Oceans - Dreamers in Dark Cities
Quante volte si viaggia nella stessa località? E se si ritorna è perché ci è piaciuta davvero molto.
Ora ripetere un viaggio a Melbourne significa prendere residenza lì, in quanto ci si vuole inebriare delle strade dove si immagina vivano le presenze sottili e incantevoli che hanno generato l’album di esordio degli Oceans, ambasciatori di un verbo solo: nutrimento all’insegna di una bellezza che ha radici nella consapevolezza esplorativa delle coscienze. Si rimane impressionati, stregati da una maturità che è sparsa in tutte le tracce, con le polveri dei sogni che vengono scodellate una ad una nella nostra intimità.
Quando un sogno trova il suono bussa sicuramente alla porta della nostra coscienza con la leggerezza degli Oceans, in una passeggiata con un saggio uso di modalità che hanno come strumenti il gambo solido dello Shoegaze, il Gineceo e l’Androceo (la parte femminile e maschile del fiore) all’interno del Dreampop, nel gioco incantevole di colori vivaci, tenui, sempre comunque splendenti. Un album coraggioso, vero, che sonda la realtà e annienta la crudeltà con incantevoli voli melodici, facendo di questi due principali generi musicali un viaggio psichedelico, con corpose dosi di alveari pieni di nettare per un ascolto che diventa un pasto completo per la nostra anima. Certo, siamo in presenza di riverberi, di distorsioni e di feedback, ma tutto incredibilmente miscelato per donare prima di tutto la fisicità del sogno e non solo una dimensione musicale. Ci troviamo a vivere il pathos in un ascolto che produce vibrazioni e dipendenze affettive, uno slancio verso il vuoto senza aver paura. Tutto si svolge senza forzature, con rispetto per i timpani ma con la capacità di suscitare dosi di emozioni elevate. Arpeggi e ritmiche si dividono il palco di questo sogno che dura molto più dei suoi trentacinque minuti: gli effetti rimangono intatti per il resto della giornata, perché prendono residenza nel desiderio di non vederlo morire. Che siano in grado di evolvere o meno la musica è una domanda errata: questi australiani vanno oltre la musica, non separano, non uniscono, lo possono fare perché la bacchetta magica si è appoggiata sul nucleo delle loro canzoni rendendole speciali, magnetiche, distanziandole da quelle delle altre band. È un continuo crescendo che pare essere eseguito da un’orchestra di angeli diretti dal Dio della Musica che ha sicuramente benedetto la formazione e consegnato loro il segreto per far sì che questo album avvolga i nostri cuori. Quando le nuvole non sono cariche di pioggia ma di note che conoscono il modo di essere messaggeri di trame, di storie dove i sentimenti negativi vengono coccolati e abbracciati, ecco che si compie il miracolo di un mondo migliore perché è proprio così: Dreamers in Dark City è la manifesta possibilità di sentire musica diversa. E siamo tutti più belli…
Song by Song
1 - Feels Like You
Ci si affida a una apertura che ci mostra la delicatezza di una chitarra che sembra giocare nell’acqua. Poi la canzone presenta una struttura sognante con oscillazioni Shoegaze, in una carezza sulla pelle che restituisce la sua poesia con un cantato sussurrato che affascina.
2 - Mike Tysong
Una corsa che lascia impronte Darkwave iniziali e poi è una ondata Alternative che ammalia, il cantato è un sequestro dei sensi, mentre la chitarra fa sentire a poco a poco di più la sua voce. Il basso e la batteria invece sono compagni di merenda, mangiano il ritmo e fanno da contraltare al cantato che sembra uscito da un lavaggio perfetto in quanto la sua anima, prima timida e poi più risoluta, riempie il cuore.
Davanti alla magia che strega, la dipendenza di un ascolto ripetuto più volte è la garanzia per questo gioiello.
3 - Soft
Può un colpo di vento piangere facendo intenerire? Sì, decisamente. Il synth crea la corrente giusta, le voci e il controcanto sono cellule Shoegaze, mentre la musica viaggia tra la miglior attitudine pop degli anni '80, con la chitarra che è una cantilena dentro il Dreampop gioioso.
4 - Look Into My Eyes
Una lama circolare apre la canzone: è la chitarra solista che esce da quella ritmica ed eleva il suono verso le nuvole, con la voce che fa l'opposto (almeno inizialmente), volando a quote basse, e poi è un impatto che ci avvolge, in una stratificazione Shoegaze misurata e poi aggressiva, quasi Post-Rock. I vari Stop and Go, la chitarra che rimane protagonista, l'impasto finale a scemare la rendono un altro gioiello di questo album.
5 - Breathless
Si piange, si sogna, tra controllata irruenza e una delicatezza commovente, per un brano che esercita un potere emozionale enorme, finendo per portarci ad occhi chiusi dentro l'impeto della batteria, i tocchi sapienti del basso, le due voci angeliche e le chitarre, dee delle dinamiche, per un Dreampop lento e accogliente. I sogni possono dormire sicuri...
6 - Pure
La prima canzone dell'album ad essere stata rivelata prima dell'uscita, è la prova che la melodia può viaggiare a una buona velocità non perdendo nulla della sua identità. Lo stato di grazia e le capacità della band continuano a disegnare la lora traiettoria. Prendiamo Pure: come resistere alla tentazione di voler abbracciare la vita? Basta seguire il lavoro del basso che è un canto di per sé e le chitarre che costantemente ribadiscono come le radici del Dreampop rimangono valide. Qui si aggiunge un suono fresco e dinamico.
7 - Apart
Anche gli angeli corrono, senza sudare, lasciando il profumo a volte di una malinconia sostenibile. Accade in questo brano, dove tutto è delicato e irruente, in un sodalizio che comporta grande emozioni. Il drumming, di impostazione Indie, alterna le sue dinamiche sostenuto da un basso locomotiva a vapore, con gli accenni di chitarra prima e poi più presenti per fare di questa canzone un cuscino ritmato, al fine di poter riposare su ogni nuvola.
8 - Lost In The Dark
Note delicate escono dai tasti di un piano, la voce trova le parole per trasmettere i suoi pensieri, mentre la chitarra arriva e si prende singoli suoni per poter trasportare i sogni dentro un Alternative magico: si è in zona anni ’90, sponda Inglese, e quando si arriva al ritornello si può sentire un eco di Slowdive che unisce le due band, sorvolando l'oceano.
9 - Exodus
Si è dentro il vento che bacia la montagna, il clima è autunnale, il pianoforte viene avvolto da attitudini Ambient, la chitarra semiacustica pone la sua voce per pochi attimi e in questa breve traccia vi è tutta l'intensità degli Australiani: gioiello purissimo.
10 - Ashes
Si fugge da una situazione dolorosa con questo ultimo brano, la magia si fa lenta, sognante e rauca, quasi piangente, ma poi tutto entra nel rock australiano che invita lo Shoegaze a fare due passi ed è puro delirio dei sensi, in un traffico emotivo che ci fa piangere ed è il modo perfetto per chiudere questo album, con un grazie fragoroso che uscendo dalle chitarre arriva alla nostra voce...
L'album uscirà il 24 Marzo 2023
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
23rd March 2023
https://oceansmusicaus.bandcamp.com/album/dreamers-in-dark-cities
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