domenica 15 gennaio 2023

La mia Recensione: The True Faith - Go To Ground

 The True Faith - Go To Ground


Tre americani, dalla città tra le più antiche degli Stati Uniti, capitanati da Travis Benson, arrivano al loro secondo Lp, sempre per la notevole etichetta “à La Carte Records”, con un lavoro strepitoso per intensità e bellezza, schizzi di poesia distorta notturna, abbellita da scoscese corse verso il centro delle emozioni con nove pallottole non a salve, per mietere vittime in stato di adorazione, in grado di accettare una morte così bella. Dopo aver assestato la formazione, che dall’esordio dell’Ep As Much Nothing As Possible non ha fatto altro che crescere in determinazione, specificando il suo raggio di azione, ci troviamo davanti a un album tra i migliori del 2023, senza dubbio alcuno. Compatto, greve e chirurgico, votato a fare del Post-Punk la base di petali odoranti di morte e disgusto, le composizioni vivono di alienazioni gotiche convincenti, in grado di consentire un godimento che sembra abbracciare l’epoca del rimpianto e della nostalgia. Sono stilettate, masse di suoni come metallo liquido incandescente, una tosse che infetta ma cura in quanto la fascinazione nei confronti della zona cupa della musica per molti è salvezza. Come lo è per il vecchio scriba. Gli strumenti in questo lavoro sono tossine di delirio in esibizione costante, programmati per infierire e anestetizzare i dubbi: tutte le canzoni nuotano nei riflessi, nei graffi, come un eco portavoce di verità assolute che non si possono nascondere. Con una produzione che esalta la potenza e la vorace volontà di dare al ritmo una forza propulsiva, le linee del basso sono molteplici, temporali e inarrestabili, le chitarre sono gramigna e cicuta in dosi abbondanti, la batteria un camion che conquista e crea spazio vitale nelle danze. Album clamoroso ed efficace per ciò che sa apportare alla musica. E gli inchini sono doverosi.

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

16 Gennaio 2023

https://truefaithx.bandcamp.com/album/go-to-ground


https://open.spotify.com/album/5cY4fqCKoGh8mhx3fiubJz?si=3Qghv083RMiSWGL5C12GFA




My Review: The True Faith - Go To Ground

 The True Faith - Go To Ground


Three Americans, from one of the oldest cities in the United States, led by Travis Benson, arrive at their second Lp, again for the remarkable “à La Carte Records” label, with a work that is resounding in its intensity and beauty, with splashes of distorted nocturnal poetry, embellished by steep runs towards the centre of emotions with nine bullets, not blanks, to reap victims in a state of adoration, capable of accepting such a beautiful death. After settling the line-up, which since the debut Ep As Much Nothing As Possible has done nothing but grow in determination, specifying its range, we find ourselves before one of the best albums of 2023, without any doubt. Compact, heavy and surgical, devoted to making Post-Punk the basis of petals smelling of death and disgust, the compositions live on convincing gothic alienations, capable of allowing an enjoyment that seems to embrace the era of regret and nostalgia. They are stabs, masses of sound like incandescent liquid metal, a cough that infects but cures as the fascination with the dark area of music is the salvation for many. As it is for the old scribe. The instruments in this work are toxins of delirium constantly exhibited, programmed to rage and anaesthetise doubts: all the songs swim in the reflections, in the scratches, like an echo which is a mouthpiece of absolute truths that cannot be hidden. With a production that exalts the power and voracious desire to give rhythm a propulsive force, the bass lines are multiple, temporal and unstoppable, the guitars are weed and hemlock in copious doses, the drums a truck that conquers and creates vital space in the dances. A resounding and effective album for what it can bring to the music. And bows are in order.

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

16th January 2023

https://truefaithx.bandcamp.com/album/go-to-ground


https://open.spotify.com/album/5cY4fqCKoGh8mhx3fiubJz?si=3Qghv083RMiSWGL5C12GFA




My Review: Succubus - Phantasmagoria

 Succubus - Phantasmagoria


Bandung, Indonesia and the new theatre of pain.

Evoked in the lyrics, what was the title of Christian Death's debut album, here becomes the cutting dance of the Asians, more tribal than the American band, that creates a venomous mixture of attacks on reason, with the guitar insisting, striking, even kicking in the belly, giving deathrock new landing places: it may be the grating bass, it may be the production that makes the sound become hot metal, but we are faced with a fruitful prodigy, with fear that softens as we are totally liberated by a dance that sharpens the skin.

The five Asian ghosts prove that musical genres can evolve without the need to mingle them too much with others: here the joy is funereal and wonderful!

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

15th January 2023

https://succubus777.bandcamp.com/track/phantasmagoria



La mia Recensione: Succubus - Phantasmagoria

Succubus - Phantasmagoria


Bandung, Indonesia e il nuovo teatro del dolore.

Evocato nel testo, quello che fu il titolo dell’album di esordio dei Christian Death, qui diventa la danza tagliente degli asiatici, più tribali della band americana, a creare un miscuglio velenoso di attacchi alla ragione, con la chitarra che insiste, colpisce, assesta anche calci nel ventre, dando al Deathrock nuovi approdi: sarà il basso grattugiato, sarà la produzione che fa divenire il suono lamiera calda, ma siamo davanti a un prodigio proficuo, alla paura che intenerisce mentre veniamo liberati totalmente da una danza che arrota la pelle.

I cinque fantasmi asiatici dimostrano che i generi musicali si possono evolvere senza bisogno di incrociarli troppo con altri: qui la gioia è funerea e  meravigliosa!

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

15 Gennaio 2023

https://succubus777.bandcamp.com/track/phantasmagoria




La mia Recensione: Zephiro - Baikonur

 Zephiro - Baikonur


Roma, la capitale del pettegolezzo, dei circuiti dello spreco del tempo, della moda ritardataria che non porta a nulla, ha ancora però la capacità di conservare il bisogno di differenziarsi, di presentare al mondo esigenze e modalità diverse. Il vecchio scriba pone l’attenzione nei confronti di una band che con l’ultimo disco Baikonur l’ha convinto a parlarne. No, non è un ritardo clamoroso il suo: certe cose abbisognano di studio. E poi si deve considerare un problema reale: questo gruppo e questo album meritano di stare molto lontano dalla città, di arrivare dentro verginità e curiosità ancora vive e in attesa. Occorre quindi capire quando sia il momento giusto per discuterne ed è arrivato ora, quasi un anno dopo la sua uscita. Il luogo ideale per ascoltarlo sarebbe una biblioteca, migliaia di persone sedute, con il cd sul tavolo, le cuffie e il giro cosciente nel Tempo con gli occhi chiusi, cogliendo dentro le note e le parole la fiumana di agganci letterari.

La musica bisogna imparare a vederla e a leggerla, in un insieme che doni come risultato la capacità di coglierne tutto il senso. Tornando al lavoro, è un macroscopico cannocchiale sul mondo, un occhio che lavora e maneggia con sapienza la grandezza del globo terrestre addensando, musicalmente parlando, le preferenze del fondatore del gruppo Claudio Todesco, che si manifestano in uno shaker dove gli ingredienti Post-Punk e un Alternative lieve sono amalgamati, conferendo ai brani la possibilità di non essere fruiti solo da appassionati specifici dei due suddetti generi musicali. Perché la carta vincente è una sensibilità pop che si incolla felicemente, senza però mai prendere la luce del palco. Un disco che per molti è la summa della stagione italiana alternativa degli anni ’80 (no, dallo scriba la parola new wave non verrà mai pronunciata), con la scena Fiorentina su tutte, ma anche qui esiste un dissenso. Queste composizioni sono l’effetto di una realtà che vince, che ha il coraggio di guardarsi dentro, di non annettersi a un percorso limitato dalla nostalgia o da antiche passioni: va ben oltre. Del passato, casomai, vive il riferimento della scrittura, di quella letteratura che consegna testi capaci di ponti, di appigli, come punti di riferimento per tornare a testa bassa a capire il “qui et ora”, senza sprecare nemmeno un secondo. 

Diventa un esercizio elegante e fruttuoso andare oltre l’incanto sonoro che investe l’ascoltatore, perché al di là del fatto che ci si affezioni alle canzoni si può incominciare a intraprendere un lavoro di fruizione di elementi che sono parte integrante del tutto. Ecco, la verità non sta nella bellezza, nella gioia dell’ascolto, bensì nell’utilizzo di questo percorso che spalanca consapevolezze. Il rischio evidente è che in molti si fermeranno a definirle belle, forti eccetera eccetera.

Certamente il suono potente, il mixaggio eccelso di Fabrizio Simoncioni, l’ordine equilibrato delle tracce rendono evidente un contatto immediato, un bisogno e una fedeltà nell’ascolto che diventa una firma nel cuore prima e nella testa poi. Da aggiungere anche lo splendido concept grafico dell’ artwork di Francesca Radicetta.

Quello che occorre sottolineare è la sostanza  delle canzoni che spostano continuamente il bisogno di affossarsi nella ricerca delle loro radici: in questo gli Zephiro precedono pure se stessi e come un’unica anima bisognosa lanciano nei loro dintorni grammi di poesia da una parte (per mantenere lo sguardo dritto verso il futuro) e una manica della camicia arrotolata (segno della consapevolezza che c'è tanto su cui lavorare) dall'altra, finendo per divenire una carta di identità che conosce l'aggiornamento.

E mentre si entra in questo flusso sonoro, nascono esigenze profonde, alcune salgono in superficie (la danza e il canto) e altre invece scorrono nei corridoi della mente e dei battiti, per una manifesta capacità di un disco adulto in cerca di uno sguardo e di un ascolto appropriato.

Baikonur è una goccia dell'oceano che non perde tempo a guardare le altre e avanza, onda su onda, sulla pelle del suo bisogno nomade di correre, volare, respirare il proprio presente per legittimare la sua essenza, sapendo che dove c'è lei esiste possibilità di manovra. Ora andiamo a vedere le nove particelle di questa goccia effervescente e che una nuova possibilità di saper ascoltare in modo profondo non sfugga a chi avrà la grande fortuna di possedere questo album...


Song by Song


1 - Amelia


Il giro del mondo inizia su una nave, l'America è lì di fronte e già dentro di noi, con notevoli giochi di prestigio, di alternanze degli strumenti che permettono di iniziare l'album con la sensazione dell'acqua sulla pelle. Ed è turbolenza Alternative con il suo sapore pop e gli schemi Post-Punk a reggere il tutto.


2 - Crisalide


Il rischio che i primi secondi conducano un italiano a pensare a un nuovo brano dei Litfiba è enorme, ma d'altra parte la mediocrità dell'ascolto è parte integrante del paese dello stivale. Piuttosto, se proprio si cerca un riferimento si dovrebbe guardare a ciò che accadeva in Inghilterra tra il 1979 e il 1980, momento storico verso cui la band di Pelù ha gettato lo sguardo e dal quale ha preso a piene mani. Ma Crisalide è una splendida vipera pop che sfugge, che manda a quel paese chi la vorrebbe come paladina di quel percorso musicale preciso. Lei è impeccabile nel rappresentare solamente se stessa con pennellate di azzurro della chitarra, il basso di Claudio Desideri che è benzina elegante e la batteria emozionante e Indie di Leonardo Sentinelli.


3 -  Khan


Le parole sono il diamante che cattura e ci fa tornare a essere studenti, con la voce di Claudio che le rende sognanti e al contempo credibili. Musicalmente, è un festival di cambiamenti e di capacità nel renderla generosa, imprevedibile, con la chitarra di Todesco che si intrufola sapientemente nel cantato e la volontà di stare lontano da cliché che la rimpicciolirebbero. 


4 - Berlinauta


Il pop nordico degli anni ’90, sconosciuto ma dirompente, si affaccia dentro questo brano, dalla trama evocativa data da un meraviglioso controcanto, dai suoi quasi stop and go, dalle chitarre brillanti che sanno essere ritmiche ma anche circolari, con la benedizione del drumming che riesce a renderla accattivante.


5 - Cosmorandagio


La punta di diamante dell'album arriva e ci fa capire il percorso di crescita della band, l'abilità di non buttarla sul ritmo bensì sulla dimensione dell'architettura degli strumenti, una pianificazione straordinaria che rende perfettamente compattati e omogenei tutti i brillanti di cui sono composti questi minuti di ascolto. Adorabile il fatto che gli Zephiro non si vergognino di essere in grado di scrivere un brano che può essere ascoltato da chiunque, alla faccia delle preferenze del genere. Poesia pop che vi aspetta.


6 - La colpa


Si corre, si rallenta, la voce prende il volo e diventa la bussola del nostro ascolto, sino a quando la band si compatta e sferra un bel colpo nello stomaco, con questa perla rock che entra nel percorso della memoria imprigionata ed ecco il miracolo: la canzone la rende libera...

E la coda del brano è la maturità della band che sulla chitarra sanguigna e aggrovigliata porta se stessa nel futuro, dimostrando la sua indipendenza.



7 - Se scavo più a fondo


Si sta dentro un abbraccio in questa canzone, un trovare se stessi grazie alla volontà di capire e per farlo il pezzo mostra le varie identità sonore e ritmiche, la capacità di entrare nella zona mista di riferimenti pop e rock, che siano italiani o stranieri non importa, è uno specchio pulito che scorre e rende visibile la verità. Una composizione che potrebbe rendere possibile l'intimità anche sul prato di un campo da calcio, in quanto è questo il suo merito più grande...


8 - Fino alla fine


Esistono canzoni eleganti che liberano le persone da tossine conclamate ed è proprio questa a rendere evidente la sua funzione: prima di essere belle, di piacere, devono essere utili e questa lo è, nel renderci coscienti di cosa sia la libertà, nel portare le ombre prima dentro il basso cupo che sarebbe da abbracciare, con la sezione ritmica che diviene evocativa, i canti, i controcanti e i cori che aprono i pori della pelle e ci rendono più leggeri. Tra Indie, Alternative, fiamme di Post-punk educate e Pop qui si fa il pieno di luce...


9 - Di Nostalgia (ft. Miro Sassolini)


È la voce più potente e poetica del panorama italiano ad arrivare qui, a dare la sua stretta di mano alla band capitolina, quel Miro Sassolini che difende la sua attualità e non il suo mito lontano, mostrando come si possa e si debba cantare al giorno d'oggi. Questa unione artistica, posta alla fine dell'album, conferma e approfondisce la convinzione del vecchio scriba che agli Zephiro non sia possibile mettere il bavaglio, che la loro classe arrivi ovunque. Miro non offre la sua collaborazione tanto per farlo: ha letto nel cuore della sostanza del trio romano e ha firmato secondi magnetici e generosi come è nella sua natura. Che è la stessa del gruppo. Si balla col piedino all'inizio e poi ci si alza, si segue la generosità e l'evoluzione del brano, un albero Post-Punk che muta la pelle e cammina nel futuro, e si danza a occhi chiusi e sogni aperti, con il ritmo sincopato che poi saluta e ci costringe a inseguirlo. Chiosa magnifica per un album che farebbe bene a salutare Roma e andare a vivere nel cuore del mondo…

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

15 Gennaio 2023

https://zephiro.bandcamp.com/album/baikonur

https://open.spotify.com/album/2Lk0UEtxvptllO1hnePJSZ?si=gI_BrexySZaasvMNkH5ojA





venerdì 13 gennaio 2023

La mia Recensione: Finlay Hatton - Where The Shadows Don't Fall

 

Finlay Hatton - Where The Shadows Don’t Fall


Finlay Hatton dovrebbe ricevere un premio per la qualità, la generosità, l’ostinazione, la passione: il suo è un percorso straordinario, più che di canzoni si tratta di amiche che vengono a trovarci, portandoci doni che si rivelano essere preziosi, utili e sorprendenti.

Che bello sapere il vecchio scriba in difficoltà e al contempo felice nel vedere cosa contiene questo che, è bene precisarlo, non è un album ma un’opera colossale. Per il numero di canzoni (quarantacinque) e soprattutto per ciò che presenta: un caloroso abbraccio colmo di atmosfere che variano e gravitano “solamente” attorno alla bellezza e alla sensualità di un mattino che odora di incanto. Non è una operazione coraggiosa questa, pazza, o estrema: molto più semplicemente è un atto d’amore e non una raccolta o somma di composizioni. Non cercate concettualità dove esistono slanci come questi: siate attenti, braccia aperte e sorridete, che non capita sovente una cosa del genere e sappiate approfittarne.

Sono confidenze, aperture, sguardi profondi sia attraverso parole che fanno luce nella nostra mente e sia mediante un linguaggio sonoro accogliente che, al di là dei generi adoperati, fluttuano morbidamente perché sono dimostrazioni di sentimento continui.

Non ha dubbi chi scrive (il pessimismo gotico rimane fedele) che una situazione del genere non verrà accolta come dovrebbe: i gusti e gli egoismi non permettono di capire e voler bene a che si mostra diverso e necessario, dove la qualità espressa è di altissimo valore visti i contenuti. E poi: chi ama ascoltare i raggi di sole? Qui ne abbiamo di dolcissimi e accoglienti, ma anche di generosi in quanto elargiscono affetto incessante, senza bilancia, senza scindere la forza e la morbidezza.

Una corrente di sogni si dà appuntamento nella fluidità di una musica che rivela un Indie Rock sapiente, sempre a stretto contatto con uno Shoegaze misurato e controllato, perché, se è vero che esistono fragori, è anche vero che Finlay adopera l’intenzione di incorniciare i suoi petali compositivi con un Dreampop dalle molte sfumature.

Contiene anche interpretazioni (definirle cover sarebbe limitativo) che sembrano davvero essere sue canzoni tenute in naftalina, dando un senso di continuità che appassiona, sconvolgendo per qualità delle scelte perché rivela una conoscenza davvero notevole, con la volontà di dare rilievo a quelle che non sono molto note.

Data la mole del lavoro, impressionante è la scaletta dei pezzi: dà l’impressione di trovarsi su delle onde che conoscono il modo per farci divertire, riflettere, sempre nel circolo della qualità che ricopre il tutto di saggezza. Più le ascolti e più ti senti con la pelle pulita: assorbono le nostre  fatiche, ci mettono un olio sul capo e sul corpo e ci danno il lasciapassare per una serenità meravigliosa, abbondante.

La domanda è: ci meritiamo qualcosa del genere, dal momento che la maggioranza non ne trarrà conoscenza e, anche se così fosse, non saprebbe riconoscerne l’importanza e il valore? Eccolo, bussa nuovamente: il pessimismo gotico mi guarda sicuro, perché un album come questo rischia l’emarginazione. E la rabbia pulsa nella mente dello scriba.

Eppure sono proprio queste gemme che insegnano la pazienza e a non chiedere nulla in cambio, esistono, sono a disposizione e ora tocca solo a noi.

Concludendo: dati gli argomenti dei testi, la tipologia di scelte musicali decise e utilizzate, tutto conduce ad affermare che se avrete la capacità di compiere un cammino con gli occhi aperti, ciò che vedrete grazie a questo album sarà un racconto energetico di Jean-Michel Basquiat in pennellate sonore…

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14 Gennaio 2023


https://finlayhattonmusic.bandcamp.com/album/where-the-shadows-dont-fall-a-2022-compilation



My Review: Finlay Hatton - Where The Shadows Don't Fall

 Finlay Hatton - Where The Shadows Don't Fall


Finlay Hatton should receive an award for quality, generosity, persistence, passion: his is an extraordinary journey, more than songs   they are friends who come to visit us, bringing us gifts that turn out to be precious, useful and surprising.

How nice to know the old scribe struggling and at the same time happy to see what this contains, which, it should be pointed out, is not an album but a colossal work. For the number of songs (forty-five) and above all for what it presents: a warm embrace filled with atmospheres that vary and “only” gravitate around the beauty and sensuality of a morning that smells of enchantment. This is not a brave, crazy, or extreme operation: much more simply, it is an act of love and not a collection or sum of compositions. Do not look for conceptuality where there are impulses such as these: please pay attention, with open arms and smile, something like this does not happen very often and take advantage of it.

They are confidences, openings, deep glances both through words that shed light on our minds and by means of a welcoming sound language that, beyond the genres used, float softly because they are continuous shows of feeling.

There is no doubt in the writer's mind (he stays true to Gothic pessimism) that such a situation will not be received as it should: tastes and selfishness do not allow one to understand and love those who appear different and necessary, where the quality expressed is of the highest value given the content. Besides: who likes to listen to sunbeams? Here we have sweet and welcoming ones, but also generous ones as they donate endless affection, without scales, without separating strength and softness.

A stream of dreams comes together in the fluidity of a music that reveals a skilful Indie Rock, always in close contact with a measured and controlled Shoegaze, because, while it is true that there are roars, it is also true that Finlay uses the intention to frame his compositional petals with a Dreampop of many nuances.

It also contains interpretations (to call them covers would be limiting) that really do seem to be his songs kept in mothballs, giving a sense of continuity that is exciting, shocking in the quality of the choices because it reveals a truly remarkable knowledge, with a willingness to give prominence to those that are not very well known.

Given the size of the work, the setlist of the songs is impressive: it gives the impression of being on waves that know the way to make us enjoy ourselves, to reflect, always in the circle of quality that covers everything with wisdom. The more you listen to them, the clearer your skin feels: they absorb our fatigues, put an oil on our heads and bodies and give us a pass to a wonderful, abundant serenity.

The question is: do we deserve something like this, since the majority won’t obtain knowledge from it and, even if they did, would not recognise its importance and value? There it is, it is knocking again: Gothic pessimism looks at me confidently, because an album like this risks marginalisation. And anger throbs in the scribe's mind.

Yet it is precisely these gems that teach patience and not to ask for anything in return, they exist, they are available and now it is just up to us.

In conclusion: given the topics of the lyrics, the type of musical choices decided upon and used, everything leads to the assertion that if you have the ability to walk a path with your eyes open, what you will see thanks to this album will be an energetic tale of Jean-Michel Basquiat in sonic brushstrokes…

Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

14th January 2023


https://finlayhattonmusic.bandcamp.com/album/where-the-shadows-dont-fall-a-2022-compilation











La mia Recensione: Chants Of Maldoror - Ritual Death

  Chants of Maldoror - Ritual Death Un nido d’api abita nel cratere del cielo, a bordo di un veicolo che lo trasporta tra le diverse forme d...