La mia recensione:
POPOL VUH - Nosferatu ( Soundtrack )
Popul Vuh - Nosferatu
La Germania rock che si muoveva nei sotterranei, cupa e mistica, con vocazione esotica, diede alla luce i Popul Vuh, combo partorito da un amante del cinema e notevole regista.
Un pulsare in direzione diversa dalle altre band che completavano il percorso di rinnovamento della Cultura musicale tedesca.
Un rock metafisico costantemente alla ricerca, pulsante, gonfio della volontà di mischiare il sacro ed il profano con un fare assolutamente innovativo al tempo.
Ricercatori folli nel portare quella ricerca all’estremo e noti, ai meno, per l’uso di quel Moog, strumento di struggente bellezza, capace di enfatizzare e scolpire gli ascolti con un suono unico e spettacolare.
E da Monaco ad arrivare alla cultura Maya per il leader è stato un viaggio veloce e facile, ma complesso per la sua particolarità nell’unire tempi e culture diverse, Florian Frikie arriva ad un completo distacco dal suo circostante e come un viaggiatore ostinato porta a noi scrigni di bellezza non paragonabile, un precursore, un esteta dei suoni ricercati, un’anima devota all’estraniamento.
E se il nome della band deriva da un antico libro sui morti di quella civiltà, la musica pulsa di vita e di gioia particolare, segni tangibili di agglomerati sonori di notevole fattura.
Poi, lentamente, l’approfondimento definitivo nel collaborare con un favoloso regista, Herzog: il cerchio sacro che si chiudeva e che suggeriva la connessione definitiva tra Cinema e Musica, in un connubio di grandi evocazioni e di totale estraneità da tutto il resto, rabdomanti, Pellegrini degli spiriti, sciamani silenziosi, vulcani a coprire il superfluo con musiche ad esaltare la Spiritualità.
E questa colonna sonora certifica tutta la loro Maestosità: ritmi blandi che però accelerano il battito e si installano come magneti oscuri nella mente per inchiodarci stupiti.
E per l’ennesimo volta la loro Musica anche qui si fa esploratrice, si insinua con notevole capacità, è la nuova valigia che scende nelle nostre mani e ci conduce al cospetto della Sacralità in religioso silenzio.
Sono Inni che svuotano il superfluo e ci rendono ubbidienti, noi diventiamo apostoli che seguono le spaventose linee melodiche e sosteniamo la voracità dell’oboe, pianoforti seminascosti, chitarre languide che odorano di Oriente, tamburi anestetizzanti, sapori di India e Asia allineati per fare centro nel nostro stordito Sistema Nervoso Centrale...
È Musica come tappeto: ascoltandola siamo spettatori dei luoghi, non solo fisici, di un mondo segreto che necessita i nostri sguardi e le nostre riflessioni.
È Musica con andamento notturno che nasconde i raggi per poter nutrire le nostre paure, è una frusta sottile, lenta, tinta da un inchino ribelle che conosce il frastuono con Alta modalità, non affidandosi al rumore ma alla contemplazione.
E non è difficile capire quanto Klaus Kinski e l’algida Isabelle Adjani abbiano potuto giovarsi nelle loro roboanti recitazioni di questo ruscello crescente per fissare nei loro corpi movenze più sicure determinate da queste composizioni, che sono anche aghi purificatori che separano la bellezza dalla superficialità.
Una colonna sonora che porta tensione, palpable, facendo della lentezza e delle suggestioni il teatro della vita che rifiuta un certo caos sonoro.
Imprescindibile.
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
20 Giugno 2020
https://open.spotify.com/album/4RQd1vHdJwnRPbGCPBCHpD?si=zQIJchr-RQWrRdDLSHc5TQ
https://open.spotify.com/album/4RQd1vHdJwnRPbGCPBCHpD?si=u59u6mUrTIykM24J-xojGw
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