martedì 14 marzo 2023

La mia Recensione: David Galas - A Dark Place To Hide

 David Galas - A Dark Place To Hide


David lo conosciamo bene: Lycia è una band che si ha nel cuore, inamovibile e preziosa.

Però qui lui è il costruttore di un palazzo ipnotico, seducente, in uno spettacolare palco per una recita di sensuali tristezze, manipolate e voluminose, per portare messaggi e farci assaggiare, in modo diverso, la qualità della sua scrittura. Come un orologio a pendolo, si mette nel centro di un muro e scandisce il passare del tempo con una coperta pregna di movimenti gotici, su lastre indurite ma lente, con chitarre spumose e delicate, ma anche capaci di artigli che scorticano la pelle in ogni secondo. Si viaggia con lui nell’emisfero mentale di grandi consapevolezze, con il suo cantato che prende la quotidianità e la fa arrossire, vomitare, tra l'alternarsi di brani lenti e veloci, dove il ritmo che spicca maggiormente è quello delle immagini che la sua anima geniale stabilisce che possono essere viste.

La sua ugola è un treno a vapore, guida il silenzio e gli accessi, e porta l’ascolto nella zona mistica, dentro gemelli siamesi che sono i pensieri dalla faccia doppia. Adopera soluzioni continue all’insegna di cambi ritmo, di atmosfere, di riferimenti musicali, per poter mappare l’immensità. La voce è sì baritonale, ma mai pesante: sembra essere spesso meno drammatica rispetto alla sua musica però, come capita solo ai grandi artisti, non si posiziona sulle preferenze e indaga sulle modalità finendo per variare e, così facendo, lo stupore è il primo sentimento di cui ci appropriamo. La produzione, perfetta, è l’ulteriore elemento che governa questa incantevole fila di piume che volteggiano nei polmoni di nascenti respiri grigi, dove piangere è un dono e non un problema. Album che, dapprima notturno, finisce per farci respirare i nascenti raggi diurni, con quelle lancette che ci hanno stregato…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
14 Marzo 2023




lunedì 13 marzo 2023

My Review: Neon - Back In The Land Of Lost Horizons

 Neon - Back In The Land Of Lost Horizons


The Holland that you would like, that you imagine exists in some way, shows itself with this resounding, energetic, glittering, dark album in a lovely way and to which you give a huge bow and thank you.

It cannot be otherwise if one really knows the cultural movement and also the musical movement of that country unjustly considered little by the masses who often reveal ignorance and incapacity. But the old scribe is here on purpose: let there be light, let it be direct, and let it be in focus!

Four main components for twelve songs that seem to turn inside the pages of history, with the skill of those who know how to squeeze for juice into which they can insert their components to create rigged poems recited in front of factories, through a Post-Punk soaked in well-dosed electronics, to land conviction on the track of a mysterious and restrained Coldwave. Everything is leaden, photographic, with the entrances of pain open, but what we must note is how each composition is a set of hands swollen with ideas, of scattering seeds in the musical territory for a harvest for which there is no need to wait, on the contrary, one immediately picks up their roar, touches their nerves and drinks some Scotch, while the notes of the Sax show an almost aggressive, if polite, sensuality.

One notices the sparks of London in the monumental Heartbeat (they will remind you of The Clash for sure, but the old scribe holds on to the Dutch band... ), you travel through the slow but splintered bullets of Liquid Cold, you visit The Chameleons with Promised Land, you walk through the industrial fog of Canta da Vito, you understand how alternative has mixed with the gothic sphere with the pelvic and neurotic Standing On The Other Side, daughter of the pounding bass of a gloomy London of the early 80s.

I could suggest you listen to Icemen with a copy of From The Lion Mouth in your hands, and I could try to describe all the tracks as if the songs were daughters of others. That would be wrong. What the scribe does is only to give co-ordinates, but then it takes careful listening, assessing the talent and discerning the continuous agility that allows them to vary, to be elusive and therefore unpredictable.

A jewel that starting from the blades of a windmill should reach inside you: when history is made by unknown people, everything becomes pride for those who have lived it...


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
13th March 2023




La mia Recensione: Neon - Back In The Land Of Lost Horizons

 Neon - Back In The Land Of Lost Horizons


L’Olanda che vorresti, che immagini esista in qualche modo, si mostra con questo album strepitoso, energetico, sfavillante, cupo in una maniera adorabile e  a cui si dona un inchino e un grazie enorme.

Non può essere altrimenti se si conosce bene per davvero il movimento culturale e anche quello musicale di quel Paese ingiustamente considerato poco dalle masse che spesso rivelano ignoranza e incapacità. Ma il vecchio scriba è qui apposta: sia luce, diretta, e che sia messa bene a fuoco!

Quattro i componenti principali per dodici canzoni che sembrano girare dentro le pagine della storia, con l’abilità di chi sa spremere per ottenere un succo nel quale loro possano inserire i propri componenti per creare poesie truccate recitate davanti a delle fabbriche, attraverso un Post-Punk imbevuto di elettronica ben dosata, per far atterrare la convinzione sulla pista di una misteriosa e trattenuta Coldwave. Tutto plumbeo, fotografico, con gli ingressi del dolore aperti, ma ciò che preme notare è come ogni composizione sia un insieme di mani gonfie di idee, di spargimenti di semi nel territorio musicale per un raccolto per cui non è necessario aspettare, anzi, si raccoglie subito il loro fragore, si toccano i loro nervi e si beve dello Scotch, mentre le note del Sax mostrano una sensualità quasi aggressiva, seppur educata.

Si notano le scintille di Londra nella monumentale Heartbeat (vi ricorderanno i Clash di sicuro, ma il vecchio scriba si tiene stretta la band Olandese…), si viaggia tra le pallottole lente ma scheggiate di Liquid Cold, si visita i The Chameleons con Promised Land, si cammina nella nebbia industriale di Canta da Vito, si capisce come l’alternative si sia mescolato alla sfera gotica con la pelvica e nevrotica Standing On The Other Side, figlia dal basso martellante di una Londra cupa degli iniziali anni ’80.

Potrei suggerirvi di ascoltare Icemen con una copia di From The Lion Mouth tra le mani, e potrei cercare di descrivere tutti i brani come se le canzoni fossero figlie di altre. Sarebbe sbagliato. Ciò che lo scriba fa è solo quello di dare delle coordinate, ma poi occorre un ascolto attento, che sappia valutare il talento e scorgere la continua agilità che permette loro di variare, di essere sfuggenti e quindi non prevedibili.

Un gioiello che partendo dalle pale di un mulino a vento dovrebbe arrivare dentro di voi: quando la storia la fanno persone sconosciute tutto diventa orgoglio per chi l’ha vissuta…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
13 Marzo 2023





My Review: The Doctors - Modern

 The Doctors - Modern


If we rely only on personal taste, we end up defining records as good, bad and so on, in a sterile game of personal work in identifying what it contains.

Some works seem incomplete, missing something, as if they had short sleeves in the middle of winter, showing and giving the feeling that everything can be postponed to a future project. Instead, those are the best albums, without a doubt.

Take Modern, by the brothers Patrick and Domenique Mouras: amidst the venom, the ravings, the Post-Punk screams with electronic adjacencies, one might think of something monotonous, but instead it is the perfection of what is missing that makes these six tracks perfect, croaking, fulminating, hysterical and aggressive. Approaching them meticulously, we do not have a manneristic sense of design but rather a youthful impetuosity, impetuosity and brittleness that travels fast over discomfort, to define humanity as a resounding approximation. They are good because they are whole, explosive and determined to cut through the air with chops of primitive sound, pressing and curling up in the rivulets of water agitated by the Coldwave that appears with great elegance. The French combine a gothic mood with a sparkling chain of music that sweeps and dilates the senses: the use of different languages is an arrow of salt that allows multiple suggestions. There is no doubt that we are dealing with an illuminating sphere of qualities that know no pause: they investigate, conquer and rummage through time to find hooks to incinerate. A sensational disc that deserves the stage of your listening...


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
13th March 2023




La mia Recensione: The Doctors - Modern

 The Doctors - Modern


Se ci si affida solo al gusto personale, si finisce con il definire i dischi come belli, brutti e via dicendo, in un gioco sterile di lavoro personale nell’individuare ciò che contiene.

Alcuni lavori sembrano incompleti, mancanti di qualcosa, come se avessero le maniche corte nel pieno dell'inverno, mostrando e donando la sensazione che tutto possa essere rimandato a un progetto futuro. E invece quelli sono gli album migliori, senza alcun dubbio.

Prendete Modern, dei fratelli Patrick and Domenique Mouras: in mezzo al veleno, alle scorribande, alle urla Post-Punk con adiacenze elettroniche, si potrebbe pensare a qualcosa di monco, e invece è la perfezione di ciò che manca che rende questi sei brani perfetti, gracchianti, fulminanti, isterici e aggressivi. Approcciandoci a un meticoloso ascolto, non abbiamo il senso manieristico della progettazione bensì una irruenza giovanile, impeti e fragori che viaggiano veloci sui disagi, per definire l’umanità come una clamorosa approssimazione. Sono bravissimi perché integri, esplosivi e determinati a tagliare l’aria con sforbiciate di suono primitivo, incalzanti e raggomitolati nei rivoli dell’acqua agitata dalla Coldwave che si affaccia con grande eleganza. I Francesi uniscono l’umore gotico a una frizzante catena di musica, che spazia e dilata i sensi: l’uso di lingue diverse è una freccia di sale che consente suggestioni multiple. Nessun dubbio che ci stiamo trovando davanti a una sfera illuminante di qualità che non conoscono pausa: indagano, conquistano e rovistano il tempo per trovare ganci da incenerire. Disco clamoroso che merita il palcoscenico dei vostri ascolti…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
13 Marzo 2023






domenica 12 marzo 2023

My Review: Christabel Dreams - When I Close My Eyes

 Christabel Dreams - When I Close My Eyes


The passage of time, in a city like Rome, has the attention of many souls, especially those who live far from the Italian capital. The only wheel that makes things add up is the movement of the hands. In the place that has known glory and visibility, they now experience motions of fatigue, detachment, nausea, and fatigue leads to surrender, annoyance and the egregious error of disregarding those who have very high qualities, such as Christabel Dreams, who right from their name reveal how time (living in dreams) is indeed an important element of their existence. Their career has come of age this year, but it has not yet had the chance to live out its existence within embraces and welcomes that it recognise its merits: whether it is a mystery or not is of no interest to the old scribe, for he considers it scandalous.

The melodic line, so mistreated and never fully considered by Italian bands when it comes to certain musical genres linked to Post-Punk, on the part of the three Romans is remarkable, enthralling, and can skilfully lead to movements of poignant emotions. The song in question (a single, hoping for an imminent album) rides the prairies of the 80s, but with those harmonic beats deliciously embedded in the DNA of a country that has now forgotten itself. Delicacy and moody abandon sentences an approach that bears fruit second by second, with the bass holding the heart pulsing as if it had infinite strength in its breaths, the keyboard is chameleon-like and spanning the notes paints a sky of clouds that, starting with the most intimate Clan Of Xymox, throws itself into the Greek Coldwave of the 90s, not forgetting to build castles of decadent sound without crying on the keys. Here, the wisdom is the good sense of not wanting to be bombastic, but rather shy bearers of healthy sparks of rain that in the central evocation light up the bajour of enchantment. 

The song form does not hold one's breath because both the verse and the refrain know how to remain fixed in the mind, there is no need to wait for a change of direction: just as a wave does not separate itself from itself, so does this song, a long dream of love that is outrageous in that it never renounces to pay homage to the ancient need to whisper and not to shout. 

One could define the type of music with a list of genres that essentially the old scribe considers useless, as they would not describe the beauty and necessity of listening to this peaceful, tear-coloured mantra in flight. 

Emmanuele Viola (bass and synth) writes a text that runs under the skin of mystery, with a highly oneiric language, delicate yet powerful at the same time, staging an incredible set of insinuating movements such as waiting and secrets, coldness and selfishness, in a mix in which thoughts and feelings live inside the wires of a telephone. So does the music: it patrols and opens itself up to the mode of a tank with flowers under its tracks, because it could hurt and instead proves to be the perfect accomplice of the text.

Francesco Mignogna plays drums, and everything could be enough: he has the heart of a stream and the power of a little wood that swims without friction, with measured power and imagination flying between his sticks.

Christian Gatti is a vocal witch, a bone that crumbles in our chests to ignite real heat: sensational and powerful, he sings as if he could extinguish the fires and instead creates his own, in a magical, eye-rubbing way. Her singing makes the skin change, becoming a moonbeam on a cuddly day. 

When I Close My Eyes is a dream in the traffic of our needs and, through listening to it, we are made tame and devoted to an increasingly necessary introspection: if we are to be aware of what is wrong, let this song at least hold our hand...


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
12th March 2023




La mia Recensione: Christabel Dreams - When I Close My Eyes

Christabel Dreams - When I Close My Eyes


Il passaggio del tempo, in una città come Roma, ha l'attenzione di molte anime, soprattutto di quelle che abitano lontano dalla capitale italiana. L’unica ruota che fa quadrare le cose è proprio rappresentata dal movimento delle lancette. Nel luogo che ha conosciuto gloria e visibilità, ora vivono moti di stanchezza, distacco, nausea, e la fatica porta all’arrendevolezza, al fastidio e all’errore madornale di non tenere conto di chi ha qualità elevatissime, come i Christabel Dreams, che sin dal nome rivelano come il tempo (che vive nei sogni) sia davvero un elemento importante della loro esistenza. La loro carriera quest’anno è divenuta maggiorenne, ma ancora non ha avuto la possibilità di vivere la sua esistenza all’interno di abbracci e accoglienze che ne riconoscano i meriti: che sia un mistero o meno al vecchio scriba non interessa, perché lui considera scandaloso tutto questo.

La linea melodica, così bistrattata e mai considerata appieno dalle band italiane quando si tratta di alcuni generi musicali legati al Post-Punk, da parte dei tre romani è notevole, trascinante, e sa abilmente condurre a movimenti di struggenti emozioni. La canzone in questione (un singolo, sperando in un imminente album) cavalca le praterie degli anni ’80, ma con quei battiti armonici deliziosamente inseriti nel dna di un Paese ormai dimentico di se stesso. Delicatezza e abbandono umorale sentenziano un approccio che fruttifica secondo dopo secondo, con il basso che tiene in mano il cuore pulsando come se avesse l’infinita forza nei suoi respiri, la tastiera è camaleontica e spaziando tra le note dipinge il cielo di nuvole che, partendo dai Clan Of Xymox più intimi, si getta nella Coldwave Greca degli anni ’90, non dimenticando di costruire castelli di suono decadente senza piangere sui tasti. Ecco, la saggezza è il buon senso di non voler essere roboanti, bensì timidi portatori sani di scintille di pioggia che nella evocazione centrale accendono la bajour dell’incanto. 

La forma canzone non stringe il fiato perché sia la strofa che il ritornello sanno essere capaci di rimanere fissati nella mente, non c’è bisogno alcuno di aspettare un cambio di direzione: come un’onda non si separa da se stessa, così fa questo brano, un lungo sogno d’amore che è oltraggioso in quanto non rinuncia mai a omaggiare l’antica necessità di sussurrare e non di urlare. 

Si potrebbe definire il tipo di musica con un elenco di generi che essenzialmente il vecchio scriba considera inutili, in quanto non descriverebbero la bellezza e la necessità dell’ascolto di questo mantra pacifico color lacrima in volo. 

Emmanuele Viola (basso e synth) scrive un testo che scorre sotto la pelle del mistero, con un linguaggio altamente onirico, delicato ma potente al contempo, mettendo in scena un insieme incredibile di movimenti insinuanti come l’attesa e i segreti, il freddo e l'egoismo, in un mix in cui i pensieri e i sentimenti vivono dentro i fili di un telefono. Così fa la musica: perlustra e apre se stessa verso la modalità di un carroarmato con i fiori sotto i cingoli, perché potrebbe ferire e invece si rivela complice perfetta del testo.

Francesco Mignogna suona la batteria, e tutto potrebbe bastare: ha il cuore di un ruscello e la potenza di un legnetto che nuota senza attrito, con la potenza misurata e la fantasia che vola tra le sue bacchette.

Christian Gatti è una strega vocale, un osso che si sbriciola nel nostro petto per accendere calore vero: sensazionale e potente, canta come se potesse spegnere gli ardori e invece ne crea di suoi, in un modo magico, facendoci strofinare gli occhi. Il suo cantato fa mutare  la pelle, che diventa un raggio lunare in un giorno di coccole. 

When I Close My Eyes è un sogno nel traffico dei nostri bisogni e, tramite il suo ascolto, siamo resi mansueti e votati a una introspezione sempre più necessaria: se dobbiamo essere consapevoli di ciò che non va, che sia almeno questa canzone a tenerci per mano…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
12 Marzo 2023




La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...