Sessanta? Settanta? Ora? No: non esiste una risposta per via di questa abilità, sempre incredibile, che rende il loro operato artistico in grado di sfuggire al tempo, precedendolo, per sistemarsi, come un fiore su una roccia, nel luogo della perfezione. E poi: riuscire a rendere reale l’impossibile, e farlo nel modo perfetto, poteva accadere solo ai Beatles. La strofa, il ritornello, abbracciati e convincenti, testimoniano come in pochi minuti si possa essere partecipi di un incanto, irresistibile, di cui abbiamo il compito di beneficiare. Compatta e struggente, trasferisce ciò che non era altro che un demo di Lennon sul pianeta Beatles: che sia giusto, sbagliato, ragionevole, poco serve perché quella formazione musicale va oltre la ragionevolezza, per via del fatto che certi appuntamenti sono immancabili, doverosi, e nulla dovrebbe trovare spazio per mettere ciò in discussione. 

Una perfetta Pop Song che rende immaginabile la sua collocazione all’interno di una valle colma di gente all’ascolto, per rendere possibile l’abbraccio con il cielo. Lenta, veloce a toccare una inevitabile dipendenza, la canzone riassume ed espande le capacità di quei quattro fenomeni, dimostrando che, per quanto la tecnologia abbia agevolato questo processo creativo, tutto proviene da una umanità, da una classe infinita, indiscutibile. Che poi sia un testo che affronta la distanza ad avvicinare e riavvicinare le persone dimostra ancora una volta il loro potere assoluto. Non c’è nulla di nostalgico in questo brano, dato lo spessore. Piuttosto, ed è inevitabile, si sprecherà tempo ad accusare i due Beatles in vita di voler approfittare di questa nuova produzione. Ma l’hanno sempre fatto, tutti e quattro insieme, inondando il nostro cuore con quantità e qualità perfettamente connesse. Non è cambiato nulla. Perché una composizione dei Beatles può rendere una giornata qualcosa di speciale: NOW AND THEN…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

16 Novembre 2023

https://www.youtube.com/watch?v=AW55J2zE3N4

martedì 14 novembre 2023

My Review: Sun's Spectrum - The Silence After The Fall


Sun's Spectrum - The Silence After All


Imagine the sky, full of pains, tensions, bitterness, spasms, discontent, enter inside a disco, visit the mad dance inclination of disheveled souls, perfectly gathered by ten songs, and witness a delightful delirium, in which everything is shown compact, oxygenated, inclined to suspend time. The creators of this musical spasm are two nocturnal creatures from Udine, Italy, supported magnificently by the indefatigable Cold Transmission Music, who elevate the cultural aspect of dance, not just the physical. These are well-structured thunderstorms, lapilli of light that educate thought even before the bodily boundary, teaching the senses dilation. One witnesses a spectacle of threads, governed by the electric gait, within musical genres that acclaim listening as they are aware that they can generate amazement and inexhaustible energy. 

An avalanche of multiple crossovers near effervescent slopes affixed to keyboards and computers unleash the desire to float on the smooth track of a night meant to embrace this lineup, a duo devoted to the study of the history of what is mistakenly called synthetic music: they disrupt the plane of conviction and, as a new liturgy, strike the blow to demonstrate how much humanity resides in these ten tracks. Brave, extreme, dark on the surface but clear in the head, they write an album that must find residence in the mental apartment of human beings eager for knowledge, ready to measure the limit of dance and thought, mixed with skill and extreme precision. Electroclash hyacinths are vehemently structured into ebm flows, which in turn take the hand of the most cultured virtue to deposit pseudo-violent dives into intelligent synth pop. A tide of interpenetrating looks immobilize the fears well represented in the grooves of this work to reach ecstasy. The industrial breath does not escape: it is seduced and inserted into the powerful and high dreamlike beats, neighbours of trained nightmares. It is easy to sense how the fun for Livio Caenazzo and Daniele Iannacone is to be able to experiment with daring formulas, while also employing the comfort of highly simple plots and thus approached by the difficulty of inserting fruitful forays that verge on the metaphysical. Alienating, neurotic, wheezing, this album is a specter in the mirror, under that sky mentioned earlier. It travels starting from a German base, with Belgian and Yugoslavian fantasy, to finally glide into northern Italy: a small globe capable, however, of being generous and astounding, to lead the vault of heaven to dream of permanence in the dance hall. The singing follows the directions of the various musical genres on which it navigates with elasticity, strength and conviction. The guitars have a darkwave outfit, they are almost perfectly hidden, but when they are most noticeable they seem to rave spectacularly, having on the other side a programming and synth base that makes the amalgam flow. 


In this full-bodied unleashed mantle the slow Epic gives a different and moving emotion, spectacular because its slowness is a stage on which to catch one's breath with the kiss of sympathetic tears. The celestially enchanting aspect concerns the fact that the band is perfectly integrated into the gloomy but full of life world of their new record label, giving Cold Transmission Music a chance to further shake up the whole dance movement, with sweat, frothing at the mouth and tension drawing a mephistophelean expression in the listener. The three singles that preceded the release (God Is a Machine, Paint is Just a Noise, and All I Want) have lavishly created curiosity and desire, which, with great skill, have been confirmed by the other seven, for a result that makes this album a favourite for Old Scribe to dance to this 2023!


Album out on 17th November 2023


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

15th November 2023 2023


the-silence-after-the-fall

La mia Recensione: Sun's Spectrum - The Silence After The Fall


Sun’s Spectrum - The Silence After All

Immaginate il cielo, pieno di dolori, tensioni, acredini, spasmi, malumori, entrare all’interno di una discoteca, visitare la folle inclinazione alla danza di anime spettinate, perfettamente raccolte da dieci canzoni, e assistere a un delizioso delirio, nel quale tutto si mostra compatto, ossigenato, propenso a sospendere il tempo. Gli artefici di questo spasmo musicale sono due creature notturne di Udine, Italia, supportate magnificamente dalla instancabile Cold Transmission Music, che elevano l’aspetto culturale della danza, non solo quello fisico. Sono temporali ben strutturati, lapilli di luce che educano il pensiero ancora prima del confine corporale, insegnando ai sensi la dilatazione. Si assiste a uno spettacolo di fili, governati dall’incedere elettrico, all’interno di generi musicali che acclamano l’ascolto in quanto consapevoli di poter generare stupore e inesauribile energia. Una valanga di crossover plurimi nei pressi di effervescenti pendii appiccicati a tastiere e computer scatenano il desiderio di fluttuare sulla pista liscia di una notte che intende abbracciare questa formazione, un duo devoto allo studio della storia di quella che erroneamente viene definita musica sintetica: loro sconvolgono il piano della convinzione e, come nuova liturgia, assestano il colpo per dimostrare quanta umanità risieda in queste dieci tracce. Coraggiosi, estremi, oscuri in superficie ma limpidi nella testa, scrivono un album che deve trovare residenza nell’appartamento mentale di esseri umani vogliosi di conoscenza, pronti a misurare il limite della danza e del pensiero, miscelati con capacità ed estrema precisione. Giacenze electroclash si strutturano veementi in colate ebm, che a loro volta prendono la mano della virtù più colta per depositare immersioni pseudo violente nel synth pop intelligente. Una marea di sguardi compenetranti immobilizzano le paure ben rappresentate nei solchi di questo lavoro per giungere all’estasi. Non sfugge il respiro industrial: viene sedotto e inserito nei beats potenti e altamenti onirici, vicini di casa di incubi ammaestrati. Facile avvertire come il divertimento per Livio Caenazzo e Daniele Iannacone sia poter sperimentare formule ardite, adoperando anche la comodità di trame altamente semplici e quindi approcciabili dalla difficoltà di inserimento di proficue incursioni che sfiorano il metafisico. Alienante, nevrotico, ansimante, questo album è uno spettro allo specchio, sotto quel cielo di cui prima. Si viaggia partendo da una base tedesca, con la fantasia belga e jugoslava, per planare infine nel nord dell’Italia: un piccolo mappamondo in grado però di essere generoso e stupefacente, per condurre la volta celeste a sognare la permanenza nella dance hall. Il cantato segue gli indirizzi dei vari generi musicali su cui naviga con elasticità, forza e convinzione. Le chitarre hanno un vestito darkwave, sono quasi perfettamente nascoste, ma quando si avvertono maggiormente sembrano delirare in modo spettacolare, avendo dall’altra parte un programming e una base di synth che rende l’amalgama fluente.
In questo corposo manto scatenato la lenta Epic regala un'emozione diversa e commovente, spettacolare perché la sua lentezza è un palcoscenico sul quale poter riprendere fiato con il bacio di lacrime comprensive.
L’aspetto che incanta in modo celestiale riguarda il fatto che la band sia perfettamente integrata nel mondo tenebroso ma pieno di vita della loro nuova casa discografica, dando alla Cold Transmission Music la possibilità di assestare un’ulteriore scossa al movimento danzereccio tutto, con il sudore, la bava alla bocca e la tensione che disegnano una mefistofelica espressione in chi ascolta. I tre singoli che hanno preceduto l’uscita (God Is a Machine, Paint is Just a Noise e All I Want) hanno doviziosamente creato curiosità e desiderio che, con grandi capacità, sono stati confermati dalle altre sette, per un risultato che fa di questo album quello preferito da ballare per il Vecchio Scriba di questo 2023!


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
15th November 2023

Album in uscita il 17 di Novembre 2023







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