David Galas - A Dark Place To Hide
David lo conosciamo bene: Lycia è una band che si ha nel cuore, inamovibile e preziosa.
Però qui lui è il costruttore di un palazzo ipnotico, seducente, in uno spettacolare palco per una recita di sensuali tristezze, manipolate e voluminose, per portare messaggi e farci assaggiare, in modo diverso, la qualità della sua scrittura. Come un orologio a pendolo, si mette nel centro di un muro e scandisce il passare del tempo con una coperta pregna di movimenti gotici, su lastre indurite ma lente, con chitarre spumose e delicate, ma anche capaci di artigli che scorticano la pelle in ogni secondo. Si viaggia con lui nell’emisfero mentale di grandi consapevolezze, con il suo cantato che prende la quotidianità e la fa arrossire, vomitare, tra l'alternarsi di brani lenti e veloci, dove il ritmo che spicca maggiormente è quello delle immagini che la sua anima geniale stabilisce che possono essere viste.
La sua ugola è un treno a vapore, guida il silenzio e gli accessi, e porta l’ascolto nella zona mistica, dentro gemelli siamesi che sono i pensieri dalla faccia doppia. Adopera soluzioni continue all’insegna di cambi ritmo, di atmosfere, di riferimenti musicali, per poter mappare l’immensità. La voce è sì baritonale, ma mai pesante: sembra essere spesso meno drammatica rispetto alla sua musica però, come capita solo ai grandi artisti, non si posiziona sulle preferenze e indaga sulle modalità finendo per variare e, così facendo, lo stupore è il primo sentimento di cui ci appropriamo. La produzione, perfetta, è l’ulteriore elemento che governa questa incantevole fila di piume che volteggiano nei polmoni di nascenti respiri grigi, dove piangere è un dono e non un problema. Album che, dapprima notturno, finisce per farci respirare i nascenti raggi diurni, con quelle lancette che ci hanno stregato…
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