sabato 23 aprile 2022

La mia Recensione: Abrasive Trees - Moulding Heaven With Heart

 La mia Recensione:




Abrasive Tree - Moulding Heaven With Heart


Esiste un’onda misteriosa che mantiene la sua identità senza permettere un’analisi che possa renderla visibile.

Nella musica capita sovente perché è parte del suo percorso, come un dovere a cui non è possibile sottrarsi, un cammino che può sembrare anche irriverente ma necessario.

Da una Scozia sempre capace di creare talenti e artisti dotati di sensibilità, bellezza e capacità di scrittura immensa, ecco che Matthew Rochford giunge con un singolo, due canzoni a dilatare il senso di beneficio attraverso una modalità profonda, essenziale come una nuvola che cavalca il cielo per colorarlo di rugiada e regalargli quel brivido che la mantiene viva.

L’impressione che deriva dall’ascolto delle tracce è quella di vedere perfettamente accordate, sul lato espressivo, dolcezza e amarezza.

Si sogna mentre gli occhi conoscono movimenti liquidi nei loro bordi, si danza lentamente come una Colia gialla, una splendida farfalla assetata di fiori.

Perché questo sono le due canzoni: animaletti volanti affamati di bellezza e cibo che sanno essere generosi, perché basta vederle per essere felici.

No so se sia utile definire il genere musicale: parrebbe come sempre limitativo e forse pure inutile, perché ridurrebbe la capacità di approfondire la sensazione di gocce soniche intrise, oltre che di bellezza e di mistero, anche di quel senso di una identità che potrebbe offendersi nel vedersi attribuite parole prive di significato.

Che sia Post-Rock, Post-Punk, Ambient, Dreampop delicato più del solito o Rock Sperimentale, poco serve dirlo e saperlo: dove vi è capacità di conseguire unicità ogni addizione diviene superflua.

È brivido, scuotimento, approvvigionamento, volo, drammaticità colorata dalla positività, per un battito di ali come forma di godimento e sopravvivenza.


Moulding Heaven With Earth è una cavalcata lenta dai colori pastello, chitarre che lavorano nell’introduzione con uno spoken word affascinante e coinvolgente, per poi crescere nella forma canzone. È la Scozia dalle bellezze più estreme che la farfalla ci porta ad ammirare, la chitarra che disegna un cerchio nel quale sentirsi sicuri, per una melodia esplosiva nella sua quiete quasi malinconica. 

Se proprio si vuole definirla in un genere musicale è Post-Rock di notevole fattura, un rotolare sui prati tra il vento e i fulmini: qualcosa di breve vive nella malinconia di questa chitarra che pare una assassina melodica.


E poi è Kali a inchiodarci nuovamente all’emozione: Vini Really, Jeff Buckley e Robert Smith sembrano intenti a disegnare poesia densa dentro queste chitarre magnetiche, mentre la voce mostra un cantato pungente, intriso di potenza e tristezza. Si sale con il vento a perlustrare le zone plumbee del cielo, si diventa goccia per esplodere con dolcezza senza fare troppo rumore, perché in quella parte del mondo vi è ancora bisogno di un silenzio rispettoso. 


Conclude l’Ep la versione Rothko remix di Moulding Heaven With Heart e tutto si fa ancora più dilatato e tenebroso.


Concludendo: sarete ammaliati e sicuramente conquistati da queste composizioni intrise di poesia con un senso di allarme sulla pelle.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

22 Aprile 2022


L'Ep uscirà il 28 di Aprile.


https://abrasivetrees.bandcamp.com/album/moulding-heaven-with-earth-kali-sends-sunflowers






venerdì 22 aprile 2022

My Review: Abrasive Tree - Moulding Heaven With Heart

 My Review:


Abrasive Trees - Moulding Heaven With Heart


There is a mysterious wave that keeps its identity without allowing an analysis that could make it visible.

It often happens in music because it is part of its path, like a duty that cannot be avoided, a way that may seem irreverent but necessary.

From a Scotland always capable of creating talents and artists endowed with sensitivity, beauty and immense writing skills, here comes Matthew Rochford with a single, two songs to expand the sense of benefit through a deep, essential modality, like a cloud that rides the sky to colour it with dew and to give it that thrill which keeps it alive.

The impression that comes from listening to these tracks is that of seeing sweetness and bitterness in perfect harmony on the expressive side.

You dream while your eyes experience liquid movements in their edges, you dance slowly like a yellow Colias, a beautiful butterfly thirsty for flowers.

Because this is what the two songs are: flying animals hungry for beauty and food which know how to be generous, because you only have to see them to be happy.

I don't know if it is useful to define the musical genre: it would seem as always limiting and perhaps even useless, because it would reduce the ability to deepen the sensation of sonic drops imbued not only with beauty and mystery, but also with that sense of an identity that could be offended by the attribution of meaningless words.

Whether it is Post-Rock, Post-Punk, Ambient, a more delicate Dreampop  than usual or Experimental Rock, there's little need to say it or to know it: where there is the ability to achieve uniqueness, every addition becomes superfluous.

It's thrill, shaking, provision, flight, seriousness tinged with positivity, for a beating of wings as a form of enjoyment and survival.


Moulding Heaven With Earth is a slow pastel-coloured ride, guitars working in the introduction with a charming and engaging spoken word, then growing in the song form. It is Scotland with its most extreme beauty that the butterfly takes us to admire, with the guitar drawing a circle in which to feel secure, for a melody that is explosive in its almost melancholic stillness. 

If you really want to define it in a musical genre it is Post-Rock of remarkable workmanship, a rolling on the meadows in the midst of wind and lightning: something short lives in the melancholy of this guitar that seems a melodic killer.


Then it's Kali that nails us to the emotion again: Vini Really, Jeff Buckley and Robert Smith seem intent on drawing dense poetry inside these magnetic guitars, while the voice shows a pungent singing, full of power and sadness. We go up with the wind to examine the leaden areas of the sky, we become a drop to gently explode without making too much noise, because in that part of the world there is still a need for a respectful silence. 


The Ep ends with the Rothko remix version of Moulding Heaven With Heart and everything becomes even more dilated and gloomy.


In conclusion: you will be charmed and surely conquered by these compositions rich in poetry with a sense of alarm on their skin.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

23 April 2022


The EP will be available from the 28th of April. You can currently find the song Moulding Heaven With Earth on Bandcamp.


https://abrasivetrees.bandcamp.com/album/moulding-heaven-with-earth-kali-sends-sunflowers




La mia Recensione: Olden - Questi anni

 La mia Recensione 


Olden  - Questi Anni


Ciò che non si capisce non si possiede.

Johann Wolfgang Goethe


Anime in giro che non vogliono capire ve ne sono molte: alcune innocenti, altre meno, ma assolutamente interessante è il concetto dell’intendere, del senso di perdita, di quello di conquista, di questo oceano di cose che viaggiano tra i luoghi e i non luoghi.

In Italia l’arte e la cultura si sono sposate perfettamente con Gianni Siviero, oscurato forse già da se stesso, ma sicuramente molto di più da quella parte di un paese che non ne ha saputo riconoscere la grandezza ed il talento.

Abbiamo però un appuntamento con la fortuna avendo un cantautore italiano, di istanza in Spagna, che ha voluto fortemente riprendere il percorso del Maestro Torinese trapiantato a Milano, nel suo penetrare la ricchezza di un campionario di canzoni che reclamavano considerazione, dando accesso anche ad una rivisitazione corposa.

Così facendo le due identità distinte hanno potuto convivere perfettamente.

L’album è solo un meraviglioso atto finale ma occorre studiare, indagare, capire le dinamiche di come questa grandiosa esibizione di bellezza possa essere finita dentro dieci farfalle dorate.

E questi insetti volano nello stomaco in un volo che Gianni e Davide Sellari compiono insieme: sono ali precise che operano nel nostro io interiore distribuendo petali di saggezza e gentilezza umana, senza rinunciare alla introspezione che spesso è scomoda ma necessaria.

Davide ha colto al volo la sua curiosità e talento, li ha messi uno di fronte all’altra e li ha educati in un esercizio che ha avuto come premessa il rispetto per le canzoni di Siviero.

Da lì la sua classe ha incominciato a dare alle composizioni un volto diverso, un pulsare verso altri battiti, un generare un rapporto come propri figli da educare e indirizzare alla vita.

Canzoni come “piccoli regali”, che arrivano ad essere ricchezza che si offre alle nostre anime pigre e “prive di trofei”.

Olden ha preso ago e filo, voce e passione, un senso architettonico nei confronti di quelle travi che Siviero ha rovesciato davanti ai nostri cuori.

Come si possa arrivare a coniugare la fiumana di considerazioni, gemme dalle labbra dorate di Gianni nella sensibilità del giovane cantautore di Barcellona è un glorioso mistero: nel tempo dell’ascolto vi è sempre la certezza che la perfezione esista e sia una vicenda umana.

Da qui l’atto della sorpresa che avanza atto dopo atto, con quella agilità che ci inebria.

Il tutto avviene con una musica soffice, musa di se stessa e graziosa nella sua abbondante propensione alla bellezza, con finezze sciolte nelle trame di coniugazioni sublimi tra gli strumenti appiccicati alla chitarra.

Nella danza del canto e della musica, nei quali i due hanno affittato la stanza della mutua condivisione, emerge anche la produzione eccelsa di Flavio Ferri, con le sue spinte e certezze cha hanno reso Olden libero di conoscere lo slancio che certifica l’unicità e la sicurezza di se stesso.

Ecco tre anime come Api Regine a lavorare insieme, a rendere il miele non un cibo troppo dolce bensì propenso al doveroso gusto amaro, perfettamente appiccicato a testi come artigli avvolti da sorrisi di fate.

Un disco che propone atmosfere sottili, le note che hanno la forza di non patire la grande affascinante corsa di parole davvero figlie di pugni necessari.

Si viaggia con il folk che bacia il rock più propenso a dolcezze che a ruvidi esibizioni di forza.

Ci si ritrova in Africa e in Asia con arrangiamenti suggestivi e benefici in flussi di abbondanza perfettamente collegati.

Canzoni come stagioni di vita, calendari che contemplano la vita e la salutano, una forma di informazioni che scavalca la banalità e la crudeltà di quella dei giornali e delle televisioni.

Qui tutto appare vero e credibile, con la bilancia che non sconfigge nessuno: a vincere è la verità.

Se riuscissimo ad accogliere questo album di Olden diventeremmo anime che hanno saputo dare consequenzialità alla progettazione, perché è nella natura umana costruire sicurezze e in questo nuovo disco ne troviamo molte.

Descrizione sia allora di queste farfalle: prendiamo vetrini e microscopio, serriamo gli occhi e allarghiamo il cuore perché abbiamo cibo prelibato in regalo di cui masticare la qualità per renderlo felice…


Dieci brani inediti di Gianni Siviero, con testi suoi e musiche sue e di Flavio Ferri.

Olden ha messo nella sua voce un arcobaleno interpretativo meraviglioso.

Tutto inizia con NON VOGLIAMO CAPIRE, un “noi” che viene esposto lasciandoci l’amaro in bocca per le verità che entrano dentro i nostri egoismi e limiti. Chitarra acustica, piano, organo e la voce di Gianni che tratteggia e graffia insieme a quella di Davide per stordirci sin dall’inizio.

Giunge PICCOLI REGALI, con la presenza di Rusò Sala, un cammino fatto di semi multipli e aperture “per non trovarmi solo al tramonto sul molo a salutare il sole”. Brano che esce dalla polvere del tempo, una carezza che circonda la nostalgia e la paura, con voci che danzano insieme, poi si alternano, mentre la musica cresce, con un volo che trasporta la nostra famelica voglia di movimenti sensuali perfettamente fissati dentro a questa traccia.

Con TROPPE COSE i due affondano, ci strapazzano con una storia cruda che le voci sembrano materializzare perfettamente confezionando un groppo in gola enorme. Olden canta come non mai: un signore dell’emozione che stordisce e ammalia. 

La mano sapiente di Flavio Ferri si sente: la sua coperta sonora avvolge perfettamente la chitarra mentre la voce di Davide è una folata di vento piena di lame e spine, quasi vibrante, che cade in piedi, fiera, sul nostro cuore.

QUESTI ANNI, con la presenza di Sighanda, ci conduce in una sospensione carica di consapevolezza ed energia al contempo, i pensieri si allineano ad una musica struggente, con rimembranze di Gianmaria Testa che corrono nella mente. Pennata di chitarra come ruggito, e la voce di lei che è pepe nero, e tutto si trasforma in un groviglio di lacrime e tensioni. E Olden diventa il fulmine che è caduto per mostrarci la sua intensità.

Arriva una parte della Storia Italiana che ancora brucia e le parole di Siviero sono una bomba che stavolta colpisce la nostra arrendevolezza: con ITALIANI VERI l’impegno sociale e la musica si uniscono in un cammino denso e profondo. Si sta fermi a inghiottire i nostri torti con questo brano che musicalmente è un amaro carillon del dolore, un necessario pugno dolce dentro la nostra mente addormentata.

Tocca a MILLE E NON PIÙ MILLE: il brano, che è un capolavoro di riassunto di abilità libere senza confini, è un film arabo, un vento che dal Sahara ci porta un rock quasi Stoner, ma sempre con quella sensualità nord africana a inchiodarci al muro. Gianni e Olden insieme sono una valanga di sabbia, donandoci l’immensità di una risposta mancante.

Una sciabolata di luce arriva con SERA DI LUGLIO (con la presenza di Claudia Crabuzza), con Gianni che diventa un geometra che disegna sogni e realtà. Ed è proprio la voce di Claudia a sposarsi perfettamente con la musica che inizialmente è un gatto sornione che gioca, poi Olden arriva e capiamo quanti passi la sua classe stia facendo: tocca a noi mettere i nostri passi nei suoi.

Arriva Wayne Scott per la stratosferica IN CERCA DI UN RAGIONAMENTO: quando un piano ed una chitarra aprono il cielo per divenire poi uno squarcio e tutto diventa una poesia nera a guardarci con i suoi ritorni al lato acustico per poi ricominciare ad essere fragoroso. Flavio qui mostra il suo lato imbattibile come produttore perché conferisce al brano la perfezione che merita, in un gioco di piani che si spostano dal basso verso l’alto e viceversa con perfetta abilità, spingendo Olden ad una meravigliosa esibizione vocale.

DIMMI GIORGIO è un incantevole dialogo con l’aldilà con un procedere che, partendo da echi di world music e l’attitudine al suono di Phil Spector senza dover essere devastante, rivela come il trio Siviero - Olden - Ferri sia predisposto all’essenziale, senza dispersioni. In due minuti e mezzo abbiamo in mano il contatto con il mistero ed il bisogno, con questa atmosfera musicale che è una culla del tempo e con i due che cantano come piovre che danzano nel cielo. 

Stiamo ancora nella volta celeste con l’ultimo brano che si chiama CHE BELLA LUNA.

Il vero ed il falso che rimangono a duellare nella mente mentre la musica ci porta il Tom Waits più oscuro, con una tensione che vuole afferrare la speranza per poi trovarsi in un lento chaos pieno di verità. Olden e Siviero recitano lo spettacolo affamato di una esistenza egoista che di fronte a sé di vero ha solo la luna. Ed è un terremoto musicale avvolto nella sua lentezza e amarezza, per un brano che sembra donarci un Franco Battiato in una escursione lunare più che mai necessario.


Olden ha dimostrato riconoscenza per la profondità e la bellezza immensa di Siviero e ha messo tutta la sua crescita artistica in questo album che merita luci costanti e applausi scroscianti. 

Un applauso va anche ai due compagni di bellezza che sono Ulrich Sandner (sua l’abilità di chitarre magnetiche e sensuali) e ad Alex Carmina per averci dato la possibilità di capire una volta di più che la batteria e le percussioni possono essere voli magnifici.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford





Testi Gianni Siviero

Musica Gianni Siviero, Flavio Ferri 

Voce: Olden

con la partecipazione straordinaria di: Gianni Siviero, Rusó Sala (Piccoli regali), Sighanda (Questi anni), Claudia Crabuzza (Sera di luglio),

Wayne Scott (In cerca di un ragionamento)

Ulrich Sandner: chitarre acustiche ed elettriche Olden: chitarra acustica

Alex Carmina: batterie e percussioni

Flavio Ferri: basso, tastiere

Arrangiamento e produzione artistica: Flavio Ferri Produzione esecutiva: Cose di Amilcare

Registrato, mixato e masterizzato presso Republica Recordings, Barcelona, da Flavio Ferri.


L'album si può acquistare qui:


https://www.squilibri.it/catalogo/crinali/olden-questi-anni.html





mercoledì 20 aprile 2022

La mia Recensione: Arlo Bigazzi / Flavio Ferri - Alfabetiere

 La mia Recensione 


Arlo Bigazzi / Flavio Ferri - Alfabetiere 


Il mondo come linguaggio, come sistema di decodificazioni, come possibilità di capire e farsi capire. La ricerca della creazione di un insieme che possa far fruttificare ricchezze individuali e collettive. Usando anche la visione poetica che illumina e addolcisce le coscienze. Una forma di sviluppo che consente di trovare un baricentro per partire verso la consapevolezza. È il più grande dizionario umano tutto questo e lo percepiamo dentro il lavoro di Arlo Bigazzi e Flavio Ferri, che in “Alfabetiere Majakovskij!” ripartono dall’album “Majakovskij! - il futuro viene dal vecchio ma ha il respiro di un ragazzo”, per unirsi alle fotografie di Lucia Baldini. Cinque brani dell’opera precedente vengono ripresi e rielaborati, aggiungendone altri due nuovi.

Note musicali come lettere, come un via continuo verso il sentiero della conoscenza, un viaggio che forma la comprensione, su territori dilatati e colmi di mistero e luce, tutto questo tenuto insieme da chi ha compreso il percorso da compiere e  sa renderlo chiaro.

Sono poesie sonore, magazzini della memoria e slanci verso la creazione di scintillii che diventano stelle polari.

Parti acustiche, parti elettroniche, per un sogno che scende nella realtà quotidiana portando con sé quell’infinito sconosciuto capace di divenire concreto in una serie di composizioni che sono già immagini, scatti di percezioni, di intuizioni in viaggio tra il passato ed il futuro.

Canzoni come navicelle ricoperte di velluto mentre in viaggio sondano l’universo poetico del sentire la vita come esperienza sensoriale. Loop, lampi di suono morbidi, mantra strepitosi che rendono l’ascolto uno stupore continuo.

Il buon Arlo crea atmosfere dotate di profondità senza nessun contorno di tristezza, sapendo fare del suo percorso un dizionario emozionale e percettivo laddove Flavio distorce, dilata, sublima per conferire all’insieme una compattezza che odora di ambienti senza confini, unendo l’ovest e l’est del mondo, con uno spostamento che diviene ulteriore beneficio culturale per quelle anime volenterose e predisposte a continuare la ricerca più profonda delle verità.

Strumenti come sillabe, vocali e consonanti in un dialogo continuo, dove nulla stride, niente è fuori posto, dando alla musica un senso di completezza che abbatte i limiti della forma canzone.

L’alfabeto cirillico si unisce a quello arabo per circumnavigare maggiormente la comprensione in una festa di informazioni che finalmente aggiungono precisione e chiarezza.

Questo album stoppa la frenesia come un evento che nasce dal deserto, dai ghiacciai, luoghi disabitati e quindi prova evidente della frenesia umana, come se fosse in grado di creare una nuova vita partendo dal silenzio e dal rumore più dolce che esista: quello della natura.

Si giunge alla sensazione che la new age e la sperimentazione più pura siano antiche possibilità stilistiche che i due condensano e da cui decidono di prendere poi le distanze per aggiungerci, attraverso uno sconfinato talento, i loro stilemi.

Movimenti continui di sogni che oscillano nel cammino dell’incoscienza finendo per compattarsi nella realtà umana che i due aRtisti rendono accessibili trasformando il tutto attraverso strumenti che conosciamo ma che trovano una originalità, una forma nuova che conferma il fatto che l’arte sia ancora capace di inventare ulteriori modalità espressive.

Il lavoro di Lucia Baldini e di Chiara Cappelli, insieme alla magica e profonda penna di Mirco Salvadori, che perlustra perfettamente il contenuto, conferisce all’opera eleganza ed una maggior comprensione della musica, finendo per fissare il tutto nel magico non luogo che sapientemente hanno reso concreto.

Strepitosa manifestazione di eleganza e di creazione di nuovi stimoli per dare alla nostra ridotta capacità intellettiva la possibilità di rigenerarsi e di liberarsi di ciò che è divenuto stantio e sterile.

Oltre che un piacere ascoltarlo è soprattutto un riscatto ed una chance di crescita quello che i due strepitosi musicisti, con le loro lucidissime visioni, hanno saputo donarci al fine di insegnarci a parlare la lingua della Cultura e dello sviluppo umano.



Canzone per canzone


1. Se accendono le stelle 4:43


L’apertura è affidata alla esperienza che ha saputo intervenire sul reale: gelatina musicale dentro un sibilo che nuota sulle onde come un campanello d’allarme, inserti di elettronica come insetti lenti a creare l’inizio dell’idea di una parola, che verrà. Un brivido corpulento arriva dal basso che sonda il terreno in un fragore che Flavio doma sapientemente.



2. Poeti estinti 4:25


La verità indiscutibile attraversa il mare per scendere a terra: subito il basso si prende gocce di note che provengono da una tastiera per rendere la sabbia accogliente. Il brano sembra un velo che cammina dentro le nostre insicurezze, con rintocchi ed echi a suggerire la dimensione del lavoro da fare, perché c’è da inventare un linguaggio comprensibile. E allora la melodia semplifica il tutto donando morbidezza, con un loop che abbraccia ciò che sembrava smarrirsi. 



3. Cella 103 5:24


Qui la dimostrazione che il fare non ha potuto che agire in quanto tale e allora note più tese, vibranti, passi che conoscono l’ombra, basso distorto e la fatica del vivere che viene rappresentato dal bip che sembra provenire da un letto di ospedale. Ci si muove con circospezione, guardinghi, per un brano che fonde il jazz all’elettronica, passando per le derive spaziali di Robert Fripp e il progressive stralunato dei Beggars Opera.


4. Ljuda 7:14


Una sillaba nasce, tra la polvere alzata da questa poesia sonora: vive l’allusione all’atto dell’esistere che annienta il discorso arcano per divenire forma concreta. Lo si capisce dai fluidi lenti color vento dei vari inserti di cui è composta la canzone, rasoi elettronici con i mantra necessari per dare alla minima unità fonica appena nata forma e sicurezza.



5. L’alba del 28 febbraio 5:17


Muore l’ambiguità che una sillaba, divenuta ormai parola, possa creare e, dentro questo castigo sonoro, come un temporale che blocca la velocità, se ne ha la pura percezione. Tutto è dilatato, sino a quando il basso di Arlo diviene il battito del cuore del linguaggio crescente. E ci si sposta di latitudine, come una marcia nomade tra le corsie della paura. Flavio governa la tensione spogliandola, ma rivestendola nel contempo di dubbi per fare del quinto brano un miracolo lessicale.



6. Dodja 6:55


Il mistero di una forza che vuole rivelarsi permea questa oscillazione termica data da note quasi gioiose nel sentiero di una cupezza che si avverte in lontananza. E la parola diventa verbo, creando nuove forze, e la tastiera suggerisce un percorso minimalista e indiscutibile. Gocce di ghiaccio scendono dall’alto per purificare il linguaggio, mentre ci si rende conto che anche musicalmente qualcosa di nuovo è nato, rendendo il tutto un ascolto unico.



7. Se accendono le stelle [reprise] 2:48 


L’ultimo brano non determina la fine, piuttosto il contrario: ci lascia in dotazione la consapevolezza che dobbiamo decodificare la bellezza ricevuta come dono unico e incommensurabile e che simbolizza l’inizio di un circuito che si ripeterà come ciclica costante. I due sintetizzano il tutto per un brano plumbeo, rigido, ossuto, glaciale, con spruzzi di melodia e inclinazione alla positività. Il modo migliore per far sentire la Poesia del poeta Russo nell’era moderna, riassumendo le suggestioni antiche che Arlo e Flavio hanno saputo rendere moderne e comprensibili a tutti.

Di una bellezza davvero struggente nella danza dell’ipnosi più suadente.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford 

21 Aprile 2022


L'album uscirà il 22 Aprile 2022




La mia Recensione: CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)

 CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)


Il Belgio, terra a me cara e preziosa, sia per la musica che per il ciclismo, sta vivendo un momento molto fertile ma, come accade spesso da quelle parti, i riflettori sembrano spenti.

Ed è un peccato perché se pensiamo a Cape Sidereal e al suo side project chiamato CRYPTOCHROMA potremmo davvero beneficiare delle sue atmosfere sognanti non prive della possibilità di farci danzare.

Dopo l’album di esordio Numb del 2020, eccolo tornare con un singolo magnetico, sensuale, liberatorio. Per farlo si è avvalso della collaborazione di Leila Venus, la cantante parigina dalla voce piumata, calda e serpeggiante.

Il brano in oggetto è un flusso Minimal Wave inzuppato di una elettronica sottile, quasi nascosta ma efficace.

Cape Sidereal trova una melodia contagiosa, un getto di aria fredda che attraversando il deserto rimane intatto perché la canzone sembra davvero affacciarsi sulle colline di sabbia al tramonto, con il synth che gonfia questa sensazione atrabile.

Tutto si appiccica sofficemente alla pelle,  facendo sentire il passare del tempo e i movimenti nomadi della mente come un qualcosa di estremamente semplice.

Lo spettacolare uso della voce di Leila distribuisce rose blu nel cuore con il suo forte e intenso accento francese sino a cantare nella sua lingua madre nel ritornello.

Ed è pura estasi perché nella semplicità la canzone non abbisogna di null’altro: rimane inchiodata nella testa procurando il bisogno di ripetuti ascolti.

Un quasi buio davanti agli occhi sembra condurci realmente dentro un crepuscolo che connette il sogno e la realtà in un limbo ipnotico.

Accoppiata vincente: c’è solo da augurarsi che altre brani vengano scritti, perché questa coperta amniotica che si chiama Crépuscule ci ha avvolti dentro sensazioni che ci fanno sentire la piacevolezza della prigionia…


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

19 Aprile 2022





My review: CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)

 CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)


Belgium, a land dear and precious to me, both for music and cycling, is experiencing a very fertile moment but, as it often happens there, the spotlight seems to be turned off.

It's a pity because, if we think of Cape Sidereal and its side project called CRYPTOCHROMA, we could really benefit from its dreamy atmospheres not without the possibility of making us dance.

After its debut album Numb in 2020, it is back with a magnetic, sensual, liberating single. To do so, he teamed up with Leila Venus, the Parisian singer with a feathery, warm, meandering voice.

The track in question is a Minimal Wave flow drenched in subtle, almost hidden but effective electronic music.

Cape Sidereal finds an infectious melody, a jet of cold air crossing the desert that remains intact as the song really seems to look out on the sand hills at sunset, with the synth swelling this gloomy feeling.

Everything sticks softly to the skin, making the passage of time and the nomadic movements of the mind feel like something extremely simple.

Leila's spectacular use of vocals delivers blue roses to our hearts with her strong and intense French accent, singing in her mother tongue in the chorus.

And it's pure ecstasy because in its simplicity the song needs nothing else: it gets stuck in our head and provides the urge of repeated listening.

An almost darkness in front of our eyes seems to really lead us into a twilight that connects dream and reality in a hypnotic limbo.

A winning combination: we can only hope that more tracks will be written, because this amniotic blanket called Crépuscule has wrapped us up in sensations that make us feel the pleasure of imprisonment...


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

19th April 2022






sabato 9 aprile 2022

My Review: Estetica Noir - This Dream in Monochrome

 My Review 


Estetica Noir - This Dream In Monochrome


It's easy to be eristic nowadays in a world increasingly distant from itself.

Some souls seek contact, others close themselves up in their own emptiness trying to sink other people’s dreams. 

And there are looks that notice this and note the whole mechanism of unrestrained vertical falls.

Then the time comes for agitation, for a magnetic rampant aberration, for dusty, solitary and decadent atoms of happiness.

It is there that being solipsistic becomes the practice of human beings destined for oblivion, coldly connected to breathlessness.

From Turin, the Gothic and post-punk cradle of not ancient memory, comes a band to show us all this with a surgical and liturgical album, where the consolation comes from the precision of facts and sounds extraordinarily compacted for a final effect extremely (I would say also unfortunately) precise of what is happening.

And this second work shows us a band more intent on combining electronic music and its ever-present need to circumscribe its identity in an increasingly contaminated Darkwave.

Perhaps a less obscure band than in the past, musically speaking, but with clear signs of concern that lead the songwriting inside a grey glass bell.

The guitars suffer the charm of a black-nailed rock, the voice is a seductive tombstone that is also able to caress.

The feeling remains that their constant search for truth occasionally leads them into industrial territories, more in mood than in music.

A pleasant sense of restlessness permeates the whole to give this work a remarkable approach to a more than ever necessary farewell to dreams.

The melody presents itself and it is the light of the universe that knows no day, where the rays belong to history, as if the millennia were companions of shadows and fears.

No connection with other Italian bands that copy and paste this kind of music: there is an identity that differs from all this, giving us the joy of being able to define them as combative, resistant, brave.

A rich album that leads to a serenity that doesn't make you smile but rather reflect: songs like glass paper that remove the superfluous and streamline the mind. It’s like receiving as a gift a sprinkling of conscious and active darkness: a faithful friend who knows how to remove all the damage that illusions create.

A hard but elegant work, which can be used if you want to exclude tendencies to wastefulness: the guys from Turin advance inside the central nervous system, offering accurate sounds that, as precise as a devilish smile, make us slim and pragmatic.

The Savoy city once again presents the world with a band that can leave this land to conquer others far away: may glory be with them.

Blow out the candles now, because we will travel towards their ten sound footprints and make an intense path within which we will walk with the right fear.


The fact that the 80s are the well from which to draw strength is immediately clear with the opening ROOMS OF MASKS, the track closest to the Synthwave and Darkwave oscillations of two fundamental bands: Legendary Pink Dots and Clan of Xymox. Silvio Oreste's guitar solo is a wonderful cry reminiscent of Killing Joke and the feeling that everything is the cry of a wounded dolphin.

With SWEEPER the rhythm dictated by Rik Guido on bass and Paolo Accossato on drums emanates purple energy with the electronic music guided by Marco Caliandro on synth. which reminds us how with a few chords you can generate addiction.

The rhythm remains high but with the seduction of suggestive slow parts in the following STRIATE BODY, where the rhythm changes, the sensual crooning and the synth and guitar games on the side of the hardest Post-punk of the swans from   Birmingham Au Pairs gives us the magic of the old times.

We catch our breath with AUTUMN, a bridge full of Minimal Wave ice cubes to savour northern French nostalgia. Subtle and heavy, the song is a colourful interlude of autumnal value from a Godard movie.

We move on to Germany with the next N.U. which is able to show the temporal embrace between the poignant melody of vocals and a slow electropop with its sides covered with Kraftwerk and Frozen Plasma's Synthpop/Futurepop.

DAWN OF PLUTO is one of two examples of their maturity: from the thoroughbred guitar that hisses and scratches, to the bass that masks its devotion to Red Lorry Yellow Lorry, to vocals that bring us back to Killing Joke's Euphoria in the chorus.

The main track arrives: the erotic chaos of NYCTOPHILIA, the howling of ravening souls and nomads in search of melodic consolation. 

X brings us back to the sensual timbre of Namnambulu with small E.B.M. traces in the singing mode, while the guitar shows us a talent that takes the night on poignant fingertips.

The band from Turin plays one more ace with THE FALL: here everything makes you think that even the more resistant strength can give in to the wretched sirens that twist your eardrums to make them surrender.

CLIMBING UP THE LONELINESS is the shutter that closes the light with the sidereal tone of Silvio, captain of a spaceship aiming for the heart of the universe, able to find in the guitar solo the way to make the stars surrender.

Splendid, sad and magnetic, the song encapsulates all the depth of a work that deserves an extended  applause.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

10th April 2022


ESTETICA NOIR:


Silvio Oreste - Vocals, Guitars, Programming

Rik Guido - Bass

Paolo Accossato - Drums

Marco Caliandro - Synth, Programming, Back Vocals


ht https://open.spotify.com/album/25PhdFJ1HVstmjz0Ok7fLf?si=zlk40lkNTK6SGqXpSiL74Q







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