Polina Suffer - Agonia Market
Una fila di chiodi elettronici prendono la decisione di recarsi sotto l’arcobaleno ferito di un grande turbinio: sono solamente due, ma ampiamente dotati di capacità balistiche notevoli, sanno mirare e colpire il bersaglio, facendo scuotere il bagliore innato di ogni tragedia quotidiana. Una coppia di giovani anime che vestono la superficie dei sogni per disintegrarli con una immaginifica maturità che trasuda esperienze lontane, forse addirittura prenatali, per rovistare tra i rifiuti di impeti in decadente putrefazione. Esordiscono per dare fuoco alle fantasie, tra campi di artrosi mentali, sotterfugi, maschere, ipotesi e sfiancanti mitragliate elettroniche con il retrogusto darkwave. Parole come voci che frugano nella pattumiera dei comportamenti, con un sentire gotico tra fili di cobalto e vibrazioni che paiono giungere dalle sperimentazioni tedesche degli anni Sessanta. Una serie di crocevia, di fermate brusche, tra le tenebre che non mancano di esplodere in grasse risate dispettose, mentre Beatrice, la ragazza dalle unghie lunghe nella sua ugola spesso atonale e poi squillante, registra l’equilibrio mentale che Tommaso, lo stregone impazzito che scopa via i detriti della noia per convogliarli verso il burrone senza ritorno, flette per farci approcciare a uno stato emotivo in continua ascesa, nel disastro appeso sotto gravide nuvole nere. Il Vecchio Scriba, nel momento in cui scopre l’improvvisa dolcezza di cui i due sono capaci, trema e si spaventa: la coppia (Milano e Torino le città che danno ai ragazzi solo la base di partenza) utilizza tecniche note per poi distruggerle con chili di zucchero sbiadito, mutevole, poco digeribile e per questo motivo succulento e prezioso. Un album che non pare di debutto data la notevole locomotiva sensoriale che scorre su binari appoggiati per terra come se il tutto fosse un lungo percorso temporale. Ti stupisci, ti schianti verso queste melodie che ingrassano lugubri pensieri, perché sono proprio i testi a far maturare lo stupore più grande, quasi insopportabile, vista una enorme esigenza di visitare argomenti che sembrano essere stati messi a bagnomaria nella letteratura, nella storia, in una vivace e violenta propensione alla scarnificazione di ogni dubbio. Non scherzano, non giocano una partita, ma si giocano i respiri come se fossero un generoso regalo di menti impazzite, in tiepida putrefazione.
Il cuore piange, l’ascolto diventa un elettrodo, una saldatura tra il male e l’ostinato nemico, quel bene che in queste tracce musicali si schianta.
Vistose accelerazioni dei ritmi, dei grappoli di vapore acqueo che appanna la vista mentre l’ascolto diventa un affare indecente, sublime, sporco, con richiami di generi musicali che sembrano fieno in un ipotetico pasto serale all’interno una stalla piena di scheletri. Non mancano i disagi di chi vive la giovane età in un mondo vecchio, in decomposizione, con i viveri sempre meno nutrienti, con i libri e i film come ancore di salvezza. Ma non basta, di certo le loro anime sono un dispetto nei confronti di chi sorpassa la vita senza cognizione. Loro, invece, piantano i piedi sotto la polvere, sotto la terra, dentro il mistero di dolori connessi a incubi tiepidi…
Stupisce e sbalordisce che dopo due soli singoli, ed essendo il progetto nato da poco tempo, si possa varcare il confine di un pensiero malato: sarà mica una bugia il tutto? Saranno davvero solo due e così giovani? Il Vecchio Scriba non sentenzia, appoggia le lacrime sul loro teschio che rotola canzone dopo canzone sul vassoio fatto di transistor, chitarre, lampi e lava che corrode, per portarci nella freschezza del loro dolore deambulante. Ecco spiegate le folli accelerazioni, gli atomi Darkwave che flirtano con la Coldwave, in un limbo temporale di grandi fascinazioni, per poter farcire i loro bisogni di una poesia che sembra essere urlata da Edgar Allan Poe.
Porgi l’orecchio alle loro curve amniotiche, nel grembo di un fardello, nella poesia di un bordello mentale, dove solo la mente, prostituendosi, libera inutili tossine.
Iniziare in questo modo una inevitabile carriera significa farsi tanti nemici, cosa buona e giusta, perché saranno tante le gelosie che si affacceranno nel loro circuito: non arrestate il vostro prodigio, in quanto Polina Suffer è una nuova urgenza, che sarà il regno di molte anime in disordine…
Ora è giunto il momento di entrare, con paura e rispetto, all’interno di queste canzoni, per morire bene di loro…
Song by Song
1 Intro
Una ninnananna psichedelica, come un carillon del sospetto giornaliero, apre le non danze: in queste note disturbate da richiami di Virgin Prunes in parata militare, ci si può rincucciare sotto coperte belle dense. Nessun ritmo, solo una fata diabolicamente nascosta dentro note d’acqua che sembrano far bollire anime inquiete…
2 Dead Womb
Su un drumming che ci porta alla mente le sperimentazioni dei Wall of Woodoo e chitarre post-punk zona Sheffield, le due anime cantano unendosi e lasciando alla voce di Beatrice il ruolo di portatrice malata del registro più alto, consegnando a quella non baritonale ma grassa di Tommaso il ruolo di essere più vicina al cratere terreno. Chitarre arrotate di sale e vino rosso, per celebrare un grembo insanguinato, un'esistenza che ancora deve affacciarsi a questo torbido mondo…
3 Burnt
L’inizio è un sepolcro notturno, in attesa di far uscire un martello emotivo che danza su un electro punk decisamente americano, con intarsi drammatici più vicini ai D.A.F. della seconda parte della loro carriera. Giochi di stop and go creano crepitii continui nelle gambe che sembrano volare, mentre la voce di Beatrice sussurra paure e tensioni. L’elettronica qui è un mantello e una maschera ben confezionata: gli echi vocali si appoggiano a loop di derivazione che come urla quiete si appiccicano all’ascolto. Ed è sicuramente il primo momento di totale perdita di controllo…
4 Aesthetic Drama
Toh: volevate sorprese, magnitudini dentro sospensioni minimal wave? Il piatto è pieno di oscillazioni, di evocazioni, quando il Belgio ancora doveva mettere al mondo la Coldwave. Beatrice e Tommaso diventano attori, con un cantato che invoca il sostegno di un crooning immediato ma non troppo visibile, per creare un fermaglio nei capelli dei pensieri. Il tutto è una spina dolce, con la drum machine che lenta accompagna un synth in stato di grazia…
5 Polina, Suffer!
Il primo dei due singoli, nel contesto dell’album, sembra essere divenuto nel frattempo un mattone nell’addome: un lamento che incupisce i sogni, con la voce da strega sotto acido di Beatrice che fa di noi anime scheletrite, impaurite, destinate all’oblio. La base musicale è una chiara impronta ipnotica, lezione perfettamente imparata (forse con inconsapevolezza) dai mastodontici The Legendary Pink Dots. Che succede allora di particolare in questa canzone? Che l'identità musicale dei due artisti italiani conosce il fenomeno della consapevolezza, della resa con le armi in mano però, per non dire “basta” senza aver macchiato almeno un pò un synth che è un capriccio divino…
6 Obscura et Foetida
Vi ricordate Nag, Nag, Nag? Ecco la nipotina, nata a Torino, fresca e vogliosa di schizzare verso le vostre braccia, tra i lamenti del parto. Una siringa, un’anestesia improvvisata e poi un crescendo che diventa luce fuori dal grembo. Tra electro-punk inglese (questa volta) e piccole particelle di synth-punk tedesco, la melodia è un respiro affannato, una preghiera che si approccia nella trama sottile. I due si incontrano per la corale esibizione di un percorso che si affaccia alla teatralità esigente della Fura Dels Baus, in una obbligata sensazione di prigionia.
7 Plastic Regrets
L’altro singolo, una rasoiata che non concede difese, con risate demoniache su un filo di basso che esce dalla cantina bollente di due vite connesse in una sfida lampo, ci porta a una sola considerazione: poche note sono sufficienti per allargare lo stato di angoscia che la voce di lei sa creare.
8 Harsh Flesh
Brian Eno cammina nel giardino dei sogni rotti, fumando un disagio alla ricerca di una melodia che sia la più decadente possibile. I due ragazzi aprono le ali, cullano e riempiono la melodia dell’essenziale, una paranoia che si tinge le dita di una dolcezza nerastra. Lenta, appassionata ma inevitabilmente una lastra che come una spada di Damocle toglie secondo dopo secondo lo spazio del respiro, brilla della contrapposizione di strumenti che si abbaiano, come storditi, in tenere melodie…
9 We Were Just Lost Kids
Una discarica di nervi alloggia dentro una secca linea armonica, echi, rimbalzi, come se i Creatures di Siouxsie e Budgie avessero trovato una linfa postdatata, un’assurda e machiavellica esigenza di spostare le lancette del tempo. Il groove pare uscire da bicchieri di vetro scivolati nella giungla della Coldwave più ossuta, per limitare gli spazi di fuga. Forse il brano più cupo di questo lavoro, intrigante perché sfuggevole, rapido a lasciare dentro di noi la certezza di una cantilena necessaria. Come un delirio elettronico privato della corrente elettrica…
10 Desires
La morte abbaia, tuona, allarga le ali e Tommaso diventa un ingegnere che ordina alla musica di essere spastica, obliqua, incontrollabile, con fascinazioni che sembrano uscire da una qualsiasi officina musicale di San Pietroburgo. Eccola, viva, la melodia che ha bisogno di un synth pieno di ruggine, per donarci la danza in mezzo a desideri con la catena al collo. I paletti danno la direzione del disastro: si è nei primi anni Ottanta, nella parte bellica delle delusioni, dove i sogni e i desideri erano capricci e il Post-Punk gettava la spugna per divenire una parodia di se stesso. Ma i Polina Suffer fanno resuscitare, con i loro perversi beat, il bisogno di finire nel baratro…
11 Whysteria
Si entra decisamente nella zona più chiara di questo album: quella della detonazione, dell’isteria che sculaccia ogni gioia e la affossa, nei vizi capitali che si incolonnano, come i generi musicali qui presenti, nel circo che, partendo dalla sperimentazione dei Can, cambia il volto, accelera il ritmo e diventa una danza figlia della Foresta Nera.
Per la prima volta il basso esce dai gorgheggi dei Killing Joke, ma lo schema musicale è un continuo vociare, senza catene nelle dita dei due giovani artisti che improvvisano un urlo che è un simbolo proveniente dalla follia educata: lo zenit è qui nelle vostre orecchie…
12 The Blue Cathedral
Le tenebre escono da una lenta ragnatela, ipnotica e suadente, come una sirena stordita in attesa di essere decapitata. Si affacciano, nel gioiello più nero di Agonia Market, i tasselli di ascolti che hanno sedotto i due al fine di essere inseriti nel diabolico piano sonoro, con i Virgin Prunes che fanno sesso con Danielle Dax, in un ipotetico girone Dantesco di artisti sconvolti e squilibrati. Le campane invocano la processione, malata, di una scena di un ipotetico film di Kubrick, nella notte partoriente di un incubo rallentato. Il cantato contrasta il mantra sonoro, un rallenty per capire come sia stato possibile segnare una rete con il dolore nel petto. Siouxsie piange, gelosa, così come qualsiasi altra star in discesa verso il pensionamento, perché Beatrice e Tommaso coccolano il dispetto, attirano, con una linea guida impercettibile, la dolcezza e l’amarezza, per stabilire il luogo della consacrazione di una canzone che altro non è che l’insieme di ceneri buttate dal giardino delle rose della collina torinese: l’atto finale per congedare ogni follia e creare la coda in cui spegnersi…
13 Outro
Che sia dannata la fine: ci troviamo in una zona industriale alleggerita, dove il vomito non esce dai trapani ma da delle lamiere smussate, una comparsa terrifica di un teatro che risiede nella culla del tempo, tra la Germania dell’est e la Russia, in un lento e dissacrante duello colmo di tensione. Modo migliore per terminare questo disco non c’era: non tornate alla prima canzone, state qui, fate i bravi, di nuovo play su questo vascello pieno di chiodi arrugginiti, dove ogni singolo suono è un labirinto di menti con data di scadenza. Che sia cupa la vostra gioia, seguite i rintocchi pieni di linfa nera uscire da queste vie sbilenche e perdetevi: questo album è una ferita di cui poter essere fieri tutti…
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
26 Maggio 2023
https://polinasuffer.bandcamp.com/album/agonia-market-2?from=search&search_item_id=2360249248&search_item_type=a&search_match_part=%3F&search_page_id=2621474286&search_page_no=1&search_rank=2&search_sig=a9844d7d339377970352100ba32b33c9
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