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martedì 28 marzo 2023

La mia Recensione: Noeud - La grande évasion

 Noeud - La grande évasion


Ti assenti per un po’ da un progetto di cui fai parte, e crei musica per conto tuo, in assoluta libertà e come lo fai? Meravigliosamente!

MD è un musicista dalle idee chiare e ci propone un brano dalle molte ambizioni in quanto, oltre a miscelare generi musicali non sempre affini (cosa in cui riesce benissimo), suggerisce come sviluppare il Synthpop con un evidente tracciato di lo-fi elettrico, creando una sospensione di atmosfera tra le note eccelsa. Come dice sempre il vecchio scriba, più che i gusti conta imparare e qui ne abbiamo modo, per un volo che è in grado di offrire una finestra verso il futuro.

È davvero una grande evasione o piuttosto vivere il passato è il prendere il tutto come una partenza? Direi che ad ogni modo una tale canzone sia l’esempio che ancora molto è possibile, e pure con notevole qualità.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

29 Marzo 2023


https://noeud.bandcamp.com/album/la-grande-vasion-4





mercoledì 15 marzo 2023

La mia Recensione: Kill Shelter & Death Loves Veronica - The Sex Tape Sessions EP

 Kill Shelter & Death Loves Veronica - The Sex Tape Sessions EP


Il vecchio scriba adora Pete Burns: un veicolo di tensioni necessarie, il fedele suddito del Dio della bellezza sporca, il magnete che sviluppa la più dolce delle dipendenze.

Con lui si è sempre in attesa, come fatto primario, delle sue composizioni, per poter assaggiare il lato cittadino del vivere, dato dalla scia di acute osservazioni che sa trasformare in cupe danze.

Con l’EP The Sex Tape Sessions eccoci a godere della voce di Veronica Stich, come sempre la domatrice, che sa governare e plasmare gli istinti per trasformarli in atti di ardori incommensurabili. Lei e Pete stabiliscono un piano di attacco e prendono il mondo degli amplessi, delle frustrazioni, del contatto fisico, del registro delle emozioni e lo gettano in un riff elettronico che ha il compito di essere il loop magistrale sul quale la voce diventa un battitore libero, tra il cantato sensuale e dolcemente immalinconito e l’atto dell’inspirazione saggiamente perversa, che guida i nostri pensieri in un ballo sfrenato che, come da copione, ci trasforma in animali semoventi.

Ci troviamo così in una dark electro capace di suggestioni, una calamita che chiama a sé, in modo davvero attraente (non poteva essere diversamente), un filo con molecole ebm e un altro pregno di un synthpop lieve ma concreto. Si celebri un capriccio delizioso: un pensiero minimalista dentro una robotica sequenza che induce all’abbandono di ogni volontà, lasciandoci come unica possibilità quella di essere corpi in movimento alla ricerca di un contatto fisico, che probabilmente sarà all’interno di giochi mentali gotici.

I due creano una dolce e malata perversione: si entra in un ascolto continuo e tutto scompare, mentre davanti ai nostri occhi si installano immagini provocanti, nelle quali la canzone si tuffa per stabilire un contatto intenso. 

Abbiamo modo di ascoltare la complessità di creazioni che vestono i generi cercando di immergerli in un bagno che li renda perfettamente funzionanti, eterogenei, indipendenti e al contempo in grado di vivere insieme. Veronica e Pete si dividono i compiti, costruendo un muro elettronico che rende la musica un continente di suoni e di flussi in costante perlustrazione, con il compito di esaltare il trinomio Musica - Voce - Clima, riuscendo a far arrivare un’onda continua di meccaniche oliate e verificate. Ci si ritrova con pulsioni vertiginose: uno stordimento che la coppia artistica sa come procurare, senza sbavature. 

The Sinner è una collina erotica che cola con il suo andamento robotico fluorescente, con tracce di Ebm che pare arrivino dall’abbraccio ipotetico di Londra con Edimburgo nel finire del decennio scorso: amletica, conquista senza avere opposizioni. 

Il brano che dà il titolo all’EP presenta due versioni: gemelle dalla pelle diversa, entrambe in grado di scatenare una rissa orgasmatica dei sensi, perché è un diluvio di nubi sulle dance hall, un precipitare dentro il mistero della fisicità che parla con la mente. La versione Remix potrebbe essere la colonna sonora di un viaggio spaziale, dove tutto si fa assordante in un modo ineccepibile. 

Death Kiss è il trionfo: i generi musicali si buttano nella voce di Veronica ed è un mulino a vento, di forma sintetica, che ammalia e spinge la danza a farsi robusta, con un piano melodico dato dalle sue corde vocali, che si combinano perfettamente alla musica: due suicidi che fanno vivere emozioni accattivanti. Il Synthpop e la Dark Electro vengono uniti senza creare stupide gelosie, ed e delirio, ed è trionfo.

Con Resist la perfezione si legge, si ascolta, si vede, come un temporale elettronico che cerca poesia e la trova: schegge di Darkwave avanzano con lampi e bagliori che illuminano questo incanto che oltrepassa il cielo. Sul finire un synth pare voler far accomodare la Coldwave e si cede innanzi alla perfezione.


Concludendo: questo lavoro è un sublime trattato di elettrodi Dark Electro che accendono la luce del mistero: la voce di Veronica è una pellicola di seta che aspira l’aria, mentre l’onda musicale è in grado di portarci nella Germania degli anni ’80 e ’90, quando sbaragliava la concorrenza. E di proseguire la sua ricerca e la sua consequenziale consapevolezza che questa alleanza artistica abbia trovato l’oro nel buio dell’infinito…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
15 Marzo 2023

L'EP uscirà il 17 di Marzo 2023




My Review: Kill Shelter & Death Loves Veronica - The Sex Tape Sessions EP

 Kill Shelter & Death Loves Veronica - The Sex Tape Sessions EP


The old scribe adores Pete Burns: a vehicle of necessary tension, the faithful subject of the God of dirty beauty, the magnet that develops the sweetest of addictions.

With him one is always waiting, as a primary fact, for his compositions, to be able to taste the city side of living, given by the wake of acute observations that he can transform into sombre dances.

With the EP The Sex Tape Sessions, we enjoy the voice of Veronica Stich, as always the tamer, who knows how to govern and mould instincts into acts of immeasurable ardour. She and Pete establish a plan of attack and take the world of complexities, frustrations, physical contact, the register of emotions and throw it into an electronic riff that has the task of being the masterful loop on which the voice becomes a free beater, between the sensual and sweetly woozy singing and the act of inhaling wickedly, guiding our thoughts in a wild dance that, as per script, turns us into self-propelled animals.

Thus we find ourselves in a dark electro capable of suggestion, a magnet that calls to itself, in a truly attractive way (it could not be otherwise), one strand with ebm molecules and another filled with a light but concrete synthpop. A delightful whimsy is celebrated: a minimalist thought within a robotic sequence that induces the abandonment of all will, leaving us as the only possibility to be bodies in motion in search of a physical contact, which will probably be within gothic mind games.

The two create a sweet and sick perversion: we enter into a continuous listening and everything disappears, while in front of our eyes provocative images are installed, in which the song dives to establish an intense contact. We get to listen to the complexity of creations that dress up genres by trying to immerse them in a bath that makes them perfectly functional, heterogeneous, independent and at the same time able to live together. Veronica and Pete share the tasks, building an electronic wall that makes the music a continent of sounds and flows in constant patrol, with the task of enhancing the Music-Voice-Climate trinomial, succeeding in delivering a continuous wave of oiled and verified mechanics. One finds oneself with vertiginous impulses: a stunner that the artistic couple knows how to procure, without smearing. 

The Sinner is an erotic hill dripping with fluorescent robotics, with traces of Ebm that seem to come from London's hypothetical embrace with Edinburgh at the end of the last decade: Hamletic, conquering without opposition. 

The EP's title track features two versions: twins with different skins, both capable of triggering an orgasmic brawl of the senses, for it is a deluge of clouds over dance halls, a plunge into the mystery of physicality that speaks to the mind. The Remix version could be the soundtrack to a space voyage, where everything becomes deafening in an unexceptionable way. 

Death Kiss it is a triumph: musical genres are thrown into Veronica's voice and it is a windmill, synthetic in form, that bewitches and drives the dance to become robust, with a melodic piano provided by her vocal chords, which combine perfectly with the music: two suicides that bring captivating emotions to life. Synthpop and Dark Electro are united without creating silly jealousies, and it is a triumph.

With Resist perfection is read, listened to, seen, like an electronic thunderstorm that seeks poetry and finds it: splinters of Darkwave advance with flashes and flashes that illuminate this enchantment that goes beyond the sky. At the end, a synth seems to want to make Coldwave sit up and give way to perfection.


In conclusion: this work is a sublime treatise of Dark Electro that illuminates the light of mystery: Veronica's voice is a silk film that sucks in the air, while the musical wave is able to take us back to the Germany of the 80s and 90s, when she was beating the competition. And to continue her quest and her consequential awareness that this artistic alliance has struck gold in the darkness of infinity...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

15th March 2023



The EP is no 17th March 2023


https://killshelter.bandcamp.com/album/the-sex-tape-sessions-ep




venerdì 10 marzo 2023

My Review: Xenia Beliayeva - Words

 Xenia Beliayeva - Words


Yes, the old scribe does not leave Hamburg, but believe me he is not wrong, because listening to Xenia Beliayeva's single is a delirium that everyone should experience.

Her voice, with a vocal that is a scratch of salt amidst the indecisive sun rays of the German city, is what can shake us and make us understand perfectly how Synth can colour communication with words that precede the actual words, which here offer an essay of her skills as a visionary in search of a place to take our fears. These lexical expressions are the next step to complete the intention of having her in our listening, dancing in the desire to finally understand what fabric these syllables we surround and feed on are made of. A song that bewitches and frightens, making it perfect and full of toned and swaggering muscles. All under the banner of a perfect production (in Germany we don't joke, never, we have only to learn from this Mother Nation of Sound and Professionalism), which allows the stylistic factory of Synthwave, Industrial-Techno, Synthpop to let the blood flow contentedly to intoxicate our legs with a dance that is light in appearance...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10th March 2023


https://xeniabeliayeva.bandcamp.com/track/words





La mia Recensione: Xenia Beliayeva - Words

 

Xenia Beliayeva - Words


Ebbene sì, il vecchio scriba non si stacca da Amburgo, ma credetemi non sbaglia, perché ascoltare il singolo di Xenia Beliayeva è un delirio che tutti dovrebbero vivere.

La sua voce, con il cantato che è un graffio di sale in mezzo ai raggi solari indecisi della città tedesca, è ciò che può scuoterci e farci intendere perfettamente come i Synth possano colorare la comunicazione con parole che precedono quelle vere e proprie, che qui offrono un saggio delle sue doti di visionaria in cerca di un luogo dove portare le nostre paure. Queste espressioni lessicali sono il passo successivo per completare l’intenzione di averla nei nostri ascolti, danzando nel desiderio di capire finalmente di che tessuto siano composte queste sillabe di cui ci circondiamo e cibiamo. Una canzone che ammalia e spaventa, rendendola perfetta e piena di muscoli tonici e spavaldi. Tutto all’insegna di una produzione perfetta (in Germania non si scherza, mai, abbiamo solo da imparare da questa Nazione Madre del Suono e della Professionalità), che consente di far  scorrere  nella fabbrica stilistica di Synthwave, Industrial-Techno, Synthpop il sangue contento di intossicarci le gambe con una danza leggera in apparenza…


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
10 Marzo 2023









Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
10 Marzo 2023

sabato 4 marzo 2023

My Review: Korine - Tear

 Korine - Tear


The old scribe returns to Pennsylvania to certify his adoration for the work of Korine, an amazing line-up from Philadelphia which, in this feverish February, cures our flu symptoms and gladdens our days with its sparkling and clamorous freshness, in a tree-lined avenue of songs that give oxygen and comfort.

Joy arrives, lightness imbued with awareness, with rhythms that induce dancing, and it is a levitating in the air to see the world with smiles, forgetting the blackness that overpowers it, like a generous display of dreams that overcome the impossible.

The 90s show the need for heirs within that crowded crossroads of Alternative, Synthpop, Indie Pop, Post-Punk, Pop and waves of Electronics: the band succeeds perfectly in their intent, like an absurd that wakes up and makes us witness a miracle. This happens in the ten episodes and the listening is repeated, one longs for it, one has found a new friend who doesn't break the bank, but rather entertains us in a way we haven't witnessed in a long time: music as mood elevation and the conquest of serenity. The album is the victory of research, of good taste, of the attitude to caress our days with a soundtrack that shows the film of their art: class and infinite vitality…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4th March 2023


https://korine.bandcamp.com/album/tear




La mia Recensione: Korine - Tear

 Korine - Tear


Il vecchio scriba torna in Pennsylvania per certificare l’adorazione per il lavoro dei Korine, strepitosa formazione di Philadelphia che in questo febbricitante Febbraio ci cura i sintomi dell’influenza e allieta le nostre giornate con la sua sfavillante e clamorosa freschezza, in un viale alberato di canzoni che donano ossigeno e confortano.

Arriva la gioia, la leggerezza intrisa di consapevolezza, con ritmi che inducono a ballare, ed è un levitare nell’aria per vedere il mondo con sorrisi, dimenticando il nero che lo sovrasta, come un’esibizione generosa di sogni che vincono sull’impossibile.

Gli anni ’90 mostrano la necessità di avere degli eredi all’interno di quel crocevia affollato di Alternative, Synthpop, Indie Pop, Post-Punk, Pop e di ondate di Elettronica: la band riesce perfettamente nell’intento, come un assurdo che si sveglia e ci rende testimoni di un miracolo. Questo accade nei dieci episodi e l’ascolto si ripete, lo si desidera, si è trovato un nuovo amico che non rompe le scatole, bensì ci fa divertire come non lo facevamo da tempo: la musica come elevazione dell’umore e la conquista della serenità. L’album è la vittoria della ricerca, del buon gusto, dell’attitudine ad accarezzare i nostri giorni con una colonna sonora che mostra il film della loro arte: classe e vitalità infinita…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4 Marzo 2023


https://korine.bandcamp.com/album/tear




sabato 18 febbraio 2023

My Review: Art Fact - in Fact

 Art Fact - in Fact


Cassettes: so lacking in sound quality but full of magic, simple to use and so easy to break, mystery and infinite joy that they have characterised the days of more than a generation.

In September 1989, one arrived in the newsroom: In Fact, by Swedish band Art Fact, and it was love at first listen, I wrote about it and was delighted. Today I decided to listen to this album again and talk a little about it.

Considering where the band came from, in that fertile period then, it seemed really hallucinating and surprising that a musical reality of that specific genre could exist in that place in the world.

Stockholm has loved Synth, ever since the 1970s, and in the late 1980s, the city's scene reinforced the need to push forward the Belgian and Francophone scenes. The trio, very young but already experienced, set out to create the idea of a more gradual, less extremist sweep than other bands in the Swedish capital. The result is a bundle of thought-provoking, danceable pieces, with a well-pronounced English vocal, fragments of electronics that would be developed by other bands shortly afterwards. In Fact makes it very clear where multiple elements can be found in compositions and how lightness sometimes needs to be exposed. A real hidden gem.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

18th February 2023


https://artfact.bandcamp.com/album/in-fact




La mia Recensione: Art Fact - in Fact

 Art Fact - in Fact


Le musicassette: così prive di qualità sonora ma pregne di magia, semplici da usare e facilissime da rompere, mistero e gioia infinita che hanno caratterizzato le giornate di più di una generazione.

Nel settembre del 1989 ne arrivò una in redazione: In Fact, degli svedesi Art Fact e fu amore a primo ascolto, ne scrissi e ne fui felicissimo. Oggi ho deciso di riascoltare questo album e di parlarne un poco.

Considerata la provenienza della band, in quel periodo così fertile poi, sembrava davvero allucinante e sorprendente che potesse esistere una realtà musicale di quello specifico genere in quel luogo del mondo.

Stoccolma adora i Synth, sin dagli anni ’70, e nel finire degli '80 la scena della città rinforzò la necessità di portare avanti quella Belga e quella Francofona. Il trio, giovanissimo ma già esperto, si mise a creare l’idea di una perlustrazione più graduale, meno estremista rispetto ad altre formazioni della capitale svedese. Il risultato è un fascio di pezzi che fanno riflettere ballando, con un cantato in inglese dalla buona pronuncia, frammenti di elettronica che saranno poi sviluppati da altri gruppi di lì a poco. In Fact fa capire molto bene dove si possano trovare elementi multipli nelle composizioni e come la leggerezza a volte debba essere esposta. Un vero gioiello nascosto.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

18 Febbraio 2023


https://artfact.bandcamp.com/album/in-fact





domenica 12 febbraio 2023

My Review: Coloured Tears - Everything reminds me of you

 Coloured Tears - Everything reminds me of you  


What is attraction? Where does it lead us? What makes us lose, rightly so, of useless things? Questions that sow wisdom are never enemies. They only need caresses and closeness.

Listen to the album by André Grafert, the German artist who chose the name Coloured Tears for his intriguing project: six waves full of melodies and lightness between melancholy and tenderness. Thirty-eight years after the beginning of his career, here comes his stylistic and qualitative culmination with an album that, spanning musical genres with which he has grown, has managed to put his signature against a gathering of irresistible songs. Sensuality runs through every second (a Bryan Ferry discussing suffering and remedies with David Sylvian), along with the feeling that he can make his voice an emotional portal with simplicity, without frills. Also endowed with immense capabilities is the music, a blend of Synthpop polite not to disturb and not to seek applause, but rather attention and respect. 


The guitars, however, appear and are faithful butlers of the tiny work that ultimately serves to appreciate the whole. Perhaps there is a darkwave soul somewhere, and if there is, in its mystery perhaps it is hidden so as not to take too much credit, because everything slips away perfectly within a feeling that these are songs with a pop soul put on the sill, to be displayed with harmony and sensitivity. To top it all off: a record like this is a gift to keep in bed, you have to give it attention and sleep with it, in perfect solitude...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

12 Febbraio 2023


https://colouredtears.bandcamp.com/album/everything-reminds-me-of-you








mercoledì 21 dicembre 2022

La mia Recensione: Tout Debord - Ça ne veut rien dire

 La mia Recensione:


Tout Debord - Ça ne veut rien dire


Ci sono città che dormono respirando la follia degli allori che impediscono agli arti della mente di muoversi, di ossigenarsi, di continuare a produrre cibo essenziale per giustificare il presente.

Parigi invece no: instancabile, intelligente, prosegue il suo cammino creando arte in tutti i settori, con quella dimestichezza che sicuramente è albergata nel suo DNA.

Poi, in quanto a originalità, possiamo benissimo chiudere entrambi gli occhi: la qualità non manca e la vittoria del movimento sulla pigrizia è accertata, verificata, sublimata.

Lo scriba scruta, bussa alle porte della città, tutte, ed entra soddisfatto in quella aperta da Leonid Diaghilev, colui dietro e dentro il quale vive l’idea di portare la musica di Tout Debord nella stratosfera sopra il polo artico.

In questa poltiglia di elettronica propensione alla danza schematizzata ed essenziale, vi sono schizzi sublimi di pennellate estasianti, un cercare il trucco per far pendere l’ascolto verso il sacro cerchio della dotazione crescente.

Sedici minuti scarsi, cinque composizioni e la certezza che siano più che sufficienti per inquadrare musica raffinata e potente da essere in grado di instaurare una felice dipendenza grigia. 

Sì, grigia, come l’atmosfera che circonda le nuvole sopra i camini di fabbriche operative ventiquattro ore al giorno. L’elettronica basilare e contemplativa inglese della seconda metà degli anni ’70 sembra aver attratto Leonid, portando fuori asse il solito nazionalismo francese.

Quindi? Stupore in armoniosa proliferazione si presenta e cementa i grazie che abbracciano queste canzoni, che spaziano attraverso i generi musicali ma sono sempre pulsanti di buongusto e precipitazioni emotive.


La musica proposta è quindi generosa, vivace, dentro le particelle velenose di un presente che dimentica il sole, viaggiando sulle dance floors della capitale francese, come energetica dimostrazione di un ribaltamento nei confronti della concezione di quale sia la parte più desiderata di ogni giornata. Qui sicuramente è la danza, il desiderare occhi chiusi che producono sogni che sembrano essere stimolati da questo esercizio sonoro sempre attaccato alla minimal wave più contemplativa, alla Coldwave più raffinata, al Synthpop meno avvezzo alla facile digestione e ai parallelepipedi di un elettrofunk sublime.


Facile immaginarlo con gli occhi verso le sue tastiere, ricoperte di riflessi ’70 e ’80, instancabile, mentre studia la mappatura dei suoni di quegli anni per cercare libertà di manovra, indipendenza, per potersi staccare da paragoni che gli toglierebbero poesia, perché è proprio quest’ultima a regnare violentemente in questo Ep. E si presenta nella tessitura di trame spesse di storie, con strumenti e stili che già da soli sanno riempire gli occhi di acqua in movimento.


 Ci si ubriaca di impalcature essenziali ma potenti, efficaci, mancine di sicuro, perché in questi brani il diavolo non ha bisogno di provocare facilmente dolore: altri sono gli obiettivi e te ne accorgi alla fine dell’ascolto, quando l’energia ti ha abbandonato. 

Con richiami evidenti a fare dei loop i fedeli alleati per attirare consensi e slanci, tutto trova posizione nel delirio del piacere che modifica continuamente direzione e modalità.


Corriamo a guardare queste canzoni da vicino e potrete sicuramente celebrarne la bellezza…


Song by Song 


1 Les gens sont les gens


Ed è subito Synthpunk a livelli acidi, in una pozzanghera dove al posto del fango vediamo danzare farfalle piene di bracciali Synthwave: tutto è robotico e gelido, la melodia però presenta il volto nel finale.


2 Ça ne veut rien dire


Si prosegue con un ritmo e uno schema apparentemente simili, ma in questo frangente il synth disegna volti cupi e il cantato fa da contrasto solo per quanto concerne le linee melodiche. Ma è un momento che viene anestetizzato da un suono metallico, capace di circondare i fianchi della canzone.


3 Aveugle


La canzone divina arriva ed è estasi glaciale, lo sbarramento del potere del sole. La parte ritmica è incessante, i toni bassi della tastiera sostengono il cantato che è un grumo di sangue ripetuto. 


4 Le miroir 


Il livello qualitativo si conferma a quote alte: il brano raggiunge le zone di una Darkwave timida ma robusta, un tracciato di attesa crea il pathos che governa e strega il nostro respiro. Il cantato si abbassa ulteriormente per scavare il terreno dove si balla tra gocce di nero.


5 QCH


L’ultimo visibilio sorprende: si cambia panorama, mood, saltando nella Yugoslavia dei primi anni ’80 e nel Belgio fertilissimo. È la testa che pilota il tutto, in un sentire l’ebm come un flash che si contamina con bisturi elettronici di grande capacità nel tagliare la pelle e concedere spazi al prurito di una selvaggia Coldwave francese.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

22 Dicembre 2022


https://tout-debord.bandcamp.com/album/a-ne-veut-rien-dire-detriti


https://open.spotify.com/album/2zcnVLuMRh5h36iYTFTkv2?si=phzhk5YxTR-DCckZ8eypBA











sabato 5 novembre 2022

La mia Recensione Julian Shah Tayler - Elysium

 Julian Shah Tayler  - Elysium


Chi ama i Suede e i Mansun mi è simpatico, a prescindere. Se poi il tutto viene maggiorato da una cultura musicale eccelsa, da una valanga di composizioni, da una dipendenza, sempre pregna di qualità, dal comporre musica che sa essere uno scatto fotografico del luogo di provenienza, conservandone l’identità, ecco che allora si parla dell’intelligenza di un artista camaleontico.

 Effervescente, dai gusti sopraffini, simpatico e dinamico, schizoide senza essere detentore di maledizioni da esibire ma solamente di una vorace necessità di scrivere canzoni. Poderosa è la sua capacità di portare i nervi scoperti delle nostre passioni verso chi ascoltavamo in un tempo precedente, quasi obbligandoci a considerare solo ciò che di quegli artisti era perfetto, funzionale, per poter ripartire da lì.

Un’impresa, difficilissima, di cui ha da parte dello scriba tutta la sua gratitudine ed un plauso sincero. Si potrebbe immaginare questo sbagliatissimo scenario: ci stai dicendo che è partito dai fuoriclasse, dai loro brani migliori e poi ci ha messo qualcosa di suo, vero, vecchio mio?

No, molto di più di questo (comunque tutto confermato): siamo davanti a una processione, perfettamente tenuta insieme, di stili musicali, di venature intense di ritmi dance nei quali tutta la qualità di decenni appassionanti trova un punto d’incontro nelle sue canzoni, per donare il senso di una poderosa esibizione di classe che mette in fila splendore e bellezza. E tutta la parte elettronica fa da mantello, protegge, mette i suoni su un piano di insieme altamente generoso, al fine di sintetizzare lo sviluppo delle idee e la loro potenza. I 70’s e gli 80’s mai messi così perfettamente d’accordo, senza nessuna offesa che urli e che impazzi per questo connubio. Un album magnifico, una lezione di coesione: a Julian piace amare l’idea che lavorando si possa far convivere la passione per quegli anni in quella che per lui è una vicenda molto seria, donandoci sorrisi dolcissimi. La sua passione è in ogni beat, in ogni tastiera, nel ritmo che dal funky passa alla geometria perfetta del synth-Pop, alle zone buie di una elettronica sempre esigente, un atteggiamento Glam Rock senza obbligatoriamente presentarne i crismi. È Brit-Pop col make-up, è rock con chitarre che saltuariamente graffiano e ci portano in zona Inxs, come in quella dei Queen, nella poesia sensuale di David Bowie, nei labirinti dei Roxy Music. Continua anche nelle bolle erotiche dei T-Rex e in quelle più leggere dei Rammstein, dove tutto però rivela le sue intuizioni, i suoi guizzi, il guardare anche ad Oriente, il non chiudere mai la propria curiosità, per spalancare i suoi moti rapaci anche verso artisti meno conosciuti. Ed ecco i Mansun, di cui ha lo stesso gusto estetico dei passaggi essenziali tra la strofa e certi improvvisi cambiamenti (anche i Kula Shaker sapevano essere maestri sotto questo aspetto).

Ma, ripeto, non è una compilation.

Direi purtroppo un miracoloso esempio di come lui non neghi l’evidenza, finendo per nutrirsene per rinvigorire il suo innegabile talento, il tassello principale di canzoni che sanno conquistare, far sognare, sorridere, portare buonumore: avercene di album del genere, nel momento in cui la musica sta conoscendo devastanti segni di dispersione. Lui conserva e amplifica, diventa memoria creando un ponte con il futuro, un diamante a cui dobbiamo volgere lo sguardo e che dobbiamo ringraziare con tanta stima, approdando sicuramente anche all’affetto. 

Tra le sue capacità vi è quella di creare fasce sonore orecchiabili, con una voce spettacolare, ben impostata, sgargiante di colori, che sa attirare l’ascolto e portarlo nella zona del conforto, della gioia, di una spensieratezza ma anche di riflessioni date da testi pieni di forza, di coraggio, di immagini imbevute di suggestioni. Il tutto condito da un vocabolario che scivola bene dentro le nostre necessità di far convivere semplicità e concetti che possono darci spunti per pensieri profondi. Evidenti sono i segni di una crescita notevole, di un bagaglio musicale che lo ha reso preciso e leggero, senza affanni. Tutte le composizioni regalano beneficio e si può anche constatare che l’apparato musicale è perfettamente adagiato sul suo canto. Ascolti e ti immergi in un liquido caldo, con una brezza emotiva che avviluppa i sensi, allineati ed esposti per nutrirci di brani che hanno il potere di farci sognare, il che è tra le cose che ci aspettiamo di trovare quando abbiamo un disco a portata di tiro.

Figlio della cultura statunitense, il bravo Julian non ha confini mentali e viaggia con estrema attenzione anche nel continente europeo per completare la sua ricerca personale, facendo divenire questo splendido album una enciclopedia che sazia e conquista.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5 Novembre 2022



https://thesingularitymusic.bandcamp.com/album/elysium




My Review: Julian ShahTayler - Elysium

 Julian Shah Tayler - Elysium


I like people who love Suede and Mansun, whatever. If this is then augmented by a sublime musical culture, by an avalanche of compositions, by an addiction, always steeped in quality, by the writing of music that knows how to be a photographic shot of its place of origin, while preserving its identity, then we are talking about the intelligence of a chameleonic artist.

 Effervescent, with over-the-top tastes, likeable and dynamic, schizoid without being holder of curses to show but only of a voracious need to compose songs. Powerful is his ability to bring the rough nerves of our passions towards those we listened to in an earlier time, almost forcing us to consider only what was perfect, functional about those artists, in order to restart from there.

A very difficult challenge, for which the scribe has all his gratitude and sincere applause. One could imagine this wrong scenario: you are telling us that he started from the top musicians, from their best tunes and then put something of his own into them, right, old man?

No, much more than that (in any case, all confirmed): we are in front of a procession, perfectly held together, of musical styles, of intense veins of dance rhythms in which all the quality of passionate decades finds a meeting point in his songs, to give the sense of a mighty performance of class that lines up splendour and beauty. And the whole electronic part acts as a cloak, protects, puts the sounds on a highly generous level, in order to synthesise the development of ideas and their power. The 70's and 80's never got along so perfectly, without any offence which screams and goes crazy about this combination. A magnificent album, a lesson in cohesion: Julian likes to love the idea that by working he can make the passion for those years coexist in what for him is a very serious affair, giving us the sweetest of smiles. His passion is in every beat, in every keyboard, in the rhythm that goes from funky to the perfect geometry of synth-Pop, to the dark zones of an always demanding electronic music, a Glam Rock attitude without necessarily presenting its trappings. It is Brit-Pop with make-up, it is rock with guitars that occasionally scratch and take us into the Inxs zone, into the sensual poetry of David Bowie, into the labyrinths of Roxy Music. He also continues in the erotic bubbles of T-Rex and in the lighter ones of Rammstein, where everything, however, reveals his intuitions, his creative flairs, his looking even to the East, his never shutting off his curiosity, to open his interested motions even towards lesser known artists. And here we have Mansun, with whom he shares the same aesthetic taste for the essential transitions between verse and certain sudden changes (Kula Shaker were also masters in this respect).

But again, this is not a compilation.

I would sadly say a miraculous example of how he does not deny the evidence, and ends up feeding on it to reinvigorate his undeniable talent, the main building block of songs that know how to conquer, make you dream, smile, bring good cheer: we need more albums like this, at a time when music is experiencing devastating signs of dispersion. He preserves and amplifies, he becomes a memory, creating a bridge to the future, a diamond to which we must turn our gaze and that we must thank with much esteem, certainly also with affection. 

Among his skills is that of creating catchy sound bands, with a spectacular voice, well built, filled with colour, that is able to attract the listener and take him into the zone of comfort, of joy, of a light-heartedness but also of reflections given by lyrics full of strength, with courage, with images imbued with suggestions. All seasoned with a vocabulary that slips well into our need to bring together simplicity and concepts that can give us food for deep thought. Evident are the signs of a remarkable growth, of a musical background that has made him precise and light, without fatigue. All the compositions are beneficial and you can also see that the musical part is perfectly laid on his vocals. You listen to them and immerse yourself in a warm liquid, with an emotional breeze that envelops our senses, aligned and exposed to feed us with songs that have the power to make us dream, which is among the things we expect to find when we have a record within reach.

A child of American culture, the talented Julian has no mental boundaries and also travels the continent of Europe with great care to complete his personal quest, making this splendid album into an encyclopaedia that satiates and conquers us.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5th November 2022


https://thesingularitymusic.bandcamp.com/album/elysium








martedì 17 maggio 2022

La mia Recensione: Adami - Cosentino - Roversi / Praha

 


La mia Recensione 


Adami - Cosentino - Roversi / Praha 


“Non ricorderai i passi che hai fatto nel cammino
ma le impronte che hai lasciato.”
(Anonimo)


C’è una strada che chiede di essere mostrata, insieme alla modalità.

Il sudore, l’aria umida, le correnti, i disagi, le reazioni conseguenti: nel mondo che si surriscalda e dove tutto è affidato alle emozioni nessuno pensa a proteggere la mente, sempre più corrotta e resa debole dai gusti.

Arriva, però, un progetto artistico che sa fare quello che sembra ormai una memoria antica: prendersi cura, con la creazione di canzoni, di ciò che conosce la rottamazione.

Tre anime, tre percorsi nobilissimi si trovano a sviluppare il senso di compattezza, come dottori della cronica malattia della musica che si è smarrita.

Ed ecco PRAHA, un cobra dalle pelle fluida, che nuota cibandosi di correnti musicali riuscendo a incuriosire e alla fine nutrire chi lo ascolta.

Illumina per la sua coerenza, compattezza, versatilità, per la sapiente capacità di connettere ciò che lo ha preceduto, sviluppando idee proprie che risultano essere decisive per fare di questo disco un incontro con la piacevolezza, che alla fine è il pane dell’anima.

Ideato, curato, prodotto con grande professionalità, merita di attraversare le vostre stanze, di trovare un posto sulla vostra pelle e nel vostro involucro.

Con riferimenti che arrivano dagli anni 80, tutto si presenta fresco, pieno, con la consapevolezza di trucchi e capacità che devono andare incontro all’esigenza moderna che desidera una parte elettronica a prescindere.

Ed in questo lavoro la troviamo, equilibrata e non strabordante..

Convivono tra le tracce sapori intensi, dilatazioni, un senso di curiosità nei confronti delle proprie note che a volte sembrano rimpicciolirsi, altre avere uno slancio per allungarsi a proteggere la propria identità che non basta a se stessa. 

Sono compresi momenti di fuoco, di ghiaccio etereo, come se la world music incrociasse lo sguardo del progressive, piantando la bandiera della conquista su trame che comprendono un abito pop che sembra uscire da un Synthpop nascosto.

Se cercate l’evidenza lasciate perdere: nelle nove tappe sono i rimbalzi di luce a tenere tutto vivo, ma i colori li si trovano studiando, facendo dell’ascolto una lezione di alto livello. Si diventa girovaghi delle sorprese, delle conferme, qualcosa che assomiglia a una attitudine iniziatica verso ciò che appare diverso, come un cammino in cui cambiano anche i mezzi per percorrere le strade e non solo i luoghi incontrati. Permane, dopo molti ascolti, la convinzione che altre forme artistiche siano all’interno di PRAHA, nascoste per poter far brillare meglio ciò che è evidente all’occhio mettendolo in condizione di percepire e capire. Le mani sapienti dei tre, la loro esperienza e la forza d’urto di una cultura che deve sempre avere nella sua identità l’urgenza di allargare gli incontri con la conoscenza, consentono di fare delle canzoni pezzi di creta, in un manipolazione che svela non solo il talento ma la profondità, il senso di questo progetto. Un album come una cascata silente: lo ascolti e ti ritrovi in una zona complessa, perciò meritevole, di bolle d’acqua che corrono per rendere muta la bocca ma accesa la mente che incomincia a trarne beneficio. Più di una terapia perché questo non è il compito principale della creazione musicale. Questi artisti esperimentano per individuare ciò che occorre definire e tutto esce dal loro laboratorio con la faccia serena, quasi spavalda perché questo percorso è una gravidanza di un piacere che nasce quando lo si comprende. Il lascito è un bolo musicale che sale alla mente, salta giù sino alle gambe, con ritmi diversi, con solidità, per depositarsi nella zona sicura della piacevolezza. Si impasta come se le stagioni fossero ancora aggrappate alla loro storicità e fossero intenzionate a combattere la devastazione di un cambiamento a cui non opponiamo resistenza. PRAHA ci aiuta a connetterci con la spiritualità, con assoli termici di grande spessore, con strutture che spaziano per portarci in un luogo che non conosciamo. Questo è il reale compito della musica: il cambiamento del nostro posizionamento. Eccoci, sognanti e ballerini, con le storie che hanno le loro ragioni per uscire dal laboratorio ed essere condivise, come una pennellata di vita che giunge improvvisa. Gli arrangiamenti potenziano, rivelano ancora di più la struttura, l’epicentro di una forza che è la costante di tutto questo disco. Come pulviscoli senza peso, i secondi passati in questi nove tuffi regalano leggerezza pop con testi mai banali, associazioni sonore e stili musicali come un afflato che non spettina le nostre malate abitudini, bensì lo stratagemma per imparare che altre forme possono divenire veicoli che costruiscono capacità diverse. Ci è voluto del tempo per giungere alla perfezione, nessun percorso artistico può essere breve perché i veri artisti prendono appunti, studiano, misurano gli elementi e li inventano per dare un volto al tempo. 

Eccolo, si chiama PRAHA, un impulso dalla pelle balcanica, poi orientale, poi moderna, poi misteriosa, che come una nube cambia l’intensità della luce, della sua pelle, come camaleonte senza divisa né obblighi. 

Andiamo allora a visitare questa esperienza progressive pop, con tutta la serenità che spero questo scritto vi abbia regalato per dare alle pareti dei nostri ascolti nuovi palazzi mentali in cui inserire questa fiumana di incanto.



Canzone per canzone 


Spiritual Climax


Il mondo dei suoni, dei suoi luoghi è ciò che caratterizza la opening track, mantra che evoca luoghi che cercano il contatto: dall’Africa alla Scozia, c’è un filo che li tiene a portata di sguardo, con il basso che ferocemente alza la voce per consegnare alla tastiera e al cantato un arco melodico nel quale sognare. La voce di Adami trova nella sua potenza la capacità di essere evocativa e la chitarra semiacustica le dà un sostegno amichevole, con un approccio che partendo dal folk si collega a quella elettrica di matrice rock wave.



Show Me The Way


Ci sono ballads dalla propensione sensuale: si nutrono del gioco delle voci, delle linee che salgono sull’areo delle possibilità e abbandonano la propria natura iniziale per andare a tuffarsi in giochi stilistici che divengono abbracci. Brano multiplo, dalla faccia che mostra curiosità nella mutazione della propria pelle, con solidità ritmiche ed un solo di chitarra che graffia, come figlia profuga di Robert Fripp. Esiste una grande attenzione alla ritmica pulsante, alla complessità della composizione che allarga il sorriso a un rock che progressivamente lascia petali di luce 70’s.


In Your Eyes


Prendi gli Who, mettili in una discoteca, falli ballare con Lou Reed e gli U2: ma è solo l’inizio di questa favola dei sensi che insegna la profondità di anime allo specchio, alla ricerca di un contatto. Su pattern ed un loop elettronico che ammalia, in questi minuti si notano le capacità di connettere alla melodia ridotta all’osso all’inizio l’incanto di una sezione di archi che quando arriva stupisce. Ed è volo su note come schiocco di una frusta gentile. 



Mum


Quando l’atmosfera invoca il rallentamento, la dolcezza di un David Sylvian dal vestito World Music, l’impatto è da brividi, veicola tenerezza con le voci che si impastano perfettamente. Con il registro che si innalza, tutto progredisce e l’atmosfera cambia, portando il brano tra le strade di un Peter Gabriel etnico e di ottimo umore. Se il Progressive vuole restare in vita deve prendere spunto anche da questa canzone, in certi suoi momenti, dove tutto è un accogliere le possibilità di sviluppo.



The Idol (Prelude)


Torna Sylvian, con Ryūichi Sakamoto, in questo passeggiare pomeridiano, con la malinconia sorridente su note che cavalcano e sorpassano i sogni. Si avvertono emozioni dalla lunga ombra bianca: un componimento che convalida ed esprime al massimo l’interazione tra la canzone e i musicisti, capaci in 192 secondi di consumare le energie del ritmo e di farci porre invece la riflessione sulla lentezza, sempre più necessaria.



The Idol


Dopo il brivido iniziale di Kraftwerk con la finestra aperta sul cielo italiano, il brano si sposta, viaggia dentro una cavalcata dalle piume capaci di volare leggere, per poi incontrare una chitarra dalla voce bassa che rallenta il tutto e l’atmosfera si macchia di un catrame elettronico/dance dai fianchi torniti, che ci rende sognanti danzando.



All You Can Feel


Il mio vertice di preferenza risiede in questo arcobaleno dei sensi che veste il brano: la perfezione degli incroci degli strumenti, la cura degli intarsi, il senso di compattezza che regna tra i tasti del piano accarezzati come un bacio e il vigore di ritmiche e chitarre piene di fiato. La struttura è un ricamo di classe, capace di spaziare e di rendere il tutto elegante in un amalgama vistoso.



Everything 


Un potenziale hit radiofonico porta l’estate nei pensieri e l’aria l’accoglie felicemente. Questo combo di tre fuoriclasse sfodera la canzone che li può condurre alle masse. Come un ghiro che si scioglie con il basso quasi funky, il piano che ci fa danzare ad occhi aperti e la voce come un gabbiano in cerca di un volo come un acuto necessario,   tutto procede per arrivare alla parte che seduce per quel tocco di musica classica che non puoi immaginare, per poi dare alla chitarra ritmica il vestito rock che invece sì che desideravi. Ed ecco che tutto si sublima nel percorso di secondi ricchi di sale, che è ciò che dà sapore. 



Return Home


Il congedo arriva con una chicca dal sapore autunnale, con il lavoro di Adami che con le sue corde vocali riesce con grande capacità a saldare la musica, che è una esibizione di classe di un lenzuolo di raso che vuole fare le capovolte tra le nubi. E il finale è in mano alla chitarra che si inchina e ringrazia per il nostro ascolto. Una chiosa assolutamente perfetta!


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

17 Maggio 2022


https://adamicosentinoroversi.bandcamp.com/album/praha






mercoledì 20 aprile 2022

La mia Recensione: CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)

 CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)


Il Belgio, terra a me cara e preziosa, sia per la musica che per il ciclismo, sta vivendo un momento molto fertile ma, come accade spesso da quelle parti, i riflettori sembrano spenti.

Ed è un peccato perché se pensiamo a Cape Sidereal e al suo side project chiamato CRYPTOCHROMA potremmo davvero beneficiare delle sue atmosfere sognanti non prive della possibilità di farci danzare.

Dopo l’album di esordio Numb del 2020, eccolo tornare con un singolo magnetico, sensuale, liberatorio. Per farlo si è avvalso della collaborazione di Leila Venus, la cantante parigina dalla voce piumata, calda e serpeggiante.

Il brano in oggetto è un flusso Minimal Wave inzuppato di una elettronica sottile, quasi nascosta ma efficace.

Cape Sidereal trova una melodia contagiosa, un getto di aria fredda che attraversando il deserto rimane intatto perché la canzone sembra davvero affacciarsi sulle colline di sabbia al tramonto, con il synth che gonfia questa sensazione atrabile.

Tutto si appiccica sofficemente alla pelle,  facendo sentire il passare del tempo e i movimenti nomadi della mente come un qualcosa di estremamente semplice.

Lo spettacolare uso della voce di Leila distribuisce rose blu nel cuore con il suo forte e intenso accento francese sino a cantare nella sua lingua madre nel ritornello.

Ed è pura estasi perché nella semplicità la canzone non abbisogna di null’altro: rimane inchiodata nella testa procurando il bisogno di ripetuti ascolti.

Un quasi buio davanti agli occhi sembra condurci realmente dentro un crepuscolo che connette il sogno e la realtà in un limbo ipnotico.

Accoppiata vincente: c’è solo da augurarsi che altre brani vengano scritti, perché questa coperta amniotica che si chiama Crépuscule ci ha avvolti dentro sensazioni che ci fanno sentire la piacevolezza della prigionia…


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

19 Aprile 2022





La mia Recensione: Sinéad O’Connor - The Lion and the Cobra

  Sinéad O'Connor - The Lion and the Cobra In un mondo che cerca la perfezione, i capolavori, lo stupore garantito senza dover fare fati...