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lunedì 17 ottobre 2022

La mia Recensione: James - All The Colours Of You


James - All the colours of you


C’era un tempo nel quale potevamo vederle nei prati, nei parchi di una Manchester sorridente, affaticata, ma mai ammutolita.

Ora volano in alto, basta alzare la testa e migliaia di margherite ci offrono i loro petali come raggi di energia necessaria per poter avere almeno un romantico motivo per non mollare. Alcune di loro sono ancora tutte insieme: si chiamano James e sono anche le stelle che illuminano la città notte e giorno.

Sono tornate per farci sentire il loro nuovo getto di bravura e melodie che diventano la nostra nuova forza.

Un ritorno clamoroso per come siano riusciti a vivere il periodo della pandemia consegnandoci canzoni che sanno essere uno stimolo verso la comoda volontà di cedere.

Hanno messo in campo 11 farfalle per giocare la partita che vinceranno nettamente: dalla loro hanno la classe, la tecnica, gli schemi, tutti indirizzati a fare goal nella porta del nostro cuore.

Jim e Mark sono i principali compositori delle canzoni ma tutte le margherite hanno giocato i loro petali nella creazione di uno stormo di farfalle che delicatamente planano per rimanerci. Non se ne andranno di certo. Tim si rivela come sempre il Dio sovrano della scrittura con testi che spaziano e approfondiscono tematiche che si presterebbero alla retorica (cosa che tra l’altro ha anche aspetti positivi), non concedendosi, come sempre, ad una scrittura semplice e soprattutto banale. No: lui è l’attaccante che sorprende, non ha bisogno di dribbling per saltare dentro alla rete dei nostri cuori pronti ad incassare goals, perché non è mai stato così bello vedere la rete gonfiarsi.

Alla fine sono 11 goals che fanno capire quanto i James siano in costante crescita.

Dopo 39 anni dalla loro nascita sono più freschi che mai.

Sedicesimo album e sicuramente questo si rivela coraggioso e determinato, concede a se stesso il piacere di una concezione che partita in modo semplice ha progressivamente saputo creare strutture articolate e complesse, senza rinunciare nel presentare l’inconfondibile stile della band.

E aver lavorato con un produttore come Jacknife Lee ha reso il loro muschio creativo ancora più fertile e profumato.

Le scelte di Tim per quanto concerne i testi si rivolgono a tematiche correnti, agli squilibri moderni, la pandemia (qui considerata in una modalità completamente diversa rispetto ad album che sono usciti e che stanno uscendo), i rapporti sempre più incapaci di sostenere alcuni valori e l’assenza di una comunicazione che veicoli messaggi positivi. 

Un album talmente ricco e sorprendente che potrebbe scioccare parecchi seguaci della band: il tempo sarà gentile e insegnerà che tra questi solchi c’è tutta l’essenza della band  che raggiunge  livelli mai toccati prima. Sono maturati talmente tanto che occorrerà pazienza, quasi sicuramente, prima che corriate il rischio di prendere una cotta micidiale.

Non mi resta che farvi sentire il profumo di queste margherite: mettetevi comodi che avrete modo di desiderarle per davvero dentro di voi...


Zero


La canzone preferita da Tim apre l’album, quella con il minutaggio piu estremo, una canzone potente come non mai per introdurci in un loro nuovo lavoro. Spiazza sin da subito, per la struttura e le varianti, stimola la curiosità nel farsi morbosa ed é spavalda, ricca, notevole nel suo mostrare quei muscoli che non stanno solamente in superficie. Il testo parte con una cruda verità per poi trovare, come sempre con Tim, la via dove far entrare il sole e lasciarci senza fiato per la bellezza di quello che abbiamo sentito. Lui per primo ci invita a lasciare alcuni impedimenti, ci aiuta a divincolarci. Semplicemente un modo pazzesco per iniziare questa avventura tra i colori.  La prima Margherita ci ha già storditi. 


All The Colours of You


George Floyd e la pessima amministrazione del Presidente Trump. Tim denuncia e lo fa con la sua inarrivabile classe.

Questa canzone ha condotto molte persone fuori strada: è storicizzata la nota  difficoltà di molti di capire poco un album, figuriamoci una carriera intera dove diverse canzoni hanno visto Tim scrivere della situazione sociale sin dal loro primo lavoro.  Molti hanno storto il naso criticandolo. Non avendo capito il margine ampio nel quale si è mossa la sua scrittura. Certo: a Trump saranno fischiate le orecchie! Una canzone che oltre ad essere quasi una invettiva contiene un messaggio positivo e nel ricordarci che i colori sono ancora fondamentali. Si muove elegantemente su un tappeto elettronico, un ritmo avvolgente, moderno, un basso che è linfa, la tastiera che semplice e moderna ci conduce tra le sue braccia, il cantato che è intriso di toni medio aspri sino a giungere alla sensualità inaspettata e la tromba di Andy a farci volare sopra tutti i colori.


Recover 


Una canzone toccante, Tim apre il suo cuore per parlare della morte del padre di sua moglie per Covid: ennesima lezione di vita di come si dovrebbe vivere un momento luttuoso.  La musica è una carezza accennata su cui il cantante, con agio e delicatezza, riesce a fare di una lacrima una piuma. Il basso circonda, la semplice tastiera affonda, come un respiro alto e finalmente libero.


Beautiful Beaches


Come trasformare una fuga causata dai soliti incendi nella zona dove vive vicino a Los Angeles in una danza gioiosa: Tim può!

La batteria elettronica e le tastiere la fanno da padroni in un brano che ha nel pre ritornello e nel ritornello stesso il punto di forza sino ad arrivare al finale, forse ostico, di un drumming che sembra circondare la zona dove si è trasferito per proteggerlo. Un brano dal successo già assicurato nei prossimi live. La band qui si giova, come per il resto dell’album a dir la verità, della produzione di  Jacknife Lee, abile nel dare potenza e compattezza in una melodia che è sublime per leggerezza.


Wherever It Takes Us


Un sogno: una ragazza impegnata nella difesa di diritti che non sono solo i suoi, rischia la morte in una corsa selvaggia. La canzone mostra come strofa e ritornello possano essere lontanissimi tra di loro. Ma il ritornello, pieno di voci e melodica propensione ad abbracciare ogni paura, diventa uno dei più belli di sempre per questa band che nel brano dimostra tutta la sua capacità di spaziare e coinvolgere in fasi distanti tra di loro.


Hush


Arriva un fantasma, in questa storia tesa ma resa morbida da un ritmo che qui trova lentezza e la melodia ci riporta parte del suono tipico dei James che molti sicuramente non faticheranno a riconoscere. Il brano, come la storia raccontata dal tenero Tim, attraversa la palude della paura per lasciarci in dono il mistero. Quando i James sono leggeri, malgrado un incubo raccontato con classe, la loro musica sa come dimostrare che è nella semplicità che le canzoni diventano eterne.


Miss America 


Pur rimanendo nella zona di una musica che ha rallentato il suo ritmo, qui la storia cambia, il sogno Americano viene distrutto dal sogno di una ragazza, modella, che mentre prova a vincere il concorso di bellezza, realizza i punti deboli di un sistema votato al collasso.  Tenera, poche note, ma che incidono, ecco la band riuscire come sempre nel non necessitare di tutti i numerosi membri che la compongono per dare il senso di coralità. Un altro brano che riuscirà a scaldare il cuore. 


Getting Myself 


Come fare di un giro di piano una hit, partire da un respiro per arrivare ad un colpo di tosse che ci renderà tutti cantanti felici. Una sicura hit che ci sorriderà di sicuro. Una canzone che spiega nettamente il clima dell’album, nella musica e nel testo. Quando la perfezione non esiste viene messa in pericolo da questi sessantenni ispirati e impavidi. Gli ultimi 20 anni di carriera riassunti in una canzone, la magia la vedrete nelle vostre orecchie affamate di bellezza.


Magic Bus


Tim sembra aver preso un acido per portarci nelle gran trame di una canzone vivace nella sua psichedelia mascherata.

Ma non l’ha preso rendendo questo testo ancora più speciale...

È un viaggio tribale, accennato, ammaliante e sensuale, che inchioda e sconfigge, come solo i grandi sanno fare, la banalità descrittiva di un percorso dove l’assunzione di droga avrebbe corso il rischio di divenire banale e simili a migliaia di altre canzoni. Un testo curioso ed una altrettanta musica sembrano perfettamente rendere i James maestri nel camuffare carte e identità. 


Isabella


Un’altra storia di mistero e violenza entra velocemente nell’album: la protagonista arriva e sconvolge, affonda la sua vendetta per poi salire in alto per trovare la distanza dal suo peccato.  La fantasia interpretativa di Tim gli concede di sfruttare pienamente dei cambi di ritmo della canzone che trova nel ritornello la sua maestosità. Poi le due coriste ci alzano lo sguardo con il loro vocalizzo semplice ma centrato. Si giunge al finale, tra chitarre e tastiere compatte, Tim trova un secondo ritornello per farci affondare di nuovo, nell’attesa dell’autopsia...


XYST 


Siamo alla fine dell’album: quando il potere politico vorrebbe tappare la bocca alla coscienza dei musicisti. Brano strepitoso che conclude l’album consegnandoci dei James nuovi, lucidi, eleganti, capaci di essere adulti con un cuore giovane. L’ultimo brano è la chiosa che mi aspettavo, una nuova sorpresa che affascina e trascina nella profondità di una nuova consapevolezza: ogni canzone di questo sedicesimo album ha la strana virtù di essere slegata ma allo stesso tempo connessa a tutte le altre, c’è sempre un mistero, una sorpresa che si affaccia dentro gli strumenti. Anche qui non vi è dubbio alcuno: le cose finiscono bene, con classe, si è giocata la possibilità di dare al mondo l’undicesima canzone di questa tavolozza di colori e di margherite, si è giocato all’attacco e si è vinto alla grande.


Senza dubbio il loro miglior album di questo millennio e tra i miei primi tre di sempre. Perché i James nel 1982, poco prima di essere la band che inaugurò l’Haçienda della mia amata Manchester, nei camerini piccoli e tremanti, ha firmato un patto con il diavolo: non sarà il tempo a piegare la loro bellezza e con il tempo saranno capaci di portare tutti i colori del mondo dentro i vostri battiti ormai grigi.

Direi che quel patto resiste magicamente, e ora contate questi petali, riavvolgete la voglia di bellezza e tornate a tuffarvi qui dentro, che intanto la tavolozza è pronta: nuovo giro di colori per i nostri sorrisi accaldati...


L’album sarà in vendita da domani, 4 giugno 2021


Alex Dematteis 

Salford

3 Giugno 2021


James:


Tim Booth

Testi, cantante, percussioni, cori


Jim Glennie

Bassista, percussioni


Saul Davies

Chitarrista, violinista, percussioni, cori


Mark Hunter

Tastiere, Piano, percussioni, programmazioni 


David Baynton-Power

Batteria, percussioni


Andy Diagram

Tromba, cori, percussioni


Adrian Oxaal

Chitarra, cori, violoncello 


Chloë Alper

Cori, percussioni 


Knox -Hewson Debbie 

Cori, percussioni


https://open.spotify.com/album/5ygHCOppc7ipeiWCB8cj9M?si=1VRBmb2QTIet3r4fQkCmgQ






La mia collezione dell'album:







mercoledì 28 settembre 2022

La mia Recensione: THE SMITHS - Strangeways here we come

 THE SMITHS - Strangeways here we come 


Recensione di tre anni fa che ripropongo


Dopo aver seguito tutta la loro carriera, album dopo album, un giorno, poco dopo l’uscita di questo, mi sono ritrovato con la consapevolezza che non ce ne sarebbero stati altri: un dolore, un tormento, una dannazione che mi ha attanagliato per molto tempo.

Questo è un album che lascia un gusto amaro nel cuore, taglia le gambe, spezza il respiro: questa band è la band della mia Vita, della mia adolescenza, persone che sono state il mio sguardo, il mio pensiero, gli attimi minuscoli che giorno dopo giorno hanno fatto di me una persona.

Un album che davvero è una prigione, dove arrivano un po’ tutti: ragazze in coma, persone che devono essere fermate, ballerini, gente infelice, e tanto altro.

Questo album è un luogo che mostra come sia possibile mostrare una grandezza assoluta anche nel momento dello sfacelo, del conflitto, della disperazione.

Un album sofferto e sofferente che come una vanga stacca la terra dal suo luogo originale per essere spostata da un’altra parte: quella parte è l’immortalità, il rispetto, il ricordo.

Canzoni che decretano ancora una volta un sicuro talento ma senza la speranza che abbiano dei fratelli e delle sorelle in avvenire.

È uno sparo secco che dura 36 minuti quanti bastano per decretarne un posto sicuro nel mio Olimpo degli ascolti, la mia venerazione ed il mio Grazie eterno.

Strangeways è una bandiera che non si ammaina, è un gesto di addio che non conosce fine e al quale io volgo il mio sorriso e la mia lacrima perché nessuno come The Smiths è riuscito a fare questo in me, e ascoltare ancora oggi questo album fa di me un essere in privilegio costante.

Non fatico a pensarla come Morrissey e Marr che l’hanno definito il loro Migliore: in quella affermazione c’è tutto il rispetto per un album che ha avuto un travaglio tormentato, una guerra ed una distanza interna ma che non ha tolto la classe cristallina di quei due che, anche senza più la serenità di un tempo e l’amore di una amicizia immensa, hanno lasciato al Tempo, un gioiello, l’ennesimo, irripetibile, eterno.

Lunga vita Strangeways: sei nel podio da 32 anni e non scenderai mai perché ciò che vale non conosce la scomparsa.


Song by song


A rush and a push and the land is ours


Per il loro ultimo album i Mancunians aprono le danze portando a se, con la solita magistrale scrittura di Morrissey, un fantasma che si aggira e che fa dell’amore un luogo strano, gesti strambi, una storia accattivante sostenuto dal menestrello Johnny in splendida forma che attira a se Andy e Mike in una canzone che inizia con profumi francesi degli anni 30 per diventare nel giro di breve una canzone con il chiaro marchio The Smiths.


I started something I couldn’t finish


Una canzone zeppa di giochi di chitarra, la voce di Morrissey che lancia singhiozzi gutturali come era abituato fare con i Live, una canzone che spiega ancora una volta quanto nella musica pop sia importante l’arrangiamento, che completa, e snellisce, abbellisce la struttura.


Death of a Disco Dancer


Tenebre, momenti di tensione, paure, sensazioni sinistre: sono l’avvio di questa candela che illumina la mente, questa è una canzone spettacolare che mostra come per quanto Moz e Johnny possano non più guardarsi in faccia i loro talenti erano come calamita ed un pezzo di ferro, destinati ad essere uniti. 

Una canzone che cresce con un Pathos enorme sino ad approdare ad un finale che è burrasca, siamo fradici, spettinati, lacrimanti: un testo ed una musica che sono un tutt’uno, Johnny e Mike piloti della melodia e del ritmo alla fine di questa che senza dubbio è una delle canzoni più belle mai scritte.


Girlfriend in a coma


La band con la maggior capacità di produrre Singoli è qui ad affermarlo ancora una volta con questa canzone, una apertura alare per far entrare ossigeno nei nostri polmoni.

Musicalmente vede la connessione con quei anni 60 anni tanto amati ed un arrangiamento più moderno per una canzone che può anche farci danzare mentre Morrissey scrive in poche parole quelli che altri non riuscirebbero a fare con migliaia.


Stop me if you think you’ve heard this one before 


Nuovo capitolo di Morrissey della serie: come non aver paura di un titolo lunghissimo.

E questo è un brano che rivela come in fondo gli Smiths non siamo mai cambiati così tanto ma di aver saputo aggiunger dal loro potenziale solo quelle che davvero era necessario.

Capace di stare in Meat is Murder come in The Queen is Dead, quì si respira tutto il loro essere inglesi, l’ironia, l’amarezza, la diffidenza, un nuovo proiettile che ci trascina a danzare con spensieratezza mentre sono le parole stesse dei proiettili senza che nemmeno ce ne accorgiamo, li facciamo entrare in noi sorridendo: ecco, anche solo per questo motivo la penna di Morrissey è unica.


Last night I dreamt that somebody loved me


Cosa posso dire di questa canzone? Può una mano essere ferma mentre trema dinamite con tutto il suo carico di disperazione? Posso io tradurre una marea che sposta tutto ciò che ha al suo Interno?

No, qui non parliamo di canzone, di arte, o di quanto altro.

Qui è un dolore allucinante che trova una voce malinconica ed una musica maestosa, che per sempre regnerà Sovrana nei nostri cuori.

Con una introduzione che poteva anche bastare come canzone ecco che poi arriva il Fragore, che ci butta nel mare con violenza e amarezza, una musica perfetta per morire, non in pace, ma con l’illusione di braccia che possano salvarci come atto d’amore ma...era tutto un sogno e ora con tutti gli organi sconnessi e migliaia di lacrime io brindo a quella che forse è la canzone Manifesto del talento di Johnny e Morrissey.


Unhappy birthday 


Ironia: questa amica fraterna di Morrissey.

Talento musicale: questo supporto eterno di Johnny.

Andy e Mike sono bravissimi ma tutto proviene dai due ormai ex amici che confezionano una canzonetta irresistibile e moderna con aperture alla danza e alla sospensione, una frenata ed una accelerata essenziale.


Paint a vulgar picture 


L’introduzione vale già una carriera per molti chitarristi: deliziosa, sensuale, potente, dolce che poi fa entrare a bordo un basso semplice ma a sua volta irresistibile.

Una invettiva che deve per forza , per sua natura, essere feroce e spietata e su questo chi meglio di Morrissey può sciorinare l’infinita collezione di contraddizioni, la precarietà, il cattivo gusto, la tristezza del fare denaro sulle spalle degli artisti incuranti dei loro bisogni e ideali? 

Tenetela stretta a portata di riflessione: questa canzone è stata una bomba che è esplosa addosso a migliaia di idioti che, corrompendo sopratutto i giornalisti musicali, hanno cercato di restituire a Morrissey ma lui ancora oggi continua a fare quello che fece con questo testo, perfetto e purtroppo meraviglioso.


Death at One’s Elbow 


The Smiths di Meat is Murder tornano con un vestito nuovo, un titolo nuovo, nuovi trucchi ma lo stile, compatto e perfetto, è quello, uno stile che sappiamo bene essere riconoscibile.

Forse un testo non riuscitissimo per una volta, e glielo concediamo, ma rimane una bella canzone.


I won’t share you 


L’album finisce, il sogno finisce, la realtà cambia e prima di fare tutto questo gli Smiths si congedano con una canzone che profuma di esordio: Johnny e Moz di fronte, chitarra acustica, voce e sguardi, parole che arrivano come petali.

Poi, il nuovo Johnny, il ragazzino diventato nel tempo maestro di confezionatore di abiti cuce addosso un arrangiamento che è delizia pura e intoccabile.

E sfuma alla maniera sua salutandoci e donandoci lacrime che non perderemo mai...


Alex Dematteis 

Musicshockworld 

Salford

29 Settembre 2019


https://open.spotify.com/album/7jfexk2w5aDI25njkN0UGg?si=tZd7u66qSuWsPt9JK5GePA




domenica 28 agosto 2022

La mia Recensione: Atmos Bloom - Flora



Londra, la capitale di effervescenze e fluorescenze, mette al mondo creature per poi vederle spesso prendere la via del trasferimento: non sempre può trattenere anime desiderose di curiosità verso situazioni diverse e così, come una trama che sa di fuga per la vittoria, alcune di loro migrano per trovare se stesse, sprigionando nei nuovi luoghi il talento e la serenità.

È accaduto anche a Tilda Gratton e a Curtis Paterson, coppia nella vita quotidiana e in quella artistica, che si sono trasferiti nella città musicale inglese per eccellenza: Manchester.

E di questo luogo magico hanno assorbito molte cose: dall’entusiasmo, allo studio, all’approccio tecnico preciso, alla libertà di sperimentazione, per concludere nella gioia di canzoni che concedono l’espressione del proprio talento conscio che la consapevolezza di poter crescere ancora supera la qualità di un già ottimo risultato. Un album di esordio notevole che, nell’intenzione del duo, non voleva impegnare troppo l’ascoltatore sotto l’aspetto del minutaggio: sette inchini sonori per poco più di ventisette minuti, ma la qualità dei brani scritti non sminuisce quello che per molti potrebbe essere considerato un mini Lp.

Attivi da due anni, sono riusciti a trasformare la difficoltà del lockdown in una possibile ondata creativa: dove c’è costrizione possono esistere elementi di bellezza, senso e validità che permettono attraverso la delicatezza del loro approccio di generare petali morbidi e intense atmosfere oniriche che stimolano sorrisi, danze e gioie intense. 

Nel loro mondo le fate e gli gnomi abitano il tempo dentro melodie colme di sensualità e attività ludiche come volo di canzoni che miscelano coscienza e abilità, donando all’ascolto l’intima convinzione che i due ragazzi sappiano scrivere gioielli di luce.

Chitarre e tastiere che odorano di poesia e freschezza, unite al cantato che cattura deliziosamente, sono i principali elementi che danno a Flora (magnifico titolo che ben spiega cosa si muove all’interno di questo album), tutta la libertà per poter incantare l’ascolto. Che velocemente ci consegna disegni come schizzi di azzurro nel cielo dei nostri respiri, portandoci con generosa capacità, nel circuito della memoria, dentro le trame che furono un tempo approcciate dai Mazzy Star, dai The Durutti Column, sniffando lentamente alcuni edifici sonori dei Cocteau Twins, e buttandoci, con incanto, a osservare alcune delle magie dei DIIV. Ma non troverete plagi bensì ispirazioni, furti legalizzati che conducono alla conoscenza di se stessi. Partiti da lì, i due hanno costruito la loro identità per poter inserire elementi propri che alla fine sono quelli che ci fanno affermare di aver trovato qualcosa di nuovo e di estremamente valido.

La delicatezza e la giovinezza sembrano dimostrare che esiste ancora la possibilità di sentirsi contaminati, di creare fasci di ammirazione notevoli e di trovare nell’ascolto amici con cui vivere il tempo liberandosi pienamente dalle molte negatività dell’esistenza: Flora è un regalo prezioso, un fiume pulito, un volo nell’aria pura, una coccola diurna per arrivare alla notte leggeri e pieni di entusiasmo.

Dal punto di vista dei generi musicali ci troviamo di fronte al dosaggio perfettamente equilibrato tra dreampop e Shoegaze, il tweet pop e minimi accenni a un inconscio e minimalista post-punk. Si respira la convinzione che il lavoro di creazione sia perfettamente equilibrato e che ognuno dei due abbia luoghi di competenza che ispirano l’altro per far crescere e perfezionare le tracce musicali, portandole a fissarsi per sempre dentro la bellezza che incide così tanto per farle divenire capaci di resistere nel tempo: ameremo questo debutto anche tra molto tempo.

Con convinzione estrema affermo che finalmente si ascolta un album che disinfetta, pulisce e lascia brillante il macrocosmo delle nostre esistenze, restituendo a noi il diritto di vedere il presente e il futuro come luogo di accesso alla serenità.

E ci si sente amati, rispettati, liberati da musiche che troppe volte sono colme di dolore e tremore: Tilda e Curtis sono angeli che come chirurghi sanno estromettere la negatività per condurci a sentirci leggeri e votati all’ottimismo, come missionari che sanno cos’è il vero amore, per dare agli altri la possibilità di vedere l’esistenza come un camminamento equilibrato e seducente.

Che sia allora benvenuto il momento nel quale si entra in questi sette petali per poter annusare meglio flagranze intense e morbide…



Song by Song 



When We Met


L’album inizia con il desiderio di un ritorno al passato, alla magica dimostrazione del valore di un incontro. Tutto questo viene rappresentato con un’atmosfera delicata e lucente, tra chitarre e tastiere che si alternano e trovano modo di creare un grande gemellaggio. Ed è un desiderio che entra nella eterea dimensione di un sogno che danza dentro le pennellate sonore di Curtis e la voce da fata dell’800 di Tilda, per stabilire sin da subito l’effervescente propensione verso tappeti sonori ricoperti di petali. Vini Really e Robert Smith stringono la mano, compiaciuti, a quelli che potrebbero essere nipoti baciati da un generoso talento.



Daisy


C’erano volta i The Sundays, macchina da guerra di sogni fluenti e accattivanti. In Daisy il duo Mancuniano prende il lato positivo del Pop, iniettando alcune di quelle cellule della band di Bristol dentro il proprio scrigno fatto di trame vocali piene di ossigeno e chitarre che fluttuano dalla grigia Manchester all’azzurro cielo degli incanti più belli. Trascinante, gioiosa, la canzone mostra come si possa architettare la bellezza e depositarla dentro le note.



Something Other Than You


Già il titolo incuriosisce e dice molto: è una partenza che fa ben sperare. Infatti: qui troviamo la poesia degli Slowdive unita alla capacità dei due ragazzi di oscillare tra gli anni 90 e i giorni nostri, per permettere alle melodie di trovare il baricentro dove depositare incanto e poesia. Ed è il lato morbido dello Shoegaze che crea fragori delicati, petali di rose e batuffoli di cotone che si abbracciano stupendamente. Tutta la loro potenzialità trova modo di essere reale nel brano più suggestivo dell'album, qualcosa di speciale che è meglio non definire, perché sarebbe come mettere le catene ai sogni…



Picnic In The Rain


Curtis e Tilda costruiscono un castello colorato nel cielo, tra i palazzi vittoriani di Manchester e i suoi edifici moderni, con la capacità di fissare con precisione vortici di sinuosa bellezza dando modo al ritmo di trascinarci in una danza dove siamo bendati ma liberi di sognare. Ci ritroviamo dentro i percorsi di chitarre votate all’incanto e al dreampop che diventa il Maestro di sorrisi come diamanti destinati all’eternità. Il basso, con matrice post-punk, dà lo slancio a chitarre luminescenti e la voce sembra tratteggiare nelle nuvole disegni di una bimba che trova la propria fuga nel cielo.



Time


Il ritmo qui rallenta, la chitarra crea un loop sensazionale, il basso è il suo custode per un groove magico e sensuale e la voce una Dèa che cammina nel tempo per mostrare la sua indiscutibile inclinazione a rendere eterna la dolcezza. 

Come una stella che vagabonda galleggia nel blu così fa questa piuma: i due sono maghi che conferiscono alle note il ruolo di essere incanti inevitabili.



Almost Natural


Tutta la stratosfera scende su Manchester per sussurrare ai due di respirarne l’intensità: accade che la voce tenuta saggiamente più lontana si possa allineare perfettamente con le note che sembrano arrivare dai delicati polpastrelli di Vini Reilly, e si notano accenni alla valanga di suggestioni della Sarah Records, su tutti i Blueboy. Della band di Reading si ascolta la loro propensione ad allineare al basso corpulento chitarre attorcigliate ma leggere. I due tuttavia trovano modo di essere originali ed è affidata allo splendido cantato di Tilda il ruolo e la capacità di mostrare che la band non è affatto soggiogata dal potere del passato di quelle sue realtà. Si sogna per fermare gli incubi con questa splendida creatura.



Morning Sun


Ed è in clamorosa attitudine allo stupore che la band Mancuniana decide di terminare l’album di esordio: Morning Sun compatta il basso e la chitarra dentro un suono saldo e leggero al contempo, con il cantato che sembra sussurrare la necessità di un controcanto che si rivela magico ed essenziale. Le chitarre sembrano un rapimento continuo e si ha la netta sensazione che questo sia stato un brano studiato, ma che ha trovato il suo spazio gravitazionale per essere un abbraccio, un congedo temporaneo, perché non ho dubbi che sentiremo altre gemme da questa coppia artistica baciata da abilità e sedicenti propensioni nel fissare sulle note tutta la loro dolcezza…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

28 Agosto 2022


https://open.spotify.com/album/5MOsdLQs3Rx5ed7cnrH5Ku?si=G3kKk4oOR0CYQu4EUlY_qw


https://atmosbloom.bandcamp.com/album/flora







My Review: Atmos Bloom - Flora



London, the capital of effervescence and fluorescence, gives birth to creatures only to see them often take the path of relocation: it cannot always hold souls eager for curiosity towards different situations and so, like a structure that smacks of escape to victory, some of them migrate to rediscover themselves, releasing their talent and serenity in new places.

This also happened to Tilda Gratton and Curtis Paterson, a couple in their daily and artistic lives, who moved to the English music city par excellence: Manchester.

And of this magical place they have absorbed many things: from enthusiasm, to study, to a precise technical approach, to the freedom of experimentation, concluding the whole lot in the joy of songs that allow the expression of their talent in the knowledge that the awareness of being able to grow further surpasses the quality of an already excellent result. A remarkable debut album that, in the duo's intentions, did not want to commit the listener too much in terms of length: seven sonic bows for little more than twenty-seven minutes, but the quality of the tracks written does not diminish what for many could be considered a mini LP.

Active for two years, they have managed to turn the difficulty of lockdown into a possible creative wave: where there is constraint, there can be elements of beauty, meaning and validity that allow, through the delicacy of their approach, to generate soft petals and intense dreamlike atmospheres that stimulate smiles, dances and intense joy. 

In their world, fairies and gnomes inhabit time within melodies filled with sensuality and playful activities as a flight of songs that mix consciousness and skill, giving the listener the intimate conviction that this couple knows how to write jewels of light.

Guitars and keyboards that smell of poetry and freshness, combined with the delightfully captivating vocals, are the main elements that give Flora (a magnificent title that well explains what moves within this album), all the freedom to enchant our listening. Which quickly conveys us drawings like splashes of blue in the sky of our breaths, taking us with generous capacity, in the circuit of memory, into the structures that were once approached by Mazzy Star, by The Durutti Column, slowly sensing some sound buildings of Cocteau Twins, and throwing us, with enchantment, to observe some of the magic of DIIV. However, you will not find plagiarism but inspiration, legalised thievery leading to self-knowledge. Starting from there, the two have built their identity in order to be able to insert elements of their own, which in the end are what make us claim to have found something new and extremely valid.

Delicacy and youthfulness seem to prove that there is still the possibility of being contaminated, of creating remarkable beams of admiration and of finding in our listening friends with whom to spend time, freeing oneself fully from the many negativities of existence: Flora is a precious gift, a clean river, a flight through the pure air, a daytime cuddle to reach the night feeling light and full of enthusiasm.

In terms of musical genres, we are faced with the perfectly balanced dosage of dreampop and shoegaze, pop tweets and slightest hints of unconscious, minimalist post-punk. One breathes the conviction that the work of creation is perfectly balanced and that each one has places of expertise that inspire the other to make the musical tracks grow and perfect, leading them to become fixed forever within the beauty which  affects them so much that they become capable of enduring: we will love this debut long afterwards too.

With extreme conviction, I say that at last we are listening to an album that disinfects, cleanses and makes the macrocosm of our existences shining, restoring to us the right to see the present and the future as a place of access to serenity.

And we feel loved, respected, freed from music that is too often filled with pain and trembling: Tilda and Curtis are angels who, like surgeons, are able to oust negativity to lead us to feel light and dedicated to optimism, like missionaries who know what true love is, to give others the chance to see existence as a balanced and seductive path.

So welcome the moment when we enter these seven petals to better smell intense and soft flagrances...



Song by Song 


When We Met


The album begins with a longing for a return to the past, to the magical demonstration of the value of an encounter. All this is portrayed with a delicate and lucid atmosphere, between guitars and keyboards that alternate and find a way to create a great twinning. And it is a desire that enters into the ethereal dimension of a dream which dances within Curtis's sonic brushstrokes and Tilda's 19th-century fairy voice, to establish from the outset the effervescent propensity for petal-covered sound carpets. Vini Really and Robert Smith shake hands, smugly, with those who could be grandchildren kissed by generous talent.



Daisy


Once upon a time there was The Sundays, a war machine of flowing, captivating dreams. In Daisy, the Mancunian duo takes the positive side of pop, injecting some of those Bristol band cells into their own treasure chest of oxygen-filled vocal textures and guitars that float from grey Manchester to the blue skies of beautiful enchantments. Dripping, joyful, the song shows how beauty can be architected and deposited within the notes.


Something Other Than You


Already the title intrigues and says a lot: it is a hopeful departure. Here we find the poetry of Slowdive combined with the ability of the couple to oscillate between the 90s and the present day, to allow the melodies to find the centre of gravity where they can deposit enchantment and poetry. And it is the soft side of shoegaze which creates delicate fragrances, rose petals and cotton balls that embrace each other beautifully. All their potential finds a way of being real in the most evocative track on the album, something special that it is better not to define, because that would be like chaining dreams…


Picnic In The Rain


Curtis and Tilda build a colourful castle in the sky, between Manchester's Victorian palaces and its modern buildings, with the ability to precisely fix swirls of sinuous beauty, allowing the rhythm to pull us into a dance where we are blindfolded but free to dream. We find ourselves within the paths of guitars devoted to fascination and dreampop that becomes the Master of smiles like diamonds destined to eternity. The bass, with a post-punk matrix, gives impetus to luminescent guitars and the voice seems to sketch in the clouds drawings of a little girl who finds her escape in the sky.


Time


The rhythm slows down here, the guitar creates a sensational loop, the bass is its guardian for a magical, sensual groove and the voice a goddess walking through time to show its unquestionable inclination to make sweetness eternal. 

As a wandering star which floats in the blue, this feather does the same thing: the two are magicians who give notes the role of being unavoidable enchantments.



Almost Natural


The whole stratosphere descends on Manchester to whisper the two of them to breathe its intensity: it happens that the voice wisely kept further away can be perfectly aligned with the notes that seem to come from the delicate fingertips of Vini Reilly, and hints of the avalanche of suggestions from Sarah Records, above all Blueboy, can be noted. Of the band from Reading one hears its penchant for matching twisted but light guitars with the big bass. The two, however, find a way to be original, and it is Tilda's splendid singing that shows that the band is not at all subjugated by the power of the past. One dreams to stop the nightmares with this splendid creature.



Morning Sun


And it is with a resounding attitude to amaze that the Mancunian band decides to end their debut album: Morning Sun compacts the bass and guitar within a sound that is both solid and light at the same time, with vocals that seem to whisper the need for a counter melody which proves to be magical and essential. The guitars sound like a continuous rapture and one has the distinct feeling that this was a studied track, but that it has found its gravitational space to be an embrace, a temporary farewell, because I have no doubt that we will hear more gems from this artistic couple kissed by skills and self-styled propensities to fix all their sweetness on the notes…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

28th August 2022


https://atmosbloom.bandcamp.com/album/flora


https://open.spotify.com/album/5MOsdLQs3Rx5ed7cnrH5Ku?si=G3kKk4oOR0CYQu4EUlY_qw















La mia Recensione: Man of Moon - Machinism

  Man Of Moon - Machinism Sono comparse, ormai da diversi anni, nuove rivalità, coesistenze problematiche ad appesantire le nostre esistenze...