venerdì 10 marzo 2023

La mia Recensione: Dark Sanctuary - Cernunnos

 Dark Sanctuary - Cernunnos


Esistono visioni estetiche che sono involucri, a volte con la faccia sorridente, a volte con grandi metastasi, e vanno a spasso dentro pensieri con il mantello pieno di raggi lunari, come contatto divino.

Vediamo l’essere umano con il naso all’insù, a contemplare, prendere appunti, sezionare la natura per poterla consegnare a un Dio complicato, Cernunnos, che per i Galli rasentava la perfezione e il timore al contempo. Nei giorni dell’assenza della saggezza, con la tecnologia che la sostituisce, ecco un manipolo di guerrieri dalla faccia giusta e dai pensieri ottimizzati che scrivono un trattato di contatto continuo con la densità. Depongono ricchezza nei sentieri mentali e ci avvolgono con la speranza di poter essere un cammino. Tornano i Dark Sanctuary, il villaggio senza tempo, con la loro musica come arcobaleno dentro tuoni e sospiri, a mettere la storia dalla loro parte: non potevano rimanere inermi, sospesi tanto meno inclini alla resa e allora ecco undici invocazioni a scuotere il vecchio scriba con questo omaggio alla divinità Gallica. Un flusso cinematico, in un formato che avvicina una ipotetica cellula che tenta di descrivere il potere della natura e il commento di un Dio che ascolta e rivela la sua presenza: su questo contatto le canzoni posano il loro pensiero per far respirare l’incanto e far assentare l’inutile trambusto che vive fuori di noi. Un album conclamante attenzione, talento, necessità di essere mani che manipolano il pensiero verso l’assenza della fragilità, con la forza evocativa di spirali lente dai polmoni ghiacciati. Ma il battito resiste, insiste, attraversa la foresta e accarezza le rocce. Per volontà divina.

La band francese chiude le porte dell’eccesso, prepara strumenti mentali per unirsi a quelli musicali e si incammina, lentamente, prendendo in prestito la storia e affittando (forse perennemente) il desiderio di evacuare il circostante elettrificato del mondo che crea luci ma non scintille. Quest’ultime le troverete all’interno di questi undici passi, undici preghiere, undici reti, undici barche e undici reti da pesca.

Come ambasciatori del tempo, i cinque componenti della band ci consegnano la trasformazione del territorio e della riflessione come l’affermazione di una necessità di sviluppo di cui il Mercato avrebbe poi rovesciato il contenuto e il senso. Pertanto quello che ascoltiamo è prezioso: chi testimonia una struttura diversa, messa da parte, non può che avere la massima attenzione e riconoscenza. Il tutto, poi, è bene dirlo, mediante flussi musicali che estendono il respiro in un'onda potente, che non vacilla mai, non perde la direzione e anzi guadagna intensità come un sorriso senza l’orologio.

La direzione musicale mostra come a loro niente possa essere precluso: musicisti eccelsi, grandi idee, metodo e un talento enorme nel rendere toccabili le immagini e le sensazioni che rovesciano, come colata tiepida, dentro le note.

Cernunnos è una palla di polvere che ingrossa e ingrassa le vene con riferimenti che annichiliscono la pigrizia e il disimpegno perché è un lavoro confezionato per condurci alla meditazione, a vivere un approccio con i sensi, un prendere atto del movimento continuo di creature che sono a pochi metri da noi, in questa circonferenza senza coscienza che è ormai il nostro pianeta. Capitani anacronistici, e proprio per questo motivo perfetti ed essenziali, i brani si posizionano nel ventre e ondeggiano, e ci portano negli occhi immagini potenti: impossibile fare finta perché questo scuote e rigenera le cellule.

Canzoni come congegni magnetici, roboanti, per costruire l’ingegno e le sue mille cose, per muovere alchemie e condurle in voli spirituali di grande spessore, con contenuti formati per essere un involucro senza possibilità di abbattimento. Tutto è all’insegna di una grande attenzione: stumenti, melodie, rumori, richiami spirituali attraverso invocazioni e spruzzi continui di macchie di luce, e la cadenza marziale di impronte sulla nostra anima. All’interno di un mulino di campagna la vita diventa espressione artigiana sopraffina ed elegante, con il suo libro sacro che si legge ascoltando questo frutto celestiale.

Ci sono ingressi continui, permanenze e la melodia, bocca aperta di ingredienti succulenti, è una autostrada di nascite e morti, con ventagli e folate di nebbia per fasciare la vistosa sacralità. Facile etichettare come Dark Ambient, oppure come Musica Eterea, ma sarebbe come guardare la montagna senza un inchino di rispetto, perché questo è un lavoro complesso fatto di strati, di odori, di piedi nel fango e gli strumenti sono operai di un disegno che non ha genere e non può, pertanto, essere definito in nessun modo: davanti alla perfezione si gode senza perdere tempo, senza elucubrazioni mentali che distolgono dal piacere. Ma ciò che è rilevante è la consequenzialità sonora, come se la vita di ogni secondo di questo album non potesse vivere senza gli altri. E la catena si scioglie per divenire un trattato di ispezione temporale, con flussi lenti e ondivaghi dentro cellule dalla memoria antica, per permettere l’uscita da ogni legame affettivo del proprio curriculum vitae. I Dark Sanctuary realizzano un intervento in una sala operatoria a cielo aperto, tra foglie malinconiche e terreni scoscesi che brillano di muschio, per celebrare lo studio del tempo nel quale la follia ha moti di calma sorprendenti. 

La voce di Dame Pandora è un acino di uva che scende sulla pelle di ogni vibrazione sonora, come una riflessione prima ancora di essere espressione,  essendo in grado di definire la mastodontica esibizione di colori e fumi antichi che escono dagli strumenti degli altri quattro componenti del gruppo. Lei capitalizza, segna il goal della vittoria, nel contesto di un gioco di squadra che la mette in condizione di farlo a ripetizione. Il suo fiato pare uscire da una ampolla magica, conservata dal Signore dei Segreti: non si può resisterle e ci si ritrova nella sua ugola che vibra per farci genuflettere. 

Ci sono tensioni multiple, drammi resi palesi e spettri girovaghi che rendono l’ascolto un tremolio ma al contempo offrono eccitazioni sconosciute, estese e totalmente in grado di regalare una paralisi fisica, mentre la mente vola, tra le case di pietra e i ruscelli, in un tempo di cui non si sa nulla…

Ma non vi è incertezza alcuna, non una esitazione, ed è per questo motivo che il vecchio scriba ascolta con tre bicchieri di assenzio all’interno di un cerchio reso  magico da queste musiche divine.

Il consiglio migliore è quello di sedersi circondati da libri antichi, un vocabolario aperto a caso, la luce lasciata fuori dalla propria stanza, gli occhi appiccicati alla volontà di essere teletrasportati nel luogo del non so, nel tempo del non so. E di voler fare un’esperienza che sarà oltre che catartica soprattutto rivelatrice di mappature sensoriali che cambieranno il senso dei vostri battiti, perché Cernunnos alla fine si rivela una prodigiosa metamorfosi e non solo tutto sarà cambiato ma avremo dei grazie da rivolgere a loro ogni volta con grande emozione.

La storia ha deciso di mettere una mano sulla spalla di questi angeli francesi, con un passaggio di consegne, e queste note diventeranno il bacio di godimenti che si faranno promiscui: non vi saranno resistenze e la perfezione avrà il volto di queste undici fate…


Alex Dematteis

Musicshockworld

Salford

10 Marzo 2023

https://avantgardemusic.bandcamp.com/album/cernunnos

Esce il 17 di Marzo del 2023




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