venerdì 10 marzo 2023

La mia Recensione: Billy Zach - A Momentary Bliss

 Billy Zach - A Momentary Bliss


L’Amburgo adorata dal vecchio scriba torna, in modo potente, prepotente, perfetto, inequivocabile, attraverso una band che è un prodigio da diffondere, il non farlo sarebbe un reato mortale, visto il talento, la dedizione, la bravura e la propensione a scrivere fogli di note musicali piene di graffi che esaltano gli occhi.

Nove sciabolate, nove fabbriche dal suono gracido, nove pugni nello stomaco, con lo stile di chi indossa il genio per negare la distanza tra chi lo è davvero e chi non può nemmeno sognarlo.

Un disco eccellente, nervoso, pieno di spine, sputi, calci, complesso ma semplicemente perfetto per godere dei suoi composti che si sciolgono nei nostri pensieri e nelle nostre gambe che danzano come schegge senza coscienza. Le canzoni fanno tutto loro magnificamente, connettono e disconnettono la tensione emotiva, dimostrando come il Post-Punk e il Noise abbiano qualcosa da spartirsi, un dialogo che rivela fiamme di godimento e annichilisce i tentativi dell’Alternative di provare a mangiare dallo stesso piatto. 

Si ha la sensazione netta che il sistema nervoso centrale della band sia sintonizzato con il desiderio di dimostrare come altre, che stanno avendo successo, forse non posseggano questo range di possibilità sonore, compositive, in cui il bilanciamento tra il talento e la progettualità finisce con un bel pareggio. Non ci sono brani da preferire ma un ascolto continuo, un mangiare il piombo tedesco nei giorni di fatica…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
10 Marzo 2023




La mia Recensione: Dark Sanctuary - Cernunnos

 Dark Sanctuary - Cernunnos


Esistono visioni estetiche che sono involucri, a volte con la faccia sorridente, a volte con grandi metastasi, e vanno a spasso dentro pensieri con il mantello pieno di raggi lunari, come contatto divino.

Vediamo l’essere umano con il naso all’insù, a contemplare, prendere appunti, sezionare la natura per poterla consegnare a un Dio complicato, Cernunnos, che per i Galli rasentava la perfezione e il timore al contempo. Nei giorni dell’assenza della saggezza, con la tecnologia che la sostituisce, ecco un manipolo di guerrieri dalla faccia giusta e dai pensieri ottimizzati che scrivono un trattato di contatto continuo con la densità. Depongono ricchezza nei sentieri mentali e ci avvolgono con la speranza di poter essere un cammino. Tornano i Dark Sanctuary, il villaggio senza tempo, con la loro musica come arcobaleno dentro tuoni e sospiri, a mettere la storia dalla loro parte: non potevano rimanere inermi, sospesi tanto meno inclini alla resa e allora ecco undici invocazioni a scuotere il vecchio scriba con questo omaggio alla divinità Gallica. Un flusso cinematico, in un formato che avvicina una ipotetica cellula che tenta di descrivere il potere della natura e il commento di un Dio che ascolta e rivela la sua presenza: su questo contatto le canzoni posano il loro pensiero per far respirare l’incanto e far assentare l’inutile trambusto che vive fuori di noi. Un album conclamante attenzione, talento, necessità di essere mani che manipolano il pensiero verso l’assenza della fragilità, con la forza evocativa di spirali lente dai polmoni ghiacciati. Ma il battito resiste, insiste, attraversa la foresta e accarezza le rocce. Per volontà divina.

La band francese chiude le porte dell’eccesso, prepara strumenti mentali per unirsi a quelli musicali e si incammina, lentamente, prendendo in prestito la storia e affittando (forse perennemente) il desiderio di evacuare il circostante elettrificato del mondo che crea luci ma non scintille. Quest’ultime le troverete all’interno di questi undici passi, undici preghiere, undici reti, undici barche e undici reti da pesca.

Come ambasciatori del tempo, i cinque componenti della band ci consegnano la trasformazione del territorio e della riflessione come l’affermazione di una necessità di sviluppo di cui il Mercato avrebbe poi rovesciato il contenuto e il senso. Pertanto quello che ascoltiamo è prezioso: chi testimonia una struttura diversa, messa da parte, non può che avere la massima attenzione e riconoscenza. Il tutto, poi, è bene dirlo, mediante flussi musicali che estendono il respiro in un'onda potente, che non vacilla mai, non perde la direzione e anzi guadagna intensità come un sorriso senza l’orologio.

La direzione musicale mostra come a loro niente possa essere precluso: musicisti eccelsi, grandi idee, metodo e un talento enorme nel rendere toccabili le immagini e le sensazioni che rovesciano, come colata tiepida, dentro le note.

Cernunnos è una palla di polvere che ingrossa e ingrassa le vene con riferimenti che annichiliscono la pigrizia e il disimpegno perché è un lavoro confezionato per condurci alla meditazione, a vivere un approccio con i sensi, un prendere atto del movimento continuo di creature che sono a pochi metri da noi, in questa circonferenza senza coscienza che è ormai il nostro pianeta. Capitani anacronistici, e proprio per questo motivo perfetti ed essenziali, i brani si posizionano nel ventre e ondeggiano, e ci portano negli occhi immagini potenti: impossibile fare finta perché questo scuote e rigenera le cellule.

Canzoni come congegni magnetici, roboanti, per costruire l’ingegno e le sue mille cose, per muovere alchemie e condurle in voli spirituali di grande spessore, con contenuti formati per essere un involucro senza possibilità di abbattimento. Tutto è all’insegna di una grande attenzione: stumenti, melodie, rumori, richiami spirituali attraverso invocazioni e spruzzi continui di macchie di luce, e la cadenza marziale di impronte sulla nostra anima. All’interno di un mulino di campagna la vita diventa espressione artigiana sopraffina ed elegante, con il suo libro sacro che si legge ascoltando questo frutto celestiale.

Ci sono ingressi continui, permanenze e la melodia, bocca aperta di ingredienti succulenti, è una autostrada di nascite e morti, con ventagli e folate di nebbia per fasciare la vistosa sacralità. Facile etichettare come Dark Ambient, oppure come Musica Eterea, ma sarebbe come guardare la montagna senza un inchino di rispetto, perché questo è un lavoro complesso fatto di strati, di odori, di piedi nel fango e gli strumenti sono operai di un disegno che non ha genere e non può, pertanto, essere definito in nessun modo: davanti alla perfezione si gode senza perdere tempo, senza elucubrazioni mentali che distolgono dal piacere. Ma ciò che è rilevante è la consequenzialità sonora, come se la vita di ogni secondo di questo album non potesse vivere senza gli altri. E la catena si scioglie per divenire un trattato di ispezione temporale, con flussi lenti e ondivaghi dentro cellule dalla memoria antica, per permettere l’uscita da ogni legame affettivo del proprio curriculum vitae. I Dark Sanctuary realizzano un intervento in una sala operatoria a cielo aperto, tra foglie malinconiche e terreni scoscesi che brillano di muschio, per celebrare lo studio del tempo nel quale la follia ha moti di calma sorprendenti. 

La voce di Dame Pandora è un acino di uva che scende sulla pelle di ogni vibrazione sonora, come una riflessione prima ancora di essere espressione,  essendo in grado di definire la mastodontica esibizione di colori e fumi antichi che escono dagli strumenti degli altri quattro componenti del gruppo. Lei capitalizza, segna il goal della vittoria, nel contesto di un gioco di squadra che la mette in condizione di farlo a ripetizione. Il suo fiato pare uscire da una ampolla magica, conservata dal Signore dei Segreti: non si può resisterle e ci si ritrova nella sua ugola che vibra per farci genuflettere. 

Ci sono tensioni multiple, drammi resi palesi e spettri girovaghi che rendono l’ascolto un tremolio ma al contempo offrono eccitazioni sconosciute, estese e totalmente in grado di regalare una paralisi fisica, mentre la mente vola, tra le case di pietra e i ruscelli, in un tempo di cui non si sa nulla…

Ma non vi è incertezza alcuna, non una esitazione, ed è per questo motivo che il vecchio scriba ascolta con tre bicchieri di assenzio all’interno di un cerchio reso  magico da queste musiche divine.

Il consiglio migliore è quello di sedersi circondati da libri antichi, un vocabolario aperto a caso, la luce lasciata fuori dalla propria stanza, gli occhi appiccicati alla volontà di essere teletrasportati nel luogo del non so, nel tempo del non so. E di voler fare un’esperienza che sarà oltre che catartica soprattutto rivelatrice di mappature sensoriali che cambieranno il senso dei vostri battiti, perché Cernunnos alla fine si rivela una prodigiosa metamorfosi e non solo tutto sarà cambiato ma avremo dei grazie da rivolgere a loro ogni volta con grande emozione.

La storia ha deciso di mettere una mano sulla spalla di questi angeli francesi, con un passaggio di consegne, e queste note diventeranno il bacio di godimenti che si faranno promiscui: non vi saranno resistenze e la perfezione avrà il volto di queste undici fate…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10 Marzo 2023

https://avantgardemusic.bandcamp.com/album/cernunnos

Esce il 17 di Marzo del 2023




My Review: Dark Sanctuary - Cernunnos

 Dark Sanctuary - Cernunnos


There are aesthetic visions that are wrappings, sometimes with a smiling face, sometimes with large metastases, and walk around inside thoughts with a cloak full of moonbeams, like divine contact.

We see the human being with his nose in the air, contemplating, taking notes, dissecting nature in order to deliver it to a complicated God, Cernunnos, who for the Gauls bordered on perfection and fear at the same time. In the days of wisdom's absence, with technology replacing it, here is a handful of fair-faced warriors with optimised thoughts who write a treatise of continuous contact with density. They deposit riches in the mental paths and envelop us with the hope that they can be a path. Dark Sanctuary return, the timeless village, with their music as a rainbow within thunder and sighs, to put history on their side: they could not remain defenceless, suspended much less prone to surrender, and so here are eleven invocations to shake the old scribe with this homage to the Gallic deity. A cinematic flow, in a format that approximates a hypothetical cell attempting to describe the power of nature and the commentary of a God who listens and reveals his presence: on this contact the songs place their thoughts to make the enchantment breathe and make the useless bustle that lives outside of us absent. An album proclaiming attention, talent, the need to be hands that manipulate thought towards the absence of fragility, with the evocative force of slow spirals from frozen lungs. But the beat resists, insists, crosses the forest and caresses the rocks. By divine will. The French band closes the doors of excess, prepares mental instruments to join the musical ones and sets off, slowly, borrowing history and renting (perhaps perpetually) the desire to evacuate the electrified surroundings of the world that creates lights but not sparks. The latter you will find within these eleven steps, eleven prayers, eleven nets, eleven boats and eleven fishing nets.

As ambassadors of time, the five members of the band deliver us the transformation of territory and reflection as the affirmation of a need for development, the content and meaning of which the market would later overturn. Therefore, what we hear is precious: those who witness a different structure, set aside, cannot but have the utmost attention and appreciation. All this, then, it must be said, through musical flows that extend the breath in a powerful wave, which never wavers, never loses direction and indeed gains intensity like a smile without a watch.

The musical direction shows how nothing can be precluded to them: excellent musicians, great ideas, method and an enormous talent for making the images and sensations that spill, like lukewarm dripping, into the notes touchable.

Cernunnos is a ball of dust that swells and fattens the veins with references that annihilate laziness and disengagement because it is a work packaged to lead us to meditation, to experience an approach with the senses, a taking note of the continuous movement of creatures that are just a few metres away from us, in this circumference without consciousness that is now our planet. Anachronistic captains, and for this very reason perfect and essential, the songs sit in the belly and sway, and bring powerful images into our eyes: impossible to pretend because this shakes and regenerates the cells.

Songs like magnetic devices, bombastic, to build ingenuity and its thousand things, to move alchemy and lead it into spiritual flights of great depth, with contents formed to be a wrapping without the possibility of abatement. Everything is under the banner of great attention: instruments, melodies, noises, spiritual calls through invocations and continuous sprays of light spots, and the martial cadence of footprints on our souls. Inside a country mill, life becomes a superfine and elegant craft expression, with its sacred book being read while listening to this heavenly fruit. There are continuous entrances, permanences, and the melody, open-mouthed with succulent ingredients, is a highway of births and deaths, with fans and gusts of fog to swathe the gaudy sacredness. It is easy to label as Dark Ambient, or as Ethereal Music, but it would be like looking at the mountain without a bow of respect, because this is a complex work made of layers, smells, feet in the mud, and the instruments are workers in a design that has no genre and cannot, therefore, be defined in any way: in front of perfection one enjoys it without wasting time, without mental lucubrations that distract from pleasure. But what is relevant is the sonic consequentiality, as if every second of this album could not live without the others. And the chain dissolves to become a treatise of temporal inspection, with slow, wandering streams within cells of ancient memory, to allow the exit from all emotional ties of one's curriculum vitae. Dark Sanctuary perform a surgery in an open-air operating theatre, amidst melancholic leaves and craggy terrain glowing with moss, to celebrate the study of time in which madness has surprising motions of calm. 

Dame Pandora's voice is a grape that descends on the skin of each sonic vibration, like a reflection before being an expression, being able to define the mastodontic display of colours and ancient fumes that come out of the instruments of the other four members of the group. She capitalises, scoring the winning goal, in the context of a team game that puts her in a position to do it again and again. Her breath seems to come out of a magic ampoule, preserved by the Lord of Secrets: one cannot resist her and one finds oneself in her uvula that vibrates to make us genuflect. 

There are multiple tensions, dramas made manifest and wandering spectres that make listening a trembling but at the same time offer unknown excitements, extended and totally capable of giving a physical paralysis, while the mind flies, between stone houses and streams, in a time of which nothing is known... But there is no uncertainty, not a hesitation, which is why the old scribe listens with three glasses of absinthe within a circle made magical by these divine musics.

The best advice is to sit surrounded by ancient books, a randomly opened vocabulary, the light left out of your room, your eyes clinging to the will to be teleported to the place of the unknown, to the time of the unknown. And of wanting to have an experience that will be not only cathartic but above all revealing of sensory mappings that will change the meaning of your beats, because Cernunnos will eventually reveal itself to be a prodigious metamorphosis and not only will everything be changed but we will have thanks to give them each time with great emotion.

History has decided to put a hand on the shoulder of these French angels, with a handover, and these notes will become the kiss of enjoyments that will become promiscuous: there will be no resistance and perfection will have the face of these eleven fairies...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10th March 2023



Out on 17th March 2023




mercoledì 8 marzo 2023

La mia Recensione: Queen Of The Meadow (feat. Emily Jane White) - Will O' the Wisp

 

Queen Of The Meadow (feat. Emily Jane White) -Will O' the Wisp


La Francia e gli Stati Uniti sono legati da un lungo gemellaggio, fatto di fascinazioni e adorazioni, di segnali evidenti di contatti che sono arrivati anche all’arte. Non potevano mancare a questa realtà due donne che si sono abbracciate per un atto artistico che suscita emozioni profonde, date dalla propensione di entrambe a non risparmiare le immagini e da abilissime qualità canore in cui a vincere, a rendere perfetta l’atmosfera è la sottile propensione a fare del canto una notte di primavera. Il brano di Helen Ferguson rivela ancora una volta come esistano piani scenografici nelle sue note, nel suo testo, che ci portano a constatare quanto la forza di una donna possa essere terreno fertile per l’insicurezza di un’altra persona e in questo la sua scrittura si rivela abilissima, in quanto non rivela il tipo di relazione, stimolando così la nostra fantasia. Innegabile che la modalità dell’armonia susciti un piacevole attrito con la durezza del testo che è una lezione di vita. 

A infondere ulteriore incanto a tutto ciò ci pensa la cantante americana Emily Jane White con la sua presenza che pare un uccello libero di usare il suo becco, emanando suoni che si legano perfettamente con la voce di Helen. Si entra in un folk melodico, affacciato sulle onde dell’oceano mentre tratteggia linee perfette per un pop che sorride e accarezza. Le due diventano regine con la corona della dolcezza per coccolare la loro forza, che è palpabile: la determinazione, la convinzione che si tocca è palpabile e commovente. Tutto scivola via come un mantello che dalle foglie risale su un albero per vedere l’effetto che ha provocato. Una minaccia non è mai stata così benvoluta e desiderata come quella che cantano queste due damigelle, per stabilire le giuste distanze che non impediranno di certo un ascolto attento e che sarà un bosco piene di foglie con tratteggiate sul dorso un beneficio indiscutibile…



Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
9 Marzo 2023




My Review: Queen Of The Meadow (feat. Emily Jane White) - Will O' the Wisp

Queen Of The Meadow (feat. Emily Jane White) - Will O' the Wisp


France and the United States are linked by a long twinning, made up of fascinations and adoration, of clear signs of contacts that have also reached art. Two women could not fail to embrace this reality for an artistic act that arouses profound emotions, given by the propensity of both to spare no expense in imagery and skilled singing qualities in which the subtle propensity to make singing a spring night is what wins the day. Helen Ferguson's song reveals once again how there are scenic planes in her notes, in her lyrics, that lead us to see how a woman's strength can be fertile ground for another person's insecurity, and in this her writing proves to be very skilful, as it does not reveal the type of relationship, thus stimulating our imagination. Undeniably, the mode of harmony arouses a pleasant friction with the harshness of the text, which is a lesson in life. 

Adding further enchantment to all this is American singer Emily Jane White with her presence that sounds like a bird free to use its beak, emanating sounds that tie in perfectly with Helen's voice. We enter a melodic folk, overlooking the ocean waves as she sketches perfect lines for a pop that smiles and caresses. The two of them become queens with the crown of sweetness to cuddle their strength, which is palpable: the determination, the conviction that touches is palpable and moving. Everything slips away like a cloak that from the leaves goes up a tree to see the effect it has caused. A threat has never been so welcome and desired as the one these two damsels sing, to establish the right distances that will certainly not prevent attentive listening and that will be a forest full of leaves with an unquestionable benefit on their backs…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

9th March 2023


https://queenofthemeadow.bandcamp.com/track/will-o-the-wisp-feat-emily-jane-white




My Review: Electra Descending - Life in Monochrome

  Electra Descending - Life in Monochrome


Uranium particles take flight from Richmond: just ask to the Dermatological surgeons who correspond with Electra Descending, who seem much more like priests in the act of blessing the confusion of existence rather than doctors capable of healing. In fact, come to think of it, they are the extraordinary creators of this delirium full of arthritis, convulsions and vomits that turn out to be a simply perfect descriptive masterpiece. On their debut album, we have complicit smiles and we can count on them, they inspire us with stout tenderness, wisely damning, and they do so through a splendid gothic sentiment that pollutes the sky from the American city, knowing that it will soon reach the rest of the world: this is the wish that can be made for them. Flashes of Darkwave oil, Coldwave jolts, gratings of Industrial and the perfectly boned Post-Punk rib makes for a dark, pleasantly morbid show. Above all Phantom Sensation: it is she who explains their soul, but then, listening to all the other six, you get the map of the sky in funereal extension. Simply: a miracle to be able to feel so much strength in these raw, dripping particles from above...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

8th March 2023


https://electradescending.bandcamp.com/album/life-in-monochrome




La mia Recensione: SLAXXX - Thin Air

 SLAXXX - Thin Air


Cos’è l’urgenza artistica? Assomiglia alla passione in transito che definisce lo spazio, se il tutto è riferito ai Londinesi SLAXXX, memorabili maghi contemporanei, in esilio dalla capitale inglese per trasferirsi nelle dance floor del mondo con dentro il loro DNA segni evidenti di quegli anni ’80 di cui sin da allora il vecchio scriba aveva predetto l’eternità. Ma dentro questo singolo abbiamo la freschezza pulsante di un nuovo Post-Punk, perfettamente inserito in un Synthpop mascherato, nutrito di parcelle elettroniche che ne esaltano il respiro, mentre le gambe si esibiscono in conteggi e capriole. Sul piano creativo è notevole il gioco armonico, le pause, gli stop and go, con le voci che oscillano con riferimenti solo apparentemente di facile intuizione. Invece: esistono mondi inesplorati che esibiscono il loro valore per  fare di questa Thin Air un missile dall’anima buona, capace solo di ferire il brutto ed esaltare il bello, per quasi quattro minuti di una grigia gioia contagiosa…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
8 Marzo 2023




La mia Recensione: Midas Fall - Cold Waves Divide Us

  Midas Fall - Cold Waves Divide Us La corsia dell’eleganza ha nei sogni uno spazio ragguardevole, un pullulare di frammenti integri che app...