La mia Recensione:
Gene - Speak To Me Someone
Quanto la notte sia la madre delle insicurezze, delle paure, dei vuoti si è scritto sin dall’antichità, come appuntamento doveroso. Con poco fiato, attacchi di panico, una confusione che velocemente si toglie la maschera per mostrare la sua faccia caratterizzata da una certezza devastante e negativa.
Poi una canzone.
Esplosiva, verace, lapidaria, connessa all’unico sentimento che offre spiragli e realtà positive: l’amore.
Speak To Me Someone è l’impatto tra il bene e il male in una storia dentro un mare alcolico, figlio di una depressione che mette le catene ai respiri, che ruba alle braccia ogni possibilità di trattenere l’armonia di una vita sognata per legittimarne l’esistenza.
Sognante, con i suoi archi elettronici, e la chitarra che ci fa dondolare la testa, in pochi istanti ci ritroviamo storditi con la mente tra aghi velenosi.
I Gene sin dagli esordi hanno saputo attraversare ciò che è impervio, per costrizione personale, per un disagio preferibile ad una mancata gioia perché non sempre l’arte cammina nel territorio del fittizio. Qui le forze convergono davanti all’acclamazione globale di un connubio che restringe il sogno e il benessere, rendendoli inermi.
La musica è comunicativa con sottile propensione alla drammaticità, mentre il testo scivola inesorabilmente verso la solitudine di un’attesa solitaria, tra il bisogno di parlare e la voce dell’alcol, l’unica che riesca a rendere effettivamente pratica la presenza.
Martin Rossiter colora la voce con parole come petardi che intontiscono e scavano il terreno per le ferite interiori che provocano nel suo animo, dove non è possibile vederne le tracce. Sulla pelle emergono brividi e lacrime, il piacere malvagio di un ascolto ripetuto, come un rito pagano in attesa della sua concimazione totale tra le vie emotive di un malessere coniugato con un perverso piacere.
Perché fa male cantarla.
La band Londinese trova la modalità di descrivere l’amore più tormentato donando frammenti di bellezza mischiati all’assoluta certezza che comporre una canzone simile significa entrare nell’Olimpo, dove risiede una perfezione che non sottintende la volontà di mostrare la felicità.
Con una voce raddoppiata nel ritornello sino ad un urlo raggelante, tormentato, assassino, si rimane con le ossa che si sbriciolano davanti al terremoto emotivo.
La notte apre il cielo dove le parole arrivano, come preghiera arresa, con la musica che scivola insieme a loro sorvolando l’inutilità di una definizione stilistica: conta il contesto, la direzione, minuti nei quali si rivela assolutamente necessario ripetere sia la strofa che il ritornello per morire nell’ultimo verso, dove il tutto si specifica e ci uccide i respiri già martoriati in precedenza.
La compattezza infrange la nostra tentata fuga: ciò che pretende una osservazione avrà sempre il vantaggio di disarmare le nostre intenzioni. Ed eccoci allora ancora a cercare un’adorazione triste, una gioia col barattolo di vernice grigia su meteore di un dialogo reso impraticabile. Non si può parlare con nessuno durante l’ascolto di questa canzone.
È la volontà dei ragazzi dalla faccia pulita che fanno del nostro battito cardiaco una testa spettinata, un urlo composto e decisivo per lasciarci basiti.
E se l’unica bottiglia da bere come liquido contiene il sentimento più nobile, in qualsiasi forma, non ci resta che una ubriacatura continua, dolce e amara, devastante e limpida, perché l’amore vero, per quanto intriso di tristezza, non hai mai un colore torbido.
Con l’oscurità i quattro trovano la modalità vincente per farla divenire una possibilità di confronto, una indagine dove inserire le priorità e buttarsi in un inseguimento che comprende la speranza, non di manifestare il proprio desiderio di libertà bensì di ostacolarlo. Solo in questo modo la canzone chiude il cerchio togliendo ogni dubbio, lasciandoci un senso di sconforto immenso.
È un brano che sembra sospendere il tempo, rendendo limpida la sensazione che il dolore sia stato vissuto in primis, senza una invenzione artistica. Sarà forse il cantato dotato di una sicurezza disarmante, oppure per via di una musica semplice, con echi di R.E.M. di Everybody Hurts, a renderci vibranti con cupa attitudine, a implorare la canzone di non finire.
E che le nostre lacrime siano le coperte delle sue...
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
31 Maggio 2022
Testo della canzone
Across this old sky
Yes, I'll open up
For you that night
Am I safe in your grasp?
Can I be your arms
Of strength tonight?
When you creep through the window and hold me
Smash into my life now and hold me
Don't set me free
I've waited too long, yes I'm dying
Smash into me someone and hold me
Speed into this life now and hold me
Hold me
Hold me
Will I ever dream again?
In your arms
I now know that I'm home again
I'm home again
I'm home again
I'm home again
Speed into my life
Speak to me now
Just speak to me someone
For I know your taste
And I can supply"
Kevin Miles