giovedì 28 aprile 2022

La mia Recensione: Nicola Lotto - Il canto nudo

La mia Recensione 


Nicola Lotto - Il Canto Nudo


Sorprendere.

Essere sorpresi.

No, non è un gioco ma una materia seria di cui si cibano i maestri e gli alunni, per determinare un sapere, un coinvolgimento strutturale che conduce ad una cultura sempre più necessaria.

Da Padova abbiamo l’esempio che i due ruoli possono coesistere nella stessa persona: Nicola Lotto insegna e studia se stesso e lo fa benissimo.

Lo capiamo dal suo album di esordio IL CANTO NUDO, uscito per la Vrec, che si dimostra ancora una volta capace di portare a sé artisti estremamente capaci e interessanti.

L’ascolto ripetuto rivela una profonda attitudine alla ricerca e alla manifesta volontà di sguardi che partendo da un’anima sensibile utilizzano una mente capace di cogliere, di fare acute osservazioni, di portare fuori nel mondo il contenuto di ciò che ha afferrato.

E queste undici canzoni diventano uno sviluppo che induce alla riflessione, annettendo chilometri di emozioni in un combo perfetto.

Quello che sembrava il cammino di un cantautore folk, dopo l’ascolto dei primi singoli, con questo Lp si dimostra intenzionato ad ispessire, a diversificare il suo bagaglio e percorso artistico, riuscendo a muoversi molto e a diventare coraggioso e duttile. Consola questo album. Ristora e ci mette nella posizione di ascoltatori affascinati, invitati ad una ispezione dentro i nostri moti interiori e ci porta davanti a diverse domande. È uno sguardo serio: le sue parole, oltre a conoscere il velluto e la seta, sanno essere bilanciate e profonde, un cartello stradale ad indicarci percorsi diversi ed estremamente validi.

La cura della parte musicale è estremamente attenta e precisa e la produzione di Flavio Ferri ha sicuramente giovato mettendolo nelle condizioni di esprimere tutto il suo talento e dedizione.

Le atmosfere sanno conoscere stili e modi che sono perfettamente compattati, per dare alla sua splendida voce e a musiche sottili e allo stesso tempo capaci di ridefinire la parola potenza una perfetta dimostrazione di una classe indiscutibile.

Nicola sa descrivere il dolore e sa farlo in modo gentile, rispettoso, e riesce saltuariamente a ricordarci Maestri come Paolo Benvegnù e Umberto Maria Giardini con la loro morbidezza mista a profondità, però sempre con quel suo approccio che lo rende riconoscibile ed ecco che questo diventa il suo merito maggiore.

Le chitarre acustiche e quelle elettriche sanno convivere in queste tracce dove la melodia è sempre rarefatta ed elegante.

Il suono è curato e alcune piccole incursioni elettroniche e distorsioni elettriche sanno esprimere al massimo l’infinito bacino qualitativo di cui è dotato questo giovane autore.

Un album da studiare, da vivere come un ritrovare luci di ossigeno, come una gita verso quella maturità che deve divenire un appuntamento essenziale.

Ecco: questo è un lavoro senza dispersioni, preciso, attento, un raccoglitore fluido di averi in crescita e che trovano nelle canzoni il modo perfetto per rivelarsi.

Ora diventiamo dottori morbosi che si apprestano a visitare questo corpo fatto di undici parti che risulteranno essere sane e potenti…

Un disco di grande impatto e struggente, un cielo che apre le nostre coscienze e che sa aggiungere quella ricchezza che ci rende più belli.



Canzone per Canzone



Anche se brucia


L’album inizia con la danza dei violini ed il tremore del palco: l’ingresso di questo esordio è vibrante, con l’atmosfera che arriva allo scuotimento, a creare vuoti che riempiono il cuore. La tensione si prende la dolcezza della chitarra acustica e del pianoforte per lanciarsi in un ritornello dalla voce grossa. Incantevole.


Dalle finestre


La canzone dell’alba che include il tramonto incomincia da una bella chitarra acustica ritmica e la voce di Nicola diventa una scossa elettrica: le sue parole rompono gli schemi e ci offrono un brivido genuino e la saggezza avanza in noi. Si attraversa la barriera del buio per abbracciare la bellezza di un brano che conquista per la sua inclinazione verso ciò che è vero ed indiscutibile. Micidiale.


Parole nuove


Con la piacevole sorpresa data dalla presenza di Olden, questo brano mostra la capacità di Flavio Ferri di conferire ad un presunto rumore il ruolo di una poesia sonora dai graffi eleganti. Un testo dal polso di ferro dove domande, risposte e critiche convivono con chiarezza dimostrando l’eccelsa penna di Nicola. Robusta.


Consolazioni


L’invito all’apertura e al perdono produce un brano che sfiora l’alternative inglese offrendo un effetto di connessione intima alla verità più estrema. Il rock arriva nel ritornello come mantra rauco e pieno di ruvide bellezze. Maestosa.


Nel volto


È il turno di Paolo Benvegnù di regalare la sua classe estrema per questo gioiello termico, che abbraccia le paure e le coccola, dove i sogni e la follia banchettano insieme. Un’atmosfera delicata che bacia la poesia e rimane sospesa nell’aria e tutto fiorisce nei volti. La musica è la primavera che rivela la sua bellezza e lentezza. Morbida.


Sacro


Si alza il ritmo, echi di Robin Proper-Sheppard con i suoi Sophia circondano il perimetro di una canzone che profuma l’aria di malinconia e la porta dentro la rabbia e il dolore. Chitarre elettriche si ingrossano e sibilano nel cuore. Lacrimosa.


Prima che si sveglino


Ecco che Flavio Ferri e Nicola firmano un brano insieme ed è la tenacità, la passione, l’irruenza a stabilire che nella musica la follia solletica l’indirizzo del cuore, prima che gli uomini conoscano il risveglio. Ed è un flusso magnetico verso quei mai dimenticati anni ‘70 dove la vera ispirazione era determinata dallo sconfiggere schemi prestabiliti. Irradiante.


Incombe


Rimembranze di Alice in Chains più inclini al grigio e agli Estra e così veniamo invitati dentro le stanze di questo viaggio. 

Ci ritroveremo col rumore a invadere le strade, come un violino camuffato, per colpire i nostri fianchi in una semi danza che trova la sua soluzione alla fine, quando tutto si spegne nella chiosa di un brano seducente. Magnetica.


Tutti gli inverni 


L’amore per la vita vive dentro questo dialogo pieno di speranza che toglie la sabbia dalle dita. Nicola abbassa la sua tonalità, recitando il suo sentire profondo per mostrare la fierezza di un cuore che si appoggia a chitarre graffianti e secche. La canzone avanza per poi incontrare il buio quasi diabolico e tetro, una tensione palpabile che elettrizza l’ascolto. Necessaria.


Uno spavento 


Il talento ed il lavoro preciso di Nicola produce il suo capolavoro: tutto è compatto, teso verso il bisogno di chiarire, un brano che spazza via le ingiustizie e le inutilità, gli errori, le illusioni. E tutto questo lo fa con maestria portando la musica ad essere una sveglia semiacustica, che guarda alla parte elettrica e invita il tutto ad uno scambio di effusioni. E quel recitato che attrae e conquista. Piacevolmente spaventosa.


Nel mio polso 


Per l’ultimo brano di questo album l’artista Padovano stupisce, stordisce, getta nelle nostre orecchie un agglomerato di profonda ispirazione e precise considerazioni sociali.

Bob Dylan, Eric Andersen e Giulio Casale fumano una sigaretta insieme mentre ascoltano Nicola che prende posizione verso una movenza umana che si ritrova sbandata e confusa. 

È un racconto che si appoggia ad un piano e a oscillazioni cacofoniche ed essenziali per fare di questa canzone un carillon atipico e pieno di densità che attacca la fragilità. Cruda e crudele.


Alex Dematteis

Musicshockworld 

Salford

28 Aprile 2022


https://www.vrec.it/prodotto/nicolalotto_cantonudo/







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