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domenica 12 febbraio 2023

La mia Recensione: Cerulean Veins - Black

Cerulean Veins - Black


Nel giorno nel quale si festeggia l'amore con la ricorrenza di San Valentino, una coppia decide di donare quintali di movenze amorose attraverso un album che è una manifestazione evidente di una crescita artistica clamorosa, riuscendo a inventare una gioia gotica dentro un serbatoio pieno di movimenti apparentemente colmi di ombre e tenebre, ma che alla fine danza offrendoci sorrisi e raggi di sole nel cuore.

La band di San Diego, composta da Dustin Frelich e Amanda Toombs, incide il suo disco perfetto, inebriante, con una serie di canzoni che sono pietanze nutrienti, che danno energia e smentiscono chi considera i generi musicali da loro proposti come destinati alla depressione, al vittimismo e a una visione cupa. Tutto ciò qui è custodito come elemento prezioso ma non domina, non riesce a farci desiderare un pessimismo gotico bensì un apprezzamento nei confronti della vita, consapevole, proprio perché loro non sono dimentichi della concretezza, sono immensamente connessi alla realtà, tuttavia la musica proposta alla fine rischiara le tenebre in un abbraccio caldo e dinamico.

Una tavolozza Pop e potente, segnata da quelle gocce velenose di buio che non possono mancare. La maturità del duo consiste nel non essere complici di cliché ripetuti, ma nel cercare una proposta che scavalchi la storia, almeno la propria, per svelare che nelle loro vene il Post-Punk pulsa rinnovato, che la loro distinta propulsione Darkwave e Coldwave qui subisce un lifting, un deciso assestamento verso la diminuzione della parte elettronica con tastiere meravigliosamente semplici che sono bilanciate per dare alla chitarra, alla batteria e al basso il ruolo di dominatori assoluti. Quindi è obbligatorio il nostro grazie a Amanda, che, con discrezione ma grande professionalità, distribuisce la sua grazia con misura ed eleganza. Dal canto suo Dustin è una serie di muscoli a contatto con la poesia, con le sue chitarre pregne di ritmo e orchestrazioni gentilmente assassine, alle quali si ubbidisce donando loro la nostra adorazione. Il basso, spesso tenuto sotto la pelle, rivela una maestria assoluta nella esaltazione delle melodie riuscendo a dare, contemporaneamente, un prezioso apporto a ritmi che mai come in questo album profumano di un incastro sublime tra la necessità della danza e il circondare il fianco sensuale della morbidezza.

 Si sosta, si prende atto che i due hanno voluto dipingere di freschezza il loro stile, mantenendo inalterata la loro formula della ricerca di brani orecchiabili ma, mai come ora, ci riescono quasi modificando i tratti del loro profondo mistero, ed è questa la magia principale che rende questo lavoro così potente ed essenziale. Si respirano storie, si partecipa alla scrittura di un perimetro del destino che loro hanno deformato, piegato e poi drizzato affinché divenisse la base di un prossimo futuro, ma intanto il loro presente è fatto di tensione educata, indirizzata verso la bellezza di canzoni che baciano l'arcobaleno, senza vergogna. È cosa buona e giusta rilevare come niente suoni più credibile di una band che ha sempre cercato di donare alla danza un valore più intimo e che ora invece la porta nei confini di grandi stadi, di piazze enormi, all’interno di Supermercati e soprattutto tra le corsie del cielo, perché i dieci brani sono pirati dai capelli dorati in grado di stare nella scia di ogni grande dimensione. 

I testi, scritti a quattro mani dai due, portano gli incubi a vivere dentro i sogni, trovando nella realtà un'aura magica, che penzola tra il bisogno e la fantasia, come un diamante immerso nell'acqua dell'oceano. Ed è davvero un album costruito sulla schiena di quelle onde perché fa scivolare le canzoni con sensualità nel tempo: quaranta minuti di abbandono al piacere di una fisicità che si trova coniugata a pensieri maturi e costruttivi.

Alla tristezza, che non può sicuramente mancare, vengono consegnate le chiavi che aprono la porta a desideri di vita che Amanda e Dustin tengono tra i palmi della loro rinnovata propensione a non voler rifiutare la coabitazione tra estremi che sono inevitabili. Ecco che l'album è una casa tra le onde di un caos ragionato, illuminante e non distruttivo, donando una grande lezione a tutti, come una tavola di una scrittura antica che avevamo negato a noi stessi di leggere.

Capace di compiere imprese nemmeno immaginabili, l'incastro tra le musiche e i testi fa anche rilevare come la produzione sia in grado di voler conferire al tutto la medesima importanza. Riuscendoci. 

Poi la voce e lo stile inimitabile di Dustin sono le calamite, le orche assassine che mordono la nostra carne rendendola obbediente, in una cedevolezza certa ed efficace, perché questo uomo è benedetto da un talento indiscutibile e dalla professionale ricerca di trame melodiche che sequestrano il nostro ascolto. Non si può sfuggire a questa pulsione romantica che è data dalla vibrazione dalle sue uniche corde vocali che, miscelate a testi vigorosi, portano come risultato una gioia quasi esplosiva in noi.

L'abilità più evidente di queste queste nove bambine danzanti e di una su un’altalena proprio alla fine dell'album è quella di essere un delirio dalle facce multiple, un serpente dalle dieci code sempre votato a mostrare i tremori e le paure avendo le braccia aperte, per un tuffo nell'oscurità senza temere la morte. Ecco che i due sono i perfetti eredi di band che hanno provato a fare questo, ma sono proprio loro ad aver centrato l'obiettivo. 

Saper prendere la storia della musica grigia e nera, rispettandola, ma buttandola in autostrade colorate è un'impresa titanica e il risultato è sotto i colpi di una batteria potente e perfetta, nel basso che come un drago lancia fiamme su chitarre che giocoforza si trovano a essere scintillanti. Chi se ne frega di che generi musicali stiamo parlando: nell'ascolto c'è un sequestro indiscutibile della stupidità perché loro abitano l'intelligenza che volge le spalle al prevedibile, a ciò che è stanco e incapace di fornire la verità.

Quando un’opera artistica fa porre domande, suggerisce risposte, si permette una zona misteriosa che non è astensione ma riflessione, allora possiamo tranquillamente affermare che l'album perfetto esiste ed è questo Black, regnante per un futuro prossimo che in qualsiasi tragedia avrà comunque il suo sorriso maturo...


Song by Song


1 - Infinite Love


Sin dalle prime note, tra la voce piena di ruggine e accordi semplici, si intuisce come siamo davanti a una innovazione. Giunge il ritmo, la chitarra affonda le unghie e con il ritornello si aprono i sorrisi, tra lacrime e pensieri in cerca di una rete. Un mini solo di chitarra rivela come i Cerulean Veins abbiano una buona memoria storica nei confronti di quel Post-Punk americano degli anni '90 che non ha avuto molta fortuna. La canzone è un tatuaggio dalla forma di una cicatrice che abbraccia il sentimento anche se sofferente. Quando la potenza e la melodia si mettono l’anello, l'amore può essere solo infinito...


2 - Love Won't Save Us Now


Dirompente nella ritmica, con le oscillazioni della chitarra che graffiano la pelle, e la solita, imponente, meravigliosa voce di Dustin Frelich a rendere l’ascolto un piacere dalle lacrime danzanti. Quando la strofa e il ritornello convivono come conseguenza legittima di un flirt focoso e appassionato, ciò che ne consegue è un benessere cupo che conduce al vertice del godimento inarrestabile. Lui e sua moglie Amanda Ashley Toombs pilotano e dirigono questa band verso territori dove gli sguardi coscienti si appiccicano al bisogno di organizzare il tempo in una bolla in cui custodire il respiro. Accade allora di impattare nella storia del fallimento dell’amore, che non salverà, non proteggerà più le persone, e per convincerci di tutto questo lo fanno scrivendo una canzone che, spingendoci a muoverci muovere senza sosta nei nostri spazi vitali, ci toglierà un po’ di dolore ma non la consapevolezza.


3 - Dancing With Shadows


Mostrare le paure e trovare il potere di ballare, mentre i sogni conducono all'amore e nulla dorme ritrovandoci a essere corpi in movimento nel territorio scomodo delle ombre ma, merito del brano, nulla è nemico. Esempio di come bastino pochi accordi e un arrangiamento potente per fare di una canzone un’amante perfetta. Ed eccola la gioia gotica che distribuisce intense scariche elettriche, chitarre ammaestrate a essere arpioni della mente e la voce che tra echi, riverberi e la sua tonsilla potente, apre la strada verso una dance floor in attesa di corpi inebriati.


4 - Tempted Hearts


Infarto iniziale: sono nati i Joy Division americani? No, tranquilli, è solo la classe di questa coppia artistica che sa come stuzzicare, rendere grazie di un passato ormai lontano per poi fuggire addirittura da se stessa. E dopo pochi secondi ritroviamo alcune cellule di Ado, il loro secondo album, a ricordarci da dove arriva la band di San Diego. Ma poi: mulinelli di tamburi, chitarre come trappole dimostrano il cammino stupefacente in cui la melodia deve sempre portare uno strappo dentro l'infelicità. Si canta con le mani sulla testa, mentre le gambe vanno via per danzare una gemma Post-Punk colorata di Pop. Nucleare, piacevolmente devastante.


5 - Inescapably Loveless 


Wayne Hussey osserva: forse la band Americana gli potrebbe servire per trovare ispirazione. Le idee qui manifestano la brillantezza, l'attitudine a scrivere una canzone che scavalca la Darkwave e ci porta davanti al giardino del cuore, con il ritmo che salta, cambia velocità, dando al basso il trono dello schiaffo e poi con il ritornello si può essere felicemente tristi.


6 - Only The Love


Il luogo perfetto di questa traccia musicale è la strada, dove può correre e portare le sue fiamme Rock, Pop e Post-punk a ossigenare le orecchie, perché questo è un brano che ha radici lontane e si manifesta irresistibile nel ritornello con la sua inclinazione tra gli anni '80, sponda Francese, e la classica forma di disinteresse americano nei confronti di tutto ciò che è a presa rapida. E invece ecco che la melodia non ha bisogno di eccessi per essere ficcante e per creare vertici di piaceri assoluti.


7 - Forever Tonight


Il momento perfetto, il risultato del loro duro lavoro si compie in questo delirio sonoro, la summa di una carriera che tocca il cielo: si piange ballando negli echi di Psychedelic Furs, Echo & The Bunnymen, The Sound e tantissima classe dei Cerulean Veins che qui, tra chitarre semiacustiche, chitarre ritmiche e arpeggio regale, la tastiera che con due note regala voli infiniti e uno splendido lavoro di cambi ritmo, produce il più grande abbraccio tra gli anni ’80 e gli anni duemila. 


8 - Dance Human Dance


Ecco che il loro penultimo album Blue riecheggia, ci fa capire come la parte elettronica e la Coldwave possano ancora coesistere, in uno stato di grazia che non dimentica il proprio dna. Tra Kiss (I Was Made for Lovin’ You), Blondie e Talking Heads, il brano trova la sua vorace dimensione pop.


9 - Nothing Left But Love


Tornano i Psychedelic Furs nei primi secondi del brano e nell'atteggiamento di un canto che apre le piume mentre il ritmo incalza e sovrasta, facendosi capace di rallentamenti e accelerazioni, con il drumming preciso e volatile e le chitarre come graffi piacevoli sulla pelle di uno spirito che, rassegnato, si ritrova l'amore dentro di sé. Spettacolare esempio della loro molteplice capacità stilistica.


10 - Love Will Remanin


Tutto Black è pregno di amore e la chiusura afferma ciò che resterà per sempre nelle tenebre: il suo potere di rimanere intatto e sempre potente. Ed eccoci davanti all'unica vera canzone che solo apparentemente non ha bisogno di un ritmo vorticoso perché, se si ascolta bene, nel cantato e nella chitarra breve dalle macchie Post-Punk esiste una complicità che ci fa battere forte il cuore, in quanto qui le emozioni piangono sulla nostra pelle. Quando poi si arriva a un robusto crescendo nella parte finale e la batteria diventa una tribù dentro le tenebre, allora si può capire quanto questo album sia semplicemente una meraviglia che dà finalmente al colore nero il potere di farci felici e non di condurci alla sofferenza..

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

13 Febbraio 2023

https://ceruleanveins.bandcamp.com/album/black



 

My Review: Cerulean Veins - Black

 Cerulean Veins - Black


On Valentine’s Day when we celebrate love, a couple decide to give us quintals of loving motions through an album that is a clear manifestation of resounding artistic growth, managing to invent a gothic joy within a tank full of movements seemingly filled with shadows and darkness, but which in the end dances offering us smiles and rays of sunshine in our hearts.

The band from San Diego, composed of Dustin Frelich and Amanda Toombs, record their perfect, intoxicating album with a series of songs that are nourishing, give energy and contradict those who consider the musical genres they offer as destined for depression, victimhood and a gloomy point of view. All this is preserved here as a precious element, but it does not dominate, it does not succeed in making us wish for a gothic pessimism, but rather an aware appreciation for life, precisely because they are not oblivious to concreteness, they are immensely connected to reality, however the music they offer ultimately illuminates the darkness in a warm and dynamic embrace.

A pop but powerful palette, marked by those poisonous drops of shadows that cannot be missed. The duo's maturity consists in not being complicit in repeated clichés, but in seeking a proposal which bypasses history, at least their own, to reveal that in their veins Post-Punk pulses renewed, that their distinct Darkwave and Coldwave propulsion here undergoes a facelift, a decisive settling towards the diminution of the electronic part with wonderfully simple keyboards that are balanced to give the guitar, drums and bass the role of absolute rulers. So our thanks are mandatory to Amanda, who, with discretion but great professionalism, distributes her grace with measure and elegance. For his part, Dustin is a series of muscles in touch with poetry, with his guitars full of rhythm and gently murderous orchestrations, to which we obey, giving them our adoration. The bass, often held under the skin, reveals an absolute mastery in the exaltation of melodies while managing to make a valuable contribution to rhythms that never before as in this album smell of a sublime interlock between the necessity of dance and the sensual side of softness.

You pause, you take note that the two of them wanted to paint their style with freshness, keeping their formula of searching for catchy tunes unchanged but, never before, they almost succeed in doing so by altering the traits of their deep mystery, and this is the main magic that makes this work so powerful and essential. One breathes stories, one participates in the writing of a perimeter of destiny that they have deformed, bent and then straightened to become the basis of a near future, but in the meantime their present is made of polite tension, directed towards the beauty of songs that kiss the rainbow, without shame. It is right and just to point out that nothing sounds more credible than a band that has always tried to give dance a more intimate value and now takes it into the confines of large stadiums, huge squares, inside supermarkets and above all in the lanes of heaven, because the ten tracks are golden-haired pirates capable of standing in the wake of every great dimension. 

The lyrics, co-written by both of them, bring nightmares to live inside dreams, finding in reality a magical aura, dangling between need and fantasy, like a diamond dipped in ocean water. And it is indeed an album built on the back of those waves, because it sensuously makes the songs glide through time: forty minutes of abandonment to the pleasure of a physicality that is combined with mature and constructive thoughts.

The sadness, which is certainly not to be missed, is given the keys that open the door to desires for life that Amanda and Dustin hold in the palms of their renewed propensity through not wanting to refuse the cohabitation of extremes that are inevitable. Here, the album is a home in the waves of reasoned, illuminating and non-destructive chaos, giving a great lesson to all, like a table from an ancient writing that we had denied ourselves to read.

Capable of accomplishing feats not even imaginable, the interplay between music and lyrics also makes it clear how the production is able to give everything equal importance. Succeeding. 

Then Dustin's voice and inimitable style are the magnets, the killer whales that bite into our flesh, making it obedient, in a certain and effective yielding, because this man is blessed with an unquestionable talent and a professional search for melodic textures which enchant our listening. We can’t escape from this romantic impulse that is provided by the vibration of his unique vocal chords that, mixed with vigorous lyrics, result in an almost explosive joy in us.

The most obvious ability of these nine dancing babes and one on a swing at the very end of the album is that of being a delirium with multiple faces, a ten-tailed snake always bent on showing tremors and fears with open arms, for a plunge into darkness without fearing death. Here, the two are the perfect heirs to bands that have tried to do this, but they are the ones who hit the target. 

Knowing how to take the history of grey and black music, respecting it, but throwing it into colourful highways is a titanic feat, and the result is under the blows of powerful and perfect drums, in the bass that like a dragon throws flames on guitars that are bound to be sparkling. Who cares what genre of music we are talking about: in listening there is an unquestionable seizure of stupidity, because they inhabit the intelligence that turns its back on the predictable, on that which is tired and incapable of providing truth.

When an artistic work makes one ask questions, suggests answers, allows itself a mysterious zone that is not abstention but reflection, then we can safely say that the perfect album exists and it is this Black, reigning for a near future that in any tragedy will still have its conscious smile…


Song by Song


1 - Infinite Love


From the very first notes, between the rusty voice and simple chords, you can sense that we are in front of an innovation. The rhythm arrives, the guitar sinks its nails and with the refrain the smiles open, amongst tears and thoughts searching for a net. A mini guitar solo reveals how Cerulean Veins have a good historical memory of that American Post-Punk of the 90s that did not have much luck. The song is a tattoo in the shape of a scar that embraces feeling even if it is suffering. When power and melody get married, love can only be infinite...


2 - Love Won't Save Us Now


Disruptive in rhythm, with skin-scratching guitar swings, and Dustin Frelich's usual, commanding, marvellous voice making listening a delight with dancing tears. When verse and refrain coexist as a legitimate consequence of a fiery, passionate flirtation, what ensues is a gloomy well-being that leads to the pinnacle of unstoppable enjoyment. He and his wife Amanda Ashley Toombs pilot and direct this band into territories where conscious glances cling to the need to organise time in a bubble in which to hold one's breath. It happens, then, to impact on the story of the failure of love, which will not save, will no longer protect people, and to convince us of this they do so by writing a song that, urging us to move relentlessly in our living spaces, will take away some of the pain but not the awareness.


3 - Dancing With Shadows


Showing fears and finding the power to dance, as dreams lead to love and nothing sleeps, we find ourselves to be moving bodies in the uncomfortable territory of the shadows but, to the song's credit, nothing is the enemy. An example of how a few chords and a powerful arrangement are enough to make a track a perfect lover. And here is the gothic joy that distributes intense electric shocks, guitars trained to be harpoons of the mind and the voice that among echoes, reverberations and its powerful tonsil, opens the way to a dance floor waiting for inebriated bodies.


4 - Tempted Hearts


Initial heart attack: were the American Joy Division born? No, don't worry, it's just the class of this artistic couple who know how to tease, how to make thanks of a now distant past and then even escape from themselves. And after a few seconds we find a few cells of Ado, their second album, reminding us where the San Diego band comes from. But then: swirls of drums and guitars like snares demonstrate the amazing path where melody must always bring a tear into unhappiness. You sing with your hands on your head, while your legs go away to dance a Post-Punk gem coloured with Pop. Nuclear, pleasantly devastating.


5 - Inescapably Loveless 


Wayne Hussey observes: perhaps he could use the American band for inspiration. The ideas here show the brilliance, the attitude to write a song that bypasses Darkwave and takes us to the garden of the heart, with the rhythm that jumps, changes speed, giving the bass the throne of the slap and then with the refrain you can be happily sad.


6 - Only The Love


The perfect place for this track is on the street, where it can run and bring its Rock, Pop and Post-punk flames to oxygenate the ears, because this is a song that has distant roots and is irresistible in the chorus with its inclination between the French 80s and the classic American form of disinterest in all that is fast-paced. Instead, the melody doesn't need excess to be penetrating and to create heights of absolute pleasure.


7 - Forever Tonight


The perfect moment, the result of their hard work is fulfilled in this sonic delirium, the summa of a career that touches the sky: one cries while dancing in the echoes of Psychedelic Furs, Echo & The Bunnymen, The Sound and a lot of Cerulean Veins' class that here, amid semi-acoustic guitars, rhythmic guitars and regal arpeggios, keyboards that with two notes give infinite flights and a splendid work of rhythm changes, produces the greatest embrace between the 80s and the 2000s.


8 - Dance Human Dance


Here their penultimate album Blue echoes, showing us how the electronic and Coldwave sides can still coexist, in a state of grace that does not forget its own DNA. Between Kiss (I Was Made for Lovin' You), Blondie and Talking Heads, the track finds its voracious pop dimension.


9 - Nothing Left But Love


The Psychedelic Furs return in the first few seconds of the track and in the attitude of a song that opens its feathers while the rhythm presses and dominates everything, making itself capable of slowing down and accelerating, with precise and volatile drumming and guitars like pleasant scratches on the skin of a spirit that, resigned, finds love within itself. Spectacular example of their multifaceted stylistic ability.


10 - Love Will Remanin


All Black is filled with love and the end affirms what will forever remain in darkness: its power to stay intact and ever powerful. And here we come to the only song that only apparently doesn't need a swirling rhythm because, if you listen carefully, there is a complicity in vocals and in the short guitar with its Post-Punk stains that makes our hearts beat faster, since emotions weep on our skin here. When we comes to a robust crescendo in the final part and the drums become a tribe within the darkness, then you can understand how this album is simply a marvel that finally gives the colour black the power to make us happy and not lead us to suffering…


Alex Dematteis

Muscishockworld

Salford

13th February 2023


https://ceruleanveins.bandcamp.com/album/black





martedì 3 gennaio 2023

La mia Recensione: The Slow Readers Club - Modernise

 The Slow Readers Club - Modernise


Il mondo conserva una sola bellezza: quella di non cedere.

Ci vuole una forza incredibile per vivere dentro questo impeto, spesso non credibile, vista la massa infinita di violenze che lo rendono pressoché bruttissimo e insostenibile. E la residenza di questa bellezza rivela contraddizioni che diventano respiri torbidi e annacquati, senza una parvenza di credibilità…

Manchester la grigia, l’intossicata di fragili tendenze tecnologiche, di pulsioni verso l’assoluta distruzione di un glorioso passato, la nuova città liberale connessa a una americanizzazione pesante, ha tra i suoi cittadini quattro ragazzi che sanno mediare perfettamente e riducono il disastro con un atteggiamento tra il progressista e il conservatore. E, nella loro costante crescita artistica, sono in grado di connettere quella umana con sguardi, tecniche,  sogni e abilità che traducono il talento in una casa piena di ogni tesoro necessario, sapendo custodire quello che fuori potrebbe smarrirsi. Ma il loro potere più grande è proprio quello di mettere a disposizione del mondo i beni del loro alveare senza veder consumata nemmeno una goccia del loro miele.

La loro avanzata verso traiettorie che possano includere evoluzioni, varianti, ritorni e slanci futuristi è inarrestabile: nuovo esempio è il loro nuovo singolo Modernise, ultimo momento disponibile prima del loro imminente sesto album in studio Knowledge Freedom Power, in uscita il 24 di Febbraio.


Spingono totalmente verso il dark electro mediante il quale, con Cavalcade, avevano incominciato a rendere i cuori di molti pieni di colori e gravidi di ammirazione, con in aggiunta una accortezza maggiore nella fase di produzione, stabilendo il contatto irresistibile di una presa melodica rivisitata e nutrita di moderne espansioni. Ed ecco che tutta l’elettronica rivela il lato composto, ordinato, scheletrico e flessibile al contempo di Aaron Starkie, che prende le redini della band Mancuniana, per trascinare gli altri compagni in una ristrutturazione che fa guadagnare freschezza e nuovi riferimenti stilistici.


Modernise è una danza ipnotica, aggressiva, piena di tagli elettronici, in elevata percentuale di rapimento possibile, per sbalordire e stordire, come un mantra che toglie l’attenzione da tutto il resto. Con un inizio con prodomi ebm, il brano è una corteccia velenosa che stabilisce ciò che il singolo precedente (che dà il titolo all’album) aveva anticipato: vi è una linfa nuova che sembra uscita dai vicoli bizzarri di Manchester, da uffici in cerca di un rimedio alla noia.

Aaron si fa messaggero di quella positività che contagia, nel tempo in cui quella parola ha seminato sconvolgimenti, portando tutto fuori dai blocchi di partenza verso un deciso scatto nel futuro.


Adorabile è la molteplicità dei compromessi tra i membri della band, le alternanze individuali che spalmano la canzone nel territorio dell’evidente controllo delle parti. Il tutto risulta vitaminico, risorsa per nuove riflessioni e per voltare alle spalle al grigio e ai chiaroscuri delle nostre esistenze. Carico di sfumature, di una volontà cosciente che spinge al rifiuto di essere la conseguenza dal proprio passato, il brano offre beats, trucchi e linee irriverenti nei confronti di chi invece si è adagiato su cliché privi di fertilità e modernità. 


Chiarissimo il messaggio per quella che sarà la prima canzone del nuovo album (il coraggio non è mai mancato ai quattro, ammettiamolo), con una apertura verso il tema del lavoro, una rinnovata identità che ci dà la possibilità di vivere, per una modernizzazione più che mai necessaria e inevitabile, un chip mentale che deve costantemente aggiornarsi.


Concludendo: quello che sarà un album tra i più luccicanti del 2023 ha appena donato al mondo un singolo con cui fare l’amore, sorridendo…

Alex Dematteis

Musicschockworld

Salford

4 Gennaio 2023


https://open.spotify.com/track/2q1ckY10MNAl8GvALWWELK?si=r4wF0XopTjC-86Fmq0Wp0g

https://www.youtube.com/watch?v=ah7AXp6FMK4&t=52s









My Review: The Slow Readers Club - Modernise

 The Slow Readers Club - Modernise


The world retains only one beauty: that of not giving in.

It takes incredible strength to live within this enthusiasm, which is often not credible, given the infinite mass of violence that makes it almost ugly and unsustainable. And the residence of this beauty reveals contradictions that become turbid and weaken breaths, without even the appearance of credibility...

Manchester the grey, the city intoxicated by fragile technological tendencies, by impulses towards the absolute destruction of a glorious past, the new liberal town connected to a heavy Americanisation, has among its citizens four guys who know how to mediate perfectly and reduce the disaster with an attitude between the progressive and the conservative. And, in their constant artistic growth, they are able to connect the human one with looks, techniques, dreams and skills that translate talent into a house full of every necessary treasure, managing to guard what could be lost outside. But their greatest power is precisely that of making the goods of their hive available to the world without seeing a single drop of their honey consumed.

Their advance towards trajectories that may include evolutions, variations, comebacks and futuristic leaps is unstoppable: a new example is their new single Modernise, the last available moment before their forthcoming sixth studio album Knowledge Freedom Power, to be released on 24 February.


They push totally towards the dark electro by means of which, with Cavalcade, they had begun to make the hearts of many full of colour and pregnant with admiration, with in addition a greater shrewdness in the production phase, establishing the irresistible contact of a revisited melodic grip and nourished with modern expansions. And here all the electronic music reveal the composed, ordered, skeletal and flexible side of Aaron Starkie, who takes the reins of the Mancunian band, to drag the other comrades in a renovation that gains freshness and new stylistic references.



Modernise is a hypnotic and aggressive dance, full of electronic cuts, as paralyzing as possible, to amaze and stun, like a mantra that takes your attention away from everything else. Beginning with ebm prodomes, the track is a poisonous bark that establishes what the previous single (which gives the album its title) had anticipated: there is a new lifeblood that seems to have come out of the bizarre alleys of Manchester, from offices in search of a remedy to boredom.

Aaron becomes the messenger of that infectious positivity, at a time when that word has sown upheaval, taking everything out of the starting blocks towards a decisive dash into the future.


The multiplicity of compromises among the band members is adorable, as are the individual alternations that spread the song in the territory of evident control of the parts. The whole is vitaminic, a resource for new reflections and for turning our backs on the grey and chiaroscuro of our existences. Loaded with nuances, with a conscious will that pushes the refusal to be the consequence of one's past, the song offers beats, tricks and lines that are irreverent in respect of those who have settled on clichés devoid of fertility and modernity. 


The message for what will be the first song of the new album is very clear (the four guys have never lacked courage, let's admit it), with an opening towards the theme of work, a renewed identity that gives us the possibility of living, for a modernisation that is more necessary and inevitable than ever, a mental chip that must constantly be updated.


In conclusion: what will be one of the most brilliant albums of 2023 has just given the world a single to make love to, smiling...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

4th January 2023

https://open.spotify.com/track/2q1ckY10MNAl8GvALWWELK?si=r4wF0XopTjC-86Fmq0Wp0g

https://www.youtube.com/watch?v=ah7AXp6FMK4&t=52s













sabato 26 novembre 2022

La mia Recensione: Claudio Baglioni - La vita è adesso

Claudio Baglioni - La vita è adesso


Ci sono pozze di fango che cercano poesie: di solito sono i poeti a concedergliele, ogni tanto gli scrittori di canzoni, ma a regalargliele sono sempre le anime sensibili e solitarie. C’è un abbraccio da donare a chi non ha ascolti, a chi non ha parole da offrire. 

Esiste però la sorpresa di chi sa farlo a distanza attraverso versi che donano entrambe le cose, che si incollano perfettamente. E certi cantanti permettono questo raro idillio, facendo divenire quelle persone fortunate, equilibrate, finalmente nella condizione di sentirsi vive in una migliore propensione verso il presente.

Tra i solchi più generosi in tutto questo vi sono quelli de La vita adesso, un crocevia di scrittura elevata e suoni perfetti, per un combo che resiste all’uscita, perché la vita più che adesso è per sempre, con le sue magagne, le sue storie appese agli alberi dei bisogni, a quegli istinti che possono donare un bacio come un proiettile in testa. Ciclica, è uno spazzacamino dell’anima che in più mette dentro di noi piume e mattoni.

Claudio Baglioni nel 1985 ha completato il suo cammino fatto di un meritato successo scrivendo però (sino a quel momento) il suo album più riuscito, centrato, in grado di rendere gli italiani uniti non solo nelle spiagge bensì nelle autostrade dei sogni, nella coscienza sveglia per dovere, senza scuse, e nei quadri emozionali con la cornice perfetta. Ed è stato un botto di capodanno anticipato: era l’8 giugno, il caldo era ancora equilibrato, la stagione quella giusta e l’Italia viveva un momento critico con la modifica dei patti Lateranensi, il Presidente era Sandro Pertini, capace di vigilare come poteva sulle malefatte di una classe politica sempre in forma per fare del proprio peggio. Per quanto concerne la musica, quella internazionale del  momento  favoriva We Are The World e la finta della solidarietà viveva quasi come se fosse vera…

A Roma il Claudio nazionale mise in commercio l’album che avrebbe fatto il record del più venduto della storia italiana, valido tuttora, testimoniando che il successo fa incontrare molte anime, ma lasciando forse ancora più sole molte altre che non potevano nuotare a proprio agio tra quelle note, quello stile e quelle parole. È sempre un poco contro il molto, la guerra delle insoddisfazioni davanti alle gioie.

Però lo scriba viveva su quelle canzoni la contraddizione di trovare un oceano incantevole e pulito e la rabbia per quella musica che preferiva e di cui in quell’album non vi era presenza alcuna. E oggi sceglie di parlarne per dare voce a quella parte soddisfatta: di quell’altra lo fa già tutti i giorni.

Inquadrare questo lavoro senza pensare a ciò che ha rappresentato è una fatica assicurata ma, tant’è, ho deciso di provarci. Risulta decisamente di appartenenza molto di più a chi l’ha amato e addirittura a chi lo ha contrastato (ed erano molti) che non al suo autore, sempre impegnato a disegnare tavolozze nuove per non sentirsi legato al suo successo. Ma ha messo radice nei cuori, nei gesti, nella modalità di osservare le persone, le relazioni, gli oggetti, e tutto l’ammasso che popola la nostra esistenza. Ha generato frenesie, brividi, pianti, specchi di sole a pettinare il buio del nostro affanno quotidiano, ed è diventato motivo di una festa da recitare ad ogni evenienza, continuamente. Disegnando il tempo, inserendolo totalmente in ogni piccolo dettaglio, Baglioni è divenuto così, velocemente, il centro di spartizione dei segreti, delle verità e finanche dei dubbi che in quelle canzoni emergono con rara raffinatezza e garbo. I quadri appiccicati al cuore consolano e accompagnano i battiti nella nostra incoscienza, avendo però il merito di lasciare un sorriso nella mente, sempre fresco. Abbandonata l’abitudine di fare fotografie alla vita con decine di canzoni che, come racconti precisi, creavano una pellicola mentale sempre disponibile alla visibilità dei ricordi, con questo disco Claudio dipinge la contemporaneità mentre decide il suo destino e indaga sul fatto che in questo la tecnica fotografica possa essere solo imprecisa. Quello fu il momento nel quale si sono aperte nuove possibilità di espressione nel suo percorso artistico, la prima davvero notevole, ed è proprio questo aspetto a stupire per il successo ottenuto: decisamente un  evento atteso da una massa di ascolti che sino ad allora ancora si spartivano liberamente, ma anche confusamente, gli ascolti. Lui avvicinò, compattò, mise le mani del suo sentire nella stretta di acquirenti che trovavano nella sua musica un appuntamento doveroso, generoso, essenziale, dove l’impegno più importante si rivelò quello privato, personale, e non quello sociale.

E il suo ruolo di cantautore tornò alla radice del tempo, ai suoi prozii, cioè i cantastorie, i primi a coniugare la necessità di un racconto di istanze personali con l’impegno. La vita è adesso è un collante, una matriosca che spazza via le convenzioni, i pruriti egoistici, ed è anche un sottofondo per pensieri confusi, una distrazione, un tuffo sospeso senza avere nel cielo l’infinito perché le canzoni, una dopo l’altra, offrono una volta celeste diversa, piena delle sue storie. Piante di note che come sempre hanno il groppo in gola, tracciano la tristezza senza mancare la precisione, in un crescendo che però sa incontrare il sogno e la necessità di smarcarsi. La capacità di precisare gli stati d’animo appartiene ai fuoriclasse e non importa lo stile, la musica utilizzata, perché ciò che è preciso avvicina le persone, le mette a contatto con la verità. Certamente l’aspetto musicale non è da meno: si assiste a un grande cambiamento, a chitarre dal piglio rock e alle orchestrazioni di Celso Valli che si amalgamano perfettamente, generando una opposizione intelligente all’elettronica del Synthpop e del New Romantic, così vivaci e onnipresenti. Fior di turnisti diedero qualità e sostanza a note, accordi, linee melodiche che, seppur avendo una tecnica decisamente distante da quella italiana, ponevano incredibilmente in risalto le peculiarità della musica nostrana, spesso avvezza a scimiottare quella di altri paesi negando la propria natura. La scrittura di Claudio Baglioni conobbe nuove necessità, nuovi agganci nel cielo, che sortirono l’effetto di un binomio non prevedibile perché lui è sempre stato legato a uno stile compositivo più classico e riconoscibile. Il suo romanticismo innato questa volta trova sede nella splendida Monte Mario, che gli consente un clima interiore perfetto, con la giusta brezza nella sua mente affamata di immagini e storie che fossero adatte al suo progetto di scrivere un album che avesse la forza dell’eternità, incentrato sull’argomento che si rivelò vincente. Ha saputo coniugare la sua modalità così profondamente legata agli anni ’70 con tutta la tecnologia della metà degli anni ’80, trasferendo la sua romanità nel centro di Londra, trovandosi così al cospetto di musicisti abituati alla grandezza, a rendere preciso ogni atomo di suono. Prese la giornata di un uomo qualunque (vittoria assoluta, senza favoritismi da contestare) e lo buttò al centro del racconto del suo percorso umano, tra incontri, soddisfazioni e lamentele, preoccupazioni varie, giochi d’amore in serie e gli inceppi di un’anima comunque turbata perché questo fa la vita con ognuno di noi. E qui viene fuori un tratto coerente e continuativo che metterà a proprio agio gli ascoltatori, potendo trovare una culla, un vestito e una scarpa da appoggiare sulla propria pelle perfettamente. Quando si scrive un disco sui singoli attimi dell’esistere il rischio di tediare, ingolfare e saturare è elevato, ma Claudio ha saputo destreggiarsi, superarlo: alzata l’asticella, le gambe della sua bravura si sono allungate compiendo un salto stratosferico verso il cielo conferendogli il mito, obiettivo che forse albergava nella sua ambizione più privata, senza la quale non si cresce. Arrivano metafore, idee di appartenenza, squilibri che ricevono il supporto di una penna dorata che dona a tutti loro la pace, dentro la pelle della sua notte avvolgente e rassicurante, perché in questo album la positività trova modo di mettere radici nella terra quasi arida delle esistenze, pericolosamente ai piedi del baratro. E quell’uomo, il protagonista che soffia in queste canzoni la sua poesia esistenziale e il suo impegno, ha il sorriso obliquo, su labbra che baciano la consapevolezza che la vita vada vissuta. Il racconto si fa illuminante, tenero, con le immancabili presenze di bolle colme di amarezza a rendere credibile il tutto. Decide di conferire trasparenza alla solitudine, baciando la sua esistenza con la possibilità di valutarne la forza e pulendo il senso della contigua sofferenza: sì, ha scritto miracoli umani dentro molti versi, donando energia elettrica ai pensieri degli uomini grigi, ops, persi. Offrendo le coordinate musicali che potessero contenere una varietà indiscutibile, l’orecchiabilità rispetto al passato è data da rime baciate perfettamente e assonanze sensate, ma esistono anche episodi nei quali l’ascolto deve essere attento perché meno facilitato, riuscendo a far sposare la semplicità e la complessità: forse anche questo aspetto spiega il perché del suo successo. Il linguaggio usato potrebbe essere risultato meno comprensibile a un pubblico più giovane, ma è stato in grado di suscitare interesse e affetto in ogni caso, perché le canzoni regalano sensibilità e intelligenza che, anche se non percepita del tutto, sono semi pronti a crescere e sappiamo bene che nella adolescenza certi appuntamenti sono solo rimandati. Altra chiave di lettura per capire questo suo dilagante arrivo alle generazioni più distanti, ognuna con il proprio tempo di assimilazione. La sfera di persone più adulte trovavano immediatamente la necessità di connettersi al lungo discorso di Baglioni, una spartizione di averi che necessitava l’assimilazione, in un momento nel quale i testi in generale stavano divenendo contenitori vuoti e inservibili. Conseguentemente lo spazio era stato preso da questo cantautore sempre più immerso nel precisare, nello sferrare calci educati alla pigrizia e alla banale contentezza che andava fermata. Un servitore socialmente utile che prestava però attenzione alla necessità dello slogan, di idee che potessero fratturare un bisogno generale. Le voci dovevano trovare un unisono e lui lo creò, lo fece trovare a nostra disposizione. Diventò capace di sperimentare l’idea di una maturità quasi obbligatoria e la formò con abilità, un tenero addio al decennio precedente dove si concesse i limiti di storie d’amore che in molti faticavano ad accettare. L’identità reclamava l’accesso verso una mutazione e affidò tutto questo non per caso alla storia quotidiana di un uomo e non di un ragazzo dal cuore acceso da impulsi ed eccitazioni varie. I brividi consegnatici sono quelli di consapevoli capogiri, di esperienze che hanno eretto il pensiero, seppure a fronte di un corpo ingobbito. Questo non fu altro che la madre di un’intesa crescente, il doveroso appuntamento di un obiettivo al quale non si poteva sfuggire: congedarsi dal passato senza dimenticare, ma maturando la doverosa esperienza per costruire basamenti concreti per il presente che divenne per la prima volta il suo bisogno primario. Un muro alzato verso la ripetizione di cliché congeniali solo per chi lo amava follemente, dal  momento che in lui emergeva una necessità di descrizione totalmente devota a un argomento specifico. Da lì partire come un sarto del pensiero per sviluppare il tutto.

Difficile è il lavoro che Claudio ci obbliga a fare: la memoria è messa sotto pressione sia per la quantità di parole che ci troviamo addosso, sia per i ritornelli che tendono a non ripetersi, sfiancando una delle caratteristiche storicizzate delle canzoni. Tutto trova una forma molto varia nelle modulazioni, nei periodi lunghi delle strofe, nel suo bisogno di scrivere un libro per ogni brano perché nulla doveva essere impreciso, per non concedere fughe ai particolari che si riveleranno essere i veri tesori di questa sua metodica. Può risultare indigesto questo percorso, capisco chi non riesce a masticare il suo stile (tra l'altro in questo album molto cambiato, quindi parrebbe stupido agli occhi dello scriba muovere accuse...), in quanto non mi pare complicato accettare l'invito a separarsi dalle convinzioni, lo faccio perché credo nel messaggio proposto, nello stile di una musica adulta, vivace il giusto, mai melensa, determinata ad avere lo sguardo fiero nei confronti delle star internazionali. Non dimentichiamo che questo disco riuscì a battere nomi altisonanti, procurando una notevole sorpresa. Per questo forse bisognerebbe concedergli almeno una opportunità, poiché le canzoni aprono il cielo verso uno sguardo scevro dai limiti che non sono i suoi ma quelli di altre persone. 

Ma la musica che troviamo? Non si può negare il lavorio mirato, curato, specializzato verso un'apertura a cui in quel momento pochissimi artisti e band avevano il coraggio di pensare, figuriamoci proporla. Il coraggio qui presente è manifestato nelle architetture, negli strumenti utilizzati, nei campionamenti, nelle teorie che conobbero la capacità di divenire realtà, dove il respiro classico delle arie ottocentesche non si chiusero timidamente, ma decisero di palesare le loro grazie davanti a quella tecnologia che sembrava essere così spavalda, piena di sé. Un matrimonio di modalità che ampliò il mare delle accoglienze e di una intelligenza che voleva essere ancora umana e non artificiale. Quando la musica vive la necessità di contemplare il nuovo e l'antico crea conseguentemente messaggi nuovi, dando l'esempio, forza, possibilità e La vita è adesso lo fa davvero molto bene. Abitare la luce nei suoni magnificamente espressivi di queste dieci composizioni è un dono e non un regalo, sottile differenza ma importante da recepire: dono perché esistente e accolto solamente se c'è necessità e interesse, non un regalo, la musica non deve esserlo, e chi lo riceve spesso ha la memoria corta.

Aggiungo che ascoltarlo, oggi nel 2022, non dovrebbe solo essere una cavalcata nella nostalgia, nei ricordi che si sa svuotano il senso e il valore principale della musica, vale a dire la sua evidente connessione con l'eternità, sempre in grado di insegnare, bensì l'occasione per evidenziarne le qualità. Stimola ancora pensare che per una volta non ci troviamo davanti a un album infarcito di misteri, ma a un raggio di sole che illumina le esigenze di anime alla ricerca di luoghi, cancellando il bisogno di legarsi alla modalità interpretativa per concedere quella libertà che un ascolto profondo non dovrebbe mai avere.

Capitolo voce e interpretazione: non vi è dubbio che il range, notevole e come sempre valido, qui trova il picco della sua carriera, esse sono legate a parole maestre e quindi desiderose di avere l'interpretazione e l'intonazione corretta. Non una di loro offre esitazioni, sono perfettamente centrate, dando una sensazione di coesione e non quella di iati che in passato avevano mostrato il volto. Una modalità che si affida a zone per lui nuove, con le tonalità basse che non congelano, anzi, sono quelle maggiormente preposte a scaldare il cuore. Il suo registro alto, la sua estensione, i suoi acuti sono ancora capaci di far vibrare i lampadari del nostro padiglione uditivo, e in un paio di episodi direi ancora di più. Interprete efficace, sicuro, mai spavaldo, sempre in grado di dare verità e credibilità a quegli esercizi raffinati che sono quelle parole magicamente incastrate tra loro.

Non scriverò la descrizione canzone per canzone, non è necessario questa volta, non voglio toccare la vostra storia con loro, rispettando anche solo l'idea di un mio esercizio sterile e privo di senso.

Concludendo: non è un supermercato questa uscita discografica, non una lista di cose dove prendere ciò di cui necessitiamo, bensì l'occasione di accendere la luce delle nostre intelligenze, perché è come se lo scrivessimo ogni giorno noi questo disco, adesso...


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

26 Novembre 2022

https://open.spotify.com/album/07gMifgQGXzeoHjo7b1wbj?si=vJm1ixu-TQ2slElxtZrkpg




martedì 6 settembre 2022

My Review: Pale Blue Eyes - Souvenirs

 My Review:


Pale Blue Eyes - Souvenirs


The will to live, compromised, bruised, poisoned, dampened and hopelessly destined to lose vitality can draw support from art, and often music conveys precious energy.

In the case of the English band's debut album, we cannot but take advantage of the propensity for positivity, with the creation of songs that tend to make us open our mouths in generous smiles and to dance tirelessly.

We have the certainty (God knows, if he exists, how much we need it) of finding in the quality of the compositions of this effervescent trio a range of sounds, effective arrangements and strobe light effects in the waves of notes full of joy.

The musical genres are under the banner of the revival of certain 80s intuitions and the 90s attitude of rediscovering the will to dream: from a skillful use of electronic music (we have many references to Kraut-Rock in an excellent way), to the most velvety Post-Punk, to Shoegaze relieved of a certain tension and heaviness, to a Pop-Dance with imprints of wisdom, everything is governed by a careful production that conveys freshness.

One can hear the specific and well-articulated work, the will of a celestial circuit made of stars, planets and a sun that gives tons of strength to cope with a complex existence.

It is time to go and specify this colourful and majestic circus.


Song by Song 


Globe


A stinging synth, Matt Board's dreamy vocals, Lucy's effective drumming and Aubrey Simpson's leaking bass make the opener track a gem that makes us lift our lower limbs in a confetti-filled dance.



Tv Flicker


The flamboyantly dressed 90s show themselves with enthusiasm in a corollary of clear solutions to lead us to the dream vibrating in the air: energy and the chorus of notes perfectly sealed together.



Little Gem


The initial drumming takes us back to Da Da Da of the never forgotten Trio, but then comes the perfect combination of Synthpop and Dreampop and paradise is granted to us with subtle vocals.



Dr Pong


It's magical, filled with reminders of The Legendary Pink Dots (relieved of their dramatic nature), and then ensnares us with enchanting electronic sprinkles, leading to the magnetic and sensual refrain.



Honeybear 


The guitar becomes heavier, more incisive (Shoegaze seems here to be one of the trio's endless possibilities to make it catchy and light), and the dreamy vocals are the perfect counterpoint.



Star Vehicle


Robert Smith's band appears at the beginning of the track to take us on a conscious, harmonious ride, and in this song we really get the impression that youth does not mean immaturity: sounds and propensities full of quality, which make our hearts vibrate.



Champagne 


We toast with effervescent drops of notes that rise into the galaxy, in the perfect interplay between bass, guitar and synth, capable of keeping us at the edges of our seats and throwing us into the never excessive lightness.



Sing It Like We Used To


Perhaps the moment of greatest intensity, shivers and immense joy that surround us copiously, for a song that seems a sudden gift: a chorus of voices, a guitar with an alternative movement and the bass which captures  us pushing its notes into our stomachs.



Undern Northern Sky


The 80s, the ones that were swollen with hazy rays, come in, revisited and corrected, like vibrating waves that, through Synthwave, psychedelia and softness, provide nostalgia and joy at the same time, in a sublime contradiction.



Chelsea


The surprise of slowing down the rhythm and a delicate atmosphere comes with the last track, a Shoegaze dive that brings Slowdive back within dreaming distance. But then the guitar makes us realise that the three are mainly interested in finding their own style and they do it perfectly.




Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

6th September 2022


https://paleblueeyesmusic.bandcamp.com/album/souvenirs


https://open.spotify.com/album/3ygeCJvvmY78sdfbvpFdYN?si=it-hk5e8QxajTuxSrQ20lg





La mia Recensione: Pale Blue Eyes - Souvenirs

 La mia Recensione:


Pale Blue Eyes - Souvenirs


La voglia di vivere, compromessa, acciaccata, avvelenata, smorzata e irrimediabilmente destinata a perdere vitalità può trarre supporto dall’arte, e spesse volte la musica veicola energie preziose.

Nel caso dell’album di esordio della band inglese non possiamo che approfittare della propensione alla positività, con la scrittura di canzoni che tendono a farci aprire la bocca in generosi sorrisi e a farci danzare senza sosta.

Abbiamo la certezza (solo Dio sa, se esiste, quanto ne abbiamo bisogno) di trovare nella qualità delle composizioni di questo effervescente terzetto una gamma di suoni, di arrangiamenti efficaci e di giochi di luci stroboscopiche nelle onde di note pregne di allegria.

I generi musicali sono all’insegna della ripresa di certe intuizioni degli anni ’80 e l’attitudine degli anni ’90 a ritrovare la volontà di sognare: da un uso sapiente dell’elettronica (quanti richiami al Kraut-Rock in modo eccellente), al Post-Punk più vellutato, allo Shoegaze sollevato da una certa tensione e pesantezza, a un Pop-Dance con impronte di saggezza, tutto è governato da una attenta produzione che regala freschezza.

Si sente il lavoro specifico e ben articolato, la volontà di un circuito celeste fatto di stelle, pianeti e di un sole che regala tonnellate di forze che servono per affrontare un’esistenza complessa.

È tempo di andare a specificare questo circo colorato e maestoso.


Song by Song 


Globe


Synth pungente, il cantato di Matt Board che si fa onirico, l’efficace drumming di Lucy e il basso colante di Aubrey Simpson fanno della opener track un gioiello che ci fa sollevare gli arti inferiori in una danza piena di coriandoli.



Tv Flicker


Gli anni ’90 dall’abito sgargiante si mostrano con impeto in un corollario di soluzioni limpide per condurci al sogno vibrando nell’aria: energia e la coralità di note perfettamente sigillate tra loro.



Little Gem


L’iniziale drumming ci riporta a Da Da Da dei mai dimenticati Trio, ma poi arriva la perfetta combinazione tra il Synthpop e il Dreampop e il paradiso ci viene concesso con un cantato sottile.



Dr Pong


È magica, colma di richiami sulla sponda dei Legendary Pink Dots (alleggeriti della loro drammaticità), per poi incatenarci con spruzzate elettroniche ammalianti, per giungere al ritornello magnetico e sensuale.



Honeybear 


La chitarra si fa più pesante, incisiva (lo Shoegaze sembra qui una delle possibilità infinite del trio di renderlo accattivante e leggero), e il cantato sognante fa da perfetto contraltare.



Star Vehicle


La band di Robert Smith si affaccia all’inizio del brano per condurci dentro una corsa, consapevole e armoniosa, e in questa canzone abbiamo proprio l’impressione che giovinezza non significa immaturità: suoni e propensioni colme di qualità, che ci fanno vibrare il cuore.



Champagne 


Si brinda con gocce effervescenti di note che salgono nella galassia, nel perfetto gioco fatto di rimpalli tra basso, chitarra e synth, capaci di tenerci con il fiato sospeso e di buttarci nella mai eccessiva leggerezza.



Sing It Like We Used To


Forse il momento di maggior intensità, brividi e immensa gioia che copiosamente ci circondano, per un brano che sembra un regalo improvviso: coralità delle voci, chitarra dal movimento Alternative e il basso che cattura spingendo le sue note dentro il nostro stomaco.



Undern Northern Sky


Gli anni ’80, quelli che erano gonfi di raggi nebulosi, entrano, rivisitati e corretti, come onde vibranti che, tra Synthwave, psichedelia e morbidezza, procurano nostalgia e al contempo gioia, in una contraddizione sublime.



Chelsea


La sorpresa del rallentamento del ritmo e di una atmosfera delicata arriva con l’ultimo brano, un tuffo Shoegaze che riporta gli Slowdive a portata di sogno. Poi però la chitarra ci fa capire che ai tre interessa soprattutto trovare il proprio stile e lo fanno perfettamente.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

6 Settembre 2022


https://paleblueeyesmusic.bandcamp.com/album/souvenirs


https://open.spotify.com/album/3ygeCJvvmY78sdfbvpFdYN?si=jtpByeaZSfCWI8t81h0Xzg






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