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martedì 24 gennaio 2023

La mia Recensione: Frustration - Nowadays

 Frustration - Nowadays  


Dio mio!

Ma cosa sono queste due magnetiche esibizioni di gravide eccellenze musicali? Lo scriba balla, salta, applaude, ride, urla, la felicità esiste ed è in questa coppia di canzoni.

 Che graffiano, consolano, spiegano, premono, esplodono tra le mura di casa grazie alla loro grazia Post-Punk intossicata di elettronica minimalista, ma sono le chitarre e il basso a fare la storia di queste figlie lanciate a perdifiato dentro il pozzo della felicità malata tanto attesa. 

Potrebbero essere citate diverse canzoni e/o band per uno stupido esercizio di comparazione: non si perda tempo e si lascino entrare queste tracce come una sorsata di whisky senza pensare perché sarà un’esperienza bellissima!

Ci pensa Nowadays, la coraggiosa, la dinamitarda, figlia del Post-Punk tedesco che stringeva patti di sangue con l’irruenza di quella necessità propria di quel genere musicale e minuscole presenze Coldwave.

Con Winds Of Change nessun dubbio: si è nella terra di Goethe, anche se la band è francese, tutto è riconoscibile. Ci si ritrova in territori che si conoscono bene, un punk limato e limitato, con catene che lo educano al miglioramento.

Sei minuti e nove secondi di sollievo: anche questa volta abbiamo fatto una scorribanda e raccolto un bel bottino.

Fabrice Gilbert (lead vocals), Fred Campo (synths), Mark Adolf (drums), Nicolas Duteil (guitar) and Pat D. (bass)

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

25 Gennaio 2023

https://frustrationblind.bandcamp.com/album/nowadays




giovedì 19 gennaio 2023

La mia Recensione: Dead Myth - Shores

Dead Myth - Shores


Tre normanni di istanza a Parigi, artefici di una canzone meravigliosa come Love Awakts, dall’Ep #1, arriva all’Lp Shores con dosi massicce di garage psichedelico, noise e spiragli di luce Shoegaze per un risultato che gratta e graffia il cuore con devastanti incursioni piene di acidi e sparatorie sonore, un incubo che conosce e si appropria di trame melodiche in frenetiche agitazioni motorie. A tratti si evidenziano fascinazioni  Rockabilly che ispessiscono i territori delle loro scorribande. Come dei  New Model Army dall’accento francese, con legami evidenti con una ricerca sonora che guarda alla Germania e che ridefinisce la spettacolare nuova stagione alternativa Francese, questo disco è un miracolo vista la fatica che molte band compiono nell’agglomerare stili musicali e periodi diversi. Loro ci riescono benissimo diventando una eccellenza, una novità da cui apprendere. Il rumore qui è una donna spavalda, elegante ma sempre potente nel creare gittate di fango, dove sporcarsi è un privilegio. Fate posto all’intelligenza: ascoltate questo album e la stagione del tumulto splenderà dentro il vostro stupore…

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

20 Gennaio 2023

https://timeroomrecords.bandcamp.com/album/dead-myth-shores



mercoledì 21 dicembre 2022

La mia Recensione: Tout Debord - Ça ne veut rien dire

 La mia Recensione:


Tout Debord - Ça ne veut rien dire


Ci sono città che dormono respirando la follia degli allori che impediscono agli arti della mente di muoversi, di ossigenarsi, di continuare a produrre cibo essenziale per giustificare il presente.

Parigi invece no: instancabile, intelligente, prosegue il suo cammino creando arte in tutti i settori, con quella dimestichezza che sicuramente è albergata nel suo DNA.

Poi, in quanto a originalità, possiamo benissimo chiudere entrambi gli occhi: la qualità non manca e la vittoria del movimento sulla pigrizia è accertata, verificata, sublimata.

Lo scriba scruta, bussa alle porte della città, tutte, ed entra soddisfatto in quella aperta da Leonid Diaghilev, colui dietro e dentro il quale vive l’idea di portare la musica di Tout Debord nella stratosfera sopra il polo artico.

In questa poltiglia di elettronica propensione alla danza schematizzata ed essenziale, vi sono schizzi sublimi di pennellate estasianti, un cercare il trucco per far pendere l’ascolto verso il sacro cerchio della dotazione crescente.

Sedici minuti scarsi, cinque composizioni e la certezza che siano più che sufficienti per inquadrare musica raffinata e potente da essere in grado di instaurare una felice dipendenza grigia. 

Sì, grigia, come l’atmosfera che circonda le nuvole sopra i camini di fabbriche operative ventiquattro ore al giorno. L’elettronica basilare e contemplativa inglese della seconda metà degli anni ’70 sembra aver attratto Leonid, portando fuori asse il solito nazionalismo francese.

Quindi? Stupore in armoniosa proliferazione si presenta e cementa i grazie che abbracciano queste canzoni, che spaziano attraverso i generi musicali ma sono sempre pulsanti di buongusto e precipitazioni emotive.


La musica proposta è quindi generosa, vivace, dentro le particelle velenose di un presente che dimentica il sole, viaggiando sulle dance floors della capitale francese, come energetica dimostrazione di un ribaltamento nei confronti della concezione di quale sia la parte più desiderata di ogni giornata. Qui sicuramente è la danza, il desiderare occhi chiusi che producono sogni che sembrano essere stimolati da questo esercizio sonoro sempre attaccato alla minimal wave più contemplativa, alla Coldwave più raffinata, al Synthpop meno avvezzo alla facile digestione e ai parallelepipedi di un elettrofunk sublime.


Facile immaginarlo con gli occhi verso le sue tastiere, ricoperte di riflessi ’70 e ’80, instancabile, mentre studia la mappatura dei suoni di quegli anni per cercare libertà di manovra, indipendenza, per potersi staccare da paragoni che gli toglierebbero poesia, perché è proprio quest’ultima a regnare violentemente in questo Ep. E si presenta nella tessitura di trame spesse di storie, con strumenti e stili che già da soli sanno riempire gli occhi di acqua in movimento.


 Ci si ubriaca di impalcature essenziali ma potenti, efficaci, mancine di sicuro, perché in questi brani il diavolo non ha bisogno di provocare facilmente dolore: altri sono gli obiettivi e te ne accorgi alla fine dell’ascolto, quando l’energia ti ha abbandonato. 

Con richiami evidenti a fare dei loop i fedeli alleati per attirare consensi e slanci, tutto trova posizione nel delirio del piacere che modifica continuamente direzione e modalità.


Corriamo a guardare queste canzoni da vicino e potrete sicuramente celebrarne la bellezza…


Song by Song 


1 Les gens sont les gens


Ed è subito Synthpunk a livelli acidi, in una pozzanghera dove al posto del fango vediamo danzare farfalle piene di bracciali Synthwave: tutto è robotico e gelido, la melodia però presenta il volto nel finale.


2 Ça ne veut rien dire


Si prosegue con un ritmo e uno schema apparentemente simili, ma in questo frangente il synth disegna volti cupi e il cantato fa da contrasto solo per quanto concerne le linee melodiche. Ma è un momento che viene anestetizzato da un suono metallico, capace di circondare i fianchi della canzone.


3 Aveugle


La canzone divina arriva ed è estasi glaciale, lo sbarramento del potere del sole. La parte ritmica è incessante, i toni bassi della tastiera sostengono il cantato che è un grumo di sangue ripetuto. 


4 Le miroir 


Il livello qualitativo si conferma a quote alte: il brano raggiunge le zone di una Darkwave timida ma robusta, un tracciato di attesa crea il pathos che governa e strega il nostro respiro. Il cantato si abbassa ulteriormente per scavare il terreno dove si balla tra gocce di nero.


5 QCH


L’ultimo visibilio sorprende: si cambia panorama, mood, saltando nella Yugoslavia dei primi anni ’80 e nel Belgio fertilissimo. È la testa che pilota il tutto, in un sentire l’ebm come un flash che si contamina con bisturi elettronici di grande capacità nel tagliare la pelle e concedere spazi al prurito di una selvaggia Coldwave francese.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

22 Dicembre 2022


https://tout-debord.bandcamp.com/album/a-ne-veut-rien-dire-detriti


https://open.spotify.com/album/2zcnVLuMRh5h36iYTFTkv2?si=phzhk5YxTR-DCckZ8eypBA











lunedì 31 ottobre 2022

La mia Recensione: My Raining Stars - The life we planned

My Raining Stars - The life we planned

Ci sono storie affascinanti nei percorsi di alcuni artisti, andrebbero conosciute e abbracciate. Sono fatte di grandi passioni, ostinazioni e di una volontà di vivere la musica che dovrebbero essere note per divenire un esempio.

Una di queste ha come nome Thierry Haliniak, musicista di Saint-Sauveur-en-Puisaye, ora domiciliato ad Auxerre, che, partendo dalla sua passione per il genere musicale denominato C-86 (trasformatosi poi nel nome Dreampop), ha assorbito tutto l’amore (come lo scriba) per la favolosa etichetta indipendente Sarah Records e successivamente per la Creation, per vivere, come conseguenza, una esperienza nella band Nothing To Be Done.

Quei ragazzi divisero il palco con artisti del calibro di Moose, Adorable e The Boo Radleys. Finito quel periodo Thierry continuò a suonare pezzi propri sino ad arrivare a formare un proprio progetto scegliendo il nome My Raining Stars. Trovò nel suo cammino il sostegno e il contributo del musicista Danese Casper Blond, potendo così lavorare serenamente allo sviluppo delle sue canzoni e, dopo un Lp di esordio nel 2008, vide degli Ep manifestare in modo evidente le sue qualità. Sino ad approdare a quest’ultimo, The Life We Planned, che è il sunto del suo limpido talento, colmo di poesia e leggerezza, voli armonici dove nulla viene sintetizzato bensì evoluto e reso in grado di raggiungere vette da cui tutto il suo valore domina il nostro bisogno di morbida propensione ad ascoltare pennellate di dolcezza coniugate alla sua voce delicata e penetrante.

Ecco giungere What Can We Do, una sensuale dimostrazione di leggerezza connessa a una armonia avvolgente.

Con Mirror si evidenzia il suo antico amore per le band della Sarah Records, con questo affresco pomeridiano di attitudine nel suonare chitarre ritmiche avvolgenti, con il supporto di una tastiera che lavora quasi segretamente ma lo fa in modo delizioso.

Quando arriva Summer’s Gone il cuore salta con gioia e diventa dipendente da questa struggente composizione con una chitarra seducente e il lavoro di un basso che ne evidenzia il valore. Chicca clamorosa che va amata senza dubbi.

On His Own porta in dono l’amore dell’evoluzione del Dreampop degli anni 90, planando con agilità in un Alternative ben plasmato e capace di dare a due generi musicali la possibilità di una perfetta convivenza.

Completa l’Ep la canzone che gli dà il titolo. Ed è dipendenza emotiva, i sensi si abbracciano in questa splendida fotografia dell’umore dove la vita si presenta con timidezza, quasi con petali di tristezza che viene dominata ma a cui non si nega lo spazio. E la voce di Thierry è perfetta per darle il volto di una carezza capace poi di prendere ritmo per volare dentro di noi.

Grandissimo lavoro che merita un approccio entusiasta da parte di chi avrà modo di innamorarsene. Lo scriba ci è riuscito e ora è colmo di riconoscenza e non ha dubbi che sarà così anche per voi.


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

1 Novembre 2022


Data di realizzazione: Venerdì 4 Novembre 2022 sulla pagina Bandcam






DEAR DEER - We can play in a living room

 DEAR DEER - We can play in a living room


Follia. Intercapedini violate. Suoni macrobiotici. Veleni puri in voluminosa presenza. Stratosfera bucata da impeti essenziali e dinamitardi.


Il duo Francese DEAR DEER impazza, ingovernabile, in queste 16 tracce dal vivo, con maestosa potenza che si attacca alle caviglie, mordendo tra suoni schizzati, melodie acidamente elettroniche, pregne di tossicità che ci rende schiavi delle loro composizioni.


Se volete essere schiavi del piacere di vagare tra le loro stanze e portarli nelle vostre siate attenti: i confini saranno violati per sempre perché la loro forza evocativa non può conoscere adeguata resistenza.

I due sono artefici di schizzi ipnotici ed invasivi, corrieri di tensioni e trame intense che spaccano le mura.

Copritevi bene, siate rifugi antiatomici ma sappiatelo: non basterà.


Andiamo ora ad impattare le nostre futuribili distrutte difese, addentriamoci nel loro cannibalismo elettronico.


DISCO DISCORD


Fuoco alle polveri, la danza cupa si alza e siamo già corpi in spostamento, partiamo dalla living room, e siamo cani che abbaiano alla paura.


CLINICAL PSYCAL


Atmosfera glaciale all’inizio, industrial e synth-punk a cambiarci connotati, ossessione sonora, mantra bastardo e corpi disuniti. Federico e Sabatel sconquassano.


STRACILA


Synth-punk e Post-punk a rapporto, tutto viene a devastarci con una elettrica danza .


DEADLINE


Siamo in cucina, tra verdure fatte  a pezzi da una acida elettronica, tastiera maliarda e assassina, un drumming completa l’inizio di una nuova stanza che salterà in aria. Entrambi cantano e tutto si fa ancora più compatto.


DOGFIGHT


Loro all’inizio ridono: beata cattiveria, possono permettersela! Un basso come fungo allucinogeno anticipa i due esseri impegnati nel cantare come artigli senza più sangue. 


JOG CHAT WORK GULA GULA


Noise e elettro-dark si impastano nella cucina ormai simile ad un campo di battaglia.

Preparano un menu musicale che guarda alla Francia sanguigna elettronica più sanguinolenta.


CLAUDINE IN BERLIN


E siamo alla canzone dell’abbattimento finale, se mai avevate dubbi: follia, crudeltà, cattiveria nascoste da una tastiera che chiaramente ci prende in giro. Sublime!


THANATOMORPHOSIS


Ultima tappa in cucina e siamo raggiunti da una new wave pietrificata, immersa di synth-wave caricata non a salve...Tritolo tra le orecchie, drumming che parte cupo perchè i beats sono ovattati e le voci si fanno malate. Echi di Virgin Prunes nel loro salmodiare.


NADIA COMANECI


Ora, confusi, tramortiti, senza sapere come, siamo nella Dining Room. Altro che Natale: siamo all’inferno, preceduti da un inizio che ci ricorda gli EINSTURZENDE NEUBAUTEN per poi salutare I CABARET VOLTAIRE. Ipnosi infinita.


ARNOLFINI


Chitarre e basso si fanno vive per pochi secondi e poi scattiamo, sedotti e maltrattati da suoni storti e malvagi, un altro  capolavoro ci martella il cranio, siamo senza difese.


STATEMENT


Ma quanto è bella e selvaggia la confusione? Altra traccia a tramortirci, una drum machine imperiale, chitarra chimica e siderurgica, ci acchiappa lo stomaco, echi Arabi a farci sentire altrove e confusi.


CZEKAJ NA NAS


Forse che questo sia il Santo Gral? Il momento più dissacrante e compatto, chitarra bastarda a bastonarci le orecchie, lei, isterica, indomabile, in un ritmo assassino.


DEAR DEER


Ultima tappa, siamo in bagno.

L’album incomincia a finire con claustrofobia e gin tonic.

La frusta ci colpisce nella vasca, siamo immobili e sanguinanti, le voci si fanno più lontane e maledette. E lei ancora ride ma poi si eccita in un cantato ripetitivo e isterico. PERFEZIONE RAGGIUNTA!


OZOZOOZ


Parte come Coldwave ma poi frantuma ogni dubbio e diventa cattiveria: electro synth-punk a suturare, ma niente da fare, sanguinanti, moriamo danzando nella cacofonia più celestiale.


JJR


Va bene, accettato: moriamo in bagno sotto i colpi di una canzone con fare quasi pop, stupefacente, sorprendente, ma con una elettronica che ci colpisce ai fianchi.


LIFE IN REWIND


Ultima tortura: esanimi, storditi, frantumati, il duo ci assesta l’ultima sciabolata, senza pudore, oscenità elettrica, calano l’ultimo asso, un basso semplice ma pesante, tastiera subdola ne anticipa un’altra che spacca lo specchio e la vasca, è delirio finale: morti in felicità.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

3 Maggio 2020

https://deardeerfr.bandcamp.com/album/we-can-play-in-a-living-room-live-2020




giovedì 22 settembre 2022

La mia Recensione: GINTSUGI - Debut Ep


GINTSUGI - Debut Ep


Mea Culpa: lo scriba l’anno scorso è stato colpevole di non aver raggiunto la bellezza di questo Ep di esordio che l’efficace etichetta Beautiful Losers è riuscita a rendere disponibile, restituendo giustizia mettendo il mondo di fronte a cotanta ricchezza, fiumi di incanto senza possibilità di resisterle.

Canzoni come una donna con vestiti di classe durante una passeggiata lenta, nel ventre di un’atmosfera ottocentesca che attira sguardi e incendia i cuori.

Era inevitable che la ragazza italo-francese avesse addosso gli occhi di quel meraviglioso produttore che risponde al nome di Victor Van Vugt, cioè colui che ha messo le sue preziose mani su album meravigliosi firmati PJ Harvey e Nick Cave.

Quello che hanno in comune le composizioni di questo Ep e i due citati mega artisti si precisa nella sottile linea di confine tra musiche e cantati quasi sospirati e in grado di generare farfalle nello stomaco, e la propensione di una scrittura strutturata in elementi continui, dove la dispersione non è concessa, come uno Statuto artistico interiore, firmato con la propria coscienza.

Cinque diamanti senza tempo, cinque finestre verso la montagna, dove nasce il nostro desiderio di raggiungere queste composizioni, che passeggiano per davvero su sentieri pieni di intima ricerca di un possibile contatto con il cielo.

Non vi è bisogno di frastuoni per attirare attenzioni, perché qui il cuore si stira, senza una piega, verso una totale accoglienza.

Ogni canzone rende il nostro ascolto un brivido: la voce di Luna Paese è un miracolo dal volto pieno di piume, una densità di moti verso la sacralità di questo strumento che la rende angelica. È in grado di pennellare traiettorie vocali con delicatezza e la potenza viene espressa tramite interpretazioni maestose, come appiccicata a queste musiche paradisiache, che portano la loro unione a fare dei nostri respiri un vortice di ricordi.

È chamber pop rivestito di elettronica elegante, proiezioni delicate di movimenti sensuali, capaci di attirare l’anima e condurla nella pace interiore.

Andiamo a prendere per mano questo angelo e viaggiamo con lei dentro queste soffici nubi…


Song by Song


Your Ghosts


L’inizio è affidato a un carillon vocale straordinario, con la musica che sembra scendere tra ciuffi d’erba e alberi in un inchino solenne. Il violino poi rende perfetto il tutto, come un bacio nascente.


Blind


Inutile comparare Polly Harvey e Luna: malgrado quella che sembra una vistosa similitudine, in realtà vi è una diversa capacità interpretativa, ovviamente entrambe di notevole rilievo.

Qui la parte musicale si avvale di una chitarra ruvida appoggiata a un pattern e al Cello che rendono l’impianto suggestivo e dinamico, con un quasi crooning che stupisce ancora di più. 


Spiraling Down


Di bellezza in bellezza, giungiamo al terzo diamante con un pianoforte che mette in allerta tutti noi: la voce che arriva è una cascata lenta, bagnata di luce e di sogni ben svegli, per essere circondata da un alone di mistero notevole, con il registro che oscilla tra quello alto e quello basso con irrisoria facilità, ed è commozione pura.


Disarray


La passeggiata diventa l’incontro con un sogno vocale che si fa toccare, ed è la penombra di note piene di terra che vengono raggiunte da Luna, con un’architettura dalla connotazione complessa, per i delicati passaggi, un eco di sirene raggiunge la montagna…


Outro


Mediante uno strumentale potente per fascinazioni in bilico tra tensione e dolcezza, l’Ep si conclude con un abbraccio notturno attraverso gli archi che troneggiano dentro una montagna riconoscente per ciò a cui ha potuto assistere…


Produttore: Victor Van Vugt

Etichetta: Beautiful Losers


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford 

22 Settembre 2022


https://gintsugi.bandcamp.com/album/gintsugi






mercoledì 20 aprile 2022

La mia Recensione: CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)

 CRYPTOCHROMA - Crépuscule (Featuring Leila Venus)


Il Belgio, terra a me cara e preziosa, sia per la musica che per il ciclismo, sta vivendo un momento molto fertile ma, come accade spesso da quelle parti, i riflettori sembrano spenti.

Ed è un peccato perché se pensiamo a Cape Sidereal e al suo side project chiamato CRYPTOCHROMA potremmo davvero beneficiare delle sue atmosfere sognanti non prive della possibilità di farci danzare.

Dopo l’album di esordio Numb del 2020, eccolo tornare con un singolo magnetico, sensuale, liberatorio. Per farlo si è avvalso della collaborazione di Leila Venus, la cantante parigina dalla voce piumata, calda e serpeggiante.

Il brano in oggetto è un flusso Minimal Wave inzuppato di una elettronica sottile, quasi nascosta ma efficace.

Cape Sidereal trova una melodia contagiosa, un getto di aria fredda che attraversando il deserto rimane intatto perché la canzone sembra davvero affacciarsi sulle colline di sabbia al tramonto, con il synth che gonfia questa sensazione atrabile.

Tutto si appiccica sofficemente alla pelle,  facendo sentire il passare del tempo e i movimenti nomadi della mente come un qualcosa di estremamente semplice.

Lo spettacolare uso della voce di Leila distribuisce rose blu nel cuore con il suo forte e intenso accento francese sino a cantare nella sua lingua madre nel ritornello.

Ed è pura estasi perché nella semplicità la canzone non abbisogna di null’altro: rimane inchiodata nella testa procurando il bisogno di ripetuti ascolti.

Un quasi buio davanti agli occhi sembra condurci realmente dentro un crepuscolo che connette il sogno e la realtà in un limbo ipnotico.

Accoppiata vincente: c’è solo da augurarsi che altre brani vengano scritti, perché questa coperta amniotica che si chiama Crépuscule ci ha avvolti dentro sensazioni che ci fanno sentire la piacevolezza della prigionia…


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

19 Aprile 2022





venerdì 4 marzo 2022

La mia Recensione: Rover - Rover

 La mia Recensione 


Rover - Rover


L’orologio della tristezza ha le lancette che si muovono sempre, perché loro vanno avanti anche quando noi le vorremmo in uno stato di paralisi. Ma il tempo ha deciso per loro, come per se stesso.


Quando poi la disperazione, l’amarezza, l’inquietudine ed il senso di smarrimento si riuniscono e vanno da lui, allora tutto è inevitabile: ci sarà da riflettere con la testa pesante ed in fase di stordimento continuo.


Timothée Régnier è un’anima francese, dai tratti somatici vistosamente connessi alla sua musica, una damigiana di vino inebriante ma spesso indigesta, specialmente per chi preferisce l’acqua che fa scorrere velocemente tutto.

Senza impegno.


Oggi vi parlo del suo album di esordio, una sbornia che ottunde le persone superficiali, senza possibilità di sentire vie di fuga.

È uno spogliarello di rose che cadono nude per terra, avendo già visto le lacrime seccarsi.

Si è messo talmente a nudo che lo si sente tremare davanti a chi lo evita, perché affrontare i tormenti di un individuo è sempre un esercizio che si preferisce evitare.


Eppure vi sono trame che conoscono la morbidezza, direi anche la leggerezza, tra le pieghe di un album che pur vivendo tra note come nebulosa in fase di schianto sa mostrarne la scia, dove i colori hanno significato, come opposizione estrema e necessaria.

Ascoltare questo lavoro è percorrere il sentiero in penombra che non avrà mai moti di condivisione di massa, perché dove c’è una turbolenza si prende sempre la strada più vicina. La paura della mente sconfigge anche le contraddizioni del cuore.

Timothée è un fuoriclasse senza sciabole, senza armamenti eccessivi, senza l’attitudine all’attacco. Sembra dimesso ma non lo è.

È un universo con il suo ossigeno dal sapore di morte che incanta per la sua autenticità. Mi pare un buon inizio.


E se avete pensieri che attendono di essere innescati, stiate certi che il cavaliere nero dal fare quasi pop saprà farli saltare in piedi, senza il giubbotto antiproiettile, perché lui sfida le porte in quanto sa di poterle sbattere.


Un album che è destinato all’eternità, parlavo del tempo e delle lancette, ricordate? 

Ascoltandolo ci si accorge come i generi musicali che vengono tratteggiati sono predisposti ad agglomerarsi nello spazio traslucido dello smarrimento, come una festa pagana sul sagrato di una chiesa in fiamme.


Ascoltare le 12 lancette è sedersi su ciò che si muove, con la sensazione di scomodità ma anche di una effervescenza inspiegabile e così elegante, sicuramente fuori da questo tempo attuale, così incurante di chi è lento e interessato alla introspezione.

Ok, si parte per visitare i secondi di questo orologio che sembra molto di più una clessidra se la si guarda bene…


Canzone per canzone


Aqualast


La prima lancetta ha le corde della chitarra accordata sul Re Maggiore dei Radiohead, mentre la voce, come puledro senza direzione né padroni, si fa un giro tra originalità varie e occhiolini quasi nascosti verso cantanti maledetti e ben coperti dai loro colletti. Tracce di Beatles mostrano la profondità di impronte non cancellabili. Ed è un atteggiamento psichedelico quello che perviene e che ammanta.



Remember 


La seconda lancetta è quasi obesa e ruvida: sarà la chitarra, sarà la voce che sembra una lamiera che cade dal cielo, in un volo incredibilmente morbido.

I quintali di tristezza e amarezze scivolano per nascondersi ma non fanno in tempo: si vedono, eccome.

Un ritornello che si canta piangendo e poi si corre con questo basso, insieme a voci di vergini medievali, per poter sentire il peso del dolore…


Tonight


La terza lancetta, invidiosa della seconda, corre pure lei, con chitarre come granate che esplodono con fare circolare, ricordando i Kiss con il loro brano più famoso.

Poi, però, tutto diventa terribilmente serio, la tastiera che congela ogni entusiasmo e le parole, che da sole basterebbero per deglutire ogni lacrima nascente, finiscono per precipitare nel vuoto. E il falsetto che vola per scappare via.

Vediamo allora affacciarsi Jeff Buckley, quello triste e bellissimo.



Queen Of The Fools


Con la quarta lancetta andiamo a trovare la poesia sonora di Neil Hannon con i suoi Divine Comedy, per un viaggio quasi psichedelico, sicuramente colorato dalla attitudine francese a nascondere l’ammirazione per il lato pop della Terra d’Albione.

La canzone sfreccia, danza, con parole di metallo, sagge, grevi, come pietra colante ossigeno ormai all’estremo delle sue forze. E non ci rimane che il dipinto di folli felici e della loro Regina…



Wedding Bells


Tutto precipita con la quinta lancetta: Timothée toglie il velo dell’amarezza e concede alla sua nudità il sollievo del crollo, partendo dal tono greve della sua voce, che cerca il torbido con il suo registro basso.

Come una vecchia ricerca sonora - teatrale dei Pulp, tutto diventa un recitativo che invade, ruba e muore tra emozioni sedute sopra le spettrali note di un pianoforte potente e la chitarra che con pochi accenni ci frantuma, mentre il basso si concede quella morbidezza che alla fine ci fa sospirare.



Lou


Prendi le chitarre, un basso, una tastiera, una batteria e una voce come sbadiglio eccitato: inizierai a vedere le piume della sesta lancetta.

Tutto sembra essere un sole improvviso qui: non siate ingenui e superficiali, c’è un trattato di malinconia che si esibisce in questi minuti con maestria e furbizia, perché solo agli stolti sarà concesso di illudersi.

Siamo negli anni 60, come un tuffo improvviso, sulla costa nord degli Stati Uniti, ma nel ventre della canzone la Francia reclama la sua porzione di considerazione.



Silver


Lancetta numero 7.

Il numero del mistero conosce onde spavalde di chitarre polverose, arrivano dal sud degli USA, con le scarpe piene di polvere date dal cammino inarrestabile del buon Timothée che qui concede agli angeli del tempo un po’ di luce.

Ma strizzate le orecchie: la slide guitar è una assassina, prende il cuore del cantante francese e lo fa scendere all’inferno con lei…



Champagne


Rufus Wainwright telefona: per l’ottava lancetta vuole cavalcare il tempo e si affaccia, Timothée allarga le braccia in una accoglienza piena e tutto vibra tra la tastiera e il basso che si baciano felici, mentre la canzone ci porta in Galles a prendere del tè con i Gorky's Zygotic Mynci…


Carry on


La potenza si mostra all’inizio della nona lancetta: dura per pochissimo, tutto va anestetizzato, si deve entrare nel vestito di una disperazione che ha poche forze, i raggi del sole che non riescono a farsi vedere e tutto torna nel vestito di una storia disperata che colora di tempesta questa voce, che più che mai diventa drammatica e invadente. Le chitarre tratteggiano note di buio in avanzamento e la turbolenza delle semplici tastiere rendano l’ascolto un atto magnetico.



Late Night Love


Quelle che si sentono all’inizio sembrano proprio delle lancette, veloci, con l’ansia sulla pelle. Sono le decime.

Come una marcia funebre moderna, tutto diventa una coda lunga, la voce sembra quella di un Tom McRae con la tristezza giù per le corde vocali. 

Tutto è ferita, la musica come un lutto moderno, mentre tenta di essere una scintilla viva, ogni cosa invece muore inconsapevolmente.





Full Of Grace 


Undicesima lancetta: la chitarra come un passo ubriaco ci stordisce, poi Timothée apre la bocca e tutto diventa la sintesi di un folk-noir dipinto di un rock greve senza essere metallico, scorribanda lenta dentro gli aghi della voce, l’atmosfera come quella di un aereo militare con il freno a mano nel cielo, che è perplesso e preoccupato.

Nella foresta nera tedesca il sibilo dei Coil con gli Swans a trattare l’armistizio del mondo mentre i Wovenhand escono a fare la scorta.

Quando la tragedia profuma di bellezza.



Father I Can’t Explain 


Il Tempo decide che all’ultima lancetta sia concessa l’illusione della dolcezza, avendo in dote tre minuti e otto secondi di aria, passeranno velocissimi.

Come se Lou Reed cercasse adepti, e David Bowie accennasse al consenso, la canzone è un passo di danza blues, con i bottoni puliti e la cravatta. Ma il cuore che palpita ha tremori e cedimenti.



In conclusione.


Dopo l’ascolto di questo album ci si ritrova a riconsiderare il viaggio della storia, di cosa la musica permette di vivere e cosa invece neghi.

Sì, è così, perché ciò spiega perché questo artista non sia arrivato al successo. Ma quest’ultimo non serve, non aumenta il valore in sé, certi album nascono per rimanere soli ma non per questo sono privi di senso e ossigeno.

Chi accoglie le forme ampie dell’arte troverà in queste lancette uno dei modi concreti per vivere il tempo.


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

4 Marzo 2022


https://open.spotify.com/album/65jtY7eQJAhmCrT9JG60RX?si=8stsECTYSo6r5CHZ6I04cg


https://music.apple.com/gb/album/rover/501793644









La mia Recensione: Man of Moon - Machinism

  Man Of Moon - Machinism Sono comparse, ormai da diversi anni, nuove rivalità, coesistenze problematiche ad appesantire le nostre esistenze...