La mia Recensione:
Diamanda Galas - Broken Gargoyles
Unica.
Parola che va studiata, in questi tempi maledetti nei quali ogni vocabolo diventa una opinione e una pessima comodità. In cui tutto viene infranto e defraudato della sua origine.
Diamanda Galas mette le cose a posto: che piaccia o meno, lei è unica e il suo nuovo lavoro è una lastra sui nostri respiri, una ghigliottina che decide di condurre al soffocamento lento, perché lei è l’unica che può farlo. Broken Gargoyles è un tremore continuo, una nave che oscilla nella zona dove il confort è un inutile e primitivo sogno. Ed è dunque pianto, vomito, disagio, paura, il senso dell’insostenibilità che ammalia e rapisce ogni tentativo di fuga.
Si è in Germania per quella che era la base di una installazione del 2021 nata come parto innaturale del Covid 19, ispirato e sostenuto dalle poesie di Georg Heym, nelle quali la lebbra e la peste sono i dominatori di ogni disperazione, schegge pesanti dal ghigno malefico che giocano a sbattere per terra ogni idea di sopravvivenza. E ciò che è delirio e che comporta un isolamento forzato entra nell’ugola di Diamanda e nelle musiche ipnotizzanti e terrifiche che congelano ogni resistenza: ascoltare queste sue composizioni equivale a sentirsi su una sedia elettrica, senza morire. La sua voce scende negli abissi per essere vista dall’Everest e poi da ogni nebulosa sedotta e affascinata da questa artista, che spacca ogni codice interpretativo e che si prende beffe di tutti quelli che hanno bisogno di strumenti ed effetti per poter provare ad arrivare nel luogo dove lei riesce a giungere. Loro invece falliscono.
I versi di Heym ci portano all’inizio del ’900: il fotografo Ernst Friedrich mostrava i volti dei soldati colpiti dalle pallottole ed è a quelle immagini che si rifà la copertina dell’album.
Poi arrivano la peste e il colera come spinosi argomenti a rendere quasi banale ciò che il covid ha generato nelle menti di milioni di persone.
Diamanda disincarna, spolpa, toglie il nero del sangue e ce lo mette nelle orecchie generando terrore e paralisi, come danza sublimale doverosa.
Gli strumenti che ha scelto sono pochi ma efficaci: tastiera, violino, pianoforte, chitarra e la sua voce, momento duraturo e inspiegabile, che connette gli altri e li condanna a un lavoro di gregariato perfettamente riuscito.
La Germania, come sempre, capitalizza ogni evento per l’evoluzione, che diventa il farmaco per ogni manifesta aberrazione umana, e ogni malattia fa compiere un passo avanti verso la costruzione di uno stato di salute. Diamanda mette le unghie della sua intelligenza a disposizione del suo progetto artistico e si immerge nella Storia della sofferenza ponendosi al suo fianco, studiandola.
Tutto ciò che è brutto e spaventoso passa attraverso il suo microscopio e si accorda per mostrare al mondo i semi di tragedie insostenibili e la sua musica e il suo cantato fanno esattamente lo stesso.
Un disco sui limiti umani e le sue schegge che rendono impossibile la vita: lei produce un lavoro che ce la ripresenta in splendida forma come non capitava da molto tempo, ma non sorprende lo scriba tutto ciò. Perché Diamanda, per poter elevarsi, deve studiare, valutare, approcciare la sua sensibilità dove la sconfitta umana mostra le sue piume nere, dove il pensiero è fecondato dalla cattiveria e dall’odio. Con lei torna possibile utilizzare il termine Capolavoro, che in questi solchi è insostenibile, un’arteria impazzita da cui il sangue che sgorga può giungere solamente a gravitare dentro il mistero della morte.
Il primo taglio eretico, Mutilatus, venne composto tra il 2012 e il 2013: riveduto e corretto, comprende due poesie di Georg Heym, Das Fieberspital e Die Dämonen der Stad, nelle quali i demoni della paura vengono condotti attraverso trame sonore spaventose e liturgiche, laddove la drammaticità degli argomenti trova nella voce di Diamanda una frusta satanica che sfianca e annienta. Con il suo partner musicale Kris Townes, la Dèa stabilisce una vasta sommatoria di inequivocabili esagerazioni colte e perfette per accompagnare l’ascoltatore verso un viscerale percorso di continua avanguardia.
Ventitré minuti e quaranta secondi nei quali la nazione tedesca viene ricoperta di lava colante, l’atmosfera è putrida e sanguinolenta e il tempo diventa il peggior nemico di ogni respiro.
Il tutto visto da un ospedale, luogo di accoglienza di corpi mutilati e privati di senso, se non quello di manifestare pienamente il potere del male.
Il secondo malefico attrito si chiama Abiectio, nato da tre poesie del poeta tedesco: Der Blind, Der Hunger e Das Fieberspital.
La guerra, la fame, la solitudine, la disperazione, la cronica propensione a divenire gole urlanti e strazianti sono i perni essenziali di questi diciassette minuti e ventun secondi, nei quali la voce della cantante statunitense torna ai fasti dell’esordio e ci inchioda su croci piene di chiodi e artigli, dove ogni centimetro della nostra pelle viene alzata e lanciata nel cielo.
Tutto ciò che è incline ad essere visionario e intellettuale è sito in questa lugubre composizione, teatro dell’insostenibilità e uno dei momenti di maggior impatto della sua carriera. La morte come fatto traumatico negli occhi dei soldati e della povera gente, accomunati dallo stesso destino, trova il suo idillio e potere in questi versi cadenzati e melmosi, unguenti che non guariscono ma sembrano rendere il dolore un accadimento sostenibile. Fallendo.
Perché Diamanda, da sempre, non vede la morte come un nemico, ma certamente la modalità con la quale avviene viene da lei studiata per poter affermare l’assenza di un modo accettabile.
E anche qui l’ospedale funge da raccoglitore delle meschinità, di malattie che bruciano ogni forza e che tolgono la presunta gioia del vivere.
Allora il suo progetto sembra il piano unico ed essenziale di un medico che annota, con occhi e sguardo paralizzati, ciò che accade sulla pelle e nell’anima di corpi martirizzati da pallottole dagli effetti di due malattie che sono atrocità spiegabili ma non sostenibili.
Lo stato orribile di decadenza e frattura del corpo umano è reso chiaro dal poeta Heym e Diamanda e il suo collaboratore Daniel Neumann non fanno altro che visualizzare tutto ciò con l’incredibile risultato di rendere il tutto Arte, con la possibilità di ignorare queste violenze gratuite in fase perenne, per convenienza e paura. Ma loro raccontano realtà vissute da vite umane, reali, a cui non sempre si può sfuggire: lei non manca di farcelo presente, generando il dubbio e poi la certezza che nessuno sia esente da questa possibilità.
La poesia claustrofobica, esistenziale e lancinante della Storia del male e dei territori del disastro umano trovano traiettorie precise in questa colluttazione sensoriale che si chiama Broken Gargoyles: Diamanda resoconta il tutto con una morale salda e precisa, disegna vuoti infiniti e riporta il suo talento che, partendo da fatti accaduti, trova il suo trono attraverso un fare artistico di insostenibile importanza. Come sempre, più di sempre, trovarsi all’ascolto dei suoi guizzi equivale a depurarsi da un lato e devastarsi dall’altro. Sentirla cantare e parlare nella lingua tedesca terrorizza, scava con precisione nel territorio di due momenti atroci della storia di quella nazione, capace di non soccombere ma di avere sempre ferite aperte.
La cantante di origine Greca continua a esplorare ciò che è scomodo, ciò che colpevolmente rifiutiamo di osservare e studiare: erigendosi dentro il vulcano di ogni pazzia, con il suo mestolo cerca di rendere ancora più denso il movimento violento del vivere per consegnarci enciclopedie di saggezza forzata, come un pugno tentacolare e pesante.
Nella presentazione dell’album Diamanda ha utilizzato un passamontagna con la scritta Mutilatus, usando parole descrittive che hanno convinto lo scriba del cammino enorme di una artista votata al sacrificio umano, perché rilevare quanto la storia non sia in grado di cambiare bensì solo di ripetersi deve giocoforza rappresentare per lei una forma di dovere, pesante e difficile ma con la consapevolezza di aver messo sul tavolo un’analisi spietata ed esaustiva che non mancherà di ferire e di renderci tutti una bolla di fango e sangue dentro il Teatro degli Orrori e del Dolore.
Intanto prendiamo la Storia, andiamo in Germania e ricominciamo a sentire in ogni battito, in ogni pensiero la miseria della nostra permanenza terrena.
Sono convinto che Diamanda sarà un giorno colei che aprirà le porte del Purgatorio, non mancando di farci sentire i versi di questo album che diventa la sentinella ribelle di ogni ritrosia mentale.
Un Capolavoro che brucerà nelle nostre orecchie e che ci farà venire la febbre gialla, con i buchi di pallottole di esistenze miserabili a definire il tutto: quando la morte viene descritta in vita allora non possiamo che ringraziare Diamanda per evitarci l’inganno dei sogni e per prendere atto che l’esistenza è una mutilazione continua…
Alex Dematteis
Musicshockworld
Salford
26 Agosto 2022
https://open.spotify.com/album/2kiRbAOjsR3WSnuM8qbZ7F?si=S89zw8_BQQOD_rqZRdW1qA
:)
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