Visualizzazione post con etichetta Minimal Wave. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Minimal Wave. Mostra tutti i post

giovedì 13 aprile 2023

La mia Recensione: Athena Ignoramus - Spit In My Face

 Athena Ignoramus - Spit In My Face


Quando il giardino del proprio pensare si allaga, ed ha come colonna sonora la canzone della band di Asheville (Carolina del Nord, Usa), quell’acqua ti pare sempre profumata, maledetta, ambiziosa e scaltra, perché scivola nel tuo godimento lentamente, sensualmente, senza resistenze. Con una partenza che pare strappare il passato Post-Punk al suo destino di non saper cambiare mai,  Spit In My Face diventa un veicolo che accoglie il cantato decadente, votato al martirio, come tutta la nube Minimal Synth, per definire il significato dell’attesa e della sospensione, in quanto il brano non sembra scorrere, così appesa alle lancette dell’orologio. E te ne accorgi solo davanti al brusco stop…

Un esempio meraviglioso di come possano esistere ancora gli spazi per generare stupore: infilatevi un soprabito e gettate via le paure, perché con questo pulsare veemente conoscerete la prigione di Guantanamo nei vostri pensieri…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14th April 2023

https://athena-ignoramus.bandcamp.com/track/spit-in-my-face-single




My Review: Athena Ignoramus - Spit In My Face

Athena Ignoramus - Spit In My Face

When the garden of one's thinking floods, and the soundtrack is the song of the band from Asheville (North Carolina, USA), that water always seems perfumed, cursed, ambitious and cunning, because it slips into your enjoyment slowly, sensually, without resistance. With a start that seems to snatch the Post-Punk past from its destiny of never knowing how to change, Spit In My Face becomes a vehicle that welcomes the decadent singing, devoted to martyrdom, like the whole Minimal Synth cloud, to define the meaning of waiting and suspension, as the song does not seem to flow, so hung up on the hands of the clock. And you only realise this at the abrupt stop....

A marvellous example of how spaces can still exist to generate astonishment: put on a coat and throw away your fears, because with this vehement pulse you will know the prison of Guantanamo in your thoughts...

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14th April 2023

https://athena-ignoramus.bandcamp.com/track/spit-in-my-face-single





lunedì 27 marzo 2023

My Review: Spleen XXX - Poems of Charles Baudelaire

 Spleen XXX - Poems of Charles Baudelaire


Normandy is a reasoned chaos, with no possibility of denying the greatness of intuition and complex brain-work, for an avant-garde that is inherent in the air that surrounds and protects it.

Musically, then, the list of bands that have made the presence of what the old scribe previously asserted extraordinary is endless.

Spleen XXX is a thunderbolt of conflicting instances, a basin of salty drops, in ruinous fall only for auditory apparatuses allergic to the most sensible noise. Of course, this is music when it comes to this LP, and magnificent it is too, but what must be noted is the propulsive force that goes beyond the enjoyability and usufruct factor: we are in front of a rational teletype of streams with straight, parallel legs, structured to leave no doubts, because what they need is to make the listener conscious through hammers of shaggy and bad senses, of that necessary wickedness nowhere else to be found.

The bass and guitar are, in this discourse, archers and the emblem of a cohabitation that thrives on uncomfortable impulses. They go beyond beauty as wounds tamed by dying intellects.

The drumming is a punishing, often muffled, beating, just like the guitars coming out of a red-hot iron factory, to make the bruises received become a kind of education. The singing is an industrial poetry that does not have to please: it serves an awareness that shatters the comfort zone with its low register.

For all this, the extraordinary movements of Her Hair and Beauty serve as examples: it is up to them to form your knowledge and then go on to touch the other six compositions.

Of course: Post-Punk - Gothic Rock - Minimal Wave are the easy shores to say 'wow, these French guys are nice': be smart, go beyond what could easily ruin their value and study their Art, because you cannot always postpone the appointment with duty... And yours is to take notes: the Masters of Rouen need your attentive listening and History has no time to waste.

Let it be a precious approach: the poems of Charles Baudelaire are an unmissable appointment!


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

27th March 2023


https://meidosemrecords.bandcamp.com/album/poems-of-charles-baudelaire





La mia Recensione: Spleen XXX - Poems of Charles Baudelaire

 Spleen XXX - Poems of Charles Baudelaire


La Normandia è un caos ragionato, senza possibilità di negarsi la grandezza di intuizioni e di complessi lavori cerebrali, per un’avanguardia che è insita nell’aria che la fascia e protegge.

Musicalmente, poi, è infinita la lista di band che ha reso straordinaria la presenza di ciò che il vecchio scriba ha precedentemente asserito.

Spleen XXX è una folgore di istanze conflittuali, bacino di gocce salate, in rovinosa caduta solo per apparati uditivi allergici al rumore più sensato. Certo, trattasi di musica se si parla di questo LP, e pure magnifica, ma ciò che bisogna rilevare è la forza propulsiva che va oltre il fattore di godibilità e di usufrutto: siamo davanti a una telescrivente razionale di flussi dalle gambe diritte, parallele, strutturate per non lasciare dubbi, perché ciò che serve a loro è rendere cosciente l’ascolto attraverso martellate di sensi ispidi e cattivi, di quella cattiveria necessaria ormai introvabile altrove.

Il basso e la chitarra sono, in questo discorso, arcieri e l’emblema di una coabitazione che vive di impellenze scomode. Vanno oltre la bellezza in quanto ferite ammaestrate da intelletti in via di estinzione.

Il drumming è una punizione, spesso ovattata, che percuote, esattamente come le chitarre uscite da una fabbrica di ferro rovente, per costruire sui lividi ricevuti una educazione obbligatoria. Il cantato è una poesia industriale che non deve piacere: è a servizio di una consapevolezza che, con il registro basso, frantuma la comfort zone.

Per tutto ciò affermato siano di esempio le straordinarie movenze di Her Hair e di Beauty: a loro il compito di formare la vostra conoscenza per andare poi a toccare le altre sei composizioni.

Certo: Post-Punk - Gothic Rock - Minimal Wave sono le sponde semplici per dire “wow, belli sti francesi”: siate furbi, andate oltre ciò che facilmente potrebbe rovinare il loro valore e studiate la loro Arte, perché non si può sempre posticipare l’appuntamento con il dovere… E il vostro è quello di prendere appunti: i Maestri di Rouen hanno bisogno del vostro attento ascolto e la Storia non ha tempo da sprecare.

Che sia un prezioso approccio: le poesie di Charles Baudelaire sono un appuntamento immancabile!


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

27 Marzo 2023


https://meidosemrecords.bandcamp.com/album/poems-of-charles-baudelaire





mercoledì 22 marzo 2023

My Review: Yakima Jera - Capture

Yakima Jera - Capture


The shock of seeing Nature only at night puts the mind in a straitjacket: the proponents of this prodigy are Yakima Jera, Germans by nationality but inhabitants of the sacred monsters of the craggy terrain of the Bavarian forest that gives them souls to lust after, to hurt, to kill. Coldwave-kissing rhythms with heavy drumming, Darkwave guitars with burr on the strings, and keyboards lend themselves to making Minimal Wave an obedient slave. Six black nuggets pulled from the woods lead our ears to be attacked by magnetic violence, from which there is no escape. Nice and unnerving to smile as legs bleed and the mind sees reflections of 80s Manchester knocking like a pleasant nightmare. The vocals are a shameless Goddess: she nods and throws us to the floor.


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
22nd March 2023




La mia Recensione: Yakima Jera - Capture

 Yakima Jera - Capture



Lo shock di vedere la Natura solo di notte fa entrare la mente nella camicia di forza: i fautori di questo prodigio sono gli Yakima Jera, tedeschi di nazionalità ma abitanti dei mostri sacri del terreno scosceso della foresta bavarese che gli dona anime da concupire, ferire, uccidere. I ritmi che baciano la Coldwave con il drumming pesante, fanno da base a chitarre Darkwave con la bava sulle corde, e le tastiere si prestano a fare della Minimal Wave una schiava ubbidiente. Sei pepite nere estratte dal bosco conducono le nostre orecchie a essere attaccate dalla violenza magnetica, a cui non c’è modo di sfuggire. Bello e snervante sorridere mentre le gambe sanguinano e la mente vede i riflessi della Manchester degli anni '80 bussare come un piacevole incubo. La voce è una Dea senza pudore: ci annette e ci butta per terra.  


Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
22 Marzo 2023



martedì 7 febbraio 2023

La mia Recensione: Meat Injection - Hang me Love me

 Meat Injection - Hang me Love me


Riuscite a immaginare i Greci vivaci, veloci, in magnifica propensione verso la luce del cielo surfando tra le nuvole con fasci di Dark Electro ed elettronica sensuale? Eccoli, da Atene, con il loro secondo Ep a dare una sferzata alla noia, a conquistare metri di gioia dentro di noi, perché questa band ha tutte le doti che servono per cambiare i confini dei nostri preconcetti e della nostra ignoranza. Sei brani, ventidue minuti e nuovi orizzonti si presentano: si balla, ci si tuffa in musiche che aprono i pori dei pensieri e si guadagna una fetta di salute che, partendo da un fisico che diventa più tonico, ci fa finire a una mente che accoglie scintille di vita pulsante. Nessuna canzone da scegliere: questo è un lavoro compatto, ognuna di loro trascina e conquista, creando una sala da ballo dentro di noi, rendendo la loro scelta musicale anche desiderosa di planare nella Minimal Wave, tra onde elettriche che collegano circuiti temporali che partendo dagli anni ’90 bussano ai giorni nostri rinvigoriti. Sono dischi come questi che danno vitamina al nostro sangue: ancora una volta il cielo di Atene ci ha mostrato che gli Dei ci proteggono…

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

7 Febbraio 2023

https://meatinjection.bandcamp.com/album/hang-me-love-me





My Review: Meat Injection - Hang me Love me

 Meat Injection - Hang me Love me


Can you imagine the lively, fast-paced Greeks, magnificently leaning towards the light of heaven surfing through the clouds with beams of dark electro and sensual electronica? Here they are, from Athens, with their second Ep to give a lash to boredom, to conquer metres of joy within us, because this band has all the skills it takes to change the boundaries of our preconceptions and ignorance. Six tracks, twenty-two minutes and new horizons present themselves: we dance, we dive into music that opens the pores of our thoughts and we gain a slice of health that, starting from a physique that becomes more toned, makes us end up with a mind that welcomes sparks of pulsating life. There are no songs to choose from: this is a compact work, each of them dragging and conquering, creating a ballroom within us, making their choice of music also eager to glide through Minimal Wave, between electric waves that connect time circuits that start from the 90s and knock into the present day reinvigorated. It is records like these that give vitamin to our blood: once again the sky of Athens has shown us that the gods protect us...

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

7th February 2023

https://meatinjection.bandcamp.com/album/hang-me-love-me




mercoledì 4 gennaio 2023

My Review: Iamnoone - together alone

 Iamnoone - together alone


To lose someone, something, to feel thoughts become tangles without solutions, to plunge into the attempt to deliberate a primitive but necessary sentence: having to bring out a way of being oneself, without obligatorily changing one's identity altogether.

In the final zone of pandemic, the two golden-hearted and black-nailed horsemen settle a decisive uppercut in the centre of our waverings: Iamnoone returns to teach us a new attitude with a crystal painting that will transport us to a renewed consciousness, without being in need of oxygen tanks.

While remaining, with regard to the musical style, always in the vicinity of clouds with grey skin, the duo accelerates the choice of a pop methodology that makes this album a gem of absolute value, for a creativity that allows two different entities of expression to be able to coexist peacefully, without quarrels.

Personal relationships (so severely scarred, compromised, imploded and exploded in nearly three years) are filtered, blessed, shaken, put back into circulation on the streets of the world with eight satellite blasts, because from a distance the sounds don't hurt and the colours can still be seen: the best work of the two guys has the wisdom, the skill of a cautious hurricane, making us dance on the waves of a Post-punk kept at bay, giving Cold Wave the task of piloting the sensory ship trying to keep on board prisms of Minimal Wave. With the almost carefree freshness of Pop splinters to make it all a bit sparkling.

Loneliness becomes the centrality that is processed, sought at its devastating and corrosive core, to determine choices that can give a modicum of colour to purple and bloodless faces. Philippe and Seth enter the laboratory equipped with intentions, tools, studies and a flashlight in their minds, to make the murky visible while finding a place to position a new temple. It is always the night that fills the drive of their creations, but there is an intention to leave the darkness alone, to put it to the test.

Judges, priests, doctors, scientists, masons, dancers: Iamnoone knows multiple ways to capture the essential and to release doubts from the cage. But the latter still breathes within their compositions, just enough to give continuity to the previous ones without having to experience the trauma of a divorce.

A work that declares its autonomy and detachment from opposing forces because it has within it pillars of dancing concrete, capable of running away from any possible attack and criticism. Something magically invulnerable comes out of these grooves, and it is incandescent at the end of our listening, even if the musical genres are unfairly associated with coldness. Between the music and the words, our hearts become pyres in a perpetual state of celebration, we have good reason for it, given the quality we are offered to not only enjoy but more importantly to grow. 

Musically: the guitars become less obvious but no less industrious, on the contrary, there is a sublime work of excellent contortions, of wandering movements that give meaning to the main matrix of the compositions which is conferred by the combination of bass and synth. And so it is a trinomial that sounds like a gothic orchestra in a state of grace in contact with the sky, unfiltered, to give complexity and harmony, to make the songs become a compact spark with a thousand entrances and with no exit because one has the feeling that only what is needed goes in, without wavering.

The album slips into the caves where identity deals with the empty spaces and the ones swollen with happenings that have dismembered truths and authenticities, finding a way to untie the knot that threatened to make every perception commit suicide. 

It is time to close the eyes dancing and to examine this record song by song, the old scribe will be moved in stable intensity...


Song by Song


1 - king of pain


Can one be more robust without relying on a plethora of sound normally used by the majority? Of course one can: the opening song of this work proves it to us, as the band finds (seemingly) delicate ways to define an obvious expressive growth but the whole is a well-placed slap, giving synth inlays the impression of relying on downhill dreams, while instead we witness human limitations unable to grasp how much feelings have changed, ending up as a tenuous storm. 


2 - martyr of love


A dancing cross, a dark diamond of Nordic origin, wanders as if afraid, with Seth's linear bass full of melancholy, while Philippe becomes a dreamy circle, over a Coldwave base of guitars in the rear but perfect to guard the texture of a synth in a state of grace: give Iamnoone a few notes and you get the impression of a bullet full of moonbeams.


3 - together alone


Here is the pop face covering Seth's work, supported then by a piano with notes like autumn fertiliser, for the album's title song. What a splendor this embrace between the violent oxymoron and a danceable propensity: and it is love at first sweat. The Italo Dance of the 1980s (the  one with quality and class) has been dusted off magnetically, while maintaining the stylistic gloom of the Italian duo.


4 - happiness


Let the old followers of the two leaden enchantments rest assured: there is still the known and adored DNA in the veins of Philippe and Seth, but here the past is a calf-biting feline excuse because, while we weep with a memory of ancient expanses of well-being (and everything would seem straightforward compared to the dark dish one is used to with them), we also have glimmers of light coming through guitar chimes reminiscent of The Edge and a melody almost on the current of an enchanting carefreeness.


5 - the edge of the world 


We are aboard the stars that offers time to leave it up to us to choose how to waste it... And it is wonder in permanent circulation with this chemical delight that makes our thinking a dutiful contrast agent, allowing the band to determine how things are: they seek and find the summa of their compositional quality and bring it under the sun. Let perfection be in plain sight, always. Drops of Minimal Wave that kiss Coldwave, in the circle of jubilation of sterilized references. 


6 - wasn't you 


Please unroll the carpet of ancient pearls: Iamnoone becomes an unquestionably sovereign of the enchantment that combines the need to absolutely learn from contrary events, being able not to get the musical petals they grew up with out of their skin, bringing into our layers a perfect combo of melancholy and postmodern power in celestial parade.


7 - the broken spell 


Seth takes the lens and lays it on the strings of his bass: and it is the banquet of trembling sound that exhibits its glacial molecule, in generous abundance. The song is a sting in an igloo seeking embrace, the guitar is a sieve able to deflesh, the synth notes kiss the games of the Gods of Darkness, and everything seems to be the atmospheric stench after a nuclear mushroom: the broken spell finds its throne to celebrate the massive sadness that in Philippe's theatrical and magnetic voice perfects the case of a diamond of infinite beauty that we can see among these sound waves.


8 - falling on my knees 


Let forgiveness determine the value of feelings: to do so, the closing track seals the whole album, with a musical move that makes the style and concreteness of this killer but silk-gloved duo unattainable. The pace is always consistently fast, but it experiences a slowness within it whose presence we feel, which deceives and takes over as this composition completes the absolute growth of the messengers of the dutiful replacement of behavioral designs. Coldwave puts the polish on the ten fingers and sketches magic and madness, fear and devotion, for a resounding end that establishes the band's final entry into the golden-faced artistic circus...

Alex Dematteis
Musicschockworld
Salford
5th January 2023

Album out on 6th January 2023

The album will be available here:


Thanks to Cold Transmission Music




La mia Recensione: Iamnoone - together alone

Iamnoone - together alone


Perdere qualcuno, qualcosa, sentire i pensieri divenire grovigli senza soluzioni, immergersi nel tentativo di deliberare una sentenza primitiva ma doverosa: dover far emergere una modalità di essere se stessi, senza obbligatoriamente cambiare del tutto la propria identità.

Nella zona finale della pandemia i due cavalieri dal cuore dorato e dalle unghie nere sistemano al centro dei nostri tentennamenti un uppercut decisivo: gli Iamnoone tornano per insegnarci una nuova attitudine con un dipinto di cristalli che ci trasporterà verso la coscienza rinnovata, senza essere bisognosa di bombole di ossigeno.

Pur rimanendo come stile musicale sempre nei dintorni di nuvole con la pelle grigia, il duo accelera la scelta di una  metodica pop che rende questo album una chicca di assoluto valore, per una creatività che permette a due diverse entità di espressione di poter convivere serenamente, senza litigi.

I rapporti personali (così gravemente segnati, compromessi, implosi ed esplosi in quasi tre anni) vengono filtrati, benedetti, scossi, rimessi in circolo per le strade del mondo con otto esplosioni satellitari, perché da lontano i suoni non fanno male e i colori si riescono comunque vedere: il lavoro migliore dei due ha la saggezza, l’abilità di un uragano cauto, che ci fa danzare sulle onde di un Post-punk tenuto a bada, dando alla Cold Wave il compito di pilotare la navicella sensoriale cercando di tenere a bordo prismi di Minimal Wave. Con la freschezza quasi spensierata di schegge Pop a rendere il tutto un po’ frizzante.

La solitudine diventa la centralità che viene processata, cercata nel suo nucleo devastante e corrosivo, per determinare scelte che possano dare un minimo di colore a volti paonazzi, esangui. Philippe e Seth entrano nel laboratorio provvisti di intenzioni, strumenti, studi e una torcia nella mente, per rendere visibile il torbido e al contempo trovare un luogo dove collocare un nuovo tempio. È sempre la notte a riempire la pulsione delle loro creazioni, ma c’è l’intenzione di lasciare l’oscurità da sola, di metterla alla prova.

Giudici, preti, dottori, scienziati, muratori, ballerini: gli Iamnoone conoscono molteplici modalità per catturare l’essenziale e per liberare i dubbi dalla gabbia. Ma quest’ultima respira ancora dentro le loro composizioni, quel poco che serve per dare continuità a quelle precedenti senza dover vivere il trauma di un divorzio.

Un lavoro che dichiara la propria autonomia e il proprio distacco da forze contrarie perché ha al suo interno pilastri di cemento armato danzante, capaci di correre via da ogni eventuale attacco e critica. Qualcosa di magicamente invulnerabile esce da questi solchi, ed è incandescente il finale di questo ascolto, seppure i generi musicali siano ingiustamente associati alla freddezza. Tra musiche e parole i nostri cuori diventano roghi in perenne stato di celebrazione, ne abbiamo ben donde, vista la qualità che ci viene offerta per poter non solo godere ma soprattutto crescere. 

Musicalmente: le chitarre si fanno meno evidenti ma non per questo meno operose, anzi, c’è un lavoro sublime di contorsionismi eccellenti, di movimenti girovaghi che danno senso alla matrice principale delle composizioni che è conferito dal binomio basso e synth. Ed è dunque un trinomio che sembra un’orchestra gotica in stato di grazia a contatto con il cielo, senza filtri, per dare complessità e armonia, per far divenire le canzoni una scintilla compatta dai mille ingressi e da nessuna uscita perché per davvero si ha la sensazione che entri solo quello che serve, senza tentennamenti.

L’album scivola nelle cavità dove l’identità fa i conti con gli spazi vuoti e quelli gonfi di accadimenti che hanno smembrato le verità e le autenticità, trovando il modo per sciogliere il nodo che rischiava di far suicidare ogni percezione. 

Il tempo di chiudere gli occhi danzando e poi via, canzone dopo canzone, il vecchio scriba si commuoverà in stabile intensità…


Song by Song


1 - king of pain


Si può risultare più robusti senza per questo affidarsi a una pletora sonora normalmente usata dai più? Certo che sì: la canzone di apertura di questo lavoro ce lo dimostra, perché la band trova modalità  (apparentemente) delicate per definire una evidente crescita espressiva ma l’insieme è uno schiaffo ben assestato, dando a intarsi di synth l’impressione di affidarsi a sogni in discesa libera, mentre invece assistiamo ai limiti umani incapaci di intendere quanto siano cambiati i sentimenti, finendo per divenire una tenue tempesta. 


2 -  martyr of love


Una croce danzante, brillante oscuro di provenienza nordica, vaga come impaurita, con il basso lineare di Seth pieno di malinconia, mentre Philippe diventa un cerchio onirico, su una base Coldwave delle chitarre in retrovia ma perfette per fare da guardiano della trama di un synth in stato di grazia: date poche note agli Iamnoone e avrete l’impressione di un pallottoliere fertile di raggi lunari.


3 -  together alone


Ecco la faccia pop che ricopre il lavoro di Seth, supportato poi da un piano dalle note come concime autunnale, per la canzone che dà il titolo all’album. Che splendore questo abbraccio tra l’ossimoro violento e la propensione danzereccia: ed è amore a primo sudore colante. La Italo Dance degli anni ’80 (quella di qualità e di classe) trova una rispolverata magnetica, mantenendo però la cupezza stilistica del duo italiano.


4 - happiness


Che i vecchi seguaci dei due incanti plumbei stiano tranquilli: c’è ancora il conosciuto e adorato Dna nelle vene di Philippe e Seth, ma qui il passato è una scusa felina che morde i polpacci perché, se da una parte si piange con un ricordo di antiche distese di benessere (e tutto sembrerebbe lineare rispetto alla pietanza oscura a cui si è abituati con loro), dall’altra abbiamo anche bagliori di luce che passano attraverso rintocchi di chitarra che richiama The Edge e una melodia quasi sulla corrente di una incantevole spensieratezza.


5 - the edge of the world 


Siamo a bordo delle stelle che portano il tempo a lasciare a noi la scelta di come sprecarlo… Ed è meraviglia in circolo permanente con questa delizia chimica che rende il nostro pensare un liquido di contrasto doveroso, consentendo alla band di determinare come stanno le cose: cercano e trovano la summa della loro qualità compositiva e la portano sotto il sole. Che la perfezione sia ben in vista, sempre. Gocce di Minimal Wave a baciare la Coldwave, nel girone del tripudio di richiami sterilizzati. 


6 - wasn’t you 


Srotolate il tappeto di perle antiche: gli Iamnoone diventano indiscutibilmente sovrani dell’incanto che unisce la necessità di imparare assolutamente dagli eventi contrari, essendo capaci di non togliersi dalla pelle i petali musicali con cui sono cresciuti, portando nei nostri strati un combo perfetto di melanconia e potenza postmoderna in parata celestiale.


7 - the broken spell 


Seth prende la lente e la posa sulle corde del suo basso: ed è il banchetto del suono tremante che esibisce la sua molecola glaciale, in generosa abbondanza. Il brano è una puntura in un igloo in cerca di abbracci, la chitarra è un setaccio che scarnifica, le note di synth baciano i giochi degli Dèi delle tenebre e tutto sembra essere il puzzo atmosferico dopo un fungo nucleare: l’incantesimo spezzato trova il suo trono per celebrare la tristezza massiccia che nella voce teatrale e magnetica di Philippe perfeziona la custodia di un diamante dalla bellezza infinita che possiamo vedere tra queste onde sonore.


8 - falling on my knees 


Che sia il perdono a stabilire il valore dei sentimenti: per farlo il brano di chiusura suggella tutto l’album, con una mossa musicale che rende irraggiungibili lo stile e la concretezza di questo duo assassino ma dai guanti di seta. Il ritmo è sempre costantemente veloce, ma vive una lentezza al suo interno di cui sentiamo la presenza, che inganna e prende il sopravvento, perché questa composizione completa l’assoluta crescita dei messaggeri del doveroso ricambio di disegni comportamentali. La Coldwave mette lo smalto sulle dieci dita e tratteggia magia e follia, paura e devozione, per un clamoroso finale che stabilisce l’ingresso definitivo della band nel circo artistico dal volto dorato…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

5 Gennaio 2023


L'album esce domani 6 Gennaio 2023

Sarà disponibile a questo link:

https://iamnoone1.bandcamp.com/album/together-alone

Grazie a Cold Transmission Music



 


mercoledì 21 dicembre 2022

La mia Recensione: Tout Debord - Ça ne veut rien dire

 La mia Recensione:


Tout Debord - Ça ne veut rien dire


Ci sono città che dormono respirando la follia degli allori che impediscono agli arti della mente di muoversi, di ossigenarsi, di continuare a produrre cibo essenziale per giustificare il presente.

Parigi invece no: instancabile, intelligente, prosegue il suo cammino creando arte in tutti i settori, con quella dimestichezza che sicuramente è albergata nel suo DNA.

Poi, in quanto a originalità, possiamo benissimo chiudere entrambi gli occhi: la qualità non manca e la vittoria del movimento sulla pigrizia è accertata, verificata, sublimata.

Lo scriba scruta, bussa alle porte della città, tutte, ed entra soddisfatto in quella aperta da Leonid Diaghilev, colui dietro e dentro il quale vive l’idea di portare la musica di Tout Debord nella stratosfera sopra il polo artico.

In questa poltiglia di elettronica propensione alla danza schematizzata ed essenziale, vi sono schizzi sublimi di pennellate estasianti, un cercare il trucco per far pendere l’ascolto verso il sacro cerchio della dotazione crescente.

Sedici minuti scarsi, cinque composizioni e la certezza che siano più che sufficienti per inquadrare musica raffinata e potente da essere in grado di instaurare una felice dipendenza grigia. 

Sì, grigia, come l’atmosfera che circonda le nuvole sopra i camini di fabbriche operative ventiquattro ore al giorno. L’elettronica basilare e contemplativa inglese della seconda metà degli anni ’70 sembra aver attratto Leonid, portando fuori asse il solito nazionalismo francese.

Quindi? Stupore in armoniosa proliferazione si presenta e cementa i grazie che abbracciano queste canzoni, che spaziano attraverso i generi musicali ma sono sempre pulsanti di buongusto e precipitazioni emotive.


La musica proposta è quindi generosa, vivace, dentro le particelle velenose di un presente che dimentica il sole, viaggiando sulle dance floors della capitale francese, come energetica dimostrazione di un ribaltamento nei confronti della concezione di quale sia la parte più desiderata di ogni giornata. Qui sicuramente è la danza, il desiderare occhi chiusi che producono sogni che sembrano essere stimolati da questo esercizio sonoro sempre attaccato alla minimal wave più contemplativa, alla Coldwave più raffinata, al Synthpop meno avvezzo alla facile digestione e ai parallelepipedi di un elettrofunk sublime.


Facile immaginarlo con gli occhi verso le sue tastiere, ricoperte di riflessi ’70 e ’80, instancabile, mentre studia la mappatura dei suoni di quegli anni per cercare libertà di manovra, indipendenza, per potersi staccare da paragoni che gli toglierebbero poesia, perché è proprio quest’ultima a regnare violentemente in questo Ep. E si presenta nella tessitura di trame spesse di storie, con strumenti e stili che già da soli sanno riempire gli occhi di acqua in movimento.


 Ci si ubriaca di impalcature essenziali ma potenti, efficaci, mancine di sicuro, perché in questi brani il diavolo non ha bisogno di provocare facilmente dolore: altri sono gli obiettivi e te ne accorgi alla fine dell’ascolto, quando l’energia ti ha abbandonato. 

Con richiami evidenti a fare dei loop i fedeli alleati per attirare consensi e slanci, tutto trova posizione nel delirio del piacere che modifica continuamente direzione e modalità.


Corriamo a guardare queste canzoni da vicino e potrete sicuramente celebrarne la bellezza…


Song by Song 


1 Les gens sont les gens


Ed è subito Synthpunk a livelli acidi, in una pozzanghera dove al posto del fango vediamo danzare farfalle piene di bracciali Synthwave: tutto è robotico e gelido, la melodia però presenta il volto nel finale.


2 Ça ne veut rien dire


Si prosegue con un ritmo e uno schema apparentemente simili, ma in questo frangente il synth disegna volti cupi e il cantato fa da contrasto solo per quanto concerne le linee melodiche. Ma è un momento che viene anestetizzato da un suono metallico, capace di circondare i fianchi della canzone.


3 Aveugle


La canzone divina arriva ed è estasi glaciale, lo sbarramento del potere del sole. La parte ritmica è incessante, i toni bassi della tastiera sostengono il cantato che è un grumo di sangue ripetuto. 


4 Le miroir 


Il livello qualitativo si conferma a quote alte: il brano raggiunge le zone di una Darkwave timida ma robusta, un tracciato di attesa crea il pathos che governa e strega il nostro respiro. Il cantato si abbassa ulteriormente per scavare il terreno dove si balla tra gocce di nero.


5 QCH


L’ultimo visibilio sorprende: si cambia panorama, mood, saltando nella Yugoslavia dei primi anni ’80 e nel Belgio fertilissimo. È la testa che pilota il tutto, in un sentire l’ebm come un flash che si contamina con bisturi elettronici di grande capacità nel tagliare la pelle e concedere spazi al prurito di una selvaggia Coldwave francese.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

22 Dicembre 2022


https://tout-debord.bandcamp.com/album/a-ne-veut-rien-dire-detriti


https://open.spotify.com/album/2zcnVLuMRh5h36iYTFTkv2?si=phzhk5YxTR-DCckZ8eypBA











La mia Recensione: Sinéad O’Connor - The Lion and the Cobra

  Sinéad O'Connor - The Lion and the Cobra In un mondo che cerca la perfezione, i capolavori, lo stupore garantito senza dover fare fati...